Samuel P. Huntington Lo scontro delle civiltà PDF

Title Samuel P. Huntington Lo scontro delle civiltà
Course Scienza politica
Institution Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
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Samuel P. Huntington Lo scontro delle civiltà...


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LO SCONTRO DELLE CIVILTÀ E IL NUOVO ORDINE MONDIALE Samuel P. Huntington

Cap. 1 LA NUOVA ERA DELLA POLITICA MONDIALE BANDIERE E IDENTITÀ CULTURALE La cultura è importante e l'identità culturale è per la gran parte degli uomini il valore primario. Entrambe sono alla base dei processi di coesione, disintegrazione e conflittualità che caratterizzano il mondo post guerra fredda, e tale tesi è confermata da cinque caratteristiche principali: 1) per la prima volta lo scenario politico appare multipolare e caratterizzato da un alto numero di società diverse; 2) gli equilibri di potere tra le varie civiltà stanno mutando; 3) emerge un ordine mondiale fondato sul concetto di civiltà: le civiltà culturalmente affini tendo a cooperare tra loro e i tentativi di alcune società di passare ad un altra civiltà falliscono; 4) l'occidente entra in conflitto con altre civiltà; 5) la sopravvivenza degli usa dipende dalla loro volontà di accettare la loro civiltà come qualcosa di peculiare e non universale e di unire le proprie forze al fine di proteggerla dalle sfide provenienti dalle altre società non occidentali. UN MONDO MULTIPOLARE E A PIÙ CIVILTÀ Nle mondo post – guerra fredda l'uomo si autodefinisce in termini di progenie, religione, storia ecc e non più con l'ideologia. L'uomo utilizza la politica non solo per salvaguardare i propri interessi ma anche per definire la propria identità. Gli stati nazionali restano gli attori principali della scena internazionale e attualmente le loro azioni sono ispirate (oltre che dai soliti interessi) anche da preferenze culturali. Oggi i principali raggruppamenti di stati sono, infatti, le sette o otto maggiori civiltà del globo. In pratica, si può dire, che la rivalità tra superpotenze è stata soppiantata dallo scontro di civiltà, e la guerra tra stati appartenenti a culture diverse può subire un'escalation via via che altri stati vengono in aiuto dei cosiddetti “paesi fratelli” (stati con una stessa cultura). Di conseguenza i conflitti più pericolosi sono quelli che corrono lungo le linee di faglia tra civiltà diverse. Nel mondo post guerra fredda la cultura è una forza al contempo aggregante e disgregante: popolazioni divise dall'ideologia ma culturalmente omogenee vengono ad unificarsi; società unite dall'ideologia ma appartenenti a differenti civiltà finiscono viceversa con lo sgretolarsi. L'occidente è e resterà la civiltà più potente, ma il suo potere in relazione a quello delle altre civiltà sta andando sgretolandosi. Dinanzi al tentativo occidentale di imporre i propri valori, le società non occidentali arrivano a trovarsi ad un bivio: alcune tentano di allinearvisi, altre tentano di sviluppare il proprio potere economico al fine di opporvisi. Un elemento chiave di questo mondo è, quindi, l'interazione tra cultura e potere occidentali da un lato e non occidentali dall'altro. UN SOLO MONDO: EUFORIA E ARMONIA. Un modello estremamente diffuso era basato sul fatto che, una volta terminata la guerra fredda, sarebbero terminati tutti i conflitti internazionali (a parte qualche conflitto nel Terzo Mondo): la guerra per motivi ideologici era terminata e il futuro sarebbe stato dedito a

risolvere i problemi economici e tecnici. Questo momento di euforia generò un'illusione che restò tale: il mondo era sì cambiato ma non era diventato necessariamente più pacifico. Quell'illusione fu dissipata dal: proliferare dei conflitti razziali, la rinascita di movimenti neocomunisti e neofascisti, l'intensificarsi del fondamentalismo religioso ecc. DUE MONDI: NOI E LORO. A seconda di come vengono divise le parti, la schematizzazione di un mondo diviso indue potrebbe corrispondere alla realtà. Poco utile risulta la separazione tra paesi ricchi e paesi poveri, dato che quest'ultimi non hanno la potenza necessaria per combattere i primi e ne sarebbero schiacciati. Altrettanto inutile risulta quella a livello culturale tra Occidente e Oriente, dato che sarebbe più appropriato parlare di Occidente ed altri. 184 STATI, PIÙ O MENO La teoria realista delle ri dice che gli stati sono gli unici attori di rilievo della scena internazionale, ma poiché il rapporto tra gli stati è di anarchia, per garantire la propria sicurezza ciascuno di essi tenta inevitabilmente di accrescere il suo potere. Se uno stato ritiene che un altro stia accrescendo il proprio potere se diventi una potenziale minaccia, tenterà di salvaguardare la sua sicurezza rafforzando a sua volta il proprio potere. Nel complesso tale modello offre un'immagine della politica internazionale più realistici di quanto facciano i modelli del mondo unico o dei due mondi. Anch'esso tuttavia presenta grossi limiti: presume che tutti gli stati percepiscano allo stesso modo e agiscano allo stesso modo e che definiscano i propri interessi in termini di potere, ma lo fanno anche di molte altre cose. Valori e cultura influiscono il modo in cui gli stati definiscono i propri interessi e questi vengono determinati anche da norme e organismi internazionali. Gli stati democratici poi presentano dei tratti comuni e quindi evitano di combattersi. Sebbene gli stati restino gli attori principali della politica internazionale, la loro sovranità va sempre più riducendosi dato che oggi le organizzazioni internazionali a rivendicare il diritto di giudicare e di influenzare l'operato dei singoli stati all'interno dei loro stessi confini. Gli stati poi perdono potere anche cedendo sovranità alle istituzioni locali e regionali, non gestiscono più i flussi in entrata e in uscita dai loro confini sia di denaro che di idee e persone; i confini di stato son diventati, in breve, più permeabili. CAOS TOTALE. L'indebolimento degli stai ed il venir meno di altri contribuiscono ad evocare una quarta immagine, quella di un mondo dominato dall'anarchia. Tale modello presuppone: il crollo dell'autorità statale, la disgregazione degli stai, l'intensificarsi di conflitti religiosi, il diffondersi del terrorismo ecc. Anche il modello del caos si avvicina molto alla realtà ma allo stesso modo questo è un errore, dato che il mondo, anche se avvolto nel caos, possiede alcuni tratti in ordine. MONDI A CONFRONTO: REALISMO, NORMA, PREVISIONI Tutti e quattro i modelli offrono una diversa combinazione di realismo e norma, ma nessuno di essi tuttavia è privo di limiti e carenze. Si potrebbero risolvere, questi, coniugando insieme i modelli e asserendo che attualmente il mondo è impegnato in un processo sia di

frammentazione che di integrazione, ma anche un modello simile non spiegherebbe in quali occasioni prevale l'una o l'altra tendenza. L'obiettivo è quindi sviluppare un modello in grado di contemplare gli eventi più importanti e offrire una comprensione delle tendenze in atto migliore degli altri paradigmi a un uguale livello di astrazione intellettuale. Vedere il mondo in sette o otto civiltà offre una cornice concettualmente semplice di capire il mondo e distingue quali tra i conflitti in atto sono importanti e quali no. Un approccio basato sul concetto di civiltà sostiene che: l'impulso all'integrazione nel mondo è reale, ed è questo che genera resistenza ai distinguo culturali e a una maggiore presa di coscienza della propria civiltà di appartenenza; il mondo è diviso in due ma la distinzione fondamentale è tra occidente e tutte le altre; gli stati nazionali sono e resteranno i protagonisti della politica internazionale, ma i loro interessi vengono determinati in misura maggiore dalla cultura e civiltà d'appartenenza; il mondo è avvolto nell'anarchia e i conflitti che pongono maggiori pericoli alla stabilità sono quelli tra stati appartenenti a civiltà diverse. Nessun modello tuttavia va bene per sempre, essi sviluppano anche previsioni e un test basilare per verificare l'utilità di un modello rispetto ad un altro è la maggiore precisione delle previsioni che consente di fare. Cap. 2 LE CIVILTÀ NELLA STORIA E NEL MONDO CONTEMPORANEO LA NATURA DELLE CIVILTÀ. La storia umana è la storia delle civiltà, è impossibile pensare allo sviluppo dell'umanità in termini diversi da questi. Nel corso della storia le civiltà hanno rappresentato per l'uomo la più importante fonte di identificazione. Molti studiosi si sono quindi concentrati su di essa e molti di loro si trovano d'accordo su molti punti di vista: 1) esiste una distinzione tra “la civiltà” al singolare e “le civiltà” al plurale; 2) una civiltà rappresenta sempre un'identità culturale, civiltà e cultura fanno entrambe riferimento allo stile di vita generale di un popolo, e una civiltà non è altro che una cultura su larga scala. Di tutti gli elementi che definiscono le civiltà la religione è il più importante, dato che tutte le maggiori civiltà nella storia dell'umanità sono strettamente identificate con le grandi religioni del mondo. Esiste poi una corrispondenza tra la divisione dei popoli in civiltà, basata sulle caratteristiche culturali, e quella in razze, basata su caratteristiche fisiche, ma civiltà e razza non sono concetti equivalenti: popoli di uguale razza possono essere divisi da società diverse. 3) le civiltà sono entità finite, cioè che nessuna delle sue unità costitutive può essere appresa appieno senza riferimenti concreti alla civiltà di cui è parte. Una civiltà è la più ampia entità culturale esistente, essa viene definita sia da elementi oggettivi comuni (lingua, storia, religione ecc.), sia dal processo soggettivo di autoidentificazione dei popoli; esse non hanno confini nettamente delimitati, non hanno un inizio e una fine precisi ma sono comunque entità estremamente rilevanti e i confini che le separano, benché raramente ben definiti, sono confini reali. 4) le civiltà muoiono ma hanno una vita molto lunga, si evolvono, si adattano, e sono le più durature tra tutti i tipi di associazioni di uomini. Basandosi sulla loro evoluzione Carroll Quigley ritiene che le civiltà attraversino sette stadi: confluenza, gestazione, espansione, epoca di conflittualità, impero universale, decadenza e invasione. Melko ha invece elaborato un modello di continuo mutamento: da un sistema feudale consolidato ad un sistema feudale in transizione a un sistema statale consolidato a un sistema statale in transizione a un sistema imperiale consolidato. Pur presentando significative differenze, queste teorie propugnano un medesimo percorso: evoluzione attraverso un periodo di disordini o di conflittualità, nascita di uno stato universale,

decadimento e disintegrazione. 5) in quanto entità culturali e non politiche, le civiltà non provvedono di per sé a mantenere l'ordine, amministrare la giustizia, raccogliere tasse ecc. La composizione politica delle civiltà varia da caso a caso e si modifica altresì nel tempo all'interno di ciascuna di esse, così una civiltà può contenere una o più entità politiche di varia natura. 6) vengono individuate le maggiori civiltà della storia e quelle esistenti nel mondo moderno, che sono: sinica, una civiltà cinese risalente al 1500 a.c. , il termine sintetizza in modo appropriato la cultura comune in Cina e alle comunità cinesi dell'Asia sudorientale e delle altre regioni esterne alla Cina, e le culture affini di Vietnam e Corea. Giapponese; indù ( in India, dal 1500 a.c.), il cui termine serve a distinguere tra il nome della civiltà e quello del suo stato guida. Islamica, all'interno della quale coesistono numerose culture a sé stanti; Occidentale (700 d.c.), suddivisa in tre rami principali europeo, nordamericano, latinoamericano; Latinoamericana , l'america latina presenta tuttavia una civiltà a sé stante separata dall'occidente, perché si è evoluta in un modo diverso da quest'ultima: è sempre stata cattolica, incorpora culture indigene e l'evoluzione politica ed economica hanno seguito strade diverse da quelle prevalenti in Occidente. Quella occidentale è l'unica civiltà identificata da un punto cardinale (la cristianità) anziché dal nome di un particolare popolo o religione. Africana (forse), da molti studiosi non viene riconosciuta una vera e propria civiltà africana dato che molti suoi stati vengono ad identificarsi nelle altre civiltà mondiali, ma gli africani stanno comunque sviluppando un senso comune della propria identità di africani. La religione è l'elemento base che caratterizza le civiltà, delle cinque religioni mondiali quattro (cristianesimo, islamismo, induismo, confucianesimo) sono associate a grandi civiltà. Il buddismo (che sarebbe la quinta) però no: esso si suddivise in due tronconi principali e, al pari del cristianesimo non è sopravvissuto nella sua terra d'origine, in queste società esso venne assimilato alla cultura autoctona e soppresso. I RAPPORTI TRA LE CIVILTÀ. I rapporti tra le civiltà hanno attraversato due fasi e oggi ne stanno vivendo una terza. Dopo la nascita delle prime civiltà i contatti tra esse sono stati o inesistenti, o limitati o intermittenti e intensi. Le civiltà erano distanti nel tempo e nello spazio, solo poche di esse era presente in ciascuna epoca storica, ed esiste una significativa distinzione tra civiltà dell' ”età assiale” e civiltà precedenti. Le prime, a differenza dei predecessori, possedevano dei miti trascendentali propagati da una distinta classe intellettuale e alcune regioni hanno sperimentato due o tre generazioni di civiltà affiliate. Le civiltà erano poi anche separate geograficamente, non c'erano quindi scambi commerciali. I contatti più significativi tra civiltà si ebbero allorché le popolazioni di una civiltà conquistarono ed eliminarono quelle di un altra. L'IMPATTO: L'ASCESA DELL'OCCIDENTE. Il cristianesimo europeo iniziò ad emergere come civiltà a sé stante nell'VIII e IX secolo, ma, per centinaia di anni, il suo livello di sviluppo restò molto indietro rispetto alle altre civiltà. Tale civiltà si espanse poi nei paesi baltici e nel mediterraneo e nel 1500 il rinascimento della cultura europea era in pieno sviluppo, con l'espansione del commercio e i progressi tecnologici che gettarono le basi per una nuova epoca nei rapporti internazionali. I limitati incontri tra le civiltà cedettero il passo alla prolungata e opprimente influenza dell'occidente sulle altre civiltà. Nel corso dell'espansione europea, le civiltà andina e centroamericana furono spazzate via, solo quella russa , giapponese ed etiope riuscirono a

resistere agli attacchi dell'occidente. Tra le cause di uno sviluppo così avanzato dell'occidente vi furono: la struttura sociale e i rapporti di classe invalsi in occidente, la nascita delle città e del commercio, lo sviluppo delle burocrazie statali, ma soprattutto fu di carattere tecnologico: l'invenzione di navi transoceaniche capaci di raggiungere popoli distanti e lo sviluppo militare atto a conquistarli. Civiltà era diventa sinonimo di civiltà occidentale, il diritto internazionale era il diritto internazionale occidentale (Grozio), il sistema internazionale era quello occidentale westfaliano di stati nazionali sovrani ma civilizzati. La nascita di tale sistema modellato dall'Occidente rappresentò il secondo grande evento della scena politica mondiale nei secoli successivi al 1500. I paesi occidentali interagivano, tra l'altro, anche tra di loro, su un piano di reciproca uguaglianza e i loro rapporti politici, per 150 anni, furono dominati dalle guerre religiose e dinastiche e di monarchi che intendevano conquistare altri territori. Poi in conseguenza della rivoluzione russa, scoppiarono conflitti anche di tipo ideologico, e cono l'ascesa del marxismo si passò da un sistema europeo internazionale a un sistema post – europeo a più civiltà. INTERAZIONI: UN SISTEMA A PIÙ CIVILTÀ. Nel XX secolo, i rapporti tra le varie civiltà sono dunque passati da una fase caratterizzata dall'influenza unidirezionale di una civiltà su tutte le altre a una serie di interazioni variegate e multidirezionali tra tutte le civiltà. In primo luogo si è fermata l'espansione occidentale ed è iniziata la rivolta contro l'occidente e, seppure in modo lento, il potere occidentale è diminuito. Poi il sistema internazionale si è espanso oltre i confini occidentali e ha inglobata una serie di altre civiltà. I conflitti tra gli stati occidentali sono terminati, in pratica si è creato uno stato universale occidentale che non è un impero ma un complesso di federazioni e organizzazioni internazionali. Le grandi ideologie politiche del XX secolo (marxismo, fascismo, socialismo ecc) sono nate in occidente, nessuna civiltà ha dato vita ad una ideologia politica di rilievo, ma l'occidente non ha mai dato vita ad una grande religione. Via via che il mondo esce dalla sua fase occidentale, tutte quelle ideologie lasciano il posto alle religioni e ad altre espressioni di cultura di identità. I rapporti tra le diverse civiltà sono in questa terza fase molto più frequenti e intensi di quanto lo siano state prima e non esiste una sola linea di demarcazione (come durante la guerra fredda) quanto piuttosto svariate divisioni tra l'occidente e le altre civiltà. Cap. 3 UNA CIVILTÀ UNIVERSALE? MODERNIZZAZIONE OCCIDENTALIZZAZIONE CIVILTÀ UNIVERSALE: SIGNIFICATI Civiltà universale implica l'idea di un processo di aggregazione culturale dell'umanità e la sempre più diffusa accettazione di valori, credenze, usi comuni da parte dei popoli di tutto il mondo e, più specificatamente, tale concetto può implicare alcune tesi: 1) gli esseri umani di tutte le civiltà condividono certi principi e certe istituzioni di fondo, cioè essi hanno in comune una stessa morale che li permette di distinguere tra bene e male. Se per civiltà universale si intende questo allora è un concetto profondo e importante, ma né nuovo e né pertinente. 2) il termine “civiltà universale” può essere impiegato per indicare ciò che le società civili hanno in comune e che le distingue dalle società primitive e barbare, e questo è il significato “al singolare” attribuito al termine società e, in questo senso, una cultura universale sta effettivamente emergendo. 3) il termine “civiltà universale” potrebbe riferirsi

ad idee e valori condivise da molti popoli della civiltà occidentale e da lacuni popoli di altre civiltà; 4) prende corpo l'idea che il diffondersi in tutto il mondo del modello consumistico e della cultura popolare occidentale stia dando vita ad una civiltà universale, ma questa tesi non è ne profonda ne pertinente. Gli elementi basilari di una qualsiasi civiltà sono la lingua e la religione. Se stesse emergendo una civiltà universale, dovrebbe essere in atto una tendenza alla nascita di una lingua universale e di una religione universale. Viene spesso avanzata la tesi che è l'inglese la lingua universale, ciò significa due cose: 1) gran parte della popolazione mondiale parla inglese, ma non ci sono prove a sostegno di questa tesi, anzi ce ne sono che dimostrano però il contrario; 2) l'inglese è comunque la lingua che usano popoli di diverso linguaggio per comunicare tra loro, ed è per questo il principale mezzo di comunicazione interculturale del pianeta ma, proprio per il fatto di essere interculturale, presuppone l'esistenza di civiltà diverse. Nelle società non occidentali sembrano essere oggi in atto due tendenze opposte: da un lato l'inglese è sempre più utilizzato al livello universitario, dall'altro le pressioni sociali e politiche spingono sempre più ad un utilizzo generalizzato delle lingue autoctone. L'avvento di una religione universale è altrettanto improbabile. Alla fine del XX secolo si è registrata la nascita di movimenti fondamentalisti che hanno rinforzato le differenze tra le religioni. CIVILTÀ UNIVERSALE; ARGOMENTAZIONI Il concetto di civiltà universale è un prodotto distintivo della civiltà occidentale, esso contribuisce a giustificare il dominio culturale dell'Occidente su altre società e la necessità per queste ultime di imitare istituzioni e modi di vita occidentali. L'integrazione del mondo in un unica entità è quindi percepita dai non occidentali come una minaccia. La tesi secondo cui starebbe emergendo una qualche sorta di civiltà universale si basa su tre presupposti: 1) la convinzione che il crollo del comunismo sovietico abbia significato la fine della storia e la vittoria universale della democrazia liberale in tutto il mondo ma questo presupposto è basato sull'errata convinzione che l'unica alternativa al comunismo sia la democrazia liberale; 2) c'è chi ritiene che una maggiore interazione tra i popoli, stia generando una cultura planetaria ma il fatto che riduca la guerra tra i po...


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