Riassunto continuità delle forme PDF

Title Riassunto continuità delle forme
Author Emanuela Salamone
Course Storia delle tradizioni popolari
Institution Università degli Studi di Palermo
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Summary

Continuità delle forme e mutamento dei sensiLe feste religiose sono soggetto di un mutamento delle forme – pur conservandone il significante (la ritualità) causato dalla loro stessa natura pubblica. La festa diviene il compromesso fra istanze diverse avanzate da gruppi di varia natura e da istituzio...


Description

Continuità delle forme e mutamento dei sensi

Le feste religiose sono soggetto di un mutamento delle forme – pur conservandone il significante (la ritualità) – causato dalla loro stessa natura pubblica. La festa diviene il compromesso fra istanze diverse avanzate da gruppi di varia natura e da istituzioni civiche e/o religiose e dal mercato. Il significante rischia in questo modo di essere svuotato dal proprio vincolo con il trascendente, il valore simbolico che lo rende rito e non vuoto ritualismo, come afferma Panikkar. Questo mutamento varia in tempi e modi in base al contesto, e spesso non viene percepito dagli attori sociali. Tuttavia, al livello formale, si può percepire un rinvio ad un remoto passato agro-pastorale.

Un parallelismo fra i ramara di Caronia e i dafnefori di Delfi1 I ramara raccolgono rami d’alloro il giorno prima nel cuore della foresta di Caronia. Successivamente vanno in processione carichi di alloro fino al santuario del patrono – Silvestro da Troina – per sciogliere un voto o per fare una richiesta. Nonostante gli itinera cerimoniali troinesi e delfici differiscano gli uni dagli altri su molti aspetti, è inevitabile come i due pellegrinaggi si assomiglino per altri. Wittgenstein osserva come nella molteplicità vi siano dettagli simili in un pattern analogo all’associazione delle idee, una “associazione delle usanze”. Le somiglianze formali fra alcune festività precristiane e odierne ha mosso numerosi studiosi sia di approccio continuista/evoluzionista che della più moderna prospettiva storicista. • •

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Ciaceri → rileva come alcuni culti e miti pagani siano sopravvissuti al nascente cristianesimo. Pace → analogalmente a Ciaceri, Pace riconosce i culti di un’antica religio che ancora riecheggiano – in modo più o meno acuto – nelle pratiche festive odierne. Afferma infatti come sia impossibile non trovare tracce di antichi culti nella forma di festività di antichi centri della Sicilia. Manni → osserva come per madonne e santi siano riservati gli stessi riti arcaici riservati alle grandi madri o agli eroi. Pitrè → come molti studiosi di folklore che lo seguirono, utilizzò le fonti e la pratica precristiane come riferimento primo per spiegare le forme, pratiche e credenze popolari. A differenza di molti altri, però, Pitrè sentì la necessità di ampliare lo studio ad una prospettiva storicista. Il solo criterio comparativo, infatti, era limitante nel cogliere il senso profondo di pratiche e credenze a lui contemporanee. Cocchiara → fu il primo a proporre una prospettiva storicista: egli considera le tradizioni popolari come formazioni storiche. Il compito di uno studioso di tradizioni popolari è, infatti, comprendere il come si sono formate, perché si conservano e a quali istanze rispondono. Inoltre, pratiche e credenze esistono allo stato fluido e necessitano di “morire” – di ampliarsi, mutarsi, adattarsi – per “rivivere” in eterno. A questo proposito, non è corretto parlare di “sopravvivenza” nel caso dei prodotti culturali, bensì di riformulazione e attualizzazione.

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In realtà non possiamo ritenere il pellegrinaggio di Caronia una dafnoforia sopravvissuta, non solo per le differenze formali, bensì perché la complessità di quelle feste va oltre l’ordine personale, ma è articolata risposta ad un’istanza di tipo cosmologico.

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De Martino assegna una certa importanza alle fonti – sia archeologiche che documentali – ma quello che è importante stabilire è fino a che punto esse giochino un ruolo nella comprensione delle tradizioni popolari. Alcuni esempi: Le donne di Gela si recano con i loro figli per affidarli alla Madonna, nello stesso punto in cui sorgeva il santuario dedicato a Demetra e Kore. Ivi sono state ritrovate statuette raffiguranti donne che offrono bambini. In questo caso le fonti ci mostrano come le due cose non siano casualmente simili, eppure anche qui non possiamo dire che le pratiche delle donne di Gela siano una Tesmoforia sopravvissuta. Possiamo invece dire che una religione - come una lingua, e lo dice anche Borgeaud - è il risultato di elementi provenienti dall'esterno o ereditati dal passato, reinterpretati in una nuova chiave coerente al contesto in cui si trova. Un altro esempio che rischia di cadere nel comparativismo è la corsa dei pirofori in onore di Prometeo e quella dei ciaccariati in onore di Sant'Antonio Abate. Innanzitutto bisogna dire che il fuoco di prometeo ha origine celeste - lo rubò agli dei - mentre quello di sant'antonio è di natura infera. La corsa con le torce, poi, ha sempre fatto parte di alcuni itinera cerimoniali. Possiamo dunque concludere che ci sia un'effettiva somiglianza formale e null'altro, e che il fuoco ricorra in quanto percepito di origine extra-umana e dunque sacro. L'importante, quindi, non è stabilire l'esistenza di una relazione fra i fenomeni culturali passati e presenti, bensì a che livello questa relazione si verifica2. Per spiegare i fenomeni religiosi - afferma Evans-Pritchard - bisogna inserirli nel proprio contesto di cultura e società. Inoltre, i fenomeni religiosi sono da vedersi come relazione reciproca di parti in un sistema dove la singola parte ha senso solo in relazione alle altre. Il sistema stesso, poi, ha senso in relazione ad altri sistemi istituzionali, come in una rete. Quindi, se la festa può essere considerata specchio di una determinata cultura, per una corretta comprensione, bisogna inserirla nel suo sistema di riferimento: il calendario festivo. Dumèzil osserva l'importanza del calendario festivo nel suo “feste romane”, dove definisce il calendario - e all'interno di questo il quadro delle feste fisse - come il principale supporto della pratica religiosa3. Secondo Dumèzil, il rituale pubblico non è una mera applicazione delle credenze, bensì l'atto che spiega le vere istanze che sostengono le credenze stesse. In generale, le somiglianze a livello non solo formale ma soprattutto mitico e delle credenze, si spiegano con la necessaria relazione fra l'ideologia magico-religiosa e le attività produttive. La vita comunitaria è scandita dai ritmi naturali, che a loro volta giustificano la scansione delle feste e i contenuti di queste. Anche per questa ragione si riscontrano numerose ricorrenze fondamentali nelle credenze di popoli anche non direttamente a contatto. La visione del mondo di un popolo che si dedica alla pesca, all'agricoltura o alla pastorizia è inevitabilmente legata ai ritmi stagionali, i quali non sono avvertiti come naturali bensì come sottoposte al controllo sovrannaturale.

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Granet sottolinea come l'usanza non si spieghi mostrando che un tempo esistevano usanze simili a quelle odierne, bensì mettendo in luce il legame che le lega permanentemente nel corso della storia. 3

Dumèzil definisce la pratica religiosa come continuum che ha alla base un corpo teorico - la teologia - senza il quale la pratica non avrebbe senso, e altamente flessibile.

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ORDO TEMPORIS: Principi organizzativi dei calendari cerimoniali I riti che sostanziano le festività religiose sono - oltre a miti e credenze - la perfetta rappresentazione di tempo e spazio di una certa cultura. Tali rappresentazioni accompagnano la storia dell'uomo fin dall'homo religiosus4. Salienti sono sia gli itinera festivi - quindi il significante rituale - che la distribuzione calendariale delle feste. La festa ha una doppia valenza: -

traccia un perimetro di esclusiva ritualità attorno a segmenti estratti dal continuum spazio temporale; ribadisce la continuità della vita cosmica e sociale, facendosi specchio del mondo e della società.

La festa, quindi, garantisce la sopravvivenza della produzione culturale nel tempo. Osserva Spiro che la religione, E nello specifico stiamo infatti parlando di feste religiose, è il mezzo fondamentale di trasmissione della cultura. Ogni cultura elabora una propria concezione del reale codificandone la complessità in un sistema simbolico.

FESTE DI CAPODANNO Come detto prima, l’interpretazione simbolica del mondo ha la sua base nel ciclo naturale di stagioni, attività agricole e generazione/accrescimento di piante e animali. I ritmi naturali, tuttavia, vengono percepiti come gestiti da potenze extra-umane: il ritmo stesso infatti è la manifestazione di questo potere. Questi eventi, controllati dagli dei, annualmente vengono celebrati con grandi feste di ringraziamento auspicio che si configurano feste di chiusura e apertura di un nuovo ciclo. La simulazione simbolica di morte e rinascita della dimensione esistenziale, assicura la continuità dello spazio tempo, e le procedure offertorie ribadiscono l'assoluta dipendenza dalla volontà divina e dall'ordine cosmico; i due elementi non possono essere separati: sono parte integrante del tradizionale iter rituale della festività calendariale. Il simbolo ha il proprio significato individuale ma si arricchisce di altro in relazione ad altri elementi dello stesso rito. Il rito è come un discorso dove le parole prendono significato in relazione alle altre. In ogni caso, il simbolo rituale è da analizzarsi nel proprio contesto rituale. L'uomo della società pastorale si sente in balia delle forze naturali e ha l'esigenza di dover porre un minimo di controllo su di esse all'interno del proprio spazio: per questo dissemina il proprio territorio di segni del Sacro come croci e santuari rurali. Nel Medioevo in particolare. Il susseguirsi delle stagioni, i ritmi produttivi e riproduttivi rappresentano l'inizio fasi dei cicli vitali, momenti salienti che minano alla stabilità del cosmos sociale e naturale. Per questo le grandi feste religiose tradizionali corrispondono alle principali scadenze del calendario pastorale e agricolo. Leveque sottolinea come il ciclo delle stagioni si pone come metro cosmico. Durante il Neolitico si costituisce un ordo che segue la successione delle fasi vegetative: questa sarà la struttura calendariale delle grandi religioni del bronzo. Questa struttura andrà ad influenzare anche i calendari festivi delle comunità rurali euromediterranee dell'antichità, del Medioevo e dell'età moderna

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È innegabile che per parte del paleolitico ma soprattutto nel neolitico fosse già presente un senso del sacro, definito da un apparato simbolico (di cui però possiamo solo postulare il contenuto).

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ORDO TEMPORIS: la riconfigurazione simbolica A partire dal XII millennio a.C., le comunità del vicino oriente cominciarono a sedentarizzarsi. Adottando un assetto sedentario cominciarono a cambiare anche le attività svolte, passando da uno stile di vita basato sulla caccia e la raccolta ad un altro basato sulla coltivazione e l'allevamento 5 . Tale cambiamento è stato accompagnato dalla consapevolezza dei cicli vegetali, stagionali e riproduttivi: è in conseguenza di questo che l'uomo si rende conto di essere ininfluente sul corso del tempo e di dipendere da potenze extraterrene che regolano il cosmo. La sedentarizzazione quindi comporta il cambiamento dello stile di vita, che a sua volta comporta un diverso approccio allo spazio e al tempo, creando un nuovo immaginario simbolico e religioso, nonché un nuovo sistema etico. L’appartenenza al proprio spazio si manifesta con la pratica della sepoltura domestica o nelle necropoli, perfetti esempi di circoscrizione non solo spaziale ma anche temporale. L’antenato diviene il legame indissolubile con la terra, ma anche il senso di durata e continuità. Rappresenta, afferma Greimas, la prima manifestazione di storicità. Altra conseguenza della sedentarizzazione è la creazione di nuovi tipi di impegni relazionali che, attraverso l'impiego di simboli, portano alla progressiva formazione di nuovi status. In particolar modo nelle società a potere centralizzato, in relazione all'idea che il ciclo dipendesse da potenze extraumane, il sovrano veniva visto come mediatore tra uomini e dei (o un dio esso stesso), capace di garantire il corretto funzionamento dell'universo. Il sovrano assume quindi non solo il ruolo del mediatore ma anche e soprattutto quello di capro espiatorio: Bertelli lo definisce come ostaggio sacrificale del cielo verso il suo popolo. La mediazione del sovrano si esplicita in atti rituali in cui fa le veci del popolo tutto e dove quest’ultimo partecipa con la sua presenza dal valore di testimonianza confirmatoria. I ruoli politici vengono giustificati da un analogo ordine cosmico basato su potere e giustizia.

RICAPITOLANDO A prescindere dalle sue finalità, un rito praticato da una comunità presuppone e afferma una forma di organizzazione sociale, quindi, propone e impone un tipo di visione della società, reso legittimo dalla tradizione e dal suo proporsi come atto sacro. Le forme e la scansione spazio-temporale dei riti sono legate a una matrice agraria, e sono concepite come momenti di superamento degli stati di crisi naturale e sociale derivanti dalle trasformazioni della natura.

CALENDARI CERIMONIALI I calendari sono prodotti culturali che nella loro articolazione esprimono esigenze di tipo politico, sociale e religioso inscindibilmente connesse sia alle scadenze stagionali e all’organizzazione delle attività economiche, che alla valenza sacra attribuita ai momenti critici dei cicli produttivi. Per questi motivi i calendari cerimoniali possono contenere più cerimonie che presentano elementi riferibili al rinnovamento.

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La sedentarizzazione non fu la conseguenza della scoperta dell’agricoltura – come erroneamente sosteneva Gordon Childe – bensì un processo che la seguì. Ne abbiamo la prova con l’enorme complesso monumentale di Gobekli Tepe in Turchia, opera di popolazioni non pienamente neolitizzate e che quindi, verosimilmente, non praticavano ancora agricoltura pur stabilendo un perimetro del sacro all’interno del proprio spazio.

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CALENDARI CERIMONIALI ANTICHI

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Calendario greco: l'anno era suddiviso in due stagioni, la buona e la cattiva. Tuttavia, dallo studio dei riti legati ai lavori campestri e ai cicli vegetali, emerge un’articolazione in tre stagioni: le Tesmoforie per Demetra durante la semina, le Antesterie per Dioniso durante la fioritura e le Targhelie in primavera inoltrata, con offerte primiziali a Apollo e Artemide. Per quanto riguarda le Tesmoforie, la presenza a tali celebrazioni era riservata esclusivamente alle donne sposate, che alloggiavano in capanne accomodate con i legni del bosco. Durante il rito aveva luogo una processione di fiaccole. Il primo giorno di festa era inteso come di lutto e si osservava il digiuno, mentre la notte aveva luogo una festa con canti e balli. La cerimonia si concludeva con il recupero dei resti dei maialini precedentemente gettati vivi in una fossa con riproduzioni di organi sessuali, serpenti e rami di pino. Parte di questi resti veniva poi mescolato con le granaglie destinate alla semina. Il fine era quello di propiziare la fertilità sia degli uomini che dei campi.

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Calendario celtico: si articola in due stagioni: la calda e la fredda, a loro volta suddivise in altri periodi scanditi da diverse celebrazioni. In particolare Imbolc i primi di febbraio (in relazione al l'allattamento dei nuovi nati del gregge), Beltaine, i primi di maggio (per l'inizio della stagione dei pascoli, caratterizzata dall'accensione di fuochi e dal passaggio sulle braci di questi da parte del bestiame a scopo purificatorio), Lughnasad tra luglio e agosto (per favorire la maturazione delle messi), Samhain i primi di novembre (che creava un collegamento tra cicli pastorali e vegetali, in quanto celebrava la semina e il ritorno delle greggi alle stalle dopo il periodo del pascolo) che segnava la fine di un anno e l'inizio di uno nuovo.

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Calendario egiziano: le principali feste a carattere agrario erano strettamente collegate alle piene del Nilo. Al termine della mietitura veniva celebrata la festa in onore di Horus (dio della fertilità), mentre nel periodo della semina veniva celebrata la Khoiak, che consisteva in una sintesi tra culti funebri e agrari: lo scopo era quello di mettere in relazione i cicli di vita umana e vegetale, basandosi sull’analogia tra la vicenda del seme e quella del defunto.

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Calendario mesopotamico: veniva celebrata una festa all’inizio della primavera e una all’inizio dell’autunno. L’Akitu (festa primaverile) era la festa più importante e poteva essere celebrata solo in presenza del sovrano.

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Calendario anatolico: l’anno era diviso in buona e cattiva stagione. Le celebrazioni principali si svolgevano in primavera e autunno, in relazione alle fasi principali dei lavori agricoli e pastorali. La festa del Purulli era la festa di capodanno, da celebrare in presenza del sovrano. Con tale festa veniva ricordata la mitica sconfitta del serpente Iluyanka da parte del dio Teshup. A tale scopo veniva riprodotta ritualmente una battaglia tra due gruppi, uno con armi di bronzo e uno con armi di canna. Il gruppo vincente (quello con le armi di bronzo) prendeva un prigioniero che veniva sacrificato al dio.

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Calendario iraniano: era segnato da due grandi celebrazioni, quella primaverile di Nauruz e quella autunnale di Mhrjan. La prima, in particolare, celebrava la creazione del mondo e dell’uomo e richiedeva la presenza del re. Nel giorno della celebrazione il sovrano doveva dare dimostrazione del suo contatto con gli dei, eseguendo riti volti a risvegliare la natura e a suscitare la fertilità universale.

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Calendario israelita: si articolava intorno alla festa della Pasqua, in corrispondenza del periodo di raccolta dell’orzo, la Pentecoste e la Festa dei Tabernacoli, in prossimità della vendemmia. 5

CALENDARI CERIMONIALI FOLKLORICI In Sicilia, l’articolazione del calendario cerimoniale è connessa al ciclo del grano: -

Semina = ogni santi, commemorazione dei defunti; Germinazione = S. Giuseppe, Settimana Santa; Raccolta = S. Giovanni Battista, S. Calogero.

Sono veri e propri passaggi di stato che connettono simbolicamente il seme e la futura pianta al ciclo vitale umano. Il periodo della semina, infatti, è legato alla dimensione ctonia attraverso la presenza dei morti – il seme viene sepolto e muore ritualmente per perpetuare la vita – rappresentati da maschere, poveri o bambini. Si consumano cereali non macinati e si accendono falò particolarmente connotati. Le feste del periodo primaverile sono più connesse alla dimensione uranica, e sono caratterizzate da danze, giochi, lotte, offerte primiziali e di pani rituali (che possono anche essere consumati) e processione di elementi vegetali. Il periodo della raccolta è scandito dalle feste patronali, feste di ringraziamento in cui la società è autocelebrata sia nella propria ricchezza che nella propria devozione.

SAN GIUSEPPE: UNA FESTA DI CAPODANNO La festa di San Giuseppe fu fissata nel medioevo il 19 marzo, già in alcuni calendari d’Occidente tra il IX e il X secolo. La data fu fissata a 6 giorni prima dell’annunciazione, in onore di Giuseppe come “sposo di Maria” o Nutritor Domini (educatore, padre adottivo del Signore). L’affermazione e la diffusione del culto si deve all’ordine benedettino e francescano che promossero la devozione attraverso le opere di San Bernardo da Chiaravalle. Nell’iconografia classica, san Giuseppe è talvolta raffigurato come componente della sacra famiglia, ma più spesso da solo con in braccio Cristo bambino e il suo simbolo per eccellenza, il bastone fiorito6. Tale immagine viene riproposta nella panificazione cerimoniale e in cerimonie processionarie (come a Villabate). La ricorrenza di questo tipo di icona suggerisce come Giuseppe venga visto come Santu Patri, un santo extraterritoriale e venerato per diverse occasioni. Viene considerato patrono di orfani e poveri (in generale soggetti ai margini) e, come riporta Pitrè in “Spettacoli e feste popolari siciliane”, anche da signorine non ancora sposate in cerca dell’intercessione per un buon partito7. San Giuseppe è il santo che più viene venerato in Sicilia – egli è soprattutto protettore dei lavoratori che si guadagnano da vivere con fatica – e g...


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