Riassunto La descrizione del manoscritto - Armando Petrucci PDF

Title Riassunto La descrizione del manoscritto - Armando Petrucci
Course Codicologia I
Institution Università Ca' Foscari Venezia
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La descrizione del manoscritto (A. Petrucci) Si intende per manoscritto un complesso di materiale scrittorio generalmente composto in forma di libro e più o meno integralmente ricoperto di scrittura a mano, di solito conservato, intero o in frammenti, in un’istituzione pubblica o privata a ciò addetta. Si intende per descrizione l’esposizione, espressa in ordine fisso e in modo omogeneo, di una serie di dati relativi agli elementi di natura fisica, testuale e storica di ciascun manoscritto ritenuti essenziali e capaci di permetterne l’esatta individuazione patrimoniale e scientifica. La prassi per la descrizione usata convenzionalmente prevede che tutte le descrizioni redatte con finalità scientifiche siano divise in più sezioni riguardanti rispettivamente la denominazione anagrafica del manoscritto, il suo aspetto materiale in quanto oggetto di un processo di produzione, il suo contenuto, in quanto elemento base della sua funzione (non esistono manoscritti “non scritti”) e le notizie storiche relative al suo uso nel tempo. Cap.2 Problemi riguardanti la descrizione del manoscritto Qualsiasi sia il tipo di descrizione scelto dal catalogatore, egli deve necessariamente risolvere alcuni problemi: 1- la datazione e la localizzazione dei codici; 2- la definizione delle scritture; 3- l’identificazione degli autori e dei testi; 4- la descrizione della struttura e delle (o di alcune delle) tecniche di fattura. Datare significa collocare più o meno esattamente un determinato reperto entro una griglia cronologica divisa per secoli. La data di fattura e di copia di un manoscritto deve essere: a) posteriore alla data di compilazione del testo che contiene b) posteriore all’esemplare da cui è copiato c) anteriore alle glosse, note e aggiunte appostevi nei margini e negli spazi bianchi lasciati liberi dal testo; d) anteriore all’epoca nota di cessazione dall’uso del tipo di scrittura in cui in tutto o in parte è scritto e) posteriore all’epoca o data di fattura o di primo uso della materia sulla quale è scritto o riscritto Gli elementi di datazione verranno non soltanto dalla scrittura e dall’eventuale ornamentazione del codice, ma da tutti i suoi elementi costitutivi: dal testo, dal suo aspetto linguistico e ortografico; dalle tecniche di fattura, dalle notizie sulla sua storia e sulla sua provenienza.

Per quanto riguarda la localizzazione, si può omettere questo dato o registrato se espresso nel codice stesso o accertato da ricerche precedenti. Localizzare un codice significa in sostanza identificarne il luogo o la zona di origine, dove esso, cioè, è stato materialmente prodotto come oggetto e scritto; in questo senso il concetto di origine va nettamente distinto da quello di provenienza, poiché mentre per origine si intende il luogo o la zona dove il codice è stato prodotto e scritto, per provenienza si intende l’ultima sede nella quale il codice è stato conservato prima di raggiungere l’attuale e perciò quella dalla quale in senso proprio proviene. La localizzazione può essere più o meno precisa, l’area identificata più o meno vasta, dai pochi metri quadrati di un monastero fino ai confini di una intera nazione storica; da «prodotto in Roma nel monastero di S. Cecilia» sino a «di origine italiana»; e fra i due giudizi corre qualche differenza. Per quanto riguarda la definizione delle scritture, alcune delle regole di descrizione in uso pretendono che tale definizione sia fornita, anche se non indicano in quale modo lo si debba fare. Inoltre molto spesso le scritture adoperate nei manoscritti, sia greci, sia latini ed in particolare in quelli tardomedievali. Il catalogatore potrebbe anche decidere di evitare di fornire una qualsiasi definizione della scrittura Se invece la si vuole dare, la definizione non deve essere errata o ambigua, ma abbastanza vicina alla realtà grafica che vuole rappresentare e sia chiaramente espressa. Il catalogatore deve perciò risolvere tutti i problemi di identificazione di autori e di testi che l’incerta bibliografia soprattutto medievale gli presenta di volta in volta nei modi più diversi. La descrizione del contenuto di un manoscritto, e perciò l’identificazione dei testi che esso tramanda, sono compiti primari dell’opera di catalogazione. Si tratta di un’esigenza evidente soprattutto per i manoscritti di età medievale, nei quali la individuazione degli autori dei testi è più incerta. Non vanno identificati soltanto autori e titoli, ma anche indicati nella forma più corretta e nella lingua originale.

Cap.3 Il catalogo analitico Si designa con questa espressione il catalogo totale (in inglese full scale catalogue), o “scientifico”, il cui fine è di contenere una descrizione quanto più possibile accurata ed esauriente di tutti gli aspetti di ogni singolo codice, da quelli esterni a quelli relativi al suo contenuto testuale. Secondo il Casamassima, nell’opera di analisi nulla, nemmeno il minimo particolare, deve essere trascurato. I risultati dell’analisi vanno quindi trasferiti in una

trattazione (o registrazione) che renda evidenti in tutti i suoi elementi e momenti le vicende del processo di produzione del codice e ne riassuma in modo chiaro e completo tutte le particolarità. Il risultato di un tale procedimento è sempre quello di una trattazione piuttosto ampia, la quale, di conseguenza, viene articolata in più sezioni e sottosezioni, variamente disposte a seconda dei diversi modelli esistenti e relative a quattro diversi aspetti del manoscritto: la sua “facies” esterna, diretta testimone del processo di fattura di cui il codice è il risultato; la sua storia posteriore alla fattura; il suo contenuto testuale; la bibliografia ad esso relativa.

3.2 Analisi del codice Momento essenziale di un’operazione scientifica, quale la descrizione totale, è dunque l’analisi del codice. Innanzi tutto occorre sfogliare attentamente l’intero codice, facendo attenzione sia al suo aspetto esterno, sia al suo contenuto, in modo da ricavarne un’idea complessiva abbastanza chiara e da rendersi conto se esso è unitario o composito, cioè fatto in realtà di più manoscritti diversi riuniti nella medesima legatura e sotto la stessa collocazione. Per quanto riguarda l’analisi dell’aspetto esterno del codice il catalogatore farà bene a registrare quanti sono i fascicoli di ciascun codice per segnarvi per ciascun fascicolo la natura (quaderno, quinterno), la consistenza (cioè l’estensione da quale c. a quale c.), le eventuali mancanze o aggiunte. Analogamente per la filigrana se ne può abbozzare a parte il disegno, con misure a fianco in mm. Per quanto riguarda la descrizione interna il catalogatore deve compilare una scheda separata per ciascun testo rilevato nel codice, riportandovi testualmente le indicazioni di autore e di titolo in esso fornite. In un altro campo di registrazione il catalogatore disporrà notizie e giudizi circa le diverse mani che hanno apposto annotazioni nei margini del codice, la loro età ed il tipo delle annotazioni stesse. L’opera di analisi, per risultare completa, dovrà comprendere pure la registrazione di tutte le note di possesso, originarie, antiche o recenti, comprese nel codice; di ognuna delle quali occorre fornire la completa lettura, una datazione e l’eventuale identificazione delle persone e degli enti (soprattutto ecclesiastici: monasteri, chiese, collegi). 3.3 Descrizione esterna (materia; aspetto e ordinamento; struttura; tecniche di fattura; scrittura)

La descrizione deve aprirsi con l’indicazione dell’attuale segnatura del manoscritto seguita, se ciò è ritenuto utile, da quella immediatamente precedente al contrario le eventuali antiche segnature non più in uso da tempo dovranno essere elencate nella sezione relativa alla storia del codice. La formulazione della segnatura attuale che si adotta per designare il codice in apertura di descrizione è quella in uso nella biblioteca di appartenenza. Si tenga presente che, nel caso che il codice sia composito, cioè comprenda sotto una medesima legatura e sotto la stessa segnatura più manoscritti fra loro diversi per età, struttura, aspetto esterno, tali manoscritti vanno considerati come altrettanti pezzi a sé stanti e, sotto la comune intestazione costituita dalla collocazione comune e dalla descrizione della legatura e di altri elementi parimenti comuni. Segue di solito l’indicazione della materia o delle materie di cui il codice è fatto, che saranno designate con le espressioni abbreviate “membr.” e “cart.” per indicare rispettivamente se il codice è di pergamena o di carta, usate ambedue se il codice è fatto sia dell’una che dell’altra materia. Subito dopo si pone l’indicazione della data, espressa in secoli, con ulteriori precisazioni in abbreviazione (in. = ineunte, cioè degli inizi; m. = medio, cioè della metà; ex. = exeunte, cioè verso la fine) o con indicazione di più brevi periodi o in quarti di secolo o in cifre. L’indicazione delle misure del codice è fornita in mm., facendo precedere l’altezza alla larghezza; le misure sono calcolate sulle carte e non sulla legatura. Nel caso, frequente nei manoscritti moderni, di forti differenze di misura, si forniscono quelle della legatura. La consistenza del codice viene fornita ripetendo i dati della numerazione esistente, generalmente eseguita per carte e perciò definita “cartulazione”. Nella numerazione si distinguono le carte di guardia, non facenti parte della struttura originaria del manoscritto, ma piuttosto della legatura, da quelle del corpo del codice. La struttura del codice consiste nella sua costituzione in più fascicoli fatti ciascuno di un certo numero di fogli ripiegati, inseriti uno dentro l’altro e cuciti fra loro; la descrizione ne viene effettuata in più modi diversi fra loro Per l’eventuale descrizione del sistema e del tipo di rigatura in genere anche nei cataloghi descrittivi più diffusi di solito tali elementi non vengono inseriti; sta alla buona volontà del catalogatore decidere della loro registrazione. Per quanto riguarda la descrizione della scrittura il catalogatore, in sede di catalogazione analitica, dovrà fornire una definizione termino- logicamente attendibile del tipo di scrittura adoperato nel codice Nel caso che il testo rechi nei margini commenti o annotazioni tracciati da altre mani, se ne dà notizia, identificando il numero, l’epoca rispettiva e il tipo di scrittura adoperato da ciascuno degli annotatori

Se il copista ha sottoscritto e datato il codice si riporterà testualmente ed integralmente la formula di sotto- scrizione e di datazione; se si tratta di più formule le si riporterà analogamente tutte; se il copista è noto lo si dirà, fornendo in nota o nel testo, di seguito e fra parentesi, le relative referenze. Se il codice è per qualche ragione databile, si esporrà l’arco di datazione individuato con i relativi riferimenti giustificativi. Più complesso e difficile appare il discorso per quanto riguarda l'ornamentazione, per la quale il catalogatore non possiede di solito specifica competenza. Per tale ragione è consigliabile limitarsi ad una descrizione schematica, distinguendo per le miniature quelle a piena pagina da quelle inserite nel testo si indichi l’esistenza di fregi, di iniziali figurate, se il codice reca stemmi li si descrive secondo la nomenclatura in uso e, se possibile, li si identifica. 3.4 Storia del codice I dati relativi alla storia del codice, già raccolti in sede di analisi, vanno riportati con il massimo scrupolo, cercando di fornire per ciascuno di essi una datazione quanto più possibile precisa e disponendoli comunque in ordine di successione cronologica fra loro. Si pubblicano integralmente e testualmente tutte le note di possesso esistenti in qualsiasi parte del codice, le annotazioni di studio o di consultazione firmate; si descrivono i timbri di appartenenza e si riportano le vecchie segnature; si dà notizia di ogni altro dato (numeri, sigle ecc.) che possa contribuire anche parzialmente alla ricostruzione della storia del manoscritto. Si accenna all’esistenza di prove di penna, di disegni tracciati posteriormente e di altre eventuali note occasionali ed estranee al contenuto del manoscritto. Si ricordano gli eventuali passaggi di proprietà di cui si abbia notizia, citandone le fonti (cataloghi di vendita, lettere, documenti), i restauri subiti dal codice, di cui si possa accertare l’epoca e l’entità; si dà infine notizia dell’esistenza di ulteriori dati desunti dall’archivio della biblioteca (prestiti esterni, esposizione in mostre). 3.5 Descrizione interna Una volta risolti i problemi relativi all’identificazione dell’autore e del testo, o degli autori e dei testi contenuti nel codice il catalogatore deve esporre i risultati della sua analisi testuale in modo chiaro ed ordinato. Ogni testo viene perciò contraddistinto da un numero progressivo in cifre romane Segue l’indicazione delle carte che il testo stesso occupa, il nome dell’autore espresso nella forma consueta e nella sua lingua, unica eccezione gli autori di lingua greca il cui nome viene dato in latino. Il nome dell’autore è seguito dal titolo dell’opera.

Seguono gli incipit e gli explicit del testo, cioè le sue prime e le sue ultime parole, scelte in modo da fornire un passo significativamente identificabile, anche se breve A questo punto si introducono notizie sullo stato del testo nel codice, fornendo innanzi tutto fra parentesi il riferimento all’edizione collazionata; ad esempio per i Padri della Chiesa e gli autori medievali può bastare, in assenza di edizione critica, il rinvio alla Patrologia del Migne. Se il manoscritto contiene una silloge di poesie di uno (per es. le Rime di Francesco Petrarca) o più autori, le si descrive singolarmente, con incipit ed explicit di ciascuna e rinvio (di seguito fra parentesi tonde) all’edizione collazionata. Se il manoscritto, come spesso accade per quelli moderni, contiene una o più serie di appunti, estratti, minute, abbozzi di opere e così via, si dà a ciascuna serie un titolo generico in italiano, racchiuso fra parentesi quadre, facendo quindi seguire una sommaria descrizione delle singole sezioni. Per quanto riguarda la Bibbia, al titolo Biblia sacra (o Bibbia) si farà seguire la specificazione “Vetus Testamentum” o “Novum Testa- mentum” (o in italiano) a seconda dei casi e quindi fra parentesi l’elenco dei singoli libri nell’ordine del codice. Per i libri liturgici se ne dà il titolo corrispondente in latino e quindi la partizione interna così come risulta dal codice. Per quanto riguarda le singole partizioni si riportano i titoli o le rubriche esistenti nel codice, ma si evita in genere di riportare formule di incipit o di explicit 3.6 Bibliografia Deve fornire il quadro esatto, storicamente e criticamente, degli studi eseguiti in qualsiasi epoca e per qualsiasi scopo sul manoscritto ovvero per i quali il manoscritto sia stato comunque utilizzato. Deve perciò essere il più possibile completa, estendendosi fino alle semplici citazioni, ed ordinata in rigido ordine cronologico.

Cap. 4 Il catalogo sommario Il catalogo sommario costituisce un modello efficacemente rappresentato dal Summary Catalogue dei manoscritti della Bodleian Library di Oxford, voluto e impostato da Falconer Madan. Non è facile definire con esattezza cosa possa intendersi con catalogo sommario, in quanto sembra definibile solo per sottrazione rispetto al catalogo analitico ed eventualmente er addizione ad un semplice inventario. Il catalogo sommario non contiene i dati più propriamente codicologici relativi allo specchio della scrittura, ai sistemi di rigatura o la descrizione dell’ornamentazione.

E’ un catalogo in cui viene fornito il massimo numero di dati conciliabili con la massima concisione possibile, tanto è vero che il linguaggio è secco, formulare, con il ricorso a poche forme verbali e l’uso frequente di abbreviazioni. Il catalogo sommario comprende: descrizione interna: Indicazione della materia; datazione; misure in mm.; cartulazione; eventualmente struttura; tipi di scrittura; specificazione se di una o più mani; mani di annotatori; cenni sull’ornamenta- zione; in caso di codice cartaceo, eventuale identificazione delle filigrane; eventuale giudizio sull’origine. Per quanto riguarda la descrizione della legatura in un catalogo sommario si deve distinguere se si tratti di una legatura medievale o rinascimentale e moderna. Nel primo caso Graham Pollard elenca quattro elementi che non possono mancare nella descrizione succinta di una legatura medievale. Oltre ad una breve descrizione esterna, debbono essere specificati il materiale di supporto e di copertura, la cucitura e la fissazione alle assi del corpo del libro, la datazione e i restauri. Nel secondo, oltre alla datazione ed ai restauri, ci si potrebbe limitare a indicare il materiale di copertura ed a segnalare se ed a quale tipologia appartiene la decorazione o semplicemente segnalare la presenza di una decorazione dorata o a secco. Descrizione interna. Autore; titolo; eventuali incipit ed explicit solo di opere anonime o non identificate; eventuali annotazioni (fra parentesi tonde) sulle mancanze del testo e sulle sue partizioni. Storia. Trascrizione di tutte le note di possesso, delle iscrizioni, dei timbri; altre notizie sulla storia (come per il catalogo analitico); questa parte può essere inserita di seguito alla descrizione esterna. Bibliografia. Citazione di tutte le opere e di tutti gli articoli in cui il codice è descritto, discusso o citato con contributi di prima mano; evitare le citazioni rituali di seconda e di terza mano, come quelle ricorrenti nelle tavole dei manoscritti di alcune edizioni critiche. Per quanto riguarda l’identificazione dei testi, il catalogatore dovrà fornire in ogni caso il riferimento all’edizione collazionata o al repertorio in base ai quali ha eseguito l’identificazione. 5. Il repertorio di manoscritti Dagli anni Cinquanta in avanti è intervenuto un forte cambiamento di metodologie negli studi sui manoscritti, ad opera di Gilbert ouy: furono infatti introdotti degli schedoni mobili destinati a costituire i “repertori di manoscritti” e ad offrire i propri i dati all’elaborazione. Si tratto di una proposta fortemente innovativa che sostituì un’operazione a termine com’era il processo di catalogazione fino ad allora, con una costantemente in progress.

Entrava così nell’ambiente dei manoscritti il computer, che diede un ritmo sempre più accelerato di proposte di modelli in parallelo e modificazioni pratiche. Lo stesso Ouy è tornato più volte sui rischi di una incontrollata proliferazione di iniziative diverse. Le soluzioni proposte dai processi descrittivi informatici alla fine tendono a rappresentare i problemi di sempre: e cioè quelli attinenti alla risoluzione critica dell’individuazione dei processi produttivi e dei contenuti testuali dei manoscritti, secondo modelli diversi non tanto per le tecniche di registrazione e di diffusione, quanto per le loro capacità informative, che possono essere analitiche, e perciò estese, sommarie o essenziali. la stragrande maggioranza di questi sistemi è elaborata per manoscritti di età medievale e rinascimentale. Infine va rilevato che nella maggior parte dei casi seppure lo strumento informatico è adoperato per la raccolta dei dati e per il loro ordinamento, la forma definitiva della pubblicazione rimane quella a stampa in forma di volume; o tutt’al più all’una si affianca l’altra. I vantaggi dei sistemi informatici applicati a questo campo risiedono in realtà nella riduzione dei tempi di lavoro e nelle modalità di diffusione in rete. La consultazione on line delle descrizioni dei singoli documenti dà la possibilità di accedere al lor nucleo descrittivo, senza tenere conto della fissa successione dei dati secondo lo schema tradizionale della descrizione a stampa. Questa apertura di descrizione può portare alla dissoluzione della fisionomia di ogni singolo manoscritto nella prospettiva del singolo ricercatore in un deposito di dati tutti equivalenti. Come conseguenza, la costruzione di un Indice complessivo delle descrizione diventa del tutto superflua. Un ultimo aspetto è dato dalla, in realtà mai realizzata, unificazione dei sistemi, e perciò dei linguaggi e delle procedure. Cap. 6. Gli inventari In un intervento pronunciato poco prima di morire e pubblicato postumo nel 1940 Emil Wallner, direttore della sezione dei manoscritti della...


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