Soc e cult di ling inglese: il genere fantastico e la ghost story PDF

Title Soc e cult di ling inglese: il genere fantastico e la ghost story
Course Società E Culture Di Lingua Inglese Classe 1
Institution Università Ca' Foscari Venezia
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Soc e cult di ling inglese: il genere fantastico e la ghost story...


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Società e culture di lingua inglese 1

12.09 - I LEZIONE Il soprannaturale ha in America un esponente di punta di assoluto rilievo, che è Edgar Allan Poe (1809-1849), più tardi abbiamo Markheim (pubblicato nel 1885), e ancora più avanti, di qualche anno, The Canterville Ghost (pubblicato nel 1887). Il soprannaturale in genere viene associato alla ghost story: un vero e proprio genere, o sottogenere, che consiste nel racconto di fantasmi. Più che un sottogenere però, la ghost story i ùn realtà è una forma letteraria; questo perché, a differenza del gotico, che è un genere vero e proprio, il fantastico, sotto cui ombrello si inserisce anche la ghost story, non è un vero e proprio genere letterario, bensì una modalità dell’immaginario. Una delle prevalenti tesi sostenute dai teorici sull’argomento, per la presenza di elementi soprannaturali, di elementi fantastici, fantasy, in così diverse forme e generi letterari (si pensi al fiabesco, alla fantascienza, allo stesso gothic novel e anche al romanzo contemporaneo), invita a considerare il fantastico, non un genere, ma per l’appunto, una modalità dell’immaginario. Il gothic novel invece è un genere storicamente delimitato ad alcuni testi di fine Settecento e dell’Ottocento, come il Frankenstein di Mary Shelley e quel romanzo che inaugura questo fortunatissimo filone, ovvero The Castle of Otranto, all’interno del quale tra l’altro, appare, per la prima volta nella storia letteraria, il termine “gothic”. Il romanzo venne scritto da un personaggio estremamente eccentrico, Horace Walpole, nel 1764. È interessante notare come non vi sia, non solo nella cultura occidentale, ma proprio nel mondo intero, un popolo delle terra che non abbia avuto un suo leggendario mitico corredo di fantasmi, mostri, apparizioni, demoni, figure diaboliche o demoniache... Tuttavia, anche lasciando ad etnologi, antropologi, a studiosi del folklore e delle religioni antiche, “la parte del leone”, e anche se noi volessimo restringere questo immenso campo alla sola Europa, ci troveremmo davanti ad una veramente sterminata ricchissima presenza di testi, che trattano, in modalità diverse, il tema del soprannaturale. → Oltretutto, è soltanto con il Settecento, l’età dei lumi, che streghe, diavoli, maghi, spettri, alchimisti (alchimia -> tema cruciale in Frankenstein), cessano di rappresentare un problema di polizia, un pericolo reale; solo allora diventano argomento letterario. Per esempio, King James I, assunto al trono di Inghilterra e di Scozia nel 1567, scrive un trattato di demologia (Daemonologie). La pubblicazione di questo trattato portò alla condanna a morte, al rogo, centinaia di donne per stregoneria. Il gusto del soprannaturale, dell’orrido, del diabolico, e anche del mostruoso, che venne volgarizzato da un’altra grande scrittrice, una delle prime esponenti della narrativa gotica, ovvero Ann Radcliffe (1764-1823) e che poi sarà, proprio agli inizi, dileggiato in maniera elegante, con quella vena di umorismo tipica da Jane Austen (1775-1817), in una sua parodia molto gustosa, la cui eroina è un’appassionata lettrice di romanzi gotici, Catherine Morland in Northanger Abbey, nel 1818; e che sarà poi nobilitato da Poe negli anni ’40; percorre tutto l’Ottocento e trasmigra anche negli Stati Uniti. Sull’altra sponda dell’Atlantico, interessa scrittori, non solo come Poe, ma per esempio anche Washington Irving (1783-1859), autore di Rip van Winkle, del 1819. Il personaggio di Rip van Winkle è il primo di una lunga serie di caratteri assai comuni nella letteratura e nella tradizione letteraria americana; è colui che tenta in qualche modo di sottrarsi all’urgenza della realtà e si rifugia nel sogno, in un mondo suo privato e libero. Un altro autore importantissimo del cosiddetto American Renaissance, che scrisse non solo racconti fantastici, è Nathaniel Hawthorne (1804-1864), autore di The Scarlet Letter e di The House of the Seven Gables. Per altro, Hawthorne nacque a Salem, in Massachusetts, quel paese tristemente noto per la crudelissima caccia alle streghe, nonché roccaforte del puritanesimo americano più intransigente. È autore anche dei racconti Mosses from an Old Manse (Muschi di una vecchia canonica), e uno dei suoi più celebri racconti è Young Goodman Brown, raccolto in Twice-Told Tales del 1837.

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Questi racconti oscillano fra realtà e sogno, disillusione e follia, quest’ultimo è un altro arci tema, non solo della letteratura dell’ottocento, ma in particolare di quella fantastica, nonché tema che troveremo puntualmente in Green Tea. Nell’opera di Hawthorne, si affaccia già sia il tema del potere pericoloso, dalle conseguenze nefaste, dello scienziato (che è naturalmente al centro di Frankenstein, in quanto Victor Frankenstein è uno scienziato), ma anche quello dell’artista. Questi due temi inoltre, si accompagnano all’esplorazione dell’origine del male e possono essere interpretati come una proiezione nella modalità letteraria del fantastico, di tutta una seria di problemi di ordine morale, ma anche e soprattutto, di ordine psichico. Il fantastico interessa anche la Francia, con un autore che associamo alla tradizione letteraria realista, vale a dire, Honoré de Balzac (1799-1850), autore della “Commedia umana” (1834), una sorta di storia “presa dal vivo” dei costumi dell’epoca. Si tratta di una straordinaria panoramica, affresco sociale dominato da personaggi portavoce degli istinti dell’uomo ed è un’opera improntata ad un sano realismo. Anche Balzac, soprattutto nel primo periodo della sua attività, quando era più viva in lui la fascinazione per l’occultismo (soprattutto quello del teologo/scienziato svedese E. Swedenborg), sente l’attrazione per il fantastico. Il racconto “La pelle di Zigrino”, resta uno dei suoi capolavori ed è una delle fonti di uno degli ultimi racconti scritti prima di morire da Stevenson, un racconto a metà strada tra racconto fantastico e fiaba, chiamato ‘The Bottle Imp” (1891). Imp è un diavoletto in una bottiglia che è in grado di soddisfare ogni desiderio di chi ne venga a possesso. Nella “ Pelle di Zigrino” un giovane ambizioso, ma fragile, viene spinto al suicidio dalla miseria e da un amore infelice. Dopo aver speso gli ultimi soldi alla roulette, per caso conosce in una bottega di un antiquario uno strano personaggio dai tratti demoniaci che gli regala un talismano, vale a dire un oggetto a cui viene attribuito un potere magico. Siamo nuovamente nell’ambito del soprannaturale. Il protagonista del racconto di Balzac riceve in dono questa pelle di zigrino che può esaudire ogni suo desiderio, ma questa pelle si restringe ogni volta che viene esaudito un desiderio, mentre la sua vita diventerà sempre più breve. Naturalmente, il talismano come ogni oggetto diabolico, mostra ben presto questo suo terribile potere. Anche nel racconto di Stevenson, se il protagonista non riuscirà a vendere il talismano ad un prezzo inferiore rispetto a quello pagato, finirà all’inferno. Un altro importante racconto di Balzac, strettamente legato a Frankenstein, è “L’elisir di lunga vita”, interessante soprattutto perché vi è la presenza di uno scienziato satanico. È questo infatti un vecchio tema medievale e rinascimentale, si pensi ad esempio a Faust o alle leggende degli alchimisti (alchimia = l’arte della pietra filosofale che presuppone di trasformare i metalli in oro). Lo scienziato abbandona gli studi tradizionali e si avvicina sempre di più all’alchimia, agli studi esoterici e si appassiona al punto da perdere ogni contatto con la realtà, completamente preso dal folle progetto di dare vita ad un essere umano, che nasce dalla morte. Similmente Frankenstein, sottraendo parti di cadaveri prese dai cimiteri, genererà la vita ex nihilo. Questo tema dello scienziato satanico lo ritroviamo in Frankenstein, in cui è presente la sfida alchimistica alle leggi della natura (da un uomo non può nascere un altro uomo) e poi emigrerà nella fantascienza. Frankenstein è infatti considerato uno dei prototipi del science fiction novel. Tornando a Poe, nella narrativa fantastica, egli è sicuramente la figura centrale, la più rappresentativa e potente. Uno dei suoi racconti più emblematici è “The fall of the house of Usher” (1839) che racchiude tutti i motivi principali della sua opera: la casa cadente che ispira un’aura di dissoluzione e putrefazione, circondata da uno stagno che la circonda e che esala fumi mortiferi; la donna malata, esangue, prossima alla morte; l’uomo assorto, di nuovo come Frankenstein, in studi esoterici/occulti; la sepoltura prematura della donna che si risveglia… Dopo Poe, tutta la letteratura del Decadentismo si è abbondantemente nutrita di questi motivi e il cinema, dalle origini ad oggi, li ha divulgati a sazietà. Poe inaugura anche un altro tipo di fantastico di cui Le Fanu e Stevenson accoglieranno la lezione, dominante nella seconda metà del secolo, è il fantastico tutto psicologico, già moderno ed ottenuto con un minimo di mezzi. “The tell tale heart” è paradigmatico di questa dimensione interiore, fantastica, psicologica del fantastico. Si tratta del monologo interiore di un assassino ed è forse il capolavoro assoluto di Poe. L’assassino è nascosto nel buio di una stanza, quella della sua futura vittima, un vecchio che rimane in allarme con un occhio sbarrato e la cui presenza è manifestata solo attraverso un occhio che disturba fino alla follia l’assassino, portandolo a compiere il delitto, dal momento che era velato. La presenza del vecchio che intuisce di essere in pericolo, pur non avendo fatto niente all’assassino, si manifesta solo attraverso l’occhio velato che ossessiona l’assassino. Questo cuore che batte continuerà ad ossessionare l’omicida, a nche dopo la morte dell’uomo: quando arriverà la polizia, egli, ossessionato dal battito calzante si tradirà, autodenunciandosi poco prima che la polizia se ne andasse. Questo interesse per gli aspetti notturni della psiche non è venuto meno nel nostro secolo: non solo si manifesta in tutto l’Ottocento, ma ritorna anche nel Novecento. In ambito contemporaneo citiamo uno degli autori più

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convincenti/geniali: la scrittrice inglese Angela Carter (1940-1992), autrice della raccolta “The bloody chamber”, considerata la sua opera più famosa e basata sulla riscrittura in chiave femminista, gotica, post-moderna di alcune delle fiabe più famose, ispirata soprattutto alla famosa fiaba di Barbablù, Biancaneve, La bella e la bestia, Il gatto con gli stivali… I racconti della Carter, in uno stile geniale e barocco, sono un lavoro di reinvenzione, espansione e neutralizzazione della struttura chiusa della fiaba e delle posizioni rigidamente codificate dai personaggi. In “The bloody chamber”, la madre dell’eroina sul punto di essere giustiziata dallo sposo, un marchese pluri-uxoricida, arriva a cavallo armata di tutto punto nel momento cruciale (quando sta per essere decapitata) e uccide l’uomo con la pistola. Questa figura non è prevista nel disegno di nessuna fiaba tradizionale che solitamente prevede che il salvatore siano i fratelli. → C’è dunque una precisa tradizione testuale vivissima nel primo Ottocento, continuata poi nella seconda metà del secolo e nel secolo successivo, nel quale il soprannaturale, il fantastico viene usato per organizzare la struttura della rappresentazione e soprattutto, per trasmettere al lettore esperienze inquietanti e angoscianti, oltre a trasmettere un senso di angoscia e smarrimento. Italo Calvino (1923-1985) negli anni 80’ compila per Mondadori un’antologia europea del racconto fantastico dell’Ottocento e nella sua prefazione scrive: "Il fantastico è una delle produzioni più caratteristiche della narrativa dell'Ottocento, e una delle più significative per noi. Alla nostra sensibilità d'oggi l'elemento soprannaturale al centro di questi intrecci appare sempre carico di senso, come l'insorgere dell'inconscio, del represso, del dimenticato, dell'allontanamento dalla nostra attenzione razionale. In ciò va vista la modernità del fantastico, la ragione del suo ritorno di fortuna nella nostra epoca. Sentiamo che il fantastico dice cose che ci riguardano direttamente, anche se siamo meno disposti dei lettori ottocenteschi a lasciarci sorprendere da apparizioni e fantasmagorie..." Facendo una breve cronistoria, il fantastico nasce in Germania, all’inizio del XIX secolo con il Romanticismo tedesco. Tuttavia, in Inghilterra, già a fine Settecento, il romanzo gotico, inaugurato da H. Walpole con “The Castle of Otranto”, aveva già esplorato tutto un repertorio di motivi, ambienti, effetti macabri, crudeli e paurosi, dai quali gli scrittori romantici avrebbero attinto largamente. Uno degli esponenti dei racconti fantastici è Hoffmann (1776-1822), il cui racconto più importante è “The Sandman” (= l’uomo della sabbia, l’uomo in sabbia), inserito nella raccolta “Notturni”. I personaggi e gli eventi di una tranquilla vita borghese vengono trasfigurati in apparizioni grottesche, diaboliche, terrorizzanti, come accade negli incubi. Questo racconto è stato anche la fonte principale del compositore, violoncellista Offenbach e ha dato spunto per la scrittura del celeberrimo saggio “Il perturbante” di Freud. “The Sandman” è un racconto ricco di suggestioni e qui avviene la scoperta dell’inconscio, quasi cento anni prima della sua definizione teorica. Il piccolo Nathaniel identifica nei suoi incubi il boogeyman, evocato dalla madre per mandarlo a letto, con il sinistro personaggio dell’avvocato Coppelius, che strapperebbe gli occhi dei bambini che non vogliono andare a letto. Da adulto, studente in città, crede di riconoscere questa figura che lo aveva così ossessionato da bambino, nella figura del piemontese Coppola (da notare l’assonanza dei nomi) che è un venditore di barometri e occhiali (torna il tema dell’occhio presente anche in Markheim, arci tema del fantastico). Nathaniel si innamora della figlia di un professore (Olimpia) che egli crede essere una ragazza, quando invece è un manichino. Anche il tema dell’automa diventerà ricorrente in tutta la letteratura fantastica e alla fine, il povero Nathaniel, sconvolto da nuove apparizioni di questo Sandman incarnato, prima in Coppelius e poi in Coppola, morirà suicida, impazzito. → Nel primo Settecento, il romanzo si presenta per lo più sotto mentite spoglie e viene mimetizzato nei generi illustri: è quindi soprattutto dramma raccontato, epica in miniatura, perchè esso pretende di aderire solo alla vita vissuta, solo al vero. Il romanzo quindi, a differenza di quello che accade in Frankenstein, deve essere mimesi, riproduzione del vero e non fiction, finzione. Nel Settecento il romanzo è HISTORY, non FICTION, secondo Defoe (il padre del romanzo in Inghilterra). Defoe, per assicurare il lettore che quello che racconta è una storia vera, ricorre all’espediente del manoscritto, di cui lui sarebbe non l’autore, ma il trascrittore, editore. A sua volta Henry Fielding (autore di “Tom Jones”, 1749), respinge tutto ciò che non entri nell’ordine naturale delle cose e non risulti credibile. Questo è il motivo per cui non entrerà nell’animo dei personaggi, perchè non si può sapere cosa questi pensino. Si parla solo di ciò che è plausibile e verosimile. L’immaginazione, la creatività tenuta a freno si sbriglia e si sfrena verso la fine del secolo. Per la narrativa che fa di tutto per poter tornare a essere fiction, il veicolo privilegiato è quello del gothic novel (o romanzo nero) che dalla fine del 700 contagia, dall’Inghilterra, la Francia per poi espandersi in tutta l’ Europa. C’è

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anche un mutamento di setting, di ambientazione. Il romanzo non è più ambientato in una realtà precisa, contemporanea, ma queste vicende fantastiche, tenebrose, crudeli, vengono, spesso nei primi romanzieri gotici, ambientate con un distanziamento storico, geografico e cronologico, in un Medioevo di maniera, quasi sempre italiano o spagnolo. Questo romanzo gotico va incontro ai gusti di un pubblico amante del mistero, di forti emozioni, e riprende fra l’altro, gli aspetti più appariscenti e forse più superficiali della teoria della categoria estetica del sublime, inteso come esaltazione dei sentimenti più estremi e sconvolgenti. In Inghilterra, a portare in auge questa antica categoria estetica, elaborata tra il I e II a.C. in ambito neoplatonico, è Edmund Burke (1729-1797), autore del trattato A Philosophical Enquiry into the Origin of Our Ideas of the Sublime and Beautiful, del 1757. Con questo trattato si afferma il concetto secondo cui, la proprietà dell’arte è quella di indurre , per le sue connotazioni di mistero, di ineffabilità, uno stato di estasi. Burke, in questo celeberrimo e citatissimo trattato, sottolinea la capacità dell’arte, in conflitto con la razionalità, di dare consapevolezza emotiva alla potenza, anche terribile, della natura. Questo è un concetto chiave in Frankenstein, lo si vede soprattutto nell’ultima parte del libro, nell’inseguimento, da parte della creatura, di Frankenstein, nei ghiacci, in un paesaggio desolato ma al tempo stesso sublime nella sua terribilità. Tra i moltissimi artisti che, a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento, hanno dato vita a questo sentimento del sublime, sono da ricordare W. Turner (1775-1851), con le sue numerosissime scene di tempeste, e un altro artista, che probabilmente costituisce proprio l’incarnazione poetica della concezione del sublime, Caspar Friedrich (1774-1840). Si ricordi il quadro “Monaco in riva al mare” che da l’idea della terribilità della natura e dell’uomo, che in rapporto alla grandezza della natura, quasi scompare. Caspar Friedrich è inoltre celeberrimo per “Viandante sul mare di nebbia”. Molto spesso quindi troviamo personaggi sullo sfondo di paesaggi marini, montani. Un altro suo quadro importante, tra l’altro molto usato come copertina di tanti libri, è “Abbazia nel querceto”, in cui vi è il tema delle rovine gotiche. Tra l’altro, è proprio al cospetto di un panorama montagnoso, quello delle alpi svizzere, che Mary Shelley concepì il suo romanzo. Gli ingredienti narrativi fondamentali del gothic novel sono sempre gli stessi: cupi castelli pieni di segreti, scricchiolii sinistri, segrete (dungeons), cieli tempestosi, fanciulle indifese e perseguitate (persecuted maiden), personaggi diabolici, talvolta anche religiosi, scene di orrore, intrecci movimentati, ricchi colpi di scena, incantesimi e stregonerie. Nonostante la non elevatissima qualità dei primi romanzi gotici, nonostante certi personaggi siano abbastanza stereotipati, si tratta di un genere che si impernerà fortemente sulla fantasia del lettore, e che ritornerà in un genere fortunatissimo, il cosiddetto romanzo d’appendice, il feuilleton.

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19.09 - II LEZIONE Nonostante la non elevatissima qualità di certi romanzi gotici, essi eserciteranno un forte influsso sulla narrativa successiva, ritornando per esempio in un genere fortunato dell’Ottocento, il cosiddetto feuilleton, il romanzo a puntate, di appendice, come i Misteri di Parigi (1842). Molti elementi del romanzo d’appendice si ritrovano anche nel capolavoro “ Il conte di Montecristo” (1844-1845) di Alexander Dumas, così come in altri autori, tra i quali Mary Shelley e in seguito, in Walter Scott (uno dei primi estimatori di Frankenstein), in Charles Dickens, Victor Hugo e in moltissimi altri. → Le ghost stories di Dickens: alcuni dei racconti più celebri di Dickens (ghost stories) sono The Signalman (trad. Il casellante), A trial for murder, The haunted house, Christmas Carol… Dickens, nonostante i patetismi, la mancanza di misure e certi eccessi moralistici, è sicuramente il maggior scrittore del tempo e anche Dickens, che in genere leghiamo alla narrativa realista, non resiste alla tentazione di misurarsi con la modalità dell’immaginario che è il fantastico. Egli scrive tantissimi racconti che verranno pubblicati nelle piccole riviste di cui è editore e autore esclusivo. Queste opere nascono in uno scenario di ordinaria quotidianità: inizialmente c’è un realismo quasi minuto nella descrizione e successivamente abbiamo l’ingresso impetuoso dell’elemento soprannaturale. Dickens dimostra come tutta la narrativa legata al soprannaturale non ha nulla da invidiare a quella che è, per molti versi, la sua discendente di oggi: la science fiction (fantascienza. Genere letterario che poi si estende anche al cinema, in cui l’elemento narrativo si fonda su intui...


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