Riassunto primo capitolo Linguistica generale e storica, Ciancaglini e Keidan (Prof.ssa Benvenuto) PDF

Title Riassunto primo capitolo Linguistica generale e storica, Ciancaglini e Keidan (Prof.ssa Benvenuto)
Course Linguistica di base per lettere
Institution Sapienza - Università di Roma
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Summary

Riassunto diviso per argomenti del primo capitolo del manuale Linguistica generale e storica....


Description

Linguistica, Capitolo 1 • Icona: segno presenta delle somiglianze con ciò che indica (rappresentazione di un gatto è un’icona del gatto stesso); Indice: si basa sulla contiguità di fatto, il segno è prodotto da ciò che denota (fumo indice del fuoco); Simbolo: i segni hanno una relazione istituita per convenzione con ciò che indicano. • Langue: sistema linguistico astratto, in cui sono compresenti tutte le unità minime e le regole necessarie a combinarle, gli elementi presenti sono quindi solidali e il valore del singolo è legato alla presenza di tutti gli altri. È sociale, condivisa da una comunità di parlanti, costante poiché tende a non cambiare da persona a persona. La linguistica deve primariamente occuparsi della langue, in quanto ‘sistema’, ma deve farlo partendo obbligatoriamente dall’analisi della parole, in quanto atti linguistici. Parole: manifestazione di concreti e individuali atti linguistici compiuti dai soggetti che si servono del sistema in specifiche situazioni. È individuale e mutevole, perché gli atti comunicativi differiscono necessariamente gli uni dagli altri. Chomsky: chiama il sistema linguistico astratto competence e gli atti concreti di utilizzo performance: mentre la seconda è equivalente alla parole di Saussure, la competence differisce dalla langue perché è individuale, anziché sociale. • Rapporti paradigmatici: si istituiscono a livello di langue, sono rapporti virtuali riguardanti le associazioni di uno specifico elemento linguistico rispetto a elementi con i quali condivide qualche caratteristica ma dai quali differisce nettamente per altre proprietà. Considerati in absentia, poiché riguardano le associazioni che un termine evoca nella mente di un parlante. Le associazioni possono essere in ambito: semantico, morfologico (tema verbale), morfologico (suffisso), fonetico (rima finale). Paradigma: luogo della simultaneità, coesistenza funzionale e atemporale degli elementi che costituiscono il sistema virtuale. Rapporti sintagmatici: vengono contratti tra elementi sul piano della parole, quindi quello in cui si sviluppa l’enunciato. All’interno delle combinazioni di termini, essi acquisiscono un determinato valore solo perché si oppongono a ciò che precede, ciò che segue o a entrambi. Considerati in presentia, poiché un’unità

linguistica non può sussistere nella parole senza entrare in relazione con gli altri elementi. Sintagma: si situa nella dimensione della temporalità. • Significato e Significante: si situano sul piano della langue, li unisce un legame biunivoco e inscindibile. Il significante è l’immagine acustica del segno (/albero/) mentre il significato ne è il concetto (immagine albero, cfr. schema 12 pg 24). Significazione e Fonia: situate sul piano della parole. Al significante corrispondono le fonie, cioè le effettive sequenze fonetiche pronunciate, esse sono mutevoli e divergono da parlante a parlante ma anche nello stesso parlante, che non pronuncerà mai il medesimo segno nello stesso modo. Al significato corrispondono le significazioni, anche esse sono mutevoli tanto quanto le fonie: il segno assume significati mai pienamente identici tra loro poiché i contesti in cui può essere utilizzato sono infiniti, diversi tra loro e irripetibili. • Arbitrarietà tra significato e significante: primo tipo di arbitrarietà, per cui non esiste legame naturale o logico tra una sequenza fonica e il significato a essa associato. Il nesso tra significato e significante è, come affermato da Saussure, di fatto arbitrario, cioè immotivato, e fissato convenzionalmente. Per conoscere, quindi, il significato abbinato a uno specifico significante bisogna conoscere il codice, cioè la lingua a cui appartiene il segno in questione. Saussure riconosce, poi, dei casi relativamente motivati, quindi relativamente meno arbitrari: i segni composti e derivati (es. canile e canino sono motivati rispetto a cane) e le onomatopee, che rappresentano direttamente il proprio significato essendo, secondo Pierce, delle icone più che dei simboli. Jakobson: tenta di sostenere l’ipotesi del fonosimbolismo, cioè l’idea che dei suoni linguistici corrispondano a dei significati. • Arbitrarietà tra segno e referente: secondo tipo di arbitrarietà. Partendo dal presupposto che il linguaggio è autonomo rispetto alla realtà oggettuale, ricaviamo che un segno, formato quindi da significato e significante, non designa un referente specifico, ma quanto più una classe potenzialmente infinita composta da realia diversissimi tra loro. • Arbitrarietà tra forma e sostanza del significato (o del contenuto): terzo tipo di arbitrarietà. Un esempio classico è quello per cui ogni lingua, anche quelle europee simili per cultura, organizza lo stesso spazio semantico in maniera differente, evidenziando così il fatto che ogni lingua organizza i propri significati lessicali in maniera peculiare. Ciò è particolarmente evidente nei casi in cui due o più segni di una lingua corrispondo a un solo segno di un’altra lingua (es. tomorrow e yesterday in inglese, corrispondono ad un solo termine hindi cioè kal) 2

• Arbitrarietà tra forma e sostanza del significante (o dell’espressione): quarto tipo di arbitrarietà. Fa riferimento al fatto che ogni lingua rende pertinenti alcuni elementi fonici rispetto ad altri: un esempio è il fatto che solo in alcune lingue la quantità vocalica è un tratto sufficiente a distinguere due parole diverse. Lo spazio vocalico, quindi, viene suddiviso in modo arbitrario dalle varie lingue. • Linearità del significante: individuata da Saussure come uno dei principali tratti del linguaggio umano. Ciò dipende dal carattere primariamente vocale del linguaggio umano: nel pensare siamo in grado di afferrare anche concetti complessi senza costringerli in una sequenza di elementi, quando però dobbiamo esprimere verbalmente i nostri pensieri, dobbiamo necessariamente renderli lineari, poiché gli organi fonatori non sono in grado di realizzare più di un’articolazione alla volta. Se consideriamo la forma scritta del linguaggio, le cose cambiano leggermente: una scrittura alfabetica è lineare nell’esecuzione, ma non nella lettura. Chi, infatti, è pratico nella lettura non legge una lettera dopo l’altra, quanto percepisce gruppi di lettere che rappresentano parole in modo unitario. Ciò risulta ancora più evidente in sistemi grafici come l’arabo, in cui la lettura non può prescindere dall’identificazione del blocco grafico nella sua globalità. • Fonicità: caratteristica importante delle lingue umane, che vengono articolate attraverso la voce. Non può di per sé, però, qualificare una serie di suoni articolati come esecuzione linguistica. • Trasponibilità del mezzo: principio per il quale le lingue possono essere rappresentate graficamente dalla scrittura. Propria di tutte le lingue umane, anche di quelle antiche di cui conosciamo solo la forma scritta: non va dimenticato, infatti, che in ogni caso si tratta della rappresentazione grafica di una lingua un tempo parlata. • Onnipotenza semantica: le lingue possono essere usate per esprimere qualsiasi contenuto. • Plurifunzionale: il linguaggio umano può essere utilizzato per un numero indefinibile di funzioni (dall’esprimere pensieri, emozioni a compiere vere e proprie azioni). • Distanziamento: è la possibilità di formulare messaggi relativi a cose lontane nel tempo e nello spazio. Implica la libertà da stimoli: la lingua è indipendente dalla situazione immediata e da ciò che ne deriva in quanto a stimoli e costrizioni, che non diventano quindi necessari o sufficienti all’attuazione del messaggio.

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• Produttività illimitata: possibilità di creare un numero infinito di messaggi sempre nuovi. • Complessità sintattica: solo il linguaggio umano è in grado di formulare messaggi molto complessi, secondo alcuni linguisti è proprio questa è la caratteristica distintiva del linguaggio umano. • Trasmissione culturale: sebbene ogni essere umano nasca con la capacità innata di gestire il linguaggio, a seconda dell’ambiente culturale in cui cresce apprenderà lingue differenti: le lingue storico-naturali sono quindi trasmesse culturalmente e non geneticamente. • Doppia articolazione: distinzione formulata da Martinet. Ogni messaggio linguistico si compone di unità minime, dotate di significato e significante, che il linguista chiama monemi. Essi si dividono ulteriormente in: lessemi (monemi con significato noetico, es. gatt) e morfemi (monemi con significato grammaticale, es. o). Queste sono le unità di prima articolazione. Se però analizziamo i monemi per cercare unità più piccole, otterremo i fonemi cioè unità minime dotate soltanto di significante. Essi differiscono dal concetto di ‘lettera’ che in linguistica viene denominata grafema. Queste sono, quindi, le unità di seconda articolazione. Spesso, inoltre, il numero dei grafemi non corrisponde al numero dei fonemi. Può succedere che un monema abbia una forma fonica composta anche da un solo fonema: questo non elimina, in ogni caso, il fatto che i due elementi siano su due livelli di articolazione differenti. Infine, le vocali, pur essendo un tipo di fonema, non possiedono un significato e non possono, perciò, indicare nulla, se non a livello di desinenza ossia come morfema. • Principio di economia: teorizzato da Martinet, sottolinea come il fatto che i monemi siano riutilizzabili per esprimere messaggi diversi comporti un inestimabile risparmio mnemonico e articolatorio. Il senso del messaggio, inoltre, deriva dall’insieme dei significati di tutti i monemi che lo compongono, ulteriore dimostrazione di come un certo monema in un altro messaggio possa esprimere un senso completamente differente. • Genericità del segno: il segno linguistico è economico, secondo Martinet, anche grazie alla sua genericità che permette di riutilizzare gli stessi segni per indicare oggetti molto diversi tra loro, economizzando così i mezzi lessicali. Essendo il lessico di una lingua in perenne mutazione, possiamo dire che nessun parlante possiede tutto il lessico della propria lingua, sia se si considera la competenza attiva (le parole che il parlante effettivamente usa) sia la competenza passiva (le parole che un parlante capisce, anche senza utilizzarle). 4

Ulteriore ‘economizzazione’ si ha attraverso la selezione di un certo numero di fonemi, scelti in base alle possibilità e alle limitazioni imposte dall’apparato fonatorio e da quello uditivo. Proprio per questo tutte le lingue del mondo contano tra le 20 e le 40 unità, ogni parlante possiede quinti la competenza sia attiva che passiva di tutti i fonemi impiegati nella propria lingua. • Ricorsività: considerando che i fonemi, elementi di seconda articolazione, vengono concatenati in sequenze (il cui ordine di concatenazione è rilevante) che appartengono al livello gerarchico superiore, quindi i monemi e che essi, a loro volta, concatenati in sequenze danno vita a un oggetto appartenente al livello gerarchico superiore, cioè l’enunciato, possiamo comprendere la proprietà del linguaggio chiamata ricorsività. Essa è la capacità di concatenare elementi di un certo livello, come gli enunciati, ottenendo sequenze che appartengono allo stesso livello di prima, anziché a uno superiore (concatenando due enunciati si ottiene un altro enunciato). Ne ricaviamo che la ricorsività linguistica è effettivamente illimitata, nonostante di norma gli enunciati con cui comunichiamo quotidianamente non sono particolarmente complessi o lunghi mentre, nella scrittura, è ammessa maggiore complessità e lunghezza. • Dipendenza dalla struttura: le parole all’interno di una frase sono organizzate in strutture gerarchiche, chiamate sintagmi i cui elementi dipendono da un elemento principale, la cosiddetta testa del sintagma. Elementi dello stesso sintagma legati sintatticamente possono anche non essere immediatamente adiacenti. L’esistenza di questi rapporti sintagmatici a distanza è fondamentale poiché dimostra che la struttura sintattica non può essere pensata come monodimensionale: mentre la catena parlata è lineare e si sviluppa in una sola dimensione, i rapporti sintattico-grammaticali, instaurati tra parole e sintagmi, richiedono una seconda dimensione. Parliamo, quindi, di dipendenza dalla struttura (cfr. albero sintattico, schema 24, pg 40).

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