Riassunto L\'isola bella e infelice. Il libro Profili e paesaggi della Sardegna e il Diario inedito di Paolo Mantegazza Casula PDF

Title Riassunto L\'isola bella e infelice. Il libro Profili e paesaggi della Sardegna e il Diario inedito di Paolo Mantegazza Casula
Course Storia contemporanea
Institution Università degli Studi Roma Tre
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bello rubare i soldi ...


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RIASSUNTO LIBRO: L’ISOLA BELLA E INFELICE PAOLO MANTEGAZZA L’isola bella e infelice è un’espressione di Paolo Mantegazza, noto biologo, antropologo, pubblicista prolifico e di grande successo, senatore del Regno, che, nel 1869 fece parte della Commissione d’inchiesta sulle condizioni morali ed economiche della Sardegna. Nato a Monza nel 1831 da una famiglia borghese; primogenito di Laura Solera e Giambattista Mantegazza. Compie i suoi studi a Milano, seguito con amore e dedizione dalla madre Laura dalla quale eredita l’amore per la patria e il rispetto per le istituzioni liberali. A soli 16 anni partecipa attivamente alle Cinque Giornate di Milano prestando servizio di sentinella nelle barricate e svolgendo compiti di segreteria come volontario presso l’ospedale Maggiore, dove sua madre si recava per curare i feriti. A partire dal 1848 fino al 1910, anno della sua morte, Mantegazza scrive un Diario, da lui chiamato Giornale della mia vita, composto di 62 volumi manoscritti, nelle cui pagine si possono seguire non solo le vicende della sua vita, ma anche quelle della storia politica e culturale dell’Italia preunitaria e postunitaria. Nel 1854 si laurea in medicina all’università di Pavia ed inizia a viaggiare: dopo un giro per le capitali europee, dove a Parigi scrisse La fisiologia del dolore, la sua tesi di laurea, il 9 giugno si imbarca da Southampton per L’America per poi fermarsi in Argentina per quattro anni. In Argentina incontra Jacobita Tejeda, figlia di un senatore argentino, che sposa e dalla quale ha il primogenito Giulio. La sua idea era quella di allestire una colonia italiana in sud America e organizzare un commercio di carne con l’Italia. Nel frattempo lavora come medico presso l’ospedale di Buenos Aires dove abolisce il salasso terapeutico; in questi anni, inoltre, svolge studi sulle droghe, soprattutto sulla coca, diventandone grande estimatore e divulgando in tutta Europa le proprietà benefiche della pianta boliviana: ricerche che descrive con molta cura nelle Lettere mediche dell’America e nel saggio Sulle virtù igieniche e medicinali della coca e degli alimenti nervosi in genere. Durante la Seconda guerra d’Indipendenza, nell’aprile del 1858, Mantegazza torna a Milano insieme alla moglie mentre il figlio rimane con i nonni in Argentina al fine di reclutare le persone per fondare la colonia a Salta; in questo periodo, oltre a lavorare in ospedale (ospedale Maggiore), si occupa della seconda edizione della Fisiologia del piacere e della pubblicazione delle Lettere mediche. Sempre in questo periodo, abbandona il progetto della colonia pur mantenendo contatti con l’Argentina, perché, come annota nel suo Diario, deve pensare seriamente a prendere una posizione per mantenere moglie e figlio. Nel 1860 è eletto Consigliere Comunale di Milano e nel 1861 ottiene la cattedra di Patologia generale all’Università di pavia dove fonda il primo laboratorio di patologia generale in Europa. Nel 1863 torna in Argentina per riprendere il figlio. Durante la sua assenza dall’Italia, viene candidato al Parlamento, ma non eletto. Riesce ad essere eletto nel 1865: di posizioni moderate, porta avanti i due punti del programma del collegio monzese, ossia Roma capitale e la riforma degli ordini religiosi. Nel 1869, insieme a Sella, Ferracciù, Pescetto, Macchi e Tenani, prende parte della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni morali, economiche, finanziarie della Sardegna, presieduta da Agostino Depretis. Mantegazza non è nominato subito, ma in sostituzioni di Filippo 1

Cordova deceduto ancor prima di svolgere il suo incarico. Però non conosciamo le dinamiche che hanno portato alla nomina proprio del noto medico igienista. Nel frattempo a Mantegazza gli era stata promessa la prima cattedra di Antropologia in Italia. Durante il viaggio in Sardegna, Mantegazza continua a scrivere il suo Giornale; stringe amicizie con intellettuali e notabili sardi: primo fra tutti il canonico Giovanni Spano. Dall’esperienza fatta nella commissione l’antropologo trae il libro Profili e paesaggi della Sardegna in cui sono contenute tutte le sue impressioni sul viaggio. Questo libro viene criticato, pochi ne felicitano: tra questi il suo amico Spano. Tornato dal viaggio Mantegazza ottiene la cattedra di Antropologia presso l’istituto di Firenze. Nel 1869 crea il Museo antropologico-etnografico; nel 1871 fonda la Società italiana di antropologia, etnologia e psicologia comparata e la rivista Archivio per l’antropologia, l’etnologia e la psicologia comparata, mentre nel 1891 fonda il Museo di psicologia. I viaggi, la curiosità per le scienze e il suo anticonformismo, lo fanno rivelare una persona di spicco tra i darwiniani ed i positivisti dell’epoca, gli argomenti delle suo opere sono soprattutto l’igiene e la fisiologia, ma scrive anche di educazione civica. Nel 1876 durante il primo governo di Depretis, è nominato senatore ed entra a far parte del Consiglio Superiore della Sardegna, a riconoscimento delle sue competenze medico sanitarie. Mantegazza non è un politico di professione, pur avendo posizioni non conservatrici, non si colloca in forma organica nello schieramento della Sinistra storica. Oltre che ricercatore Mantegazza è anche un abile organizzatore di cultura. Riconosciute sono le sue doti di divulgazione, specie nel campo dell’igiene: ne sono prove le fortunate edizioni dell’Almacco igienico popolare. I suoi interessi sono molteplici e variegati, dalla fisiologia, alla biologia, alla psicologia e all’antropologia, un “Poligamo di molte scienze”, come egli stesso si definisce in uno dei suoi ultimi libri dal titolo Bibbia della speranza. Muore in Liguria nel 1910.

PAGINE INEDITE DAL GIORNALE DELLA MIA VITA (26 febbraio 1869-20 marzo 1869) Paolo Mantegazza, per oltre sessanta anni, ha tenuto un diario personale da lui chiamato Giornale della mia vita, che ha iniziato a scrivere a sedici anni, nel gennaio del 1848, in piena temperie risorgimentale, mentre viveva ancora in famiglia, a Milano. Il Giornale della mia vita, interamente manoscritto e a tutt’oggi nella quasi interezza inedito, è depositato presso la Biblioteca Civica di Monza e consta di ben 62 volumi. Mantegazza descrive accuratamente il suo mondo affettivo, la sua vita familiare, i suoi percorsi di studio e le sue attività politiche. In apertura del diario, nel febbraio del 1848 Mantegazza parla ampiamente della propria infanzia e della propria adolescenza (i primi suoi diciassette anni). Nella prima pagina dichiara espressamente di proporsi di scrivere ogni giorno descrivendo “senza veli” i suoi sentimenti e le sue riflessioni, con un duplice fine: imporsi una condotta moralmente irreprensibile che gli avrebbe permesso di accrescere la sua capacità introspettiva e di giudizio, e creare una fonte di consolazione per la sua vecchiaia, quando si sarebbe abbandonato alla reminiscenze. Oltre a questo Mantegazza racconta nel suo Giornale anche la cronaca delle sue giornate passate in Sardegna; infatti, quest’opera, si può definire come un vero e proprio diario del suo viaggio compiuto in Sardegna nei mesi di febbraio-marzo del 1869, assieme agli altri membri della Commissione d’inchiesta. 2

In riferimento alle pagine relative alla Sardegna, Mantegazza racconta i lavori della commissione, ma ci sono anche osservazioni, descrizioni ed impressioni attente e vivaci sulle città e sui paesi visitati e attraversati, sui compagni di viaggio, sulle persone incontrate e soprattutto sui paesaggi ancora selvaggi e incontaminati della Sardegna. Il percorso compiuto da Mantegazza con la commissione d’inchiesta, si svolge dal 1 marzo al 10 marzo nella parte occidentale dell’isola, lungo la Dorsale Carlo felice, con alcune deviazioni per Iglesias e l’area mineraria e per Cuglieri e Bosa, prima di arrivare a Sassari. Dopo una visita ad Alghero e Porto Torres nei giorni 13 e 14, il percorso continua per Tempio, Clangianus, Terranova Pausiana nei giorni 15-17, per poi rientrare verso l’interno, a Oschiri e Ozieri e di lì, attraverso la montagna raggiungere Nuoro nei giorni 18-20 marzo. Partendo da Nuoro la Commissione raggiunge, via mare, Tortolì e i deputati rientrano il 24 marzo a Cagliari. Il Diario però si interrompe il 20 marzo a Nuoro e non vi è traccia dell’ultima settimana del viaggio. Nelle pagine del viaggio il Mantegazza racconta, ad esempio, che ogni mattina veniva svegliato molto presto dai “servi” per iniziare la giornata di lavoro; narra di aver accompagnato il Sella a visitare le miniere e di aver incontrato anche Adolfo Pellegrini, un ingegnere che collaborò alla costruzione delle linee ferroviarie Novara-Borgomanero e Savona-Ventimiglia, e che era anche il direttore di una grande miniera metallifera di piombo, argento e zinco che ha rappresentato uno dei luoghi più importanti impianti produttivi dell’Italia ed è tutt’oggi uno dei più caratteristici insediamenti minerari della Sardegna. Racconta di aver svolto qualche ricerca di tipo antropologica raccogliendo crani e di aver subito il fascino dei nuraghi e della flora locale. Inoltre dice anche di aver ispezionato nelle città isolane visitate, da Cagliari a Oristano, a Sassari e a Tempio, le carceri cittadine, sottolineando le terribili condizioni dei detenuti. Infine racconta di alcuni incontri con personaggi importanti della Sardegna, come Antonio costa (incontrato ad Alghero), avvocato e deputato al parlamento nel Regno di Sardegna e nel Regno dell’Italia per più legislature; Giuseppe Grixoni, deputato per cinque legislature nel parlamento subalpino e senatore del Regno nel 1868; Antonio Crispo Muntana, illustre medico e preside della facoltà di Medicina e chirurgia all’università si Sassari dal 1861 al 1869. La trascrizione del testo è stata difficile e faticosa. Sono state conservate punteggiatura, ortografia e anche i frequenti spagnolismi derivati dai lunghi soggiorni in America Latina, nonché arcaismi e neologismi da lui inventati che ha voluto evidenziare con un SIC! Sono state mantenute le abbreviature e il significato del testo non è mai compromesso o alterato.

PROFILI E PAESAGGI DELLA SARDEGNA (Gaetano Brigola editore, Milano 1869) Il Mantegazza ricava dalla sua esperienza isolana un libro, piccolo ma scorrevole, intitolato Profili e paesaggi della Sardegna, uscito a Milano nel 1869. Si tratta di un racconto lungo, inizialmente pensato come articolo a puntate per una rivista, poi edito dal milanese Brugola. Il Mantegazza sente la necessità di far "amare un'isola bellissima ed infelicissima, che noi italiani abbiamo il torto di dimenticar troppo e di amare troppo poco". Era il suo principale scopo che ha raccontato anche in una lettera a Giovanni Spano (13 luglio 1869). Questo sincero affetto permea tutta l'opera, che è frutto anzitutto di un uomo di governo che sente la necessità di sottolineare l'unità e la continuità dell'isola col resto d'Italia, non solo come dato politico, ma soprattutto come elemento per un nuovo sviluppo, frutto di un'azione sinergica di cui, come membro della Commissione di inchiesta, si sente in quel momento investito. In questo scritto ha saputo cogliere gli aspetti tanto vari della Sardegna soffermandosi con impressioni di notevole efficacia sulle principali città dell’isola, sulle costumanze dei sardi, sui loro proverbi rivelatori di superstizioni, di modi di vita, sulla medicina popolare, sulla poesia, su alcuni aspetti sociali.

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Racconta delle persone che vivono in questa terra, soprattutto si sofferma sul mistero che circonda le donne la cui bellezza recondita è accentuata dai veli che coprono i loro capi. L'opera si conclude con un appello alle nuove generazioni affinché sfruttino le risorse dell'isola, e i sardi trovino anzitutto in se stessi lo stimolo all'azione, e abbandonino il vizio "dei sofismi adoperati come raziocini" e cessino l'abitudine di piangersi addosso, come hanno fatto per secoli i loro padri. Per Mantegazza, infatti, due sono i mali che la Sardegna deve combattere: la malaria e l’inerzia. L’immagine della Sardegna che traspare dalle pagine di questo libro, rinvia al genere letterario dei libri di viaggio. In particolare rinvia ad un libro di Heinriche Freiherrn; un altro libro che il Mantegazza ha presente è Die Insel Sardinien di Neigebaur; un altro importante punto di riferimento è Alberto Ferrero della Marmora (ufficiale dell’esercito sabaudo, che nel 1821 era stato dispensato dal servizio militare e confinato in Sardegna, perché sospettato di aver avuto simpatie per i moti liberali), che visitò la Sardegna in lungo e largo e da questo viaggiò derivò un’opera enciclopedica pubblicata in francese a Torino e a Parigi in quattro volumi, dal 1826 al 1857, Voyage en Sardaigne…. Etc. Brevemente: Il primo capitolo parla delle città e dei villaggi, il secondo della natura e della «etnografia sarda», il terzo dei proverbi (utilizzando l'opera del canonico Spano), il quarto della poesia popolare e colta dell'isola, il quinto delle malattie della Sardegna, con particolare riguardo a quelli che sono, per il fisiologo Mantegazza, i due grandi mali dei sardi: la malaria e l'inerzia. Capitolo 1: La Sardegna vuol essere amala- La città della Sar degna- Cagliari- I giardinetti e un pezzo di San Bartolomeo- Sassari e una lezione di storia- Le grandi o le piccole borgate della Sardegna- I villaggi e gli stazzi. In questo primo capitolo il Mantegazza scrive che la Sardegna è un terra feconda e originale, tesoro per l’etnografo e l’archeologo. In essa vi trova paesaggi svariatissimi: coste bellissime, vergini foreste, pianure, stagni e vere alpi dove il granito mostra i più bei fianchi che lo scrittore abbia mai visto al mondo. Ci sono costumi pittoreschi, poesia popolare, scene della natura geologica e umana quali è difficile trovare altrove ai suoi tempi; è, perciò, “tutta una tavolozza di colori vivi e svariati che può dare materia d’opere immortali anche al poeta, allo scrittore, all’artista”. È una terra benedetta dal sole, ricca di metalli e di vino. -Cagliari e Sassari sono le gemme della Sardegna: per la prima osserva che ha una posizione più pittoresca e che si adagia in un panorama più grandioso; Sassari, invece, è più lieta e si circonda di più colli e oliveti. La prima città è più severa e più sporca; la seconda invece è più vivace, rumorosa e più pulita. Cagliari è una città ufficiale, di stampo orientale e spagnolesco, mentre Sassari ha un aspetto più moderno di tinta siciliana. Nel contemplare il golfo di Cagliari, il Mantegazza scrive che dall’alto si può osservare un bellissimo giardino pubblico e, dalla torre di San Pancrazio, si gode di uno spettacolo stupendo: un golfo ampio e il promontorio di Sant’Elia col Bagno di San Bartolomeo. Sul mercato cittadino è dell’avviso che offre un quadro pittoresco: “molto pesce, montagne di arance dorate e profumate, raccolte sotto curiose capanne quasi indiane, e il ricco e svariato ‘selvaggiume’ della Sardegna”. Scrive di aver conosciuto, a Cagliari e a Sassari, ottimi uomini e giovani intelligenti. Parla anche di un ricordo per lui molto triste, ossia la visita all’Ergastolo di San Bartolomeo (carcere e galere). Sassari, ha scritto, è città lieta e serena per la bellezza del cielo, per la pulita bianchezza di molte case, per la rumorosa vivacità de suoi abitanti; ma, a pochi passi da Sassari, si osserva una scena

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melanconica: vicino a Porto Torres vi è una landa sterile che sente lo squallore e la malaria, e, in mezzo alle erbe folte si vedono archi spezzati di un antico acquedotto romano. Città minori della Sardegna: Mantegazza sostiene abbiano una fisionomia propria. -Tempio, con le case di pietre granitiche, grigie, unite da argilla, e le vie magnificamente lastricate di granito, ha un aspetto severo e malinconico e soprattutto un colore mondano . -Alghero, chiusa fra il mare e una cerchia di bastioni respira male. Il mare però è bello e consola gli abitanti. Ha un golfo grande; con Capo Caccia e la famosa grotta, è una delle più belle città, ma disgraziatamente delle più difficili da visitare. Famosi sono i pescatori di corallo e la pesca dura da febbraio fino alla prima settimana di ottobre. Scrive che gli abitanti di Alghero si dividono in tre classi: pescatori e marinai, pastori e agricoltori, agiati che vivono di rendita. -Ozieri, è una città pittoresca a forma di anfiteatro con le case disposte a diversi piani. -Oristano, il Mantegazza dice è una città antica resa triste dalle sue lagune. È abitata dai Congiolarius, che di padre in figlio si trasmettono l’arte di “far terriglie”. La cosa più interessante, dice, è il museo privato di antichità sarde di Spano e una castello che probabilmente era la casa della duchessa Eleonora. -Bosa, lo scrittore dice è fra le piccole città della Sardegna ed è una delle più simpatiche: è posta sulla sponda destra del Temo con colli e campagne fertilissime. -Iglesias, città ricca di fontane; accoglie rovine pisane che ricordano il conte Ugolino una volta padrone di tutta la città. -Osilo, è una della più grosse borgate della Sardegna. Stazzi della Sardegna: sono le case dei pastori con campi coltivati e qualche frutteto. Capitolo 2: La natura in Sardegna- I boschi d’aranci di Millis- Le lande e foreste- Fauna- Gli uomini della Sardegna- Etnografia sarda e tipi più salienti- Le donne sarde- Mancanza del proletarioCarattere e costumi dei sardi. Aneddoti di vendette e di amori- Foggie di vestire- Ospitalità splendidissima dei sardi- pranzi e gastronomia. La Sardegna è vista dal Mantegazza come un’isola piena di pianure vaste, deserte e malinconiche; ha lande bellissime e rari boschi di mandorli. Ma il paesaggio più bello, secondo lo scrittore, è la foresta di aranci di Millis. Quest’isola, inoltre, ha tantissimi oliveti che si possono ammirare soprattutto a Bosa e a Sassari: olive cosi belle e buone dalle quali si produce un olio che potrebbe far concorrenza con gli altri olii migliori del continente. Ma purtroppo ci sono anche foreste di oliveti che nessuno cura e le olive che cadono sono cibo per cinghiali e capre. Le bellezze della Sardegna sono tante altre secondo il Mantegazza: ruscelli e fiumi che hanno un’acqua limpidissima e foreste di elci, le più belle le ha incontrate a Taquisara (tra Lanusay e seui). La Gallura è la Svizzera della Sardegna, con graniti stupendi dislocati in cento modi diversi. Riguardo alla selvaggina, scrive che l’Isola è ricchissima di allodole, pernici, beccacce, anatre selvatiche; nei boschi e fra i cespugli, sono numerosissimi i cinghiali; sugli alti monti ognuno può deliziarsi della caccia di cervi, caprioli, mufloni. Parla anche del cavallo sardo, animale sul quale ha viaggiato molto. Questo animale ha tre virtù: brio, sicurezza di piede e temperanza arabica. La Sardegna inoltre è ricca di pesci squisiti: tonni, sardelle, muggini, rombi e triglie. I sardi: hanno dato poche pagine alla storia della civiltà italiana per colpa dell’isolamento in cui sono rimasti per secoli. Essi sono un popolo giovinetto e non decrepito, hanno un povero passato 5

ma un ricco avvenire. I sardi sono persone che hanno un amore sconfinato nei confronti della loro terra. La Sardegna non ha proletari e ha il vanto di non contare i suoi abitanti a differenza di altre regioni o città che con beffarda statistica contano i cittadini. Mantegazza si sofferma sulla descrizione del pastore sardo, un uomo che può rimanere anche due o tre giorni senza cibo ma è comunque un uomo libero. Il pastore sardo è un uomo risoluto e fiero, ha sempre sulle spalle un fucile che lo adopera anche troppo volentieri e spesso non si accontenta di ingrassare il proprio gregge con l’erba, il frumento o l’orzo, ma miete anche le spighe non seminate da lui e raccoglie frutti innescati da altri. Poi c’è il pastore errante, un tipo bellissimo per l’antropologo e per il romanziere, ma il Mantegazza dice che è la rovina della Sardegna, infatti, spesso è sinonimo di ladro. Poi parla del contadino sardo che non è ricco, ma ha la fortuna di avere una grande zolla di terreno tutto suo; ed infine descrive anche il sardo povero che ha un volto ignorante, rozzo e spesso brutale, ma ha una fibra sana, egli sente la dignità del possesso. Il sardo però si fa difficilmente operaio: è temperante e intelligente ma lavora molto di meno rispetto agli operai del continente. Vicino a questi uomini ci sono le donne che hanno poca influenza, anzi quasi nessuna. Res...


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