Riassunto Bradley \"La tragedia di Shakespeare\" PDF

Title Riassunto Bradley \"La tragedia di Shakespeare\"
Author Alessia Carboni
Course Letteratura inglese i
Institution Sapienza - Università di Roma
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Riassunto del saggio di Bradley...


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Letteratura Inglese I Bradley: Lezione terza: Le tragedie di Shakespeare si dividono in due gruppi: I. Nei primi anni si dedicò alla tragedia pura ('Romeo e Giulietta) o storica ('Riccardo III') contemporaneamente alle commedie ('Pene d'amor perdute', 'Sogno di una notte di mezz'estate') + periodo delle storie inglesi con Falstaff e le commedie romantiche. II. Dal 1601 al 1608 scrisse una tragedia dietro l'altra ('Giulio Cesare', 'Amleto', 'Otello', 'Re Lear', 'Thimone di Atene', 'Macbeth', 'Cleopatra e Antonio', 'Coriolano') affiancate da drammi che non possono dirsi tragedie (ma neanche commedie). Esaminando le tragedie da punto di vista contenutistico notiamo subito una netta differenza tra le prime due e le rimanenti: ➔ Bruto e Amleto: intellettuali per natura e riflessivi per abitudine. Essendo entrambi uomini “retti” rivelano, quando si trovano in circostanze critiche, una sincera ansia di operare bene. Sebbene non riescano ad affrontare vittoriosamente le circostanza, l'inuccesso è in rapporto con la loro natura intellettuale e l'abitudine alla riflessione. ➔ Otello, Timone, Lear, Macbeth, Antonio e Coriolano: possiedono noture appassionate, è a questa passione che viene addebitata la catastrofe del dramma, per questo i drammi sono più vionenti. Il Giulio Cesare si scosta maggiormente che l'Amleto. Sotto un altro aspetto si distinguono perché in esse il male morale non è scrutato così intensamente o rappresentato con altrettanta pienezza (nel 'Giulio Cesare' tutti nutrono sentimenti buoni, in 'Amleto' il crimine avviene fuori dal dramma). È evidente che quando Shakespeare scrisse il 'Riccardo III' sotto l'influsso di Marlowe non fosse orientato verso le forme più terribili del male, nelle tragedie posteriori 'Amleto' è chiato (es: Jago in 'Re Lear', Macbeth e Lady Macbeth in 'Macbeth'). Questo prevalere delle forme del male affiancate da una veemente passione è ulteriore motivo per cui l'agitazione rappresentata sembra venire da cause più profonde. Tutte le tragedie successive l'Amleto possono chiamarsi Tragedie della passione, ma non tutte contegono le forme estreme del male. Questo non vale né per Antonio (la perdita di passione lo esalta allo stesso tempo), né per Coriolano (il suo orgolio ed egoismo terribili nella loro enormità non lo sono nella qualità). Nessuna di queste due tragedie comprende, tra i personaggi secondari, qualcuno che possa definirsi davvero infame. La morte di Antonio sopraggiunge prima dell'inizio del quinto atto e la morte di Cleopatra viene accolta dal lettore con sollievo. Nel Coriolano il sentimento di riconcigliazione è anche più forte. Nel finale l'interesse è concentrato sul dilemma se l'eroe vorrà persistere nella sua vendetta o se setimenti più nobili prevarranno sul risentimento e sull'orgoglio. Quando alla fine la natura prende il sopravvento e cede lo spettatore non si preoccupa perché Coriolano riscatta la sua anima. Il 'Coriolano' segna la fine del periodo tragico e il passaggio alle ultime opere (dove le forze del pentimento e del perdono colmano la tempesta sollevata dall'ettote e dalla colpa). Stile e versificazione nelle tragedie, differenza tra giovanili e posteriori: lo stile fondamentale delle parti serie negli ultimi drammi della storia inglese è quello di un'eloquenza piena. La soave dolcezza e bellezza dello stile giovanile di Shakespeare permangono, così come la scorrevolezza e la levigatezza, c'è però un'aggiunta di forza e peso (il 'Giulio Cesare' ne è considerato il culmine). Shakespeare raggiunge una perfetta armonia, né il pensiero né l'espressione si superano a vicenda.

Nel 'Giulio Cesare' si ha la sensazione che neanche Shakespeare avrebbe potuto migliorare lo stile adottato. 'Amleto' non provoca la stessa sensanzione, lo stile è più rapido e concitato, meno semplice e uniforme. C'è un cambiamento anche nella versificazione ('Giulio Cesare' e 'Amleto' posseggono la pienezza dell'eloquenza. In 'Antonio e Cleopatra' la versificazione assume un carattere nuovo e si avvicina a quello del 'Macbeth'. Dopo 'Amleto' assistiamo ad un innalzamento dello stile che diventa più grandioso, più violento, più gonfio e ampolloso, più raccolto, rapido e meno regolare. È uno stile pieno di vita e movimento. I mutamenti di forma sono sempre in piena armonia con i mutamenti interni. Amleto: L'intera vicenda si basa sul carattere del protagonista. Senza di lui la vicenda apparirebbe sensazionale e orribile mentre l'Amleto è lontano dall'essere così e se fossimo all'oscuro di questo carattere la vicenda risulterebbe difficilmente comprensibile (mentre le vicende di una qualsiasi altra tragedia risulterebbe chiara). È probabile che il cambiamento più importante apportato da Shakespeare sia consistito in una nuova concezione del carattere di Amleto. Considerando la tragedia due cose illustrano lo stesso punto: I. Accanto al protagonista non c'è nessun'altra figura di proporzioni tragiche. II. Fra i personaggi ce ne sono due (Laerte e Fortebraccio) che hanno la funzione di porre in risalto la figura del protagonista. Hanmaer (1730) nota che non c'è ragione per cui Amleto non si affretti ad uccidere l'usurpatore il prima possibile. Spiega l'assurdità osservando che se Shakespeare avesse fatto in modo che Amleto si comportasse com'era naturale, il dramma subito finito. Johnson nota che Amleto in tutta la tragedia è uno strumento non una forza attiva. Henry Mackenzie fu il primo a percerpire l'indescrivibile fascino di Amleto e ad intuire le intenzioni di Shakespeare, dicendo che noi vediamo un uomo che in altre circostanze avrebbe agito ma che invece si trova in una situazione in cui anche le migliori doti del suo animo aggravano la sua pena e lo confondono. Shakespeare intese che Amleto fosse così perché egli stesso sentiva, e voleva che anche gli spettatori sentissero, quale mistero sia la vita e quanto impenetrabile esso fosse. Esaminando queste varie interpretazioni possiamo stabilire un primo risultato: non è dimostrabile la teoria che attribuisce l'insuccesso di Amleto a difficoltà di natura esterna. Anche se l'ambiente a corte fosse stato onesto anziché servile e corrotto, Amleto sarebbe passato comunque per pazzo. Si ridusse quindi ad attendere, quando giunge la brigata dei guitti e organizza una rappresentazione nella speranza che il Re tradisca la propria colpevolezza, è vero che subito dopo Amleto potrebbe agire. Ma quello che egli cercava non era una vendetta privata, bensì un pubblico atto di giustizia. Una simile teoria risulta molto plausibile, ma nessuno vorrà accettarla e appena si esamina da vicino le obiezioni che nascono sono: ➢ Da inizio a fine tragedia, Amleto non farà mai accenno a difficoltà di natura esterna. ➢ Non solo non accenna alle difficoltà, ma è anche convinto di poter obbedire allo spettro. ➢ Perché Shakespeare ci fa vedere Laerte che solleva così facilmente il popolo contro il Re? Con quale scopo se non per mostrare quanto facilmente questo poteva riuscire ad Amleto? ➢ Amleto non progettò la rappresentazione nella speranza che il Re si tradisse, lo scopo era quello di convincere se stesso che lo spettro aveva detto il vero. ➢ Neppure una volta allude o mostra segno di pensare al progetto di trascinare il Re dinanzi alla giustizia pubblica, parla sempre di usare la propria “spada” o “braccio”. La teoria va quindi respinta. Dando per certo che la principale difficoltà di Amleto fosse di natura interna si possono esaminare le interpretazioni isolando solo l'elemento del carattere.

La prima di queste interpretazioni è che Amleto fu trattenuto dalla coscienza o da uno scrupolo morale, non riusciva a convincersi che fosse giusto vendicare suo padre, situazione plausibile se s'immaginano le circostanze in maniera vaga, ma che non restiti all'adesione al testo. È impossibile negare che Amleto dia per scontato che debba vendicare suo padre. Anche quando dubita della veridicità dello sprettro non esprime alcun dubbio su quello che dovrà fare se lo spettro si rivelerà veritiero. Nei due monologhi “O furfante e bifolco che son io” e “Come tutte le occasioni portano l'acqua contro di me”, Amleto si rimprovera di trascurare il suo dovere. Quando riflette sulle cause della negligenza, non pone mai motivi morali. Quando lo spettro fa la sua apparizione nella camera della regina, spinto dalla coscienza confessa che ha trascurato l'adempimento al suo compito, ma non si giusifica affermando che la coscienza gliel'ha impedito. Vi è sicuramente un problema di coscienza nel significato comune, si potrebbe aggiungere che questo dimostra che durante tutta la vicenda Amleto è stato davvero trattenuto da scrupoli di natura morale. Anche se questo mostrasse realmente che un ostacolo all'azione di Amleto era costituito dalla sua coscienza non si deduce che sia l'unico ostacolo. Amleto non avrebbe avuto dubbio sul fatto di dover disubidire allo spettro ma nell'intimo della sua natura si celava un senso di ripulsa morale di fronte all'atto. La morale del tempo gli diceva chiaro e tondo che doveva vendicare suo padre, ma vi era in lui una coscienza più profonda e in anticipo sui tempi. Se queste fossero state le intenzioni: ➢ Perché le intenzioni sono state tenute nascoste fino all'ultimo atto? ➢ Amleto sorprende il re in preghiera e lo risparmia, la giustificazione è che se l'avesse ucciso, lo avrebbe mandato in paradiso, ma è un pretesto è plausibile che la vera ragione fosse la riluttanza della più intima coscienza. ➢ Bisogna supporre che quando lo spettro ingiunge Amleto di vendicare l'assassino del padre, noi dobbiamo intenderlo non nel senso di dovere ma nel senso opposto. Dobbiamo quindi rifarci alla teoria della coscienza in entrambe le sue forme. In primo luogo è vero che Amleto aveva, come disse Goethe, una profonda natura morale e una grande tensione verso l'agire secondo giustizia, Amleto somiglia a Bruto. In secondo luogo è probabile che le paralisi si mascherasse sottoforma di scrupoli di coscienza. Ultimo nel suo ritrarsi dinnanzi all'azione c'era qualcosa che potremmo chiamare una repulsione nel senso morale benché non nella coscienza. Vi è poi la concezione sentimentale di Amleto, comune sia ai fedeli che ai denigratori di Amleto rintracciabile in una infelice espressione di Goethe “una natura amabile, pura e profondamente morale, senza il glorioso nerbo che forma l'eroe, sprofonda sotto un peso eccessivo che non può sopportare e di cui non deve liberarsi”. Da un lato essa è troppo benevola verso Amleto, dall'altro è del tutto ingiusta nei suoi riguardi. La teoria della 'coscienza' faceva di Amleto una natura superiore. Ma per l'Amleto sentimentale si può solo provare pietà non senza un po' di disprezzo. Se si esamina il testo, questo giovane schivo e simile ad un fiore come avrebbe potuto fare quello che Amleto fa? Lui non si rivolge mai al re senza insultarlo, maltratta Ofelia e parla aspramente contro la madre, che trapassa in un baleno chi c'è dietro l'arazzo e combatte Laerte nella fossa. L'Amleto della tragedia è una figura terribile, eroica. La consezione romantica è ingiusta nei confronti di Amleto e riduce la tragedia in pathos. Per un altro verso, è anche troppo generosa. Ignora la durezza e il cinismo non propri della personalità di Amleto ma che sono presenti. Abbiamo poi l'interpretazione di Schlegel e Coleridge secondo cui l'Amleto è la tragedia della riflessione. La causa dell'indugio del protagonista è la mancanza di decisione, motivata da un'eccessiva tendenza alla riflessione e alla speculazione. Contro questa tesi Dowden obbietta che essa trascura il lato emotivo del carattere di Amleto, altrettanto importante quanto quello intellettuale. La teoria Schlegel-Coleridge è l'interpretazione del carattere di Amleto più largamente accettata. La teoria non soltato risponde all'impressione generale prodotta dalla tragedia, ma può essere cofortata dalle parole dei monologhi e confermata dal contrasto tra Amleto, Laerte e Fortebraccio.

Anche se la teoria in se non soddisfa la descrizione dello stato d'animo di Amleto negli ultimi quattro atti è, nel complesso e nei suoi limiti, una descrizione veritiera. Quando Amleto compie l'azione questa non scaturisce da una deliberazione e da una analisi, ma è impulsivamente improvvisa. La maggior parte delle ragioni con cui egli motiva il continuo procrastinare non sono ragioni vere. Questa teoria non soddisfa, fallisce non in questo o quel dettaglio, ma nell'insieme, l'Amleto che viene fuori non è totalmente quello della nostra immaginazione, non è lontano come quello dell'intrerpretazione sentimentale ma è inferiore all'uomo di Shakespeare. L'irresolutezza di Amleto è, secondo la teoria, il risultato diretto di un'attività intellettuale enorme. La teoria ci mostra un uomo sotto certi aspetti simile allo stesso Coleridge, un uomo che in qualsiasi momento e in qualsiasi circostanza non sarebbe all'altezza del compito designato ad Amleto, il quale non era né per natura né per norma un uomo tale, ma piuttosto un uomo che in qualsiasi altra circostanza tranne quella che gli si è presentata sarebbe stato all'altezza del suo compito. È una vera e propria crudeltà del suo destino che questa crisi lo colga nell'unico momento in cui egli non può affrontarla. La teoria ignora questo aspetto della tragedia. L'abituale eccesso di riflessione non è stata difatti la causa principale o diretta, la causa diretta fu uno stato d'animo del tutto anormale e prodotto da circostanze straordinarie. La tendenza alla riflessione di Amleto ha avuto certamente la sua parte nel produrre quella malinconia che generò un eccesso di riflessione. Chiediamoci che tipo d'individuo fosse Amleto e cerchiamo di capirlo dalla tragedia. Il testo non conferma che Amleto fosse un tipo riflessivo e poco incline all'azione, da nessuno è considerato solo uno studioso, è oggetto d'interesse di tutti all'interno della tragedia e tutti gli portano rispetto, Fortebraccio ordina che Amleto sia portato alla sepoltura come 'un soldato' e Ofelia dice che lui 'fu un soldato'. Possiamo congetturare che Amleto sia stato di carattere franco, simpatico e gentile con coloro che amava o rispettava, ma non timido o deferente. Amleto deve sempre essere stato impavido in quanto nella tragedia ci appare privo di ogni paura. Come potremmo accettare l'idea che Amleto avesse un carattere debole? ➢ Il suo temperamento non lo si giudicherebbe malinconico nel significato moderno, ma si potrebbe pensare che fosse instabilmente nervoso (temperamento che gli elisabettiani avrebbero chiamato “malinconico”). ➢ Non c'è rischio di errore se si attribuisce ad Amleto in gioventù una sensibilità spiccata, questa sensibilità non lo abbandona mai e fa si che il suo cinismo, la sua durezza e volgarità ci appaiano come morbosi. In lui c'è una generosa disposizione che permea sino alla fine e che gli costa la vita. Fino alla fine reagisce fulmineamente di fronte al bene e al male, amando uno e odiando l'altro, il lato negativo è più sviluppano nell'Amleto protagonista della tragedia che non in quello degli anni giovanili. Nulla si può leggere altrove in Shakespeare che si avvicini al senso di disgusto di Amleto per l'ubriachezza dello zio o al disprezzo per la sensualità della madre, allo sprezzante rifiuto dell'artificioso e del falso e all'indifferenza per le cose puramente esteriori. È ques'ultimo che si rivela nella scelta dell'amico del cuore e in una certa impazienza per le differenze di rango o fortuna. Si rifiuta di ascoltare Orazio quando parla in qualità di suo servitore. Non gli importa altro che del valore degli uomini e la sua mancanza di pietà verso Polonio e i suoi “compagni” non è interamente dovuta alla morbosità ma si ricollega al suo carattere originario. Nella sensibilità di Amleto si cela sicuramente un pericolo, in quanto qualsiasi colpo la vita potrebbe infliggergli, sarebbe avvertito con estrema intensità. ➢ Accanto a questo temperamento e a questa sensibilità rinveiamo nell'Amleto degli anni giovanili, come in quello degli anni successivi, una genialità intellettuale. Quello che lo rende così diverso da tutti quelli che lo circondano è la forza intellettuale, che non è un dono specifico. Essa si rivela sotto forma di un insolita prontezza di percezione. Si rivela nel dialogo sottoforma di spirito o di umorismo e nel dialogo come nel monologo. Questa forza non è filosofica nel senso tecnico, la sua filosofia è il prodotto diretto del suo animo attento

e meditativo. Amleto possedeva il genio della speculazione senza essere un filosofo. S'è visto che Amleto non visse la vita di un semplice studente e ancor meno quella di un sognatore, la sua indole non era intellettuale né parziale, ma sana ed attiva. La tesi Schlegel-Coleridge sembra irrimediabilmente falsa, giaccé implica che l'indugio di Amleto fosse la naturale risposta di un temperamento eccessivamente speculativo ad un difficile problema di natura pratica. In circostanze particolare, la tendenza alla riflessione avrebbe certamente potuto rivelarsi pericolosa per Amleto, il suo genio avrebbe anche potuto rivelarsi la sua condanna. Amleto è dotato di quel tipo d'immaginazione che sente e vede le cose in una. Il pensiero è l'essenza della sua vita e il suo pensiero è infetto. Ed è questo il momento che il suo destino ha scelto. In quest'ora di profonda debolezza si abatte su di lui la scoperta dell'adulterio della madre e dell'assassinio del padre e l'invito di sollevarsi ed agire nel nome di quello che ha di più sacro e di più caro. Malinconia e non scoraggiamento o insanità mentale. Che Amleto non fosse lontano dalla pazzia è molto probabile. Il ricorso alla finzione della pazzia poté anche essere dovuto ad un senso di timore della realtà. La malinconia di Amleto non era una semplice comune depressione psichica, in senso lato la condizione di Amleto può dirsi malattia. Questa malinconia è qualcosa di molto diverso dalla insania mentale, è in un certo senso lontana da questa condizione. È qualcosa di totalmente diverso dalla pazzia che egli simula, ed egli non da mai segni di pazzia quando è solo o in compagnia di Orazio. L'uomo che soffre come soffre Amleto non è irresponsabile né agli occhi degli altri né ai propri è solo troppo acutamente consapevole della sua responsabilità. Egli ha quindi tutta la capacità di essere una figura attivamente tragica, la condizione di Amleto è di quelle che una mente sana sia proprio incapace d'immaginare compiutamente. La malinconia spiega l'inazione di Amleto, la causa immediata di questo è semplicemente che il suo sentimento abituale è una nausea della vita e d'ogni cosa che è in essa. Una siffatta condizione del sentimento è inevitabilmente contraria ad una decisa azione di qualsiasi genere. L'azione che si richiede ad Amleto è del tutto eccezionale. Questi ostacoli non basterebbero a distogliere Amleto dall'azione, se la sua condizione fosse normale. Le cause ritardatrici acquistano una forza innaturale, perché trovano un alleato in qualcosa di molto più forte di esse: il disgusto malinconico e l'apatia. Codesta malinconia si accorda molto bene con la continua dissezione del compito assegnato. Una condizione simile spiega la energia di Amleto così come la sua apatia e spiega quel senso di acuta soddisfazione che alcune delle sue azioni gli danno. Spiega inoltre il piacere con cui rivede gli amici di un tempo e spiega non meno bene i tratti negativi del carattere di Amleto quali appaiono nella tragedia (irascibilità, l'egoismo, la durezza, l'insensibilità per il destino di quelli che disprezza e persino per i sentimenti di chi ama), questi sono sintomi della malinconia. La malinconia di Amleto da ragione di due cose che altrimenti sembrano inspiegabili: la sua apatia e l'incapacità di comprendere le cause dell'indugio. Lezione quarta: L'unico modo secondo il quale un interpretazione del carattere di Amleto potrebbe dimostrarsi veritiera sarebbe quello di dimostrare che esso spiega i fatti nella tragedia. Abbiamo lasciato Amleto, alla fine del primo atto, sprofondato nello struggente desiderio di morte, che è la causa principale della sua successiva inazione. Quando lo incontriamo di nuovo è trascorso un considerevole lasso di tempo (due mesi). Amleto ha intanto finto la pazzia e si è guadagnato la reputazione di pazzo, tanto che sia sua madre che il Re sono in ansia per lui, il re vuole inoltre scoprire la causa della sua trasformazione. È qui che Rosencrantz e Guildenstern sono chiamati a ra...


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