Riassunto L\'età degli imperi Hobsbawm - Storia contemporanea - a.a.2017/2018 PDF

Title Riassunto L\'età degli imperi Hobsbawm - Storia contemporanea - a.a.2017/2018
Course Storia contemporanea
Institution Università degli Studi Roma Tre
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Hobsbawm - L'età degli imperi (riassunto), Sintesi di Storia Contemporanea. ...


Description

Riassunto del libro “L’ETA’ DEGLI IMPERI (1875-1914)” di E. J. HOBSBAWM

OUVERTURE Il libro si apre con un aneddoto autobiografico: nell’estate 1913 una ragazza appena diplomata a Vienna (la futura madre dell’autore) riceve in regalo un viaggio nel Levante, ospite da uno zio proprietario di una catena di negozi. Lì conosce un giovane di Londra (il futuro padre dell’autore) di origini modeste, figlio di un emigrato polacco in Inghilterra, il quale si era recato in Egitto a lavorare per l’impero britannico. L’agosto del 1914 può essere considerato una cesura naturale della storia perché segna la fine del mondo fatto da e per la borghesia, e la fine del lungo 800. Moltissimi scritti sono stati pubblicati in merito agli anni che vanno dal 1880 al 1914: discussioni sull’imperialismo, sullo sviluppo del sindacalismo e del socialismo, sul declino economico della Gran Bretagna, sulla rivoluzione russa, sulle origini della 1° guerra mondiale. La cultura del quotidiano è dominata tuttora da 3 grandi innovazioni del periodo 1880-1914: 1) industria pubblicitaria; 2) giornale a diffusione di massa; 3) cinema. L’Età imperiale fu un’età di contraddizioni:  fu era di pace senza precedenti nel mondo occidentale, che generò un’era di guerre mondiali senza precedenti;  sorsero i movimenti organizzati della classe di salariati creata dal capitalismo industriale, che propugnavano il rovesciamento del capitalismo stesso;  le istituzioni politiche e culturali del liberalismo borghese si estesero alle masse lavoratrici, ma al prezzo di sospingere la sua classe fondamentale, la borghesia liberale, ai margini del potere politico;  fu era di profonda crisi d’identità e trasformazione per una borghesia che si sgretola sotto il peso della ricchezza da lei stessa accumulata. Il mondo e la società del liberalismo borghese furono colti dalla morte proprio nel momento dell’apogeo, a causa delle contraddizioni insite in questa sua avanzata. 1. LA RIVOLUZIONE CENTENARIA Cosa è cambiato dagli anni ‘80 del 1700 agli anni ‘70-‘80 del 1800?  Si è conosciuta e cartografata ogni parte del mondo le esplorazioni non sono più viaggi di scoperta ma imprese sportive, spesso di competizione fra nazioni:  Le distanze si sono ridotte grazie alla ferrovia e alla navigazione a vapore, ed alla telegrafia elettrica;  Maggior densità di popolazione, che raddoppia numericamente. Nel corso del 1800, aumentò il divario fra i paesi occidentali (base della rivoluzione economica che veniva trasformando il mondo) e il resto del mondo a causa della tecnologia: nazioni povere e arretrate potevano essere battute e conquistate facilmente a causa dell’inferiorità tecnica dei loro armamenti. Nel 1880 abbiamo a che fare con 2 settori combinati insieme in un sistema globale: - sviluppati e ritardatari; - dominanti e dipendenti; - ricchi e poveri. Mentre il 1° mondo è unito dalla storia e dal capitalismo, il 2° (più vasto) è unito solo dai suoi rapporti col 1°. Nel 1880-90 l’Europa era il nucleo originario dello sviluppo capitalistico che dominava e trasformava il mondo, ma anche la componente più importante dell’economia mondiale e della società borghese. Nonostante i milioni di persone emigrate nei nuovi mondi, la popolazione europea cresceva rapidamente e la produzione industriale era doppia di quella americana. Se una parte del 1° mondo poteva rientrare nella zona di dipendenza e di arretratezza, il 2° mondo vi apparteneva per intero (tranne il Giappone, che si andava occidentalizzando, e l’oltremare abitato da europei). Confronto:  2° mondo ha città più antiche e/o enormi del 1° (Pechino, Costantinopoli ecc.)  anche il 1° mondo è in larga misura agricolo; solo in 6 paesi europei l’agricoltura occupava meno della maggioranza della popolazione (Belgio, Inghilterra, Francia, Germania, Olanda, Svizzera)  l’industria non è limitata al 1° mondo ma qualche modesto sviluppo di industria si ha anche nel 2° mondo (es. India) E’ giusto considerare l’industria come segnacolo di modernità; nel 1880 nessun paese al di fuori del mondo sviluppato poteva dirsi industriale. Es. i paesi scandinavi erano stati sempre poveri e arretrati, ma nel giro di pochi decenni ebbero più telefoni pro capite di ogni altra nazione. Il Modello ideale per un paese “avanzato” è il seguente: - Stato territoriale, intenzionalmente sovrano; - grande abbastanza per fornire la base di uno sviluppo economico nazionale; - con un corpus unico di istituzioni politiche e giuridiche di tipo liberale e rappresentativo; - con un certo grado di autonomia e iniziativa locale - godimento di fondamentali diritti; - rapporto diretto dei cittadini col governo, non mediato. Il gruppo più numeroso di stati teoricamente funzionanti in base a questo modello si trova in America Latina. Il servaggio legale non esisteva più in nessuna parte d’Europa ed era in via di estinzione anche nei suoi estremi rifugi come Brasile e Cuba.

Nel mondo sviluppato era adesso il denaro o la sua mancanza a determinare la distribuzione di tutti i privilegi, e non più la nascita o differenze di libertà o status giuridico. La distinzione più netta fra i 2 settori del mondo era culturale: nel 1880 il mondo sviluppato consisteva in gran prevalenza di paesi in cui la maggioranza della popolazione maschile era alfabetizzata. Le città erano normalmente molto più istruite delle campagne. Il grado di istruzione era uno specchio dello sviluppo economico e della divisione sociale del lavoro. L’analfabetismo di massa non impediva l’esistenza di una cultura di alto livello anche se appannaggio di una minoranza numericamente esigua. L’insegna dell’800 era il cambiamento, sinonimo di progresso, evidente nella tecnologia e nella sua conseguenza, la crescita della produzione materiale e delle comunicazioni. Il carbone era diventato la fonte più importante di energia industriale; le nuove fonti di energia, elettricità e petrolio, non avevano ancora un’importanza primaria. Le ferrovie assorbivano più personale di qualsiasi altra impresa industriale, arrivavano nel cuore delle città dove venivano costruite stazioni gigantesche e trionfali. Altri prodotti della tecnologia moderna: o rete di linee telegrafiche; o navi a vapore (più potenti ma meno numerose delle locomotive)  lento passaggio dal legno al ferro in campo navale o turbine e motori a combustione interna o telefono o grammofono o lampadina elettrica o automobile. Nel 1870-80 i benefici di questa moltiplicazione di ricchezza non avevano raggiunto la maggioranza degli abitanti di Asia, Africa, America Latina. In quegli anni, la speranza di vita alla nascita era 43 anni. In quello che sarebbe stato chiamato “3° mondo” la carestia rimaneva endemica. Importante innovazione fu il “grande magazzino” delle città maggiori, apparso prima in Francia, USA, Inghilterra. Gli USA pensavano già in questo periodo a un mercato di massa di merci standardizzate di media qualità. Le novità, specie di provenienza esterna, turbavano usanze antiche e talvolta erano fonte di disturbo: la Chiesa cattolica avversava tutto ciò che il 1800 rappresentava. Nei paesi poco avanzati, il progresso non era un fatto né ovvio né un’ipotesi plausibile ma più che altro una sfida e un pericolo stranieri. Gli “évolués” erano gli “evoluti” cioè coloro che si erano estraniati dal proprio passato e dal proprio popolo, ai fini di godere dei benefici della cittadinanza francese; ma erano ancora pochi i luoghi in cui la gente di campagna o i poveri delle città erano disposti a seguirne l’esempio; il mondo era pertanto diviso in: - una parte più piccola in cui il progresso era un fatto indigeno - una parte più vasta in cui il progresso giungeva come un conquistatore straniero. Gli abitanti del 1° mondo vedevano ampie fasce di popolazione come biologicamente incapaci di realizzare ciò di cui una minoranza di esseri umani di pelle bianca si era dimostrata capace. Nell’America Latina ideologi e politici ritenevano che il progresso dipendesse dall’arianizzazione cioè dal progressivo imbiancamento della popolazione mediante matrimoni misti e grazie all’importazione di europei bianchi. Secondo Mill, il dispotismo è una forma legittima di governo quando si ha a che fare con barbari, al fine di migliorarli. 2. L’ECONOMIA CAMBIA MARCIA L’economia mondiale dal 1973 è contrassegnata da una crisi commerciale senza precedenti, che coinvolge tutte le nazioni. Nonostante questa crisi duri fino al 1895 circa, la produzione mondiale anziché ristagnare, cresce impetuosamente: sono gli anni in cui le economie industriali tedesca e americana fecero passi da gigante, e la rivoluzione industriale si diffuse a nuovi paesi quali Svezia e Russia. Economisti e affaristi sono preoccupati della prolungata depressione dei prezzi, degli interessi e dei profitti. Dopo il crollo drastico degli anni 1870, ciò che è in gioco non è la produzione ma la sua redditività. La crisi più vistosa fu nell’agricoltura: la produzione agricola estremamente cresciuta negli anni precedenti, inondava adesso i mercati mondiali, finora protetti dalla concorrenza grazie agli alti costi di trasporto. Di conseguenza il prezzo del grano scende con vantaggio degli acquirenti ma disastro per i produttori (che erano il 50%della popolazione attiva). Gli agricoltori reagirono in vari modi:  agitazioni elettorali e rivolte;  molti morivano di fame, come in Russia  In alcuni paesi come l’Inghilterra, le classi contadine erano scomparse, e l’agricoltura venne lasciata atrofizzare  In paesi come la Danimarca invece l’agricoltura fu modernizzata; Ma le 2 reazioni più comuni furono:  emigrazione massiccia: attuata da gente povera o senza terra; fu la valvola di sfogo che evitò l’esplosione rivoluzionaria  cooperazione: attuata da contadini con possedimenti potenzialmente redditizi; fornì modesti finanziamenti ai piccoli proprietari; si moltiplicavano le cooperative per l’acquisto di provviste, cooperative di vendita e cooperative di lavorazione. Il periodo 1873-96 fu fortemente deflazionistico. La deflazione riduceva il tasso di profitto: un ‘espansione del mercato avrebbe potuto controbilanciare questo inconveniente, ma di fatto il mercato non cresceva abbastanza in fretta perché:

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la nuova tecnologia industriale rendeva possibili e necessari enormi incrementi di produzione cresceva il numero dei produttori concorrenti un mercato di massa dei beni di consumo stentava a svilupparsi i salari non erano ridotti in proporzione le aziende avevano macchinari obsoleti oppure nuovi e costosi, che dati i bassi prezzi faticavano ad ammortizzare. Il prezzo dell’argento e del suo tasso di cambio con l’oro calavano. Un sistema basato sull’oro e sull’argento, disponi bile in quantità accresciute (America), avrebbe fatto salire i prezzi grazie all’inflazione. Le banche ed i governi non avevano l’intenzione di abbandonare la parità aurea fissa, piuttosto erano inclini a proteggere il produttore nazionale dalla concorrenza delle merci d’importazione. La GRANDE DEPRESSIONE mette fine alla lunga era liberistica. Cominciano Italia e Germania con l’introduzione di tariffe protezionistiche nel settore tessile, verso il 1880. Solo l’Inghilterra rimane fedele al liberismo puro. L’Inghilterra è la massima esportatrice di prodotti industriali ma anche di capitali e di servizi; è anche massimo sbocco delle esportazioni primarie mondiali e domina il mercato mondiale di zucchero di canna, tè, frumento (ne acquistava circa la metà del totale commerciato internazionalmente). La sua propensione a importare si accentua durante la depressione quando lascia declinare la propria produzione alimentare. Per alcuni paesi come Argentina, Uruguay, Australia, Danimarca, non era vantaggioso incoraggiare le manifatture nazionali ma conveniva essere pianeti economici del sistema solare britannico  il solo equilibrio riconosciuto dalla teoria liberistica era un equilibrio planetario in cui le economie degli Stati dipendevano dal nucleo sviluppato e non avevano altra scelta perché una potenza coloniale decideva il destino della loro economia, e un’economia imperiale era in grado di mutarle in repubbliche delle banane o del caffè; oppure tali economie di solito non erano interessate a scelte di sviluppo alternative perché a loro conveniva specializzarsi nella produzione di beni primari per un mercato mondiale costituito dagli Stati metropolitani. Ma il mondo sviluppato non era solo un aggregato di economie nazionali: l’industrializzazione e la Depressione facevano di esse un gruppo di economie rivali, in cui i progressi dell’una sembravano minacciare la posizione delle altre. Eccesso di protezionismo è dannoso per la crescita economica mondiale. Il protezionismo agricolo funzionò in Francia ma non in Italia (dove la risposta fu l’emigrazione). Il protezionismo industriale giovò ad allargare la base industriale mondiale incoraggiando le industrie nazionali. Adam Smith “La ricchezza delle nazioni” (1776): teoria del capitalismo liberale cioè massimizzare i guadagni e minimizzare le perdite. Possibili vie d’uscita alla depressione: 1) PROTEZIONISMO: fu l’istintiva reazione politica alla depressione, ma non fu la risposta economica 2) CONCENTRAZIONE economica e razionalizzazione imprese, cioè il TRUST. La concentrazione economica non va confusa con il monopolio (cioè il controllo del mercato da parte di una singola impresa) o l’oligopolio (controllo del mercato da parte di poche ditte dominanti). In America, vennero emanate leggi antimonopolistiche, gli AntiTrust Act (1890). Una tendenza verso il monopolio o l’oligopolio è innegabile nelle industrie pesanti, nelle industrie dipendenti da ordinazioni governative (es. armi), nelle industrie produttrici e distributrici di energia, nei trasporti, in alcune industrie di beni di consumo di massa (tabacco, sapone). 3) ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA (scientific management): inventata da Taylor, giunse in Europa negli anni 90. Nasce dal bisogno di un modo più razionale o scientifico di controllare e programmare grandi aziende massimizzandone il rendimento, ricavando più lavoro dai lavoratori (TAYLORISMO), essenzialmente in 3 modi: a) isolando ciascun operaio dal gruppo di lavoro e trasferendo il controllo del processo lavorativo alla direzione, che diceva esattamente all’operaio cosa fare e quanto produrre b) suddivisione di ciascun processo in frazioni c) vari sistemi di rimunerazione salariale per incentivare gli operai a produrre di più. Tutto questo comportò trasformazioni strutturali nelle grandi imprese: ingegneri, dirigenti, ragionieri, subentrarono ai gestori-proprietari; la società (corporation o Konzern) sostituì l’individuo. 4) IMPERIALISMO. La Depressione portò in molti paesi alla mobilitazione di lavoratori industriali e al sorgere di movimenti di massa socialisti e sindacali . Infatti il calo di prezzi portò alla diminuzione del costo della vita per i salariati e un miglioramento delle loro condizioni di vita. Dalla metà anni 1890 alla Grande Guerra, si ha un periodo di prosperità (Belle Epoque). Il trapasso dall’ansia all’euforia fu così veloce e drammatico che alcuni cercarono la spiegazione in una qualche forza esterna, e la trovarono nella scoperta di oro nel Sud Africa, nel Klondike (1898). Gli economisti hanno concentrato la loro attenzione su 2 aspetti di questo periodo: o Sulla ridistribuzione della potenza e dell’iniziativa economica cioè sul relativo declino della Gran Bretagna e sul progresso di USA e Germania; USA e Germania hanno popolazione in crescita, superando la Gran Bretagna, più piccola e meno popolosa. Le esportazioni manifatturiere tedesche hanno un successo clamoroso e battono quelle inglesi. o Sul problema delle fluttuazioni di lungo e breve periodo, cioè sull’”onda lunga” o ciclo di Kondratiev, con le sue fasi discendente e ascendente che formano un’onda di circa mezzo secolo. La teoria di Schumpeter associa ogni svolta all’ingiù con l’esaurirsi del potenziale di profitto di una serie di innovazioni economiche, e ogni svolta all’insù con una serie nuova di innovazioni per lo più tecnologiche. Il settore industriale che cresceva grazie a una rivoluzione continua dei processi produttivi, mentre il settore agricolo cresceva grazie alla saltuaria apertura di nuove aree di produzione. Nel 1910 il grano disponibile per il consumo nel

mondo occidentale era circa il doppio che nel 1870, ma il grosso di questo incremento proveniva da pochi paesi: USA, Canada, Argentina, Australia, Russia, Romania, Ungheria. Dopo l’iniziale balzo in avanti nella crescita della popolazione agricola mondiale, questa rallentò. In seguito le ragioni di scambio si sarebbero tendenzialmente spostate a favore dell’agricoltura, contro l’industria  questo mutamento gravò sui costi di produzione dell’industria e sulla sua redditività. L’economia era strutturata in modo da scaricare sui lavoratori le tensioni: la crescita dei salari (caratteristica della Grande Depressione) rallentò e le tensioni sociali si acuirono negli anni prima del 1914. Che cosa rendeva tanto dinamica l’economia mondiale? La chiave del problema va cercata nei paesi industriali (intorno all’emisfero settentrionale temperato), motori della crescita globale sia come produttori che come mercati. Inghilterra, Germania, Francia, USA, Belgio, Svizzera, territorio Ceco ma anche nuove regioni in via di industrializzazione cioè Scandinavia, Olanda, nord Italia, Ungheria, Russia, Giappone. Grazie al calo dei prezzi, i clienti disponevano di più denaro da spendere, anche tenendo conto dalla flessione dei salari. L’industria pubblicitaria si rivolgeva proprio a questi nuovi clienti; idem la vendita rateale, l’industria del cinema (1895). La popolazione mondiale aumentò durante il 1800 con un ritmo dal 7% al 14% annuo. I paesi sviluppati formavano il grosso dell’economia mondiale determinando lo sviluppo del resto del mondo. Alcune delle economie satelliti andavano meglio di altre; ma quanto meglio andavano, maggiore era il beneficio per le economie del nucleo centrale in termini di sbocchi per le merci e i capitali. La marina mercantile mondiale raddoppiò fra 1890 e 1914. Riassumendo i tratti dell’economia mondiale dell’Età Imperiale:  Base geografica più ampia di prima; ampliamento settore industriale, crescita mercato internazionale dei prodotti primari e aumento aree di produzione. Inghilterra cessa di essere l’unica economia pienamente industrializzata  Fu età di rivalità statali, non è più monocentrica ma pluralista  economie neoindustrializzate, comprando dal mondo sottosviluppato una maggiore quantità di prodotti primari, cumulavano un deficit nell’interscambio con quel mondo.  Rivoluzione tecnologica: compaiono telefono, telegrafia senza fili, fonografo, cinema, auto, aereo, aspirapolvere, aspirina, bicicletta, acciaio, turbine. Ford cominciò a fabbricare la Ford T nel 1907; si costruirono strade ferrate.  Duplice trasformazione della struttura e del modus operandi dell’impresa capitalistica: concentrazione, retrocessione del libero mercato, tentativo di razionalizzare produzione e condotta delle imprese con metodi scientifici.  Trasformazione del mercato dei beni di consumo mercato di massa, nuovi beni come fornelli a gas, bicicletta, cinema, banana; creazione mass media; vendita del tè in pacchetti standard (sir Thomas Lipton); crescita settore terziario nel pubblico e privato, burocrazia.  Avanzata del collettivismo a spese dell’indivisualismo; crescente ruolo del settore pubblico. 3. L’ETA’ IMPERIALE L’età che va dal 1875 al 1914 può essere chiamata Età Imperiale perché: - diede vita a un imperialismo di tipo nuovo; - fu il periodo in cui furono più numerosi gli Imperatori (Germania, Austria, Russia, Turchia, Gran Bretagna, Cine, Giappone, Persia, Etiopia, Marocco, Brasile). Fra 1880 e 1914 la maggior parte del mondo extraeuropeo (tranne le Americhe) fu spartito in territori soggetti al governo esplicito o all’implicito dominio politico di uno Stato fra: Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Olanda, Belgio, USA, Giappone. Vittime di questo processo furono gli antichi, preindustriali imperi superstiti di Spagna e Portogallo. Alcuni stati rimasero indipendenti perché: - facevano comodo come cuscinetti - le potenze imperiali erano incapaci di spartirseli - avevano un territorio vastissimo. L’unico stato che resistette alla conquista coloniale fu l’Etiopia che tenne a bada l’Italia. Furono totalmente spartite l’Africa e il Pacifico. Le Americhe rimas...


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