Riassunto del libro \"Psicologia della disabilità\" di Salvatore Soresi PDF

Title Riassunto del libro \"Psicologia della disabilità\" di Salvatore Soresi
Course Psicologia della disabilità
Institution Università della Calabria
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PSICOLOGIA DELLE DISABILITA’(Salvatore Soresi)PresentazioneNel pianeta delle disabilità sono venute mutandosi nuove sensibilità a proposito dei supporti sociali da porre in essere. Il convincimento che è possibile ridurre la distanza e la differenza che sovente si constatano, tra il mondo della rice...


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PSICOLOGIA DELLE DISABILITA’ (Salvatore Soresi) Presentazione Nel pianeta delle disabilità sono venute mutandosi nuove sensibilità a proposito dei supporti sociali da porre in essere. Il convincimento che è possibile ridurre la distanza e la differenza che sovente si constatano, tra il mondo della ricerca e quello dell’intervento sul campo e che collaborando, è molto più probabile riuscire a raccogliere consistenti e reciproci vantaggi. Il contatto con il mondo della ricerca da parte dei servizi e degli operatori può, oltre a migliorarne i linguaggi e le tecniche, avere effetti decisamente benefici come l’incremento dei loro livelli di produttività e di soddisfazione professionale e la diminuzione dei rischi di burn out e di “spersonalizzazione”. Dal 2000 e con cadenza annuale, è stato possibile organizzare a Padova un Congresso Nazionale sui problemi della valutazione, del trattamento e dell’integrazione con l’esplicito obiettivo ridimensionare il gap esistente tra la ricerca e l’applicazione, e dar vita, anche con la collaborazione di Renzo Vianello, al “Giornale Italiano delle Disabilità”, tutto questo consente di intravedere prospettive inedite per la ricerca, il trattamento e l’integrazione. (Salvatore Soresi) PRIMA PARTE Nuove Modalità di valutazione e classificazione delle disabilità Nel corso di quest’ultimo decennio si sono registrare alcune importanti novità che, oltre a stimolare significativi cambiamenti sul versante della ricerca, non tarderanno a produrre cambiamenti a carico anche delle modalità con le quali viene programmata l’attività abilitativa e riabilitativa e degli atteggiamenti che debbono essere assunti nei confronti delle persone con menomazioni. I cambiamenti che consideriamo maggiormente importanti e stimolanti riguardano, in particolare: 1. La crescita degli studi e delle ricerche, dedicati ai problemi associabili alla disabilità; 2. L’esistenza, a livello di formazione universitaria e all’interno di facoltà diverse, di percorsi formativi specifici per coloro che sono interessati a impegnarsi professionalmente in questo settore; 3. La presenza di nuovi e accreditati criteri per la valutazione e la classificazione delle conseguenze delle menomazioni; 4. Il definitivo riconoscimento della superiorità dei modelli di inclusione in confronto a quelli dell’inserimento e dell’istituzionalizzazione di cui si trova sempre più frequentemente traccia anche nelle legislazioni che al riguardo si stanno dando molti paesi; 5. L’accresciuta e riconosciuta centralità alle tematiche della valutazione dell’efficacia dei trattamenti e della qualità dei servizi che vengono erogati; 6. La necessità di ancorare a criteri personalizzati la scelta, la differenziazione e l’accreditamento degli interventi che debbono essere realizzati a favore di queste persone dal momento che si ritiene che non ci si possa più accontentare dell’accertamento della loro avvenuta erogazione in quanto andrebbe “misurata” anche la loro capacità di rispondere effettivamente a bisogni e necessità personali; 7. La doverosa attenzione che deve essere riservata alle necessità e ai diritti degli utenti a proposito della qualità della loro vita, della loro partecipazione e

autodeterminazione, che debbono sempre più spesso essere assunti a criterio di valutazione della legittimità e dell’efficacia di quanto si realizza; 8. Il riconoscimento di nuovi ruoli che possono e dovrebbero essere attribuiti ai familiari e al volontariato. La lungimiranza delle ipotesi che in favore delle persone vengono formulate potrebbe essere accertata considerando anche il ruolo che, di fatto, è stato attribuito ai familiari e al volontariato e l’ammontare delle risorse messe a disposizione per l’incremento della loro formazione e del loro coinvolgimento.

Cap. I La classificazione e la valutazione delle disabilità OMS = Organizzazione mondiale della sanità. ICD = International Classification Diseases (incompleta ad essa si è deciso di aggiungere un’appendice relativa alle conseguenze delle malattie) Considerava in modo lineare e intraindividuale le relazioni = Eziologia -> Patologia -> Manifestazione clinica ICIDH = International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps (1975) Questo manuale di classificazione -> importante per: I motivi che spingono le persone a rivolgersi ai servizi sociosanitari non dipenderebbero tanto dalla diagnosi formulata quanto, piuttosto, dalle conseguenze delle malattie; Esistono diverse forme morbose che non possono essere adeguatamente codificate utilizzando la consueta classificazione delle malattie; Per migliorare la qualità dei servizi e della stessa politica sanitaria è necessario poter disporre di dati in grado di descrivere anche le interrelazioni esistenti tra i diversi possibili eventi che vengono diagnosticati da una punto di vista medico e quelli definibili in termini di “conseguenze delle malattie”. Diversamente da quanto prospettato nella relazione lineare, le persone si rivolgevano alle strutture sanitarie, non per ricevere diagnosi e cure, ma piuttosto per le difficoltà da loro incontrate nel far fronte alle conseguenze delle loro malattie. Complementare al nuovo manuale ICIDH quindi l’approccio bio-pisco-sociale alle malattie e alle loro conseguenze, ufficializzando i concetti di impairment (menomazione), disability (disabilità) e di handicap (svantaggio). Malattia Infortunio

-- Menomazione -Malformazione

Disabilit

Handicap

àDefinizioni riprese dall’OMS Menomazione -> fa riferimento a perdite o anormalità transitorie o permanenti, “esistenza o evenienza di anomalie, difetti o perdite a carico di arti. La menomazione, rappresenta l’esteriorizzazione di uno stato patologico e inlinea di principio essa riflette disturbi a livello dell’organo”. Disabilità -> “qualsiasi restrizione o carenza (conseguente a una menomazione) della capacità di svolgere un’attività nel modo o nei limiti ritenuti normali per un essere umano. Trattasi di scostamenti rispetto a ciò che sarebbe normalmente atteso, possono avere carattere transitorio o permanente, ed essere reversibili o irreversibili, progressive o regressive…ancora, possono insorgere come reazione diretta a una menomazione o come reazione di un soggetto, specialmente da un punto di vista psicologico, a una menomazione fisica, sensoriale o di altra natura. La disabilità si riferisce a capacità funzionali estrinsecate attraverso atti e comportamenti che per generale consenso costituiscono aspetti essenziali della vita di ogni giorno. L’handicap -> rappresenta “una condizione di svantaggio vissuta da una determinata persona in conseguenza di una menomazione o di una disabilità che limita o impedisce la possibilità di ricoprire il ruolo normalmente proprio a quella persona, in relazione all’età, al sesso e ai fattori socioculturali”. In queste definizioni troviamo già un accento più marcatamente ecologico comportamentale, una prospettiva quindi bio-psico-sociale, di quanto non si riscontrasse negli ambiti riabilitativi dove l’attenzione non era rivolta al soggetto quanto alle sue disabilità. a. Tutte le organizzazioni opererebbero in favore delle situazioni di disabilità, ma non di quelle di handicap; b. Coloro che invece si interessano di integrazione lavorano in contesti comuni che si attendono livelli standard di prestazioni facendo pertanto sperimentare ad alcune persone svantaggi ed handicap.

Sulla base di quanto sopra, una persona non può essere globalmente disabile, in quanto, al variare di contesti e richieste può manifestare di volta in volta abilità o disabilità e non può nemmeno essere considerata superficialmente o globalmente handicappata solo perché in alcuni ambiti specifici a causa di specifiche menomazioni e disabilità sperimenterebbe vissuti di svantaggio. Nonostante le menomazioni continuano ad essere presenti, le disabilità e gli handicap, compaiono solamente quando ci si attendono o si pretendono livelli di prestazioni standard a prescindere dalle effettive possibilità dell’individuo in questione. In quest’ottica, paradossalmente e a prima vista, i fautori dell’integrazione sarebbero anche portatori di handicap in quanto non si accontenterebbero delle prestazioni disabili, tenderebbero a favorire la normalizzazione ed eserciterebbero un costante confronto con persone e prestazioni più abili.

1. L’”International Classification of Functioning, Disability and Health” ICF Negli ultimi documenti le malattie, compresi i disturbi mentali e cognitivi, vengono finalmente poste sul medesimo piano, al medesimo livello delle patologie fisiche, a prescindere dalle cause che le hanno determinate. Nel manuale di presentazione dell’ICF, si afferma che il suo scopo ultimo è quello di proporre un linguaggio uniforme e un quadro all’interno del quale descrivere la salute e gli ambiti ad essa connessi, come l’educazione e il lavoro. L’ICF si occupa dell’organismo e della persona in quanto individuo ed essere sociale, considerando due diverse dimensioni: 1.quella del funzionamento organico e delle strutture anatomiche; 2.quella delle attività svolte e dei livelli di partecipazione. Sono decisamente queste due dimensioni a rappresentare le novità più evidenti. L’ICF, infatti pur muovendosi dall’ICIDH, non è più infatti una classificazione delle “conseguenze delle malattie”, ma la rassegna delle “componenti della salute”. (Vincolo-possibilità). Ci siamo dunque spostati dalla relazione lineare (menomazione, disabilità, handicap) all’espressione di un’interazione/relazione complessa che include anche variabili importanti di tipo contestuale. (Relazioni complesse bidirezionali dx sn che alto basso e viceversa. L’ICF considera quattro dimensioni fondamentali che spiegherebbero il funzionamento delle persone:

Un’esaustiva analisi delle problematiche di una persona con menomazione non può prescindere dal considerare con attenzione, una serie di determinanti contestuali di tipo prettamente ambientale o personale: determinanti contestuali – ambiente di vita delle persone, presenza o meno di barriere architettoniche, vivibilità dell’ambiente domestico, scolastico o lavorativo, ma anche l’accessibilità di strutture, servizi, l’esistenza di supporti legislativi che di fatto influenzano significativamente la qualità della vita e i livelli di partecipazione delle persone. determinanti personali – attributi personali, attributi di assertività, passività, e importanza delle credenze di efficacia nei confronti delle possibilità di riuscita. Mentre la prima versione si soffermava a considerare unicamente le situazioni di deviazione dello stato dell’organismo (malattie e menomazioni), delle prestazioni (disabilità) e del livello di inserimento delle persone (handicap), la seconda sostiene che è possibile specificare ciascuna dimensione o componente in termini sia positivi che negativi e tutto ciò che ha un importante impatto anche a proposito di come possono essere descritte le persone che beneficiano di programmi abilitativi, riabilitativi ed integrativi. Si afferma che il soggetto è in grado di… che è necessario ed opportuno, modalità appunto che prevede l’elencazione delle abilità. Il ricorso all’ICF, interviene nel perseguimento di scopi diversi quali: la raccolta di dati di tipo statistico, la valutazione dei risultati, l’analisi dei bisogni, l’individuazione delle priorità, la progettazione delle attività formative. Gli obiettivi perseguibili si classificano in prevenzione nei confronti della probabilità di incremento dei livelli di difficoltà presenti; e mantenimento e potenziamento della disabilità. 2.

I documenti dell’organizzazione mondiale della sanità OMS

L’OMS ha profuso, numerosi sforzi al fine di precisare meglio le situazioni di vita delle persone che possono necessitare di interventi abilitativi e riabilitativi o di supporti in grado di incrementare i loro livelli di partecipazione alla vita comunitaria. Le innovazioni più significative contenute nell’ICF: ☯ L’evolversi dell’atteggiamento della sanità e dei professionisti del settore nei confronti delle problematiche che interessano le persone con disabilità. Questo è andato sempre più spostandosi da concezioni esclusivamente mediche e organicistiche a visioni più esaustive, includenti anche aspetti e determinanti di tipo psicologico, sociale e ambientale. ☯ La presenza di un approccio positivo nei confronti di quelle persone che, a causa di problemi e difficoltà connesse al loro stato di salute e alle loro condizioni di vita, possono presentare necessità di aiuto e di intervento sociosanitario. In particolare l’invito a non generalizzare le valutazioni. ☯ L’accettazione di un uomo marcatamente ecologico-comportamentale. ☯ Il coinvolgimento, nello stendere le classificazioni, di persone con disabilità e delle loro organizzazioni. ☯ L’enfasi data ai livelli di partecipazione quali indicatori dell’importanza attribuita all’integrazione e alla qualità della vita;

☯ La proposta di un modello di classificazione di situazioni e non di persone, la disabilità viene considerata come un’espressione a ombrello che va utilizzata con parsimonia non dimenticando che si tratta del risultato di interazioni complesse individuo e ambiente. Le modalità con cui vengono nominate ed etichettate le situazioni difficili non è irrilevante, in quanto possono far trasparire la presenza sia di atteggiamenti positivi, sia anche di posizioni ostacolanti ed emarginanti. Chi è sottoposto a trattamenti medici riabilitativi continua ad evocare molto spesso, pregiudizi e stereotipi di intensità tali da costituire delle vere e proprie barriere, che ostacolano gli stessi processi di integrazione, vanificherebbero spesso anche gli effetti degli interventi riabilitativi, che a fatica sono stati realizzati. L’uso di nomi e aggettivi quali “disabile”, “persona svantaggiata”, sembra favorire la permanenza di atteggiamenti di rifiuto e, nel migliore dei casi di visioni superficialmente pietistiche che sottintendono spesso la tendenza a far globalmente coincidere la persona considerata con la sua disabilità. Il ricorso ad un linguaggio scientifico e internazionalmente condiviso non è sufficiente, ma può tuttavia contribuire a far ridimensionare gli effetti negativi associati ad alcuni luoghi comuni. Nel testo viene utilizzato l’espressione “diversamente abile” per caratterizzare le situazioni di normalità, sarebbe scorretto ricorrere ad essa per riferirsi esclusivamente alle persone con menomazioni, tutte le persone infatti sono diversamente abili all’interno della curva gaussiana o curva degli errori. 3.

La scala di Valutazione del livello di abilità (Valiab)

Questa scala può essere considerata uno strumento di etero valutazione capace di facilitare l’individuazione di specifici ambiti necessitanti di attenzioni a/riabilitative. Nella versione definitiva la sua struttura fattoriale, le analisi compiute indicano che nel descrivere le abilità di persone con consistenti disabilità cognitive è possibile far riferimento a sette fattori che rappresenterebbero i punti di forza e di debolezza della persona considerata: 1. Abilità scolastiche; 2. Abilità motorie; 3. Abilità di tolleranza nei confronti dell’ambiente; 4. Abilità di comunicazione non verbale; 5. Abilità lavorative; 6. Abilità di orientamento nell’ambiente; 7. Abilità di autonomia personale; 8. Una valutazione normativa; 9. Una valutazione criteriale (vengono rapportati i valori attribuiti ai diversi item con il numero degli item).

4.

L’utilizzazione delle valutazioni in ambito abilitativo/riabilitativo

Ogni operazione di valutazione perde di legittimità se non viene utilizzata per realizzare almeno qualche tentativo di incremento delle abilità considerate di fatto come deficitarie,

inoltre bisognerà prestare attenzione ai punti di forza delle persone, cercando, da un lato, di stimolarne l’utilizzo e, dall’latro, di evitare interventi eccessivamente assistenziali che potrebbero inibire il desiderio e la possibilità della persona considerata di svolgere e affrontare autonomamente compiti e attività. Le valutazioni raccolte tramite l’utilizzo di uno strumento di analisi delle disabilità o delle attività quotidiane andrebbero utilizzate per: redigere un referto personalizzato relativo alle abilità funzionali manifestate da conservare nella cartella clinica dell’utente e da condividere con altri operatori familiari; programmare degli interventi finalizzati a incrementare le abilità funzionali. La valutazione delle abilità possedute dalle persone con menomazioni dovrebbe permettere anche l’analisi del “bilancio delle risorse” e dei punti di forza della persona che assumono particolare rilevanza in sede di programmazione di specifici e intenzionali interventi. In questo contesto particolari attenzioni dovranno essere dedicate alla scelta e alla definizione degli obiettivi a/riabilitativi che ci si propone di perseguire, che rappresentano l’anticipazione e la descrizione dei miglioramenti e dei cambiamenti che le persone che beneficiano dei trattamenti manifesteranno quando saranno stati effettivamente raggiunti. Essi pertanto, descrivono il risultato degli interventi che si decide di porre in essere. Gli obiettivi, pertanto, si riferiscono alle abilità che prima dell’intervento, non sono presenti nel repertorio della persona o dei gruppi di volta in volta considerati, o sono solo parzialmente presenti, o comunque essendo presenti compaiono troppo raramente o non vengono attuate nei luoghi e nei momenti che lo richiederebbero. L’obiettivo descrive quindi il risultato atteso, l’anticipazione delle aspettative, che vengono associate alle azioni di operatori e professionisti. Affinché queste intenzioni risultino adeguatamente formulate, anche al fine di consentire collaborazioni e operazioni partecipate, è necessario che vengano descritte in modo operazionale precisando: 1. La prestazione, che la persona dovrà essere in grado di manifestare; 2. Le condizioni, all’interno delle quali ci si aspetta che le prestazioni si manifestino; 3. Il criterio di padronanza, la qualità e/o la quantità di prestazione auspicata che si ritiene necessario constatare per poter considerare efficace l’intervento realizzato e, pertanto, raggiunto l’obiettivo in questione. Nel formulare gli obbiettivi sarebbe opportuno non cadere negli errori di: fare ricorso ad un linguaggio non operazionale, all’assenza di precisi criteri di padronanza o di falsi criteri. Occupandoci di persone con consistenti difficoltà ci si può imbattere in ambiti di abilità non incrementabili a causa di una serie di limitazioni determinate dalle menomazioni presenti, sarebbe quindi irrealistico ritenere di poter incrementare con qualsiasi intervento, riteniamo quindi che gli strumenti di analisi delle disabilità vadano utilizzati solamente se concorrono di fatto all’attivazione di successive ipotesi e decisioni: In sede di assessment (Il termine inglese assessment, frequentemente usato nella valutazione della disabilità, ingloba sia operazioni di misurazione che di valutazione), per una prima sommaria valutazione dei punti di forza e di debolezza delle persone considerate:

In sede di programmazione dei trattamenti, per individuare quali attività e quali supporti meglio si adattano al livello di abilità di ogni partecipante in un’ottica di potenziamento o, quanto meno, di mantenimento delle abilità presenti; In sede di monitoraggio, per controllare periodicamente l’andamento dei livelli di abilità di una persona con disabilità dal momento che, con una certa frequenza possono registrarsi declini e deterioramenti. In sede di valutazione dei servizi e dei programmi di intervento realizzati , l’accertamento dell’incremento o del mantenimento della abilità possedute può essere infatti considerato un criterio adeguato di accreditamento dei trattamenti e dell’efficacia di quanto posto in essere dai servizi sociosanitari. Cap. II L’analisi delle disabilità, il contributo neuropsicologico. Un modello sempre più utilizzato è quello neuropsicologico, ma anche la sola tradizionale diagnosi neuropsicologica, non può essere utilizzata per anticipare il bisogno di servizi, la durata e gli esiti dei trattamenti, la performance lavorativa e il livello di integrazione sociale possibile. Per tutto ciò sono nec...


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