Schema sintetico delle misure cautelari in diritto processuale penale PDF

Title Schema sintetico delle misure cautelari in diritto processuale penale
Author Consolato Minniti
Course Giurisprudenza
Institution Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria
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Summary

Lo schema fornisce una descrizione sintetica delle misure cautelari personali in ambito procedurale penale...


Description

SCHEMA MISURE CAUTELARI Materia misure cautelari strettamente collegata al diritto di libertà personale (art. 13 Cost.) I limiti previsti dalla Costituzione : solo casi e modi previsti dalla legge e in forza di provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria. Solo in casi urgenti ps può comprimere la libertà personale. Ma l’a.g. deve convalidarli con provvedimento motivato. La legge individua i termini massimi della carcerazione preventiva. Limiti previsti da legislatore ordinario: codice procedura penale. Suddivisione in misure coercitive e misure interdittive (artt. 281 e ss. Cpp) Per l’applicazione devono ricorrere i presupposti di legge previsti dagli artt. 273-274 cpp. - Gravi indizi di colpevolezza (273 cpp). Nessuna misura può essere applicata se risulta una causa di giustificazione o di non punibilità o se sussiste una causa di estinzione del reato o della pena. - Esigenze cautelari (274 cpp). Attuale pericolo di inquinamento probatorio (acquisizione o genuinità della prova); pericolo di fuga attuale (pena superiore a due anni); pericolo di commissione di gravi delit con uso di armi o altri mezzi di violenza personale o criminalità organizzata e pericolo di reiterazione del reato della stessa specie (4 anni o se custodia in carcere 5 anni). Deve sussistere una sola delle esigenze previste dall’articolo 274 cpp ma concreta ed attuale. Scelta della misura in concreto: tenere conto di criteri di proporzionalità e adeguatezza della misura rispetto alla gravità del reato e alle esigenze cautelari. Criterio generale del minor sacrificio possibile (misura meno gravosa): quindi se possibile misura più blanda, andrà applicata. La custodia cautelare in carcere deve costituire l’extrema ratio. Il giudice deve dare conto delle ragioni per cui non sia applicabile un’altra misura cautelare. I LIMITI imposti dal legislatore. In linea generale né le misure coercitive né quelle interditve possono essere applicate se il reato in relazione al quale andrebbero disposte non è sanzionato con l’ergastolo o con pena superiore nel massimo a tre anni (fatte salve le eccezioni). In caso di pericolo di reiterazione del reato (274 lettera c cpp), per arresti domiciliari richiesta pena non inferiore nel massimo a quattro anni; per la custodia in carcere pena non inferiore a cinque anni (limite previsto anche dal 280 cpp). Sempre con riferimento alla custodia in carcere c’è l’articolo 275 comma 2 bis cpp. CRITERI DETERMINAZIONE PENA ART. 278 CPP – Si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato. Non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, ad eccezione dell’aggravante prevista dall’articolo 61 n. 5 cp (approfittato di circostanze di tempo e luogo e di persona) e dell’attenuante prevista dall’articolo 62 n. 4 (tenuità). Si tiene conto delle aggravanti speciali e ad effetto speciale. Articolo 275 comma 2 bis: «Non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena . Salvo quanto previsto dal comma 3 e ferma restando l'applicabilità degli articoli 276, comma 1- ter (violazione domiciliari con fatto non lieve), e 280, comma 3 (trasgressione misura cautelare), non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni. Eccezione: La disposizione non si applica in caso di determinati reati (vedi 572 e quelli previsti da 4-bis) e quando, rilevata l’inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati dal 284 comma 1. La norma prevede ulteriori restrizioni all’applicabilità della misura cautelare carceraria, stabilendo che essa non possa essere applicata a chi abbia compiuto i settanta anni di età, a chi abbia prole convivente di età compresa entro i sei anni, di cui si occupi in via esclusiva, e a chi abbia condizioni di salute incompatibili col regime carcerario. Limiti hanno delle eccezioni: contrastare esigenze cautelari di particolare gravità e inadeguatezza di altre misure. 275 3 comma prima parte (applicazione cumulativa delle misure per evitare il carcere): questione molto dibattuta in dottrina e giurisprudenza. Ancora no intervento SS. UU. 275 3 comma seconda parte: si prevede, rispetto a determinati reati, ritenuti di maggiore allarme sociale, una presunzione iuris tantum di adeguatezza della misura carceraria, fatta salva l’acquisizione di elementi positivi da cui risulti l’assenza di esigenze cautelari in concreto o la possibilità di contenerle adeguatamente con altra misura più blanda. Carcere e domiciliari misure omogenee per termini di scadenza e periodo di restrizione. Su domiciliari possibili diverse prescrizioni: vedi braccialetto elettronico. Il 275 comma 3 bis chiede che il giudice motivi perché no domiciliari con braccialetto al posto del carcere. Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima e alla misura dell’allontanamento dalla casa familiare, è interessante fare solo un cenno rispetto alla novità introdotta con l’entrata in vigore del c.d. Codice Rosso nel luglio del 2019. Detta normativa, infat, che prevede una serie di regole volte a rafforzare la tutela delle vitme di reati di violenza domestica e di genere, ha introdotto anche una nuova fatspecie delittuosa, all’art. 387 bis c.p., che ha ad oggetto proprio la condotta di chi viola una delle due misure cautelari indicate.

MODALITÀ APPLICATIVE – Sono applicate con provvedimento sotto forma di ordinanza, sia in fase d’indagine dal gip, che in fase di giudizio dal giudice che procede. La distanza di tempo dalla commissione del fatto è parametro indicato espressamente al 291 cpp per motivare l’applicazione della misura. Caso particolare: decide giudice di primo grado in caso di giudizio diretssimo. EFFICACIA E TERMINI – L’efficacia della misura e i termini decorrono dal momento in cui essa viene concretamente eseguita. Termini: entro cinque giorni, se la misura applicata è la custodia cautelare in carcere, oppure dieci in caso di altre misure, il gip deve procedere ad interrogatorio di garanzia. Termine può essere ridotto a 48 ore si richiesta del pm quando questi ha interesse ad interrogare personalmente l’indagato. Siccome l’interrogatorio del pm deve seguire quello del giudice, questi lo farà il prima possibile. IMPUGNAZIONE - I provvedimenti con cui il giudice decide sull’applicazione o meno di una misura cautelare personale sono impugnabili dinnanzi al Tribunale della Libertà. Se ad essere impugnato è il provvedimento di applicazione di una misura coercitiva si parla di richiesta di riesame. Se, invece, viene impugnato il provvedimento di applicazione di altra misura personale o il provvedimento di rigetto della richiesta di applicazione formulata dal P.M., si parla di appello. Le decisioni del Tribunale della Libertà possono essere a loro volta impugnate dinnanzi alla Corte di Cassazione. Ricorso per saltum: quando l’imputato o il difensore vogliono eccepire violazioni di legge relative alle ordinanze applicative di misure cautelari coercitive e saltano il Riesame andando direttamente in Cassazione. REVOCA E SOSTITUZIONE – Il riferimento è l’articolo 299 cpp. Le misure coercitive e interditve sono immediatamente revocate quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dall’articolo 273 o esigenze cautelari previste dall’articolo 274. Salva la previsione del 275 comma 3 (applicazione cumulativa per evitare il carcere), quando si attenuano le esigenze cautelari o la misura non è più proporzionata al fatto, il giudice la sostituisce con una meno grave. Comma 2 bis. I provvedimenti commi 1 e 2, nei casi specifici di reati commessi con violenza alla persona , devono essere notificati alla persona offesa o al suo difensore. Se pm o difensore chiedono revoca o sostituzione, il giudice deve provvedere entro cinque giorni. La richiesta deve essere notificata, a pena di inammissibilità, al difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa. Difensore o p.o. possono, nei due giorni successivi, presentare memorie. Il giudice deve sentire il pm prima di procedere. Se entro due giorni non risponde, procede. Il giudice, prima di provvedere, può assumere l’interrogatorio della persona sottoposta ad indagini. Se elementi nuovi e diversi, il giudice deve sentire l’indagato se ne ha fatto richiesta. PERDITA DI EFFICACIA – Può avvenire, oltre che per i casi già considerati, per la pronuncia di determinate sentenze ex articolo 300 cpp (archiviazione, non luogo a procedere, proscioglimento). Se la misura è disposta solo per esigenze probatorie, essa può perdere efficacia per il decorso del tempo. Il termine può essere prorogato, per giustificati motivi, fino ad un limite massimo previsto dall’articolo 301 cpp. La misura può perdere efficacia per il decorso dei termini massimi previsti. Gli articoli di riferimento sono 303 (custodia cautelare in carcere o domiciliari) e 308 (altre misure cautelari). Il legislatore ha dettato una disciplina a sé stante per le misure cautelari interdittive, la cui durata massima è disciplinata dall’art. 308, co. 2 c.p.p. ed è stabilita in misura fissa, a prescindere dall’andamento del procedimento penale in seno al quale esse sono applicate. Una volta decorso il termine massimo indicato dalla legge le misure interditve perdono efficacia. Quanto alle misure coercitive, invece, il legislatore ha previsto sia dei termini massimi c.d. di fase, sia dei termini massimi di durata complessiva della misura cautelare. La misura coercitiva perde efficacia sia se si incorre nella scadenza di un termine di fase, sia, a maggior ragione, se si incorre nella scadenza dei termini di durata complessiva. È proprio l’individuazione dei termini di fase a legare l’efficacia della misura cautelare coercitiva all’andamento del procedimento penale in modo diverso da quanto avviene per le misure interditve. La legge stabilisce, in ogni caso, che la durata complessiva della misura coercitiva non può superare determinati limiti massimi, individuati in relazione alla gravità del reato per cui si procede. Questo significa che, anche se i termini di fase sono rispettati, la somma dei predet termini non può comunque comportare una restrizione personale superiore ai limiti massimi. Il legislatore ha previsto in modo espresso i soli termini di fase e massimi relativi alla misura cautelare custodiale (art. 303 c.p.p.). La durata delle misure coercitive non custodiali, invece, è stabilita per relationem, mediante il richiamo operato dall’art. 308 c.p.p. rispetto ai termini indicati nel citato art. 303. I termini delle misure non coercitive sono sempre doppi rispetto a quelli previsti per la custodia cautelare. I termini massini non possono essere superati neppure nel caso di eventuali proroghe (ex art. 305 cpp). È possibile sospendere i termini massimi sia di fase che di durata complessiva delle misure custodiali.

La sospensione delle misure custodiali è sempre disposta con ordinanza del giudice, appellabile ex art. 310 c.p.p.. In caso di sospensione, in concreto, accade che i termini di durata massima della misura custodiale previsti dall’art. 303 c.p.p. vengono dilatati. Se c’è decorso dei termini massimi, la misura cautelare perde efficacia automaticamente, ope legis. DICHIARAZIONI PERSONA OFFESA REATI DENTRO MURA DOMESTICHE – Sono sufficienti le dichiarazioni della persona offesa, a patto che siano sottoposte ad un vaglio rigoroso. Credibilità soggetva ed oggetva. Se la persona offesa si è costituita parte civile, occorrono riscontri esterni alle sue dichiarazioni. Sospensione della pena caso Codice Rosso: solo subordinatamente all’atvazione di una serie di condotte riparatorie a vantaggio della p.o. MISURA CAUTELARE E GIUDIZIO DIRETTISSIMO – Quando avviene un arresto in flagranza, esso deve essere convalidato entro 48 da quando il pm ha avuto la disponibilità dell’arrestato. Gli at vengono inviati al gip per la convalida. In alcuni casi il pm decide di esercitare l’azione penale direttamente e quindi presenta l’arrestato davanti al giudice del dibatmento, sia per la convalida dell’arresto che per la prosecuzione del giudizio con rito diretssimo. Si creano, dunque, due diverse fasi davanti al giudice del dibatmento: questi fa una vera e propria udienza di convalida, come fosse un gip. È in questa fase che il pm può chiedere al giudice l’applicazione di una misura cautelare. IL CASO DELL’ARTICOLO 276. Differenza fra comma 1 e comma 1-ter. Nel primo comma al giudice viene data la possibilità di cumulare la misura con altre o di sostituirla con una più afflitva. Nell’ultimo comma al giudice viene imposta la modifica della misura cautelare perché c’è una dicitura diversa. EVASIONE – Se il provvedimento precedente di domiciliari era stato dato dallo stesso giudice che giudica l’evasione, in questo caso egli può utilizzare l’articolo 276 comma 1-ter che, per pacifica giurisprudenza, si riferisce allo stesso giudice che aveva applicato la misura cautelare violata. Quindi il 276 comma 1 ter non opera quando i giudici sono diversi. Due orientamenti giurisprudenziali. Il primo afferma che se si verifica un caso con giudice diverso da quello a quo che decide sull’evasione, non potrà dare il carcere a meno che non vi siano recidive o aggravanti che consentano di superare il limite dei tre anni di reclusione (275 comma 2 bis). Cosa potrà fare quindi il giudice? Dare al massimo i domiciliari e poi trasmettere gli at al giudice a quo. Altro orientamento: anche se il giudice che decide non è il giudice a quo, può comunque applicare il 275 comma 2 bis, nella parte in cui questa norma dice “salvo quanto previsto dal comma 3 e ferma restando l’applicabilità degli articoli 276 comma 1 ter e 280 comma e”. E il comma 3 ci dice che la custodia cautelare in carcere può essere disposta solo quando le altre misure coercitive o interditve, anche se applicate cumulativamente, risultino inadeguate”. La ratio del comma 3 è di considerare il carcere come extrema ratio. Secondo i sostenitori del secondo orientamento, l’articolo 275 comma 3 sarebbe una clausola generale, letto in combinato disposto con il 275 comma 2 bis....


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