Semiotica DEL SENSO PDF

Title Semiotica DEL SENSO
Course Semiotica
Institution Università del Salento
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DEL SENSO, ARGIDAS J. GREIMAS ‘’Del Senso’’ Cinquant’anni dopo (Alessandro Zinna): Verso una teoria del senso: Pubblicato per la prima volta da Semil nel 1970, la raccolta di saggi DU SENS. Rispetto alla tradizione italiana, che trae origine dalla filosofia del linguaggio, la semiotica di G. affonda le sue radici nella linguistica e nell’antropologia strutturale. La raccorla di saggi segue la pubblicazione di Semantica Strutturale (1966) e riunisce quegli interventi, editi e inediti, ritenuti più significativi dei lavori di G. I 14 saggi che compongono il volume sono apparsi tra il ’60 e il ’70 e contengono in realtà delle riflessioni che precedono, affiancano e proseguono quel primo lavoro. In Del Senso II, G. privilegia la forma del saggio preve, attraverso esso, vi è l’obiettivo della semiotica: quello di costruire una teoria del senso. Dai segni al senso: È con questo approccio che la semiotica di G. si distingue dalle altre che tendono a privilegiare i codici e i segni, linea che accomuna i lavori di Jakobson, Barthes ed Eco. Infatti J. nella conferenza ‘’meta-language as linguistic problem’’ comincia una riflessione sulle funzioni del linguaggio distinguendo il codice dal messaggio. B. pubblica S/Z sviluppando un’analisi per codici connotativi; E. prepara nel trattato di semiotica generale una divisione tra teoria dei codici e modi di produzione segnica. In questo saggio introduttivo a Del Senso, G. assume una posizione diversa: rileggendolo si capisce che l’obiettivo ultimo della teoria non è più il significato, lo studio dei sistemi della significazione o le strutture della narrazione, ma, appunto, il senso. G. mira a descrivere il senso che si dice in molti sensi, a partire da quelli che si ritrovano nel significato stesso della parola. Per dire qualcosa di sensato sul senso, esclusi i sistemi che ne sono privi, come quelli della logica simbolica, per G. rimangono due vie: da una parte le operazioni di trasposizione metalinguistica e di traduzione (intersemiotica, interlinguistica e infralinguistica di Jakobson), dall’altra l’esplorazione delle definizioni del senso comune. Un particolare rilievo è assunto dalle accezioni di intenzione, direzione e finalità, in grado di porre le basi per una semiotica del vivente. Il senso così inteso, ricongiunge la semiotica alla biologia e all’etologia poiché (privi delle lingue naturali), tutti gli esistenti sensibili, dalle piante agli animali, hanno delle modalità di comunicazione e segnano una finalità che è il senso della loro esistenza. Dagli inventori universali al senso: Come si produce questo cambiamento da una ricerca sul significato a una ricerca sul senso? Per capirlo bisognerà ffare un passo indietro e ripartire dalla lettura del Cours di Saussure. Se nel Cours il significante linguistico è scomposto nella catena di fonemi, lo stesso non avviene per il significato, poiché quest’ultimo rimane di fatto una sostanza indivisa. Per G. l’idea di una semantica strutturale, nasce dall’incontro con le ricerche di H. e mira a emancipare lo studio del contenuto della indivisibilità del significato saussuriano. Il fine è mostrare che anche questo piano possiede la doppia articolazione del linguaggio. L’analisi per figure del contenuto, proprosta da H. e resa operativa nella semantica strutturale, descrive (o mira a farlo) che anche la sostanza del contenuto dovrebbe essere descritta attraverso un numero finito di proprietà semantiche. Queste proprietà non dipendono dalla lingua, ma vanno piuttosto ricercate nei lessemi. A differenza degli universali fonetici, riconducibili ad alcune decine di tratti con cui descrivere la fonologia delle lingue esistenti ed esistiti, gli universali semantici non si prestano a essere ridotti a degli inventori chiusi finalizzati alla descrizione delle lingue del mondo.

Il senso dei sensi: Scorrendo Del Senso ci si accorge che gli esempi propoti restano pertanto ancora vincolati al contenuto delle lingue naturali: tutti gli studi provengono da corpus linguistici: il racconto

mitico, scrittura cruciverbista, la poetica e i proverbi costituiscono il campionato di generi verbali considerati nella raccolta. Per arrivare quindi a fondare una semiotica del contenuto, è necessario un seconod passo. Greima farà propria la lezione della fenomenologia articolando e reinterpretando i modi della percezione nella tipologia dei semi secondo la tripartizione: esterocezione, interocezione e propriocezione. Nel saggio ‘’La struttura semiotica’’ sono presentate le prime due tipologie di semi. Le proprietà del contenuto acquisiscono un’ideantità che non è più linguistica poiché la distinzione tra semi astratti e figurativi, più che dall’ordine funzionale, è data dalla natura dele categorie. Non tutto il senso è riconducibile alla semantica della lingua, non tutte le percezioni e el sensazioni hanno un nome, non tutto il senso che proviene dalla visione del mondo o della percezione di un quadro può essere detto e traslato nella lingua naturale. Noi percepiamo degli scarti di senso non sempre riconducibili ala semiotica linguistica. Proprio perché tali scarti sono di natura visiva, olfattiva, gustativa o tattile, il senso è intimamente legato ai sensi e alle sensazioni. Il senso come valore bio-semantico: Verso la metà degli anni ’70, il senso inteso come valore, dirigerà l’economia delle orazioni e del discorso. Ma bisogna prima introdurre un’ultima tipologia, quella propriocettiva dei sensi timici, articolati in euforia/disforia e capaci di trasformare le proprietà astratte e figurative in altrettante assiologie di valore. Verrà proposto un altro modo di pensare la riduzione semantica: non più per inventari chiusi, ma per l’economia nella generazione del senso. G. si rende conto che alcuni tratti semantici, proprio perché sono più pregnanti di altri, guidano la logia del vivente in quanto posti come finalità dell’azione tanto al racconto che nel mondo naturale. Questa soluzione annuncia il modello di generalizzazione del senso, ma allontana al tempo stesso la semiotica dalla linguistica per riavvicinarla all’antropologia: il senso più pregante, come succede per le opposizioni vita/morte o natura/cultura è quello delle coppie mitiche ricercate da Lèvi-Strauss. D’altra parte, seguendo invece la via sintagmatica e i dettami di Propp, il senso come valore è quello investito negli oggetti dei racconti ordinari. La percezione stessa è selettiva poiché, al pari delle altre specie animali, percepiamo e diamo senso al mondo cogliendo anzitutto quello che ci permette di restare in vita e questo si rivela particolarmente vero per le forme più semplici mosse dalle pregnanze biologiche. In un’archeologia del vivente questa trasformazione coincide con il passaggio dal valore biologico al valore bio-semantico, dato che è proprio quest’ultimo a caratterizzare il senso di quel vivente che è l’uomo. Il racconto come prospettiva sul senso: Questo aspetto della pregnanza del senso apparirà con maggiore evidenza nelle ricerche successive sulle passioni dove la configurazione ‘’Della Collera’’ non è ricondotta a una pulsione, ma si configura come una micro-narrazione con numerose sfumature di senso. Il senso così inteso non è più guidato dai bisogni primari ma si affianca ai valori ideali di natura concettuale per esempio etici o estetici come il gusto o il bello. La differenza con gli animali consiste nel fatto che loro fissano il senso direttamente nelle forme figurative (preda, partner sessuale), mantre gli umani attribuiscono senso mediandolo attraverso le idealità nate dalle categorie astratte del linguaggio. Si tratta di un progetto che mira all’universalità del senso, proponendo una stratificazione dei livelli più generali delle strutture profonde verso i livelli particolarizzanti delle strutture superficiali. Ora si finisce per interrogare non più l’organizzazione di una singola lingua, bensì le strutture antropologiche dell’immaginario, quelle che sono comuni alle culture. Se qualcosa può essere considerato universale nell’immaginario delle culture e permette la traduzione, questo vincono è la costrizione narrativa del senso. La narrazione può manifestarsi per parole o per immagini. I racconti orali trascritti però, non sono inventati da un autore, bensì diffusi in una collettività e sono di fatto i più vicini a quel momento di contatto tra le pregnanze biologiche e i primi concetti semantici prodotti dalla specie umana. Il racconto mitico (e favola) apre delle prospettive diverse sul senso poiché annulla le differenze più superficiali lasciando invariato il senso profondo che si vuole

manifestare. Il mito racconta le controversie del senso perché è pluriprospettico sul valore. Poiché finisce per asserire due verità che non hanno una soluzione razionale, affermando al tempo stesso, un valore e il suo contrario. Il racconto delle favole, come il racconto ordinario, invece, limitandosi ad asserire un valore e a negare il suo contrario, è di fatto monoprospettico. G. mostrerà che la manifestazione del valore oltre all’investimento negli oggetti di quête, può seguire un ultimo percorso: quello più diretto della via figurativa manifestato per simboli o per codificazioni che procedono per coppie di contrari e che prendevano il nome di semi-simboliche. Da questo punto di vista l’ipotesi delle costrizioni a cui sottostà la manifestazione del senso presenta una simmetria nel percorso che dalle strutture profonde porta verso quelle di superficie andando dal più universale al più particolare. Essere e senso: L’interrogazione filosofica pone la questione dell’essere del senso pregnante: la riflessione si pone su cos’è il buono, il bello, e il giusto. Nel ‘900 la svolta impressa dalle scienze del linguaggio ha sviato il problema dell’essere e ha finito col sostenere che il solo modo per conoscere l’essere è il senso che gli attribuiamo di senso. La comparazione indiretta tra semiotica filosofica e semiotica di discendenza linguistica e antropologica avviene principalmente su quell’asse che accomuna e separa l’essere dal senso. La domanda esplicita di Eco e implicita di G. è: ‘’cos’è il senso?’’. La risposta di G. è che il punto non è cos’è il senso e neanche cosa diventa esso in traduzione. G. conclude che ‘’il senso, in quanto forma del senso può definirsi come la possibilità di trasformazione del senso’’. DEL SENSO. GREIMAS: È molto difficile parlare del senso e dire su di esso qualcosa di sensato. Se ci interroghiamo sul senso di ‘’e’’, di ‘’o’’, di ‘’se’’, e se sostiuiamo a esse ‘’congiunzione’’, ‘’disgiunzione’’, ‘’possibilità’’, non facciamo altro che intraprendere quella corsa circolare e interminabile verso i sinonimi e le definizioni. Un quadro, una poesia, non sono che pretesti in quanto non hanno che quel senso che noi gli conferiamo. Ed ecco il noi elevato a istanza suprema del senso: è in questo noi che impone il filtro culturale della nostra percezione del mondo. Il problema del senso resta intatto, comunque esso venga collocato: appena dietro le parole, davanti alle parole o dopo le parole. Qualche tempo fa si pensava di stornare la difficoltà affermano che le parole non hanno senso. Ma vi è un ostacolo: quello rappresentato dalla nostra inevitabile inserzione nell’universo chiuso del discorso, da cui consegue che, non appena apriamo la bocca e ci mettiamo a parlare di relazioni, queste si trasformano come per magia in sostantivi. A questo punto, arriviamo a dirci che i nostri predecessori ci hanno comunque espresso il concetto di ‘’senso negativo’’ e cioè la possibilità di dire che ‘’passo’’ non è ‘’basso’’, in quanto fra i due vi è uno scarto di senso. Ciò che costituisce lo scarto è la fondazione d’una relazione, d’una differenza fra gli aspetti paragonabili delle cose. Il problema delle condizioni della significazione, rimbalza e viene a situarsi proprio nel cuore della manifestazione del senso. Infatti il problema della costituzione del significante è già il problema del senso. Senza volerlo, ci troviamo così immersi di nuovo nella ‘’filosofia eterna’’; continuando su questa strada, rischiano di trasformarsi da linguisti, in cattivi filosofi. Riflettere sulle condizioni necesarie della manifestazione del senso, comporta ingatti, inizialmente, la manipolazione di tutti quei concetti che stanno alla base delle diverse teorie della conoscenza. La riflessione fondamentale ha per lui un senso, solo nella misura in cui conduca a un fare scientifico. Il sapere sottende un saper fare. È per questo che il semiotico non si fa riguardo nel riprendere le idee degli altri. Ciò che per il semiotico è di vitale importanza è la conformità di quelle idee a ciò che egli pensa essere lo stato attuale della propria disciplina. Il semiotico è attirato dalla logica simbolica. Ma ciò che in essa lo preoccupa è il carattere tantologico del calcolo. La sua perplessità riguarda inoltre la modalità del vero e del falso, soprattutto quando si riferiscono a una realtà diversa da quella linguistica. Avrebbe bisogno di una logica linguistica di trattare la menzogna e il segreto, la furbizia e la sincerità alla stessa stregua della verità e della falsità. Il semiotico si trova costretto a condurre la propria indagine sul senso attraverso un varco strettissimo, fra due competenze entrambe indiscutibili:

quella filosofica e quella logico-matematica. Per soddisfare i bisogni reali della semiotica è necessario disporre di un bagaglio minimo di concetti epistemologici esplicitati, tali da permettere al semiotico di valutare l’adeguamento dei modelli che ha assunto o che si permette al semiotico di valutare l’adeguamento dei modelli che ha assunto o che si è fabbricato. Il semiotico ha bisogno d’un controllo epistemologico del proprio metodo. L’uomo vive in un mondo significante. In un universo ‘’bianco’’, ove il linguaggio non sarebbe che pura denotazione delle cose e dei gesti, sarebbe impossibile interrogarsi sul senso: ogni interrogazione è metalinguistica. Si potrebbe dire che il parlante metalinguistico dell’uomo è soltanto una serie di menzogne, e che la comunicazione è soltanto una successione di malintesi. Quanto alla scrittura, essa è un tradimento, mentre la critica letteraria si configura come una traduzione libera e metaforica di un’attività semiotica. Per il semiotico, menzogna e verità sono una cosa sola. La descrizione semiotica della significazione non è altro che la costruzione di un linguiaggio artificiale adeguato. Sostenere che, per dar conto del senso, basti costruire, un linguaggio secondo, significa istituire l’arbitrarietà come principio fondante. Ogni discorso sul senso si trasforma così in un esercizio semiotico. La distanza che separa la prassi individuale dalla prassi collettiva si trova così ad essere ignorata. Il guaio consiste in questo: la prassi, sotto la penna dell’operatore si scinde in due livelli metalinguistici distinti: un linguaggio semiotico, autorizza un metalinguaggio riflessivo di interrogazioni e affermazioni molteplici. La scrittura semiotica non è soltanto la manifestazione eletta dalla storia concepita come metamorfosi delle forme. Essa manipola necessariamente contenuti assiologici e ideaologici. Il senso, in quanto forma del senso, può definirsi, a questo punto, come la possibilità di trasformazione del senso. Il senso non significa soltanto ciò che le parole intendono trasmetterci; esso è altresì una direzione o, secondo il linguaggio dei filosofi, un’intenzionalità e una finalità. Il senso si identifica con quel processo orientato di attualizzazione che è presupposto da un sistema più realizzato. Tale idea, chiarisce come la contraddizione gra grammatiche sistematiche e grammatiche sia solo apparente; un fare può essere, sia trascritto come un algoritmo processuale, sia transcodificato come un saper fare sistematico e virtuale. La desemantizzazione dei processi di attualizzazione è un fenomeno assiologicamente ambiguo; permette all’uomo di vivere, in quanto trasforma in automatismi le migliaia di comportamenti programmati, gestuali, o linguistici. La denotazione è il luogo dell’instaurazione del senso e della sua rimozione. I progressi della semiotica consistono essenzialmente nell’allargamento del campo di operazioni e nell’esame sempre più approfondito delle possibilità strategiche relativamente all’apprensione della significazione. Si comincia a rendersi conto di quanto sia illusiorio il progetto di una semantica sistematica che articolerebbe il piano del significato di una determinata lingua. A fianco di una semiotica interpretativa, si precisa oggi sempre di più la possibilità di una semiotica formale, intesa a render ragione delle articolazioni e delle manipolazioni di contenuti qualsiasi. Seolo una semiotica delle forme potrà configurarsi, come quel linguaggio che permetterà di parolare del senso. Giacché la forma semiotica non è nient’altro che il senso del senso....


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