Roma antica 18 - Riassunto dettagliato del manuale capitolo 18 PDF

Title Roma antica 18 - Riassunto dettagliato del manuale capitolo 18
Author francesca capitani
Course Storia romana
Institution Università degli Studi dell'Aquila
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Riassunto dettagliato del manuale capitolo 18...


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CAPITOLO XVIII) ECONOMIA, SOCIETA' ED ESERCITO NELL'ALTO IMPERO 1. Lo sviluppo economico nei diversi settori produttivi I e il II secolo d.C. -> grande fioritura della vita economica in tutti i quadranti geografici dell’impero. Nel complesso la cornice strutturale dei secoli passati non subì modifiche:  tradizionale vocazione agricola  Lavoro schiavile  In epoca alto-imperiale incremento della produzione dei manufatti e il commercio a largo raggio determinarono una circolazione dei beni su scala globale senza precedenti. Le cellule vitali che favorirono la grande crescita economica dell’età del principato furono le numerosissime città, che erano presenti in Italia e in tutte le province dell’impero con strutture architettoniche e urbanistiche simili fra loro e ricalcate sul modello di Roma. FONTE 1 Il progresso era percepito e reso evidente dall’incremento della presenza umana sulla terra -> l’uomo aveva coscienza di aver addomesticato il paesaggio per le proprie esigenze e comprendeva bene le potenzialità di sviluppo che divenivano accessibili grazie a un costante aumento della quantità e della qualità della produzione. La sostanziale assenza di conflitti civili, che caratterizzò i secoli del principato (gli unici episodi di guerre intestine su larga scala furono quelli del 68-69 d.C. e del 193197 d.C.), accrebbe il mito della pace romana (pax Romana), già elaborato da Augusto. Le favorevoli condizioni garantite dall’ordine interno consentirono anche il perfezionamento del celebre sistema viario romano, che divenne sempre più efficiente e capillare, andando a raggiungere anche le località più remote dell’impero. CARTA 19 AGRICOLTURA: fra i diversi settori dell’economia l’agricoltura continuò a svolgere un ruolo di spicco, prosperando sia in zone dedite a essa per antica tradizione, come la Sicilia, l’Africa e l’Egitto, sia in regioni arretrate sotto tale profilo, come la Pannonia e il Norico, a ridosso dell’alto corso del Danubio. L’estensione delle aree a seminativo aumentò considerevolmente e furono introdotti metodi di coltivazione del terreno più redditizi -> proprietà fondiarie di dimensioni medio-grandi, su modello della villa schiavistica: utilizzavano cioè come forza-lavoro prevalente gli schiavi (servi), che potevano provenire da territori di nuova conquista, come la Dacia, o nascere «in casa», essere cioè figli di altri schiavi (vernae). Le grandi aziende agricole integravano l’impiego permanente della manodopera schiavile con il ricorso al lavoro stagionale di contadini di stato libero. Costoro erano spesso piccoli proprietari terrieri o affittuari, che risiedevano nelle vicinanze. Pur ricevendo una paga per le prestazioni effettuate, a partire dai decenni finali del I secolo d.C. essi subirono però un progressivo deterioramento delle proprie condizioni di vita = netta diminuzione dell’impiego degli schiavi nei contesti agricoli + contrazione dell’economia di piantagione, che innescò una trasformazione delle modalità di gestione della proprietà terriera con l’affermarsi del colonato (il termine deriva dal sostantivo latino colonus, «contadino») -> stipula di contratti di conduzione fra proprietari terrieri e lavoratori liberi. Il fittavolo riceveva in affitto una piccola parte della proprietà, che coltivava con l’aiuto della sua famiglia, e versava al proprietario una quantità determinata del prodotto (di solito la metà), oppure pagava il canone di

locazione in denaro. INDUSTRIA MINERARIA: a partire dall’età di Augusto l’industria mineraria godette di una notevole espansione. Bacini metalliferi + nuovi giacimenti di materie prime: - sotto Nerone furono scoperte ingenti vene d’oro in Dalmazia, che determinarono un calo del valore del metallo - le conquiste di Traiano a nord del Danubio consentirono ai Romani di entrare in possesso del ricchissimo distretto aurifero della Dacia. In tutto il bacino del Mediterraneo ebbe grande diffusione anche l’estrazione della pietra e dei marmi colorati -> fra questi si distingueva per prestigio e valore economico il porfido, chiamato la «pietra degli imperatori» perché, come ricordava il nome stesso, aveva il colore della porpora, che i principi utilizzavano per tingere le proprie vesti. Il porfido veniva estratto in cave di proprietà imperiale ubicate nel deserto egiziano nei pressi del Mar Rosso (Mons Porphyrites). Analogamente le miniere di metalli preziosi dislocate nelle diverse province erano gestite direttamente dall’amministrazione statale: in esse la manodopera era costituita da schiavi imperiali, ai quali erano quasi sempre imposte condizioni di lavoro disumane. ARTIGIANATO: nell’epoca del principato anche la produzione artigianale fiorì considerevolmente in tutti i territori dell’impero, soprattutto nelle province occidentali -> aumento della domanda, conseguente alla crescita demografica e alla fondazione di numerose nuove città, che fungevano al tempo stesso da centri di produzione, di consumo e di spesa. Anche le esigenze dell’esercito divennero più regolari: le commesse militari determinarono un vero e proprio indotto nelle province in cui erano stanziate permanentemente le legioni. Creazione di produzioni seriali di buon livello, eseguite in grandi officine, nelle quali lavoravano operai specializzati -> gran parte dei manufatti era realizzata in materiali deperibili (legno, pelle, cuoio), che non si sono conservati fino ai nostri giorni. Maggiore durata hanno invece avuto i reperti fittili, ovvero in terracotta, che venivano prodotti in stabilimenti denominati figline o figuline (figulinae) e, grazie alla loro economicità, si confacevano perfettamente all’utilizzo quotidiano -> manufatti ceramici che fungono da veri e propri fossili-guida e consentono di attribuire i contesti stratigrafici in cui vengono ritrovati a cronologie e orizzonti geografici di distribuzione ben precisi: esempio lucerne di terracotta, necessarie per l’illuminazione domestica, che conobbero una grande diffusione: esse erano spesso decorate con semplici disegni a rilievo e recavano a volte anche un marchio di fabbrica. Ampiamente attestata è anche la ceramica fine da mensa a vernice rossa denominata terra sigillata: tale classe ceramica riproduceva i tipi e la decorazione di più preziosi manufatti in metallo nobile -> la terra sigillata divenne uno status- symbol delle borghesie municipali e provinciali, desiderose di testimoniare la propria romanizzazione. I manufatti ceramici non circolavano soltanto come beni autonomi, ma anzi, il più delle volte, a causa dei prodotti in essi contenuti: è il caso delle anfore, il recipiente da trasporto per eccellenza. A Roma un intero colle, il Monte Testaccio, si sviluppò grazie all’enorme accumulo di cocci d’anfora (testae), che furono accatastati nei pressi del porto fluviale della città. COMMERCIO: I e il II secolo d.C. , espansione del commercio di breve e lungo raggio

+ diffusione in tutto l’impero dell’economia monetaria. = sistema basato sul denario, la moneta d’argento battuta dalle zecche imperiali, che divenne valuta prevalente, se non unica, anche oltre le frontiere dello stato romano. diffusione delle compagnie di navigazione, protagoniste dei traffici marittimi e fluviali. Gli addetti ai trasporti acquei (navicularii) erano spesso riuniti in associazioni professionali (collegia) e si occupavano in prevalenza di garantire l’approvvigionamento alimentare degli eserciti e dei grandi centri urbani, come Roma. = premesse per la formazione di un sistema economico nuovo, caratterizzato da una serie di condizioni paleo- capitalistiche:  disponibilità di materie prime quasi inesauribili  presenza di innumerevoli centri produttivi urbani;  un’unica moneta in tutto l’impero si affiancava a uno sviluppato sistema bancario e creditizio;  imprenditori interessati ad attività lucrative si giovavano di una manodopera con ottime competenze artigianali;  masse di forza lavoro a basso costo convivevano con un sistema diffuso di lavoro salariato. MA non si realizza una vera e propria «rivoluzione industriale» -> mancanza di volontà, determinata da ostacoli di natura ideologica: le classi dirigenti romane, infatti, impostarono l’interdipendenza fra sviluppo tecnologico e sussistenza dei ceti subalterni in una maniera opposta a quella che contraddistingue la società contemporanea. Le autorità romane preferirono infatti evitare la diffusione di innovazioni tecnologiche per mantenere il controllo delle masse lavoratrici. FONTE 2 Nella lunga durata si produsse così una stagnazione tecnologica: lo sviluppo economico dell’impero durò infatti solo fintantoché l’espansionismo militare riuscì a garantire lo sfruttamento e l’urbanizzazione di nuove province, che da un lato assicuravano nuovo afflusso all’offerta di materie prime e dall’altro accrescevano il potenziale della domanda. 2. L'intervento dello stato nell'economia: gli alimenta 1)Per buona parte del I secolo d.C. gli imperatori mantennero una posizione «liberista» nei confronti dell’economia: evitarono cioè di intervenire nei processi produttivi e non si intromisero nelle dinamiche locali riguardanti le singole province. I diversi territori dell’impero facevano ormai parte di un unico sistema economico, il cui complesso equilibrio si era dimostrato fino ad allora funzionante, anche se non esente da sperequazioni:  da un lato, infatti, i proprietari terrieri italici avevano da tempo destinato in prevalenza i loro fondi, che beneficiavano dell’esenzione fiscale (immunitas), al pascolo estensivo o a colture arboricole specializzate, come quelle della vite e dell’ulivo;  dall’altro il suolo di alcune province era pressoché interamente utilizzato per produrre cereali, che lo stato acquistava a prezzo politico e trasportava via mare a Roma.

Già Cicerone aveva chiamato la Sicilia, la Sardegna e l’Africa «province frumentarie» (provinciae frumentariae): dall’età augustea in poi a esse si aggiunse l’Egitto, che divenne a tutti gli effetti il principale «granaio» dell’impero. Le province di più antica romanizzazione che si affacciavano sul Mediterraneo

occidentale (Gallia Narbonense, Spagne) si dedicarono sempre più alla produzione locale di olio e vino a prezzi concorrenziali, determinando il crollo delle importazioni dall’Italia = lo sviluppo delle colture specializzate in ambito provinciale iniziò dunque a contrastare il primato della penisola in campo economico. 2)A fronte di tali squilibri, manifestatisi dalla tarda epoca flavia, le autorità centrali dell’impero cominciarono ad attuare una politica dirigista o quantomeno correttiva degli scompensi più macroscopici. In particolare, Domiziano ordinò la distruzione di buona parte dei vigneti provinciali. Simili provvedimenti autoritari non potevano tuttavia dimostrarsi duraturi, né garantire stabilità al mercato. FONTE 3 3)In epoca antonina Traiano elaborò invece un più sofisticato piano di riequilibrio economico. Il progetto era incentrato sulla rivalutazione del suolo italico e sulla parallela diminuzione della dipendenza di Roma dal prodotto cerealicolo delle province.  Traiano obbligò innanzitutto i senatori a investire almeno un terzo del loro patrimonio in beni terrieri ubicati in Italia, facendone così salire il prezzo. FONTE 4  elaborazione di un complesso programma di assistenzialismo statale, denominato alimenta («sussidi alimentari»). Tale istituzione rappresenta forse il più ambizioso intervento pubblico nel settore economico dell’intera età antica. Il progetto si fondava sull’investimento di parte delle cospicue risorse acquisite dal fisco (fiscus), la cassa privata dell’imperatore, grazie ai proventi auriferi della nuova provincia di Dacia. Tali capitali imperiali venivano prestati, a proprietari di fondi agricoli di dimensioni medio-grandi ubicati in Italia. Costoro, con la corresponsione di un modico interesse pari al 5% annuo e senza dover restituire il denaro ricevuto in prestito, procedevano alla riconversione di parte delle loro colture da arboricole in cerealicole; pagavano inoltre le somme dovute non all’imperatore stesso, erogatore del prestito, ma ai municipi italici presso cui erano ubicati i loro terreni. Tali municipi utilizzavano infine queste entrate per finanziare sussidi mensili ai ragazzi e alle ragazze che risiedevano nel loro territorio.

Le fonti per ricostruire il meccanismo degli alimenta sono molteplici:  monete emesse dall’autorità imperiale, assieme ad altri manufatti artistici destinati a propagandare l’iniziativa promossa da Traiano. FONTE 5  iscrizioni di ringraziamento apposte dai giovani di entrambi i sessi che trassero beneficio dalla munificenza dell’imperatore, definiti rispettivamente «fanciulli alimentari» (pueri alimentari) e «fanciulle alimentarie» (puellae alimentariae).  epigrafi dei funzionari addetti alla sorveglianza o alla gestione del programma traianeo.  due celebri tavole di bronzo, provenienti dal municipio di Veleia nell’Appennino parmense e da quello dei Liguri Bebiani, nei pressi di Benevento. FONTE 6 Plinio il Giovane, stretto collaboratore di Traiano, riferisce che nel primo anno di applicazione del provvedimento si contarono ben 5.000 assistiti -> complessivamente in età traianea se ne registrarono circa 40.000. 1. I maschi erano sovvenzionati fino ai 18 anni, le femmine fino ai 14. 2. Il sussidio si sostanziava in distribuzioni mensili di frumento o denaro: si trattava quindi di un’assistenza reale e non simbolica.

3. Le fonti testimoniano che oltre 50 municipi italici presero parte all’iniziativa: essi vennero raggruppati in distretti di grandezza diseguale e confini imprecisi, con maggiore concentrazione vicino a Roma, ma anche lungo le grandi vie consolari e il percorso del Tevere. 4. La gestione ordinaria del programma fu assegnata a prefetti di rango senatorio, denominati prefetti dei sussidi alimentari (praefecti alimentorum). Altro personale ispettivo o di sorveglianza fu reclutato tra la burocrazia di ceto equestre: è il caso dei procuratori dei sussidi alimentari(procuratores alimentorum), che controllavano i prestiti elargiti dalla cassa imperiale. Gli addetti alla gestione del provvedimento presso i municipi erano invece magistrati locali, che ricoprivano l’incarico di questori dei sussidi alimentari (quaestores alimentorum). 5. Gli alimenta si prefiggevano un ampio ventaglio di finalità: agricole, assistenziali, amministrative e militari. Gli studiosi moderni hanno però riconosciuto come la corresponsione dell’interesse annuo sui fondi agricoli dati in garanzia venisse di fatto a coincidere con la creazione di un onere fondiario (vectigal) surrettizio, che aggirava la tradizionale immunità fiscale dei terreni italici, parificandoli di fatto a quelli provinciali.

La propaganda imperiale mirava invece a sottolineare il carattere filantropico degli alimenta, il cui scopo dichiarato era quello di incrementare la natalità italica. La sproporzione a vantaggio dei maschi fra i beneficiari del provvedimento rendeva tuttavia evidente il desiderio di facilitare il reclutamento legionario e la formazione di quadri dell’ufficialità militare e della burocrazia imperiale di estrazione italica che restassero fedeli a Traiano, primo imperatore provinciale. Nonostante varie crisi, il programma di sussidi alimentari istituito da Traiano rimase in vigore fin oltre la metà del III secolo d.C., contribuendo a riequilibrare le sperequazioni economiche fra le province e l’Italia. 3. Città e cittadinanza: l'espansione del modello urbano Per quanto attiene allo statuto giuridico della popolazione dell’impero, a partire dall’epoca cesariana e augustea si era delineato un quadro che contrapponeva  l’Italia, abitata da cittadini di pieno diritto (cives)  alle province, in cui risiedevano individui privi della cittadinanza romana (peregrini). In realtà i limiti fra questi due orizzonti geografici erano molto meno netti di quanto potrebbe sembrare: come si è visto, infatti, già dall’epoca giulio-claudia si era diffusa l’estensione della piena cittadinanza (civitas) o del diritto latino (ius Latii) a intere comunità provinciali. A queste concessioni collettive si affiancavano quelle individuali, che riguardavano ogni anno migliaia di uomini, ad esempio tutti coloro che terminavano il servizio militare nelle flotte o nei reparti ausiliari o, ancora, che usufruivano a vario titolo di un trattamento particolarmente benevolo da parte dell’imperatore.

L’estensione della cittadinanza romana nei contesti provinciali andò spesso di pari passo con il successo del fattore urbano come modello di organizzazione comunitaria -> urbanizzazione capillare come risultato di una consapevole e meditata politica degli imperatori, che ambiva al duplice obiettivo di favorire il processo di romanizzazione e di delegare ai notabili locali l’onere della gestione delle comunità soggette. L’urbanizzazione si diffuse anche in regioni, come l’Africa e la Gallia, che avevano conosciuto in precedenza insediamenti sparsi e abbracciò progressivamente tutto il territorio governato dai Romani -> le città dell’impero erano circa 1.000: esse conobbero un periodo di massima floridezza economica, accentuato dinamismo sociale, sviluppo monumentale e autonomia amministrativa.

Dal punto di vista giuridico le città si distinguevano in  colonie -> in epoca repubblicana erano insediamenti ex novo, mentre nel periodo imperiale divenne prevalente l’estensione dello statuto di colonia come titolo onorifico concesso dal sovrano anche a comunità già costituite, nelle quali si procedeva a una riorganizzazione dello sfruttamento del territorio.  municipi -> centri abitati esistenti anche prima della conquista romana. In numerose province continuavano poi a esistere le città o comunità alleate (civitates foederatae), che beneficiavano di un’organizzazione autonoma in virtù di un trattato (foedus) stipulato con Roma. Municipi e colonie presentavano comunque ordinamenti simili e uniformi :  La popolazione si componeva di due gruppi: 1.i cittadini (cives), che godevano del pieno diritto di appartenenza alla comunità locale per nascita, naturalizzazione o emancipazione, ed erano chiamati a seconda dei casi coloni o municipes; 2.gli incolae, termine con cui si indicavano tanto gli appartenenti alla popolazione indigena, quanto i residenti di altre regioni dell’impero, che usufruivano di una cittadinanza parziale, basata su un domicilio «a tempo determinato»; 3.i visitatori occasionali (hospites). L’insieme della popolazione cittadina era suddiviso in curie e si radunava nei comizi locali, che eleggevano annualmente i magistrati e controllavano l’amministrazione finanziaria. Organo di governo delle città era il consiglio o senato locale, composto da un numero di membri fissato dallo statuto cittadino (solitamente 100).  DECURIONI I consiglieri erano chiamati decurioni (decuriones) e, assieme alle loro famiglie, costituivano l’ordine dei decurioni (ordo decurionum) -> cooptati a vita, ma potevano essere radiati per indegnità: la lista dei decurioni veniva infatti rivista ogni 5 anni dai magistrati incaricati delle operazioni di censimento - liberi di nascita - di condotta irreprensibile - possedere la cittadinanza del luogo - consistenza patrimoniale che variava da città a città (solitamente intorno ai 100.000 sesterzi) - superare un’età minima di 25/30 anni - pagavano una somma iniziale per l’onore della cooptazione (summa honoraria pro decurionatu); - godevano di posti a teatro in prima fila; - ricevevano quote maggiori nella distribuzione di donativi e non potevano essere sottoposti a pene corporali, né condannati a morte. Poiché, come si è detto, tra il I e il II secolo d.C. l’impero contava circa 1.000 città, si può calcolare che il notabilato locale comprendesse complessivamente fra i 100.000 e i 150.000 decurioni. Le sedute del consiglio si svolgevano nell’edificio della curia ed erano valide se i due terzi dei consiglieri erano presenti; gli assenti venivano multati -> il voto era formulato per iscritto (per tabellam). Le competenze dei decurioni erano vastissime e riguardavano tutte le branche dell’amministrazione locale: operazioni finanziarie, cessioni di immobili comunali, deliberazioni relative a giochi, spettacoli e feste, elezione dei sacerdoti cittadini e

dei commissari con incarichi speciali, nomina di patroni.  MAGISTRATI SUPREMI erano generalmente chiamati duovir...


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