Schemi le scritture dell\'Arabia di Noja, capitolo sull\'origine dell\'alfabeto PDF

Title Schemi le scritture dell\'Arabia di Noja, capitolo sull\'origine dell\'alfabeto
Author Alessandra Bo
Course Lingua e linguistica Araba
Institution Università degli Studi Internazionali di Roma
Pages 5
File Size 142.6 KB
File Type PDF
Total Downloads 26
Total Views 142

Summary

Schemi di una parte del libro Le scritture dell'Arabia di Sergio Noja, capitolo sull'origine dell'alfabeto arabo, per il corso di Lingua e Linguistica araba, UNINT...


Description

LE SCRITTURE DELL’ARABIA La nascita dell’alfabeto semitico  nel II millennio a.C. Esistevano tre sistemi grafici usati per scrivere: quello degli Egizi, quello della Mesopotamia e quello cinese. Quest'ultimo è l'unico che è sopravvissuto nella pratica ed è ancora oggi utilizzato da miliardi di persone. In Egitto c'era un sistema che utilizzava parecchie centinaia di disegni pitto grafici, alcuni con valore soltanto ideografico altri con valore sia ideografico sia fonetico, limitatamente però alle consonanti da una a tre. La scrittura degli egizi era largamente impiegata per i monumenti, come gli obelischi, e fu perciò chiamata in greco geroglifica, ovvero scultura sacra. In Mesopotamia si usava un sistema strutturalmente analogo a quello egiziano: la differenza consisteva nel fatto che i segni, inizialmente pittografici anche in Mesopotamia, si erano ormai schematizzati in fitti reticoli di tratti a cuneo (da qui il termine cuneiforme), senza alcun riferimento alla forma originale, per la necessità di scrivere con uno stilo sull’argilla cruda. Sul piano dei valori fonetici, i segni mesopotamici indicavano delle sillabe, e non solo consonanti come quelli egiziani, dato che la scrittura cuneiforme era stata inventata dai Sumeri, nella cui lingua le vocali avevano importanza pari a quella delle consonanti. Anche i segni della scrittura cuneiforme assommavano a diverse centinaia. A Creta, infine, fu inventata una scrittura prevalentemente fonetica nella quale i singoli segni avevano un valore sillabico: si tratta della cosiddetta “lineare A” costituita da un centinaio disegni e finora non completamente decifrata. Da questo quadro generale è rimasta esclusa la regione siro-palestinese di cui fa parte la Fenicia. Geograficamente interposta tra Mesopotamia ed Egitto, quest’area è sempre stata esposta alle influenze, politiche e culturali, dei due grandi vicini, non fa quindi meraviglia che in essa siano presenti fin dal III millennio a.C. documenti scritti in egiziano e in cuneiforme. Nei primi secoli del II millennio a.C. anche la Siria-Palestina mostra però di volersi dotare di un proprio sistema grafico, conseguenza dell'emergere in autonomia di stati regionali con un certo peso politico; anche se il babilonese restava la lingua e la scrittura dei rapporti internazionali e della cultura, si sentì l'esigenza di una certa autonomia anche a livello di scrittura, tanto più che i sistemi egiziano e babilonesi erano estremamente complessi e di difficile apprendimento. Il frazionamento politico e linguistico rese tuttavia impossibile la creazione di una diversa scrittura siriana. In una data imprecisata, che qualcuno vorrebbe porre nel III millennio a.C., ma che diverse considerazioni portano a fissare verso i primi secoli del II millennio a.C., nella città di Biblo fu inventato un nuovo tipo di scrittura, documentato da una dozzina di iscrizioni monumentali su pietra e bronzo. I segni sono un centinaio e questo suggerisce un sistema grafico sillabico analogo a quello cretese; la forma dei segni è varia: alcuni sono ispirati direttamente ai geroglifici egiziani, altri presentano forme piuttosto semplici. Nonostante diversi tentativi di decifrazione, questa scrittura resta ancora sconosciuta; essa sarebbe un semplice capitolo, in sé conchiuso, della preistoria dell'alfabeto se non fornisse diverse indicazioni, di carattere negativo, molto utili per ricostruirne la storia. La scrittura pseudo-geroglifica di Biblo ci dice innanzitutto che la più antica scrittura fenicia, sorta nella città nel II millennio a.C., vantava la più illustre tradizione culturale tra i centri della costa mediterranea, non era di natura alfabetica e che, nonostante gli stretti rapporti che legavano Biblo all’Egitto fin dalla preistoria, essa si ispirava non tanto alla scrittura egiziana quanto piuttosto a quella cretese. Bisogna inoltre tenere presente che gli pseudo-geroglifici furono in uso fino al XIII secolo a.C., cioè fino all'affermazione dell'alfabeto fenicio. Mentre a Biblo si inventava e si scriveva la pseudogeroglifica, in Palestina, che si trovava sotto diretto dominio egiziano, si tentava di dare vita a una nuova scrittura ispirata direttamente al modello egiziano ma di questo molto più semplice. C'è una continuità tra questa scrittura palestinese dell'età del medio bronzo, che si può definire pre-protosinaitica nella quale erano avvenuti i primi tentativi di utilizzare per il semitico l'alfabeto già realizzato e non utilizzato dagli Egizi, e la scrittura che compare nel XV secolo a.C. nel Sinai. Quanto alle iscrizioni proto-sinaitiche sono scolpite su statuette votive, stele e pareti rocciose, trovate presso una miniera di turchese e un tempio. Le iscrizioni sono scritte da persone di lingua semitica le quali, essendo in grado di scrivere di fare dediche ufficiali, non potevano essere dei semplici minatori. Anche se non tutti i segni sono stati ancora identificati con sicurezza, quelli noti

hanno consentito di leggere parole scritte in una lingua affine al fenicio. Si tratta di dediche alla dea Hator, chiamata in semitico Signora. È superfluo insistere sul fatto che questa scrittura non può essere stata inventata nelle desolate distese delle montagne del Sinai, ma che deve avere avuto origine in una città palestinese dove più vivaci erano i fermenti culturali a contatto con la civiltà egizia. Poiché ci troviamo di fronte alla più antica scrittura alfabetica, vediamo come ci si è arrivati. Si è detto che la scrittura egizia presenta dei segni fonetici con valore esclusivamente consonantico corrispondenti alla parola indicata dal segno stesso. Mettendo insieme 25 segni monoconsonantici si ottiene un alfabeto completo e gli egizi questo alfabeto l'avevano già. Si potrebbe perciò dire che i veri inventori dell'alfabeto furono gli egizi, se non ci fosse un piccolo particolare: pur avendolo non lo usarono mai; per loro, infatti, la scrittura era legata a un’ideologia diversa da quella della mera pratica e semplicità che a noi sembra essere il primo requisito di un sistema grafico. Che gli egiziani avessero delle buone ragioni per non usare il loro alfabeto ce lo dimostrano oggi gli efficientissimi giapponesi, che pur conoscendo l'alfabeto preferiscono ancora la scrittura sillabica e le migliaia di ideogrammi cinesi. Vediamo ora come hanno ragionato gli inventori dell'alfabeto semitico. Il punto di partenza è stato l'alfabeto egizio; qualche dotto del paese di Canaan con una visione che potremmo dire laica e pragmatica della scrittura, ha capito la portata rivoluzionaria dell’uso dei soli segni monoconsonantici, eliminando ogni residuo ideografico e l'inutile fatica di scrivere il segno fonetico biconsonantico accompagnato dai due rispettivi monoconsonantici. L'inventore dell'alfabeto semitico ha voluto mantenere, almeno in linea di principio, il rapporto che nella scrittura egizia c'era tra il valore fonetico del segno e l'oggetto raffigurato più o meno schematicamente dal segno stesso. È stata così utilizzata la prima consonante delle parole (principio dell'acrostico). Questo processo fu portato avanti per tutte le consonanti, usando finché era possibile segni egizi con il nuovo valore fonetico semitico, e attingendo non all'alfabeto ma all'insieme del sistema grafico egizio. Nacque così il primo alfabeto semitico, quello che conosciamo dalle iscrizioni protosinaitiche; ovviamente questa traduzione semitica dei segni egiziani poteva essere fatta solo in una regione semitica che, come la Palestina, era dominata dalla cultura egiziana. Allo stato attuale delle nostre conoscenze dobbiamo perciò riconoscere che avevano ragione quegli antichi che non riconoscevano ai finisci il merito di aver inventato l'alfabeto, merito che andava invece ai Siri. Ugarit era una città della Siria che si affacciava sul Mediterraneo. In quel periodo di intensi contatti internazionali che furono i secoli XV-XIII A.C., Ugarit Si trovò coinvolta in molte vicende politiche e lotte per il predominio da parte delle maggiori potenze dell'epoca: egiziani, hittiti, babilonesi, mitanni. Durante il XIV secolo la città, che usava il babilonese come lingua internazionale ma nella quale confluivano genti diverse con le loro tradizioni linguistiche e grafiche, volle dotarsi di un proprio sistema grafico per esprimere la propria lingua, non molto diversa dal fenicio. La notizia della scoperta della facile scrittura alfabetica era naturalmente giunta fino a Ugarit, dove si pensò bene di adottarla; ma poiché gli scribi della città erano abituati e attrezzati per la scrittura babilonese, ovvero con i cunei tracciati con uno stilo sull’argilla cruda, si vuole continuare ad usare questo mezzo scrittorio. L'alfabeto andava bene ma non i segni, spesso curvilinei e adatti al papiro; al loro posto furono inventati altri molto semplici tracciabili come cuneiformi: si pervenne così all’astrattezza formale che svincolava completamente il segno grafico dal suo valore fonetico. I segni grafici di Ugarit, chiamati giustamente alfabetici, costituiscono una trasposizione dell’alfabeto nella scrittura cuneiforme. Fu una scrittura inventata appositamente a questo scopo e ispirata all'alfabeto fenicio. L'alfabeto fenicio costruito a Ugarit con i segni cuneiformi era però diverso da quello che conosciamo noi: aveva parecchi segni in più perché rifletteva una lingua che possedeva più consonanti del fenicio, di preciso 30. Dai dati di Ugarit si può dedurre che l'alfabeto palestinese fu accolto in una città della fenicia e qui parzialmente modificato quanto alla forma dei segni: furono eliminate forme più decisamente pittografiche e sostituite da altre più schematiche. Partendo dall'osservazione dei segni monoconsonantici egiziani, fu costruito in Palestina un sistema grafico alfabetico semitico che faceva largo uso di segni egiziani ma con valori fonetici tratti dal semitico; preceduto probabilmente da alcuni tentativi, questo sistema era pienamente operante prima del 1500 a.C. In una città fenicia (sembra escluso Biblo)

questo alfabeto palestinese subì una leggera trasformazione nella forma di alcuni segni; nella sua nuova forma è attestato nel XIV secolo A.C., direttamente in Palestina e indirettamente a Ugarit. Ridotto a 22 segni, questo alfabeto continua ad essere documentato in Palestina tra il XIII e l’XI secolo. Cananéo o fenicio che lo si voglia chiamare, è l'alfabeto ridotto quello che viene trasmesso ai greci e da questi poi introdotto in Italia. L'alfabeto fenicio esprimere soltanto le consonanti: non esistono segni per le vocali, che pure erano parte della lingua. L'introduzione sistematica delle vocali nella scrittura fu invenzione dei greci, che usarono per le vocali quei segni di consonanti fenicie che essi non possedevano o che non ritenevano necessario esprimere. La scrittura aramaica e le sue filiazioni  nel X secolo a.C. compare la scrittura aramaica con varie iscrizioni monumentali, specialmente nel IX e nell’VIII secolo a.C. Come tutte le altre lingue delle quali si parla, con la sola esclusione del greco, l'aramaico è una lingua del gruppo semitico con le stesse caratteristiche e gli stessi problemi delle sue consorelle. Essa ha avuto però un ruolo particolare, perché nel VI secolo, divenne la lingua Franca e la scrittura Franca di tutto l'impero persiano. Ritornando alle origini, ci si accorge che per molto tempo la grafia rimane praticamente identica a quella fenicia e solo nel VII secolo a.C. incominciano ad apparire alcune piccole modifiche. Verso la fine del VII secolo a.C., Si hanno i primi esempi della scrittura corsiva, particolarmente diffusa in Assiria, dove l'aramaico era di uso comune. Il corsivo aramaico che si distingue nettamente da quello fenicio e dal paleo-ebraico, è caratterizzato dalla tendenza ad accorciare le lettere da forme a rettangolo verticale verso una forma possibilmente quadrata o a rettangolo orizzontale. Dalla scrittura dell'aramaico ad opera delle cancellerie di tarda età persiana si sviluppano a partire dal III secolo a.C., ma con una documentazione in genere posteriore, una serie di scritture nazionali, queste sono:  La scrittura ebraica: si tratta dell’ebraico quadrato che, sopravvissuto a più di 2000 anni di storia, è oggi la scrittura nazionale dello Stato di Israele.  La scrittura nabatena (a partire dal II secolo a.C.).  La scrittura palmirena (a partire dal I secolo a.C.).  La scrittura nord-siriaca: nata nella zona di Edessa nell'alto Iraq, da cui si svilupperà poi la scrittura siriaca vera e propria in un mondo tutto cristiano.  Molte altre scritture che corrono verso est e delle quali dobbiamo abbandonare le tracce. In questo dilagare della scrittura aramaica, della quale sia l'odierno ebraico che l'arabo sono contemporaneamente le figlie e le grandi superstiti, vincitrici della storia, la sola scrittura fenicia, evidentemente per il suo prestigio culturale e per una certa autonomia di cui godevano le città fenicie, riuscì a mantenere la sua individualità che si trasfuse poi attraverso Cartagine nel punico. Nel vasto movimento di nazionalizzazione dell'aramaico o comunque di specializzazione in corso in tutto il vicino Oriente, gli arabi stanziati tra il Negev, l'attuale Giordania ed il sud della Siria, organizzatisi nello stato dei Nabateni, svilupparono un particolare modello di scrittura aramaica che da essi prende il nome. La caratteristica di questa scrittura fu una tendenza, verso la fine della sua vita, nei secoli che precedettero l'islam, a perdere le forme classiche ripetute e uguali, quando impera una cancelleria con una scuola e delle regole, con un tocco che sarà poi importantissimo per l'arabo: la tendenza di molte lettere a diventare uguali e a legarsi tra loro. Scritte nabatene si sono trovati ovunque si svolgessero la loro funzione di distribuzione dei prodotti provenienti dall’Arabia del Sud. Le scritture del sud  mentre nella Mesopotamia si ritrovano delle manifestazioni di scrittura che, presi elementi dal sistema grafico siro-palestinese li elaborano secondo le proprie esigenze con caratteri cuneiformi, come prima era avvenuto con la scrittura di Ugarit, a Berth-Shemesh è stato trovato e identificato come tale un altro tentativo di un alfabeto semitico costruito con i caratteri cuneiformi. La grande particolarità di questo abecedario e di avere disposte le lettere non nell'ordine classico di tutte le scritture imperniate sul fenicio ma in quello che vedremo è la caratteristica del semitico meridionale. Si trovano ad est le più antiche manifestazioni della scrittura sud semitica che

compaiono verso il VII secolo a.C. A queste prime manifestazioni viene dato il nome di proto-arabe. Queste descrizioni presentano un tipo di scrittura sostanzialmente uniforme ed è quindi questo criterio preminentemente paleografico che giustifica l'accostamento sotto una designazione unica di una serie di testi che sono stati nel passato divisi. Nei due secoli circa (VIII-VI a.C.) della sua esistenza la scrittura proto-araba conobbe una certa evoluzione ma il punto chiave è il perché della tendenza di queste forme ad essere disegnate a linee rette e, a parte alcune lettere, a iscriversi in quadrati. Può darsi si tratti di un passaggio che tende a imitare i cuneiformi scritti normalmente in un quadrato. Dopo due secoli, la scrittura proto-araba scomparve o per meglio dire si trasformò in tre scritture diverse:  La dedanita e lihyanita: la scrittura dedanita ricorse a simboli grafici del tutto nuovi rispetto alla proto-araba; la scrittura lihyanita, dal punto di vista formale, si differenzia da quella dedanita per la tendenza a sostituire alle forme circolari forme a losanga e far convergere verso il basso le linee parallele; in questo periodo si nota una trasformazione della scrittura in senso corsivo con un ritorno alle forme tondeggianti che erano già state in uso in etàdedanita.  La tamudena e safaitica: sotto questo nome sono raggruppate una serie di scritture attestate per poco meno di un millennio su tutta la penisola arabica. La sola unità che si può attribuire a questo tipo di scritture di ordine sociologico. Indipendentemente dalle origini, dall’epoca e dall’arte, tutte le iscrizioni tamudene si caratterizzano come espressione di popolazioni non sedentarie le quali vivono talvolta accanto alle popolazioni sedentarie senza tuttavia confondersi. Anche quando si trovano nei pressi di centri abitati, le iscrizioni tamudene sono sempre incise su pietra o pareti rocciose Situati in luoghi frequentati da popolazioni nomadi  La sud-arabica: l’inizio dell'eta storica per l’Arabia meridionale corrisponde alla comparsa dei primi documenti redatti in sud-arabico con l'impiego di una scrittura di tipo monumentale. La scrittura monumentale, influenzata dalla scrittura greca classica, fu il risultato di un duplice processo. Il primo portò alla formazione di una scrittura sud-arabica come sviluppo particolare di quella proto-araba, il secondo portò all’affermazione di un tipo unitario di scrittura che fece piazza pulita delle varianti locali. Una volta formatasi come entità unitaria, la scrittura sud-arabica si sviluppò per circa un millennio in modo graduale e nei secoli fu usata spesso con un compiaciuto intento ornamentale che tanto fa pensare allo sviluppo successivo di quella araba. A partire dal IV secolo d.C., nel periodo più tardo della civiltà sud-arabica, la trasformazione si fa più rapida e più marcata. La scrittura assume un aspetto più confuso con lettere basse e larghe, tanto che si è pensato a certi aspetti di quella bizantina ad essa contemporanea. Accanto alla scrittura monumentale impiegata sulla pietra e sui metalli si incontra, sempre nello Yemen, una scrittura usata in iscrizioni rupestri e graffiti sostanzialmente identica, con particolarità non sufficientemente indagate ma sostanzialmente dovute al diverso approccio al supporto della scrittura stessa. La scrittura sud-arabica morì con l'avvento dell'islam che adottò la scrittura del nord che noi conosciamo come araba. Certo, per molto tempo dopo l'islam la scrittura sud-arabica sopravvisse. Sono state ritrovate scritte in questi caratteri che difficilmente possono non essere musulmane. Come la millenaria scrittura degli egizi si spense con l'arrivo del cristianesimo, così avvenne della scrittura sud-arabica. Ciascuna di queste costituisce, in ambienti culturali diversi, uno sviluppo autonomo della scrittura proto-araba. La fine della scrittura proto-araba coincide in pratica con la fine dell'impero neobabilonese nel 538 a.C. La scrittura araba  gli arabofoni conoscevano almeno due scritture: verso sud la scrittura sudarabica e verso nord quella nabatena. L'ebraico era ben poca cosa in quei secoli, e il greco e il persiano erano le scritture dei nemici. La scrittura palmirena era un caso particolare e il siriaco era tutto per la gente di lingua aramaica. Il sud-arabico aveva almeno due svantaggi rispetto al nabateno. Era latore di una grande civiltà e agli occhi di individualisti furiosi quali erano gli arabi,

anche a livello di nazione, chi lo scriveva parlava una lingua che non era l'arabo ma qualcosa di simile. I nabateni invece usavano scrivere in lingua aramaica ma tra di loro a casa, almeno nel periodo tardo, parlavano arabo. Lo studio delle epigrafi nabatene, fin dall'inizio, ha fatto scoprire moltissimi arabismi di chi chiaramente parlava arabo. Chiarissimo esempio è quello di usare a volte come congiunzione il fa, caratteristico dell'arabo, contrariamente al waw comune a tutte queste lingue. Nei primi anni di questo secolo fu trovata un'epigrafe chiamata “di Nemara” dalla località nella quale fu rinvenuta, scritta in caratteri nabateni ma totalmente in lingua araba e sicuramente datata 328 d.C. Questa diede l'avvio alla considerazione che oramai l'aramaico nabateno si era spento come lingua, resistendo solo come grafia. In una epigrafe in scrittura nabatea sono recentemente apparse due righe in puro arabo che rappresentano anche un verso costruito come chiasmo. L'iscrizione sicuramente datata entro il I secolo d.C., il che fa risalire con sicurezza l'arabo parlato a casa da una parte almeno dei Nabateni al primo secolo della nostra era. Lo studio comparato dei singoli caratteri dell’alfabeto arabo e di quello nabateno dell’ultimo periodo ha portato all’identificazione di tali e tante somiglianze da far inclinare da molti decenni gli studiosi verso la derivazione delle forme ...


Similar Free PDFs