Riassunto formarsi ad una cultura inclusiva PDF

Title Riassunto formarsi ad una cultura inclusiva
Author Giorgia Uras
Course Scienze dell'educazione e della formazione
Institution Università degli Studi di Genova
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Summary

Riassunto “formarsi ad una cultura inclusiva”.Per prospettiva inclusiva si intende l’impegno concreto assunto a livello politico ed educativo dai Paesi che stanno trasformando o rinforzando la visione rispetto alle tematiche della diversità e dell’uguaglianza. Nel panorama internazionale sono state ...


Description

Riassunto “formarsi ad una cultura inclusiva”. Per prospettiva inclusiva si intende l’impegno concreto assunto a livello politico ed educativo dai Paesi che stanno trasformando o rinforzando la visione rispetto alle tematiche della diversità e dell’uguaglianza. Nel panorama internazionale sono state messe in atto diverse soluzioni: la permanenza di scuole speciali per i bambini con disabilità; l’universalizzazione della scuola inclusiva; trasformazione sostenibile della scuola in prospettiva inclusiva a seconda del contesto storico culturale del Paese. L’Italia ha consentito agli alunni con disabilità il diritto e la possibilità di frequentare la “scuola per tutti”, ponendo crescente attenzione verso la formazione degli insegnanti di sostegno. Dall’emanazione della legge 118/71 che stabilì che l’istruzione dell’obbligo dovesse avvenire nelle classi normali della scuola pubblica, si sono susseguiti diversi modelli e si è dato sempre più valore al Progetto di Vita, alla Qualità della vita, all’Autonomia e alla Vita indipendente, ai Bisogni Educativi Speciali, allo Human Functioning. Tuttavia ancora oggi molti bambini con disabilità passato tante ore fuori dalla propria classe, nella scuola dell’infanzia passano il loro tempo in classe per il 49,8%, nella scuola secondaria di primo grado scendiamo al 30,7% (e comunque spesso gli alunni con disabilità e i docenti di sostegno anche in classe svolgono attività a parte). Alcuni movimenti opposti considerano ancora oggi l’inclusione un freno al raggiungimento di elevati standard di apprendimento. Esistono inoltre difficoltà nell’affermarsi di una cultura realmente inclusiva. La comunità scientifica ha delineato il profilo dell’insegnante di sostegno, attualmente sembrano presenti 4 posizioni. La prima prevede che l’insegnante di sostegno venga rafforzato e sviluppato nel suo ruolo e che sia quindi un insegnante curricolare con i 60 cfu di specializzazione; la seconda è quella delle cattedre miste che prevede che nella formazione delle cattedre di sostegno vi siano un tot di ore dedicate anche all’insegnamento curricolare per lavorare insieme alla classe e agli alunni con disabilità; la terza vuole una maggiore specializzazione e distinzione tra insegnante di sostegno e curricolare, differenziando la formazione già dall’università (questa posizione è stata tradotta in una proposta di legge che ha acceso molte polemiche); la quarta sostiene la trasformazione del ruolo di insegnante di sostegno che diventa “compresenza curricolare reale e tutoring esperto itinerante sulle didattiche inclusive” e quindi diviene “tutor esperto” itinerante. Le problematiche ancora presenti sono la capacità di creare un incontro tra progettazione curricolare e individualizzata; attivare e coniugare le risorse tra scuola, famiglia, territorio; creare una didattica che risponda, in un contesto normale, ai bisogni educativi speciali. Rispetto ai temi di “equità” ed “inclusione” le teorizzazioni pedagogiche si sono spesso intrecciate con la sociologia e la filosofia. Locke parlava dell’importanza di difendere la vita, la libertà e il rispetto. Rousseau trovava nell’impedimento alle disuguaglianze l’interesse comune principale. Durkheim si trovava nella stessa direzione con i concetti di solidarietà meccanica e organica, ma sarà Marshall a gettare le fondamenta del concetto di “cittadinanza” introducendo negli anni ’50 il concetto di “inclusione”. Luhmann elaborò invece un approccio nuovo al concetto di inclusione sostituendo l’analisi delle disuguaglianze con l’analisi dell’esclusione dai sottosistemi economici, politici, culturali ecc che compongono la società. Parsons identifica un sistema come l’insieme di parti interrelate, capace di autoregolarsi. L’obiettivo della pedagogia sarà quello di mettere in relazione l’assetto sociale con la teoria educativa, con il compito di definire un’etica del comportamento sociale grazie alle variabili che dentro e fuori dalla scuola possono portare alla sua produzione. La riflessione slitta quindi dalla filosofia-sociologia alla pedagogia che intravede tra scuola e società un legame di interdipendenza sistemica (la società al suo interno possiede diversi sotto-sistemi tra cui quello educativo-didattico). La scuola deve formare persone dal pensiero libero, critico, con competenze di autonomia e adattamento, capacità di tolleranza e dialogo. La

società invece deve essere accogliente, equitativa, inclusiva. L’inclusione nella società passa inevitabilmente per l’inclusione nella scuola e quindi la diffusione di una cultura dell’inclusione è possibile solo grazie alla promozione di una comunità accogliente, collaborativa, stimolante. Non bisogna solo garantire il benessere dell’individuo ma valorizzarne le differenze, garantendo pari dignità e possibilità di partecipazione alla vita di comunità, formando delle reti di relazione attorno alle persone più fragili, soddisfacendone i bisogni. Il concetto di rete è centrale nell’inclusione, così come il lavoro di rete che sostiene una visione olistica delle problematiche siano esse personali, sociali o socio-sanitarie. A livello internazionale le società devono riconoscere ogni essere umano come degno di rispetto al di là delle peculiarità, le istituzioni sono quindi chiamate a garantire a tutti pari diritti e il soddisfacimento dei bisogni. Centrale il ruolo della scuola che deve offrire un percorso formativo adeguato alle caratteristiche di ognuno. I principi di libertà, uguaglianza, diritti, pari dignità sono sostenuti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e delle Convenzioni ONU sui Diritti dell’Infanzia e sui Dirittti delle Persone con Disabilità che stabiliscono inoltre il diritto all’istruzione e all’educazione. Si affiancano inoltre la Dichiarazione di Salamanca e la Carta di Lussemburgo che riconoscono la necessità per persone con particolari bisogni, di percorsi formativi ed educativi da realizzarsi nella scuola che rispondano a questi bisogni. Nella Dichiarazione di Salamanca troviamo per la prima volta il concetto di inclusive education. Oltre a quanto detto prima, l’articolo 5 della Legge 118/71 evidenzia la possibilità di attivare scuole per la formazione di personale ed educatori specializzati. Nella pratica il diritto delle persone con disabilità di frequentare la “scuola per tutti”, non sempre viene applicato. Esistono ancora barriere architettoniche e ideologiche, difficoltà nella definizione della formazione specialistica degli insegnanti, la mancanza di progetti di sensibilizzazione sociale. Nella Legge del 1973 nell’articolo 6 si prevede l’apertura della scuola ai fanciulli handicappati, predisponendo le strutture e i mezzi per il loro inserimento. Nel 1974 il Ministro della Pubblica Istruzione nomina una Commissione per delineare le linee della politica scolastica, nasce così il Documento Falcucci, la Magna Carta dell’integrazione scolastica: un documento di enorme spessore culturale che influenzerà la successiva politica sulla disabilità. Nasce una nuova concezione non più strettamente assistenzialistica ma fondata sulla relazione di aiuto, si comprende l’importanza di alcuni cambiamenti radicali da attuarsi rispetto alla didattica e di una programmazione curricolare che sia a misura dell’alunno, insieme ad una specializzazione degli insegnanti e la possibilità di organizzare il lavoro non solo nel contesto classe. Si tratta di una scuola innovativa, che apre le porte al concetto di integrazione sostenuto nella C.M del 1975, che vide la nascita di un Ufficio speciale handicappati e la creazione di servizi per la realizzazione di un’azione di coordinamento in ogni provveditorato. Sarà però la Legge 517/77 che apre le porte al discorso sull’integrazione grazie alle scuole comuni per gli alunni con disabilità e porta alla chiusura delle cosiddette scuole speciali. Questa Legge formalizza la necessità di un’insegnante specializzato nell’integrazione degli alunni con disabilità, presso le Scuole Ortofreniche riformate, in un rapporto di un docente per ogni quattro. La Legge 517 ha di fatto tradotto i princìpi già emersi dal Documento Falcucci: estensione della frequenza alle scuole normali anche per i sordi, l’adozione della programmazione di tipo curricolare, il superamento della classe come unico raggruppamento possibile, l’apertura a modalità educative più flessibili e funzionali, la possibilità di ampliare il tempo scolastico, l’adozione di nuove modalità di valutazione che non deve essere la semplice espressione di un voto che definisca l’alunno. La responsabilità didattica è di tutta l’istituzione scolastica che si deve occupare del raggiungimento di un esito positivo per ogni alunno. Il sostegno assicura quindi agli alunni con disabilità le stesse possibilità di riuscita degli altri. Questa legge viene considerata l’anticipazione del modello dell’inclusione. Importante la sentenza della Corte Costituzionale resa operante dalla C.M 215/88 che estende alla scuola di secondo grado le norme sul diritto

all’integrazione degli alunni con disabilità. Essenziale poi la Legge quadro sull’handicap 104/92 che affronta l’integrazione non sono dal punto di vista scolastico ma anche sociale e lavorativo chiamando in causa molti settori. Tutti i soggetti istituzionali devono agire al meglio delle proprie possibilità per assicurare il soddisfacimento delle esigenze delle persone con disabilità, prendendo in considerazione tutta la loro esistenza dalla nascita all’età adulta, occupandosi della salute, integrazione, istruzione, educazione, lavoro, superamento delle barriere ecc. L’integrazione scolastica viene prevista dal nido all’università e vengono garantiti vari supporti istituzionali. Per favorire l’integrazione sono previsti dalla Legge 104 anche gli “Accordi di programma” da stipularsi tra scuola e servizi sanitari-socio assistenziali-culturali e tra i soggetti del territorio. Hanno lo scopo di promuovere una programmazione integrata che valorizza le potenzialità dell’individuo e del territorio. Un altro strumento è “il Gruppo di Lavoro per l’Integrazione Scolastica” previsto presso ogni ufficio scolastico provinciale. La novità sono la nascita di un apparato di documentazione, come la Diagnosi Funzionale (sottolinea i limiti del soggetto ma anche la potenzialità dell’intervento scolastico), il Profilo Dinamico Funzionale (uno scambio tra famiglia, scuola e servizi sul bambino per la costruzione successiva del PEI e della Programmazione), il Progetto Educativo Individualizzato (strumento frutto del raccordo tra i vari interventi e che crea congruenza tra gli approcci) e la Programmazione didattica personalizzata (elaborata dai docenti per l’attuazione in classe degli obiettivi delineati nel PEI). Tappa importante è stata la ratifica da parte del Parlamento della Convenzione ONU per le persone con disabilità, Legge 18 del 3 marzo 2009. La disabilità è un’evoluzione e la Convenzione promuove, protegge e garantisce il godimento dei diritti e delle libertà da parte delle persone con disabilità, promuovendone inoltre l’integrazione nel sistema scolastico “normale”; è stato inoltre costituito l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. Il 4 agosto 2009 troviamo la nascita delle Linee guida sull’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, che tra le altre cose ribadiscono l’importanza della conoscenza della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) e della partecipazione di tutta la comunità scolastica. Significativa la Legge 170 del 2010 che indicava la nuove norme in materia dei disturbi specifici dell’apprendimento e le successive Linee guida del 2011, seguite dalla Direttiva Ministeriale del 2012 sugli strumenti d’intervento per gli alunni con BES e dalla Circolare Ministeriale del 2013 sullo stesso tema. La Legge 107/2010 individua i disturbi dell’apprendimento dell’alunno ma non li considera un deficit: questi alunni sono affidati alla normale équipe pedagogica che fornisce provvedimenti dispensativi e compensativi e tiene conto delle peculiarità dell’alunno. Nella Direttiva Ministeriale per BES si intende lo svantaggio derivante da tre categorie: la disabilità, i disturbi evolutivi specifici come quello dell’attenzione e dell’iperattività (ADHD) e i DSA e infine quelli relativi alla sfera socio-economica, linguistica e culturale. Questi bambini non hanno diritto all’insegnante di sostegno, ma la presa in carico è di tutti i docenti curricolari. Deve essere presente un Centro Territoriale di supporto alla provincia che: promuova l’informazione e la formazione dei docenti, delle famiglie e degli alunni sulle nuove tecnologie e ausili disponibili; faccia consulenza agli insegnanti per supportali nella scelta degli ausili didattici e delle modalità didattiche più adatti e alle famiglie per facilitare lo studio a casa; fornisca ausili in comodato d’uso alle scuole; attui attività di ricerca e sperimentazione per nuovi ausili, hardware e software; fornisca un piano annuale di intervento relativo ad acquisti e iniziative di formazione; crei intese territoriali per l’inclusione con i servizi sociosanitari. Il cambiamento più forte in termini di inclusione, si è avuto per quanto riguarda la figura dell’insegnante di sostegno, un’evoluzione del vecchio insegnante della “scuola speciale” formatosi presso le scuole di metodo per Ciechi e Sordomuti oppure presso i corsi di fisiopatologia dello Sviluppo Fisico e Psichico o le Scuola Magistrali Ortofreniche. Già con la Legge del 75 è necessario che gli insegnanti di sostegno possiedano una specializzazione polivalente, acquisita

grazie ad un corso di durata biennale presso istituti riconosciuti. Il corso biennale interviene sia sul piano informativo che su quello formativo, prevede lezioni ed esercitazioni pratiche (tirocinio) e fornisce alcune capacità basilari come quelle di analisi e riflessione, instaurare relazioni positive, agire con diverse figure professionali e la famiglia, saper tollerare la frustrazione e sapersi automotivare, aggiornarsi continuamente ecc. Con la C.M. del 79 emergono le prime difficoltà che gli insegnanti di sostegno si trovano a fronteggiare. Viene riconosciuto il loro ruolo di contitolare della classe e tutti i docenti, di sostegno e curricolari, devono possedere competenze aggiuntive per il coinvolgimento di tutta la scuola nel processo di integrazione, per sapere riconoscere le esigenze degli alunni con BES/disabilità, sapere intervenire in merito nei tempi e nei modi corretti. Competenze che purtroppo raramente si trovano negli insegnanti curricolari formatisi anni fa. Con il decreto dell’84 una commissione di studio individua gli elementi caratterizzanti della formazione di un insegnante di sostegno: la preparazione polivalente e accurata, la competenza pedagogica, la conoscenza di strategie per il raggiungimento degli obiettivi curricolari di tutti gli studenti. Nell’86 invece si ridimensionano i corsi biennali per favorire le discipline pedagogicodidattiche e ridimensionare quelle tecnico-sanitarie, con particolare attenzione per l’attività di tirocinio, le competenze relazionali, operative e teoriche. Nel 92 invece si attribuisce finalmente all’università il compito di formare i docenti di sostegno, anche se non essendo le facoltà ancora pronte, i corsi continuano ad essere svolti da enti statali accreditati e istituti specializzati. Nel 95 vengono emanati nuovi programmi di formazione, distinti in una formazione iniziale da una ricorrente e in servizio. I curricoli disciplinari si articolano in: il quadro, il soggetto, il metodo, i linguaggi e la professionalità. Solo nel 99 verranno avviati i corsi di laurea in Scienze della Formazione Primaria e con il Documento Berlinguer si aggiungono competenze essenziali all’insegnante di sostegno: saper sostenere la classe dal punto di vista strategico, metodologico e della didattica integrativa, saper guidare la classe e i colleghi nell’acquisizione di metodologie individualizzanti. Nel 2010 invece del corso quadriennale, si istituisce quello quinquennale in Scienze della Formazione Primaria dove finalmente vengono previste per tutti i docenti le competenze didattiche utili all’integrazione degli alunni. Le classi iniziano ad essere percepite come più eterogenee e accolgono alunni con vari gradi di difficoltà non necessariamente legate ad una disabilità conclamata (es. ambiente familiare difficile, recente immigrazione, problemi motivazionali, di autostima, insicurezza ecc.). Attraverso il modello bio-psico-sociale alla base dell’ICF permettono di riconoscere le situazioni varie di alunni con BES. Tuttavia è ancora carente dal punto di vista dei crediti in ambito pedagogico, la formazione dei docenti di scuola secondaria. Dal 2012 vengono attivati corsi e master e viene dato spazio alla formazione e all’aggiornamento degli insegnati che già insegnano. Mentre nell’anno accademico 2013/2014 vengono attivati nuovi corsi per la specializzazione degli insegnanti di sostegno, corsi a numero programmato attivati nelle università, di durata non inferiore agli 8 mesi per il conseguimento di 60 cfu, con laboratori e tirocini diretti e indiretti. Il vocabolo “inclusione” ha cominciato gradualmente a sostituire quello di “integrazione”, modificando anche lo scenario educativo e non solo la terminologia. Il termine integrazione significa “fare spazio all’alunno con disabilità” all’interno del contesto scolastico, molto spesso inteso in senso puramente fisico; l’alunno con disabilità è quindi un problema circoscritto che va “integrato” in un contesto scolastico per normotipici, attraverso un processo di normalizzazione del diverso. Il termine “inclusione” è diventato d’uso comune in Italia nel 2009, a partire dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti per le persone con disabilità del 2006. Il concetto di inclusione si basa sul riconoscimento dell’importanza della partecipazione alla vita scolastica di tutti i soggetti. Questo concetto, si occupa non solo dei bambini con disabilità, ma contempla risposte individualizzate per tutti gli alunni. Booth e Ainscow hanno ideato l’Index for Inclusion che implica la considerazione di: valorizzare tutti gli alunni e il gruppo docente; ridurre l’esclusione

degli alunni; la riforma delle culture, delle politiche educative e delle pratiche scolastiche per rispondere alle diversità degli alunni che sono considerate risorse; l’enfatizzazione del ruolo della scuola nel promuovere valori e migliorare i risultati educativi; riconoscere che l’inclusione a scuola è alla base dell’inclusione in società ecc. Tutti questi strumenti vengono valutati dall’Indicatore. L’inclusione si propone di valorizzare la piena partecipazione alla vita scolastica di tutti, con pari opportunità, secondo un atteggiamento di “accettazione” del diverso. L’istituzione scolastica deve poter allestire risposte educative e didattiche differenziate, personalizzate e individualizzate, offrendo al contempo un’offerta formativa che sia “universale” pur non rivolgendosi ad una popolazione omogenea. L’ICF considera la disabilità non come una situazione problematica, considera piuttosto la disabilità e di riflesso la salute, il risultato dell’interazione tra soggetto e ambiente, e quindi un ostacolo alla partecipazione e all’attività. Gli insegnati, curricolari e non, hanno il compito di favorire la realizzazione di ogni alunno con le sue caratteristiche e le difficoltà che possono manifestarsi; devono poi fondare una comunità integrata, educativa ed educante che costruisca e rifletta valori inclusivi, di accoglienza, di valorizzazione dei diritti e delle differenze. Affinchè questo sia possibile è necessario che la formazione degli insegnanti curricolari, e non solo quella degli insegnanti di sostegno, sia aperta all’inclusione e alla didattica speciale, in un processo di formazione continuo. Ogni agenzia, scuola compresa, dovrebbe maturare una forte sensibilità verso ogni tipologia di problematica e di bisogno educativo speciale. I BES possono essere suddivisi in: disabilità e disturbi organici, disturbi emozionali, del comportamento o dell’apprendimento, legati a situazioni di svantaggio economico, culturale, sociale, linguistico. L’insegnante curricolare è “l’insegnante di tutti”, anche del bambino con BES, perciò deve possedere le competenze necessarie ad agire alla luce delle varie difficoltà, deve inoltre saper co...


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