Riassunto del manuale storia romana Mazza PDF

Title Riassunto del manuale storia romana Mazza
Course Storia Romana
Institution Università degli Studi di Palermo
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Riassunto Storia romana m mazza...


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Storia romana Sezione IV, VERSO I POTERI PERSONALI Cap 1.Dalla guerra numidica alla prima guerra civile (112-78 a.C.) 1.La guerra giugurtina(112-105 a.C.). L’elogio sallustiano nel Bellum Iugurthinum introduce il lettore negli scenari turbolenti della guerra contro il re della Numidia,senza mai perdere di vista la finalità politica dell’opera consistente nella volontà di rendere nota la prima vera opposizione allo strapotere della vecchia classe dirigente romana,superbia nobilitas e invogliare la coscienza dell’appartenenza,il sentimento cioè,di quella romanitas nella quale,nonostante la forza della denuncia,lo storico si riconosceva. Le ragioni del conflitto(111-105 a.C.) si fanno risalire alla morte di Massinissa che aveva sostenuto i Romani nel corso della prima guerra punica ottenendo un vasto dominio ampliato dai territori di Siface di cui aveva agevolato la cattura. Alla morte del re il potere era passato al figlio Micipsa che regnò da solo dopo la morte per malattia dei fratelli. Il nuovo sovrano aveva due figli, Aderbale e Iempsale,e allevò come figlio il nipote Giugurta,figlio naturale di Mastanabale(fratello di Micipsa), tenuto in disparte da Massinissa. Le molteplici doti del giovane spinsero il vecchio Micipsa ad affidargli imprese rischiose al fine di sbarazzarsene senza suscitare contrasti,in modo da garantire una successione tranquilla ai figli ancora troppo piccoli. Questa fu la ragione dell’invidio di truppe numidiche al comando di Giugurta durante la seconda guerra celtiberica. Publio Cornelio Scipione Emiliano,il vincitore di Carnagine, dopo aver colmato di doni in una sede pubblica,la contio,il valoroso condottiero,in privato gli suggerì di non assumere l’abitudine di elargire doni ai Romani essendo pericoloso comprare da pochi ciò che appartiene a tutti. L’esplicito riferimento alla macchinazione per ottenere il regno culmina,nel racconto dello storico,in riflessioni di grande tensione morale come quella sulla coincidenza della gloria con il buon uso del denaro. La lettera di Scipione a Micipsa ridondante di elogi per il giovane indusse lo zio ad adottarlo e designarlo coerede al regno per neutralizzare prevedibili colpi di mano. Dopo la morte del re il “partito”di Giugurta eliminò Iempsale provocando l’invio di una delegazione da parte del Senato romano sollecitato da Aderbale che,a seguito della sconfitta,si rifugiò prima nella provincia d’Africa,poi a Roma. Giugurta ormai padrone di tutta la Numidia,ripose le speranze nell’avidità della classe dirigente romana e nel proprio denaro. Dunque inviò nell’Urbe i propri delegati carichi d’oro e d’argento; il gioco riuscì facilmente ed in senato prevalse il parere di coloro che collocavano la verità in secondo piano rispetto al denaro e ai favori. Costoro deliberarono una commissione di dieci per la divisione del regno di Micipsa tra Aderbale e Giugurta. I lavori della commissione vennero ignorati da Giugurta che non esitò ad occupare i territori del fratello sino a provocarne una reazione indotta dalle devastazioni di città e campagna e dal timore di dovere abbandonare il regno. L’assedio alla piazzaforte di Cirta,centro commerciale di grande importanza,provocò una svolta nella vicenda. Infatti la classe dirigente venne inchiodata dalla reazione popolare alle proprie responsabilità. La denuncia della colpevole inerzia del Senato da parte di Gaio Memmio provocò la dichiarazione di guerra Giugurta. L’avversione del Senato all’iniziativa militare è stata spiegata con il timore che l’acquisizione della Numidia avrebbe consolidato il potere degli equites divenuti dopo le riforme di Gaio Gracco concorrenti pericolosi sul piano politico. La lunga serie di insuccessi romani si protrasse fino al 108/107 a.C. quando,dopo i fallimenti di Spurio Postumio Albino,la direzione della guerra fu assunta dal console Quinto Cecilio Metello. Questi riconquistò quasi tutta la Numidia grazie anche all’impegno del luogotenente Gaio Mario, che usò la guerra come palestra per la sua carriera politica. Eletto console per il 107 a.C.,riuscì ad assumere il comando della guerra accelerandone la conclusione: il potere di Mario fu consolidato in seguito alla riforma dell'esercito in cui ammise anche volontari nullatenenti ai quali assegnò una paga. Perduto il suo esercito e tradito dagli amici,Giugurta ottenne l’aiuto del suocero Bocco,re della Mauretania. Dopo due sconfitte successive, Bocco si lasciò persuadere dall’abilità diplomatica dell’ormai questore Silla,a passare dalla parte del console. Giugurta,caduto in un’imboscata,fu consegnato in catene a Mario (105 a.C.) che celebrò il trionfo e festeggiò l’elezione al consolato per il 104 a.C.,l’anno in cui il re numida morì di stenti nel carcere mamertino. 2.Mario tra rivoluzione e conservazione (108-100 a.C.). Se sul piano politico la nuova acquisizione territoriale non suscitò sufficiente entusiasmo presso la classe dirigente perché letta in chiave di crescita economica degli equestri,in particolar modo dopo il confronto dialettico fra gli ordines dopo la parentesi graccana,sul piano storico essa rivestì il significato dirompente di una vera e propria cesura. Attorno alle istanze di vittoria come volano di crescita degli eserciti proletarizzati si creò un legame forte con i comandanti garanti del futuro dei nuovi professionisti della guerra e si dirottò il movimento democratico verso nuovi obiettivi. In tale cornice si colloca il fallimento dell’azione dei tribuni Saturnino e Glaucia che,giudicata rivoluzionaria,nella sostanza non prefigurò un ampio programma di riforma. L’estremizzazione dei metodi di lotta culminata nell’uccisione dell’avversario politico di Glaucia che,a dispetto delle norme che regolavano la successione delle cariche, si era presentato candidato alla pretura,provocò la degenerazione in una guerra civile di cui si rese protagonista il Senato. Esso,infatti,si liberò con la violenza dei due tribuni,che Mario aveva tentato di salvare facendoli custodire nella Curia dove,però,vennero uccisi. Nel quadro del dopo-Giugurta non va trascurato il livello di credibilità raggiunto da Mario nel momento in cui il timore di un’aggressione ravvicinata di popolazioni galliche,i Cimbri e i Teutoni,sollecitò l’attribuzione del comando all’homo novus che aveva sconfitto Giugurta. La designazione di Mario al secondo consolato per l’anno 104 a.C.,che pure infrangeva il divieto di iterazione della cariche,è la spia del suo successo personale che gli fruttò altri cinque consolati consecutivi (dal 104 al 100 a.C.). 3.La seconda guerra servile in Sicilia (104/101 a.C.) Contemporaneamente a questi fatti la storiografia non trascura di annotare una nuova gravissima sollevazione di schiavi in Sicilia,della quale diedero notizia,così scrive Diodoro,alcuni viaggiatori al ritorno dall’isola. Le cause della rivolta vengono inserite dallo storico siciliano all’interno di una riflessione politica consegnata a Nicomede,re di Bitinia, al quale nel corso dell’aggressione cimbrica si era rivolto il Senato per ottenere aiuti militari. Il sovrano giustificò il rifiuto con la condizione di vera e propria schiavitù nella quale era venuta a trovarsi la maggior parte dei Bitini. Il Senato tentò di correre ai ripari decretando che nessun alleato di condizione libera potesse essere ridotto in schiavitù nelle province e che i governatori si attivassero per restituire la libertà a quanti si trovavano in quella condizione. La guerra si scatenò nell’isola dopo che alla liberazione di un cospicuo numero di schiavi seguirono le proteste dei proprietari i quali persuasero,con il denaro o con i ricatti,il governatore Licinio Nerva a bloccare altre richieste di libertà. Altre ribellioni ripresero dopo questo episodio.Nerva non diede troppo peso alle vicende.Duemila servi si arroccarono a Eraclea Minoa e sconfissero una guarnigione romana. Salvio divenne loro re col nome di Trifone e assediò Morgantina che resistette. Gli eserciti regolari intanto venivano nuovamente sconfitti. Le tecniche della rivolta,analoghe a quelle già sperimentate trent’anni prima,misero in crisi il governo romano che non riuscì a controbattere se non dopo 4 anni i tentativi di accerchiamento dei ribelli. Se parole di elogio vennero spese per Gaio Aquilio,il console del 101/100 a.C. insieme a Mario,che riuscì a sconfiggere i ribelli,non meno alto è il tono per descrivere il coraggio degli ultimi 1.000 schiavi portati a Roma dal comandante che ne risparmiò la vita costringendoli,però,a combattere nelle arene. Dopo essersi rifiutati ti combattere con le belve,si tolsero la vita l’un l’altro sui pubblici altari.

4.La questione italica e il tribunato di Marco Livio Druso (91-90 a.C.). Nel 91 a.C.,a dieci anni di distanza dalla tragica fine di Saturnino e Glaucia,che aveva riconsegnato il controllo dello stato alla nobilitas senatoria,Marco Livio Druso,figlio del Druso avversario di Gracco,propose un pacchetto di leggi che mirava ad ampliare il potere dell’aristocrazia attraverso nuove alleanze. Il suo scopo era restaurare l'antico potere aristocratico fondandolo sul consenso popolare, nel tentativo di effettuare una sintesi che avesse accontentato entrambe le parti. Furono tre i punti essenziali della sua politica: la lex iudiciaria: Druso, per sanare una volta per tutte la frattura che si era venuta a creare fra ottimati e cavalieri, propose che le commissioni giudiziare fossero dovute passare per l'approvazione al senato, il senato stesso sarebbe stato allargato a 300 nuovi membri, da scegliersi tra i migliori equites. L'intento di Druso era quello di restituire il potere giudiziario al senato e di portare dalla sua parte l'intera classe degli equites, allettati dalla proposta di diventarne parte integrante. Il tentativo di neutralizzare i contrasti tra le due classi fallì a causa dei rischi che il progetto sembrava prefigurare alle parti in causa. I cavalieri nutrivano invidia per quanti sarebbero stati selezionati nell’immediato ed erano preoccupati per la introduzione nella legge dell’accusa di corruzione delle giurie,i senatori,dal canto loro,temevano che in Senato potesse formarsi una nuova fazione contro i vecchi senatori. Druso introdusse anche una nuova lex frumentaria,nella quale si proponeva di dividere quei territori appartenenti all'ager publicus che non erano ancora stati toccati (questi territori si trovavano principalmente in Campania e in Sicilia). Era una legge prettamente demagogica fatta per portare dalla propria parte la popolazione. Ultima ma non meno importante fu la lex de civitate latinis e sociis danda, che estendeva la cittadinanza romana agli alleati italici. Questi ultimi manifestarono qualche perplessità sulla legge coloniaria che avrebbe potuto danneggiarli,per cui resero ancora più debole la posizione di Druso che venne ucciso a casa sua da ignoti. La morte del tribuno scatenò la reazione violenta delle opolazioni italiche,alle cui rivendicazioni sempre più pressanti degli ultimi dieci anni,il giovane aveva cercato di dare risposte immediate che mettessero lo Stato al riparo da conflitti laceranti. 5.La guerra sociale e gli esiti politico-giuridici del conflitto (90-88 a.C.). Gli italici compresero,con l’assassinio di Druso, che non avrebbero mai ottenuto la cittadinanza in modo pacifico. La guerra sociale,dal latino Socius=alleato,durerà dal 90 all’88 a.C.,combattuta tra Roma e i municipia dell’Italia fin allora alleati del popolo romano. Tutti gli storici concordano nell’attribuire la responsabilità morale,oltre che politica,della guerra dichiarata allo Stato romano alla classe dirigente romana che aveva imposto oneri sempre più pesanti senza voler condividere con gli Italici un diritto che aveva indotto i Romani a guardare con disprezzo,come stranieri,uomini della stessa gente e dello stesso sangue. La guerra di breve durata apparve subito di esito incerto,per l’equilibrata abilità delle forze in campo e per le prevedibili capacità organizzative degli Italici che crearono uno Stato federale ispirandosi,per le strutture,al modello romano. Essi scelsero come capitale Corfinium,la città più importante dei Peligni e coniarono una propria moneta con la legenda Italia e usarono l’immagine del toro che schiaccia la lupa. La scintilla della guerra si accese ad Ascoli dove vennero uccisi il propretore Servilio e il suo luogotenente Fonteio,giunti da Roma mentre si celebrava una festa. La stessa sorte subirono tutti gli altri Romani residenti nel luogo,che vennero assaliti e massacrati,mentre le loro proprietà furono devastate. Nella direzione di un compromesso andarono le due leggi di apertura alle istanze degli Italici:la lex Iulia de civitate latinis et sociis danda, con cui si concedeva la cittadinanza alle città del Lazio e agli alleati che fossero rimasti fedeli a Roma e la lex Plautia Papiria de civitate sociis danda che concedeva il diritto a quanti,domiciliati in Italia al momento della legge,ne facessero richiesta entro 60 giorni. Le due leggi,in definitiva, estendevano la civica agli Italici sino all’Arno e all’Esino,escludendo la Gallia Transpadana. La drammaticità dei racconti sulle devastazioni e sulle perdite umane,spiegano queste misure adottate dai Romani per arginare i danni di una guerra difficile da portare a termine nonostante le condizioni di ottimo livello di comandanti quali Gneo Pompeo,Gaio Mario,Lucio Giulio Cesare,Lucio Cornelio Silla. La possibilità di ampliamento della classe dirigente,sia pure a livello di èlite,venne ostacolata dal perdurare del sistema dei rapporti politici tradizionali,mentre l’esigenza di riorganizzare il territorio italico incorporato nello Stato romano suggerì di applicare l’istituto del municipium (optimo iure) che avrebbe concorso ad accelerare il processo di romanizzazione. 6.Crisi politica a Roma:Publio Sulpicio Rufo,la marcia di Silla su Roma e i provvedimenti d’urgenza (88 a.C.) I punti di criticità che avevano decretato il fallimento del progetto di Druso riaffiorarono con maggior forza dopo l’apertura nell’88 a.C. di un nuovo fronte di guerra contro Mitridate re del Ponto che aveva occupato la Bitinia,la Frigia,l’Asia. Assegnato per sorteggio il comando della guerra a Silla,console per quell’anno,la classe equestre,per timore che i propri interessi in quell’area fossero minacciati dall’esponente del partito aristocratico,si accordò con i popolari che volevano attribuire tale comando all’ormai settantenne Mario. Costoro vennero appoggiati dal tribuno Publio Sulpicio Rufo il quale,nonostante il suo recente passato di rigido conservatore,proposero un gruppo di leggi il cui contenuto demagogico provocò l’immediata reazione dei consoli. Il programma di Rufo si fondava su 4 punti: 1. Distribuire i nuovi cittadini italici fra tutte le tribù ed estendere il diritto anche ai liberti. 2. Destituire tutti i senatori che avessero contratto debiti superiori a 2.000 denari. 3. Permettere il ritorno a Roma di tutti gli esiliati per motivi politici. 4. Privare Silla del comando delle operazioni in Asia contro Mitridate e trasmetterle a Caio Mario. L’opposizione dei consoli all’approvazione delle leggi con la dichiarazione delle feriae imperative(sospensione dell’attività politica in occasione di una festa) suscitò la reazione di Sulpicio e dei suoi sostenitori che provocarono il tumultus nel corso del quale uccisero Pompeo,figlio del console Quinto Pompeo e genero di Silla. Dei due consoli,Pompeo trovò la salvezza nella fuga,Silla si rifugiò nella casa di Mario,con il quale fece un accordo promettendo di abolire le feriae. L’attribuzione del comando contro Mitridate a Mario provocò il ritorno di Silla che a Capua(alcuni dicono Nola)stava procedendo al dilectus per la missione militare. Il console cui illegalmente era stato tolto l’imperium ebbe gioco facile con l’esercito riunito in assemblea che temeva una sua esclusione dalla guerra. Silla,infatti,partì verso Roma con sei legioni di soldati,senza gli ufficiali contrari a guidare gli eserciti contro la patria,un valore che poteva trovare riscontro solo nei ceti elevati. La risposta di Silla ai messi mandati da Roma che gli chiedevano perché marciasse contro la patria fu: “per liberarla da chi la tiranneggia”. L’andamento della guerra civile fu favorevole al console che,prima di partire per il Ponto,emanò una serie di provvedimenti per indebolire politicamente i democratici a vantaggio del Senato mentre Mario,Sulpicio e altri dieci esponenti del partito democratico venivano dichiarati hostes rei publicae ed esposti pertanto al rischio di essere uccisi impunemente da chiunque. Mentre Sulpicio venne ucciso subito,Mario riuscì a sfuggire agli inseguitori e si nascose a Minturno senza seguito e da lì riuscì ad arrivare fortunosamente nella provincia d’Africa. Silla abolì le leggi approvate da Sulpicio Rufo, mentre il senato fu ampliato con nuovi 300 membri scelti fra i suoi più fidati sostenitori. Fu abolita la potestà dei comizi centuriati,sottraendo il diritto di voto alle classi povere per lasciarlo ai ricchi, e fece in modo che ogni legge proposta dai tribuni passasse prima dal senato per l'approvazione. Di fatto venne abolito il potere legislativo dei tribuni. Appare dunque chiaro che questa legislazione d’urgenza,più che a restaurare la costituzione,mirasse a sovvertirla,dal momento che,storicamente,l’equilibrio dei poteri aveva rappresentato il fondamento dello sviluppo della res publica anche in presenza delle riforme democratiche degli ultimi due secoli. 7.Intervallo democratico (87-82 a.C.). Il ritorno al potere del partito democratico capeggiato da Cinna,eletto console per l’87,dopo la partenza di Silla per l’Asia,oltre a rivelarne la forza spiega il clima di ritorsione contro l’aristocrazia creato dalla riproposizione delle leggi sulpicie e,in particolare di quelle relative all’iscrizione degli Italici in tutte le tribù nonostante il giuramento di non modificare i suoi provvedimenti imposto da Silla a Lucio Cornelio Cinna. L’aristocrazia e una parte della plebe contestarono la proposta provocando la reazione violenta dei cinnani che offrì al console Ottavio il pretesto di intervenire con le armi per porre fine all’insurrezione. Molti dei seguaci di Cinna furono uccisi ed egli,sostenuto dagli Italici,tentò di sollevare gli schiavi e per questo fu privato della cittadinanza. A ciò reagì contestando il decreto del Senato e combatté contro Ottavio

e contro il Senato che cedettero consentendo a lui e a Mario di tornare a Roma per esercitarvi la carica. Dopo la morte di Mario,Cinna governò da solo e senza intervalli e per questo il uso potere fu definito regnum o dominatio,senza però alcun riferimento a ipotetici metodi applicati nell’esercizio della carica. 8.La guerra mitridatica tra ideologia e politica. Mentre Cinna e Carbone,succeduto a Mario,spadroneggiavano a Roma (87a.C.),molti aristocratici avevano raggiunto Silla in Asia dove le condizioni della guerra erano state create da Mitridate IV Eupatore che aveva occupato la pronincia d’Asia e spodestato dal trono i re di Bitinia e Cappadocia. Insediatosi a Pergamo,quegli distribuiva agli amici territori a sua discrezione,collaborato dai suoi figli e dai suoi generali,fra i quali il più valente Archelao,partendo da Atene,sollevò contro i Romani i popoli dell’Elleade sino alla Tessaglia. L’andamento della guerra fu contrassegnato da collaborazioni organizzate dal governo democratico che sembravano voler minacciare il ruolo di Silla,come sottolineano le fonti filosillane per ridurre le ombre addensatesi sul console,disponibile a venire a patti con Mitridate,nonstante i tragici eccidi di tutti i cittadini italici residenti nel territorio asiatico. Una volta incassato il rifiuto di Mitridate di ritornare allo status quo ante bellum, puntò in Beozia, dove sconfisse le armate di Archelao (stratega al soldo di Mitridate) e del tiranno di Atene Aristione. I focolai di rivolta in Grecia furono sedati, resistevano solo Atene e il Pireo, dove si erano rifugiati Aristione e Archelao: a Silla non restò altro che iniziare l'assedio della città. 9.Il ritorno di Silla e la dittatura costituente (82-79 a.C.). Siglata la pace in Oriente(a Dardano),Silla passò con l’esercito in Italia dove i consoli Gaio Norbano e Lucio Scipione preparavano la guerra contro di lui. Silla vinse in battaglia Norbano mentre l’esercito del console Scipione passò con tutte le insegne a Silla e lo stesso console fu lasciato andare via. Presso Silla si recò Gneo Pompeo Magno con un esercito di volontar...


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