Sociologia dei processi moderni e contemporanei dispense esame prof roberta iannone sapienza universita di roma PDF

Title Sociologia dei processi moderni e contemporanei dispense esame prof roberta iannone sapienza universita di roma
Author Irene Balsamo
Course Storia del pensiero politico contemporaneo
Institution Sapienza - Università di Roma
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Appunti esame sociologia dei processi moderni ...


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Sociologia dei processi moderni e contemporanei – prof. Roberta Iannone

PARTE 1: IL PENSIERO ORGANIZZATIVO

Introduzione. Che cosa sono le organizzazioni? Le organizzazioni non sono solo grandi azienda, istituzioni, organi caratterizzati da un impianto burocratico e gerarchizzato alla base. Anche, e soprattutto, nella realtà quotidiana incontriamo innumerevoli forme di organizzazione. L’organizzazione è un fenomeno pervasive e costitutivo della realtà sociale. Tutta la nostra vita sociale e relazionale si svolge all’interno di organizzazioni. Bonazzi, nel suo libro, ricorre alla descrizione della routine quotidiana di una studentessa universitaria, che egli chiama Laura, ripercorrendone i momenti più comuni: comprare il giornale all’edicola; prendere il tram; andare all’università e seguire le lezioni; partecipare a comitati cittadini; fare compere al supermercato; preparare i gruppi di studio per una ricerca e discuterne i ruoli; gestire e aggiornare il database di uno studio dentistico (dove Laura presta servizio part-time); guardare il telegiornale; ascoltare la radio; organizzare la convivenza con le coinquiline; fare volontariato; usare una chat-line. Le organizzazioni non sono soltanto di natura formale e istituzionale (come le grandi imprese, gli organi statali, le banche …), ma ne esistono di vari tipi e grandezze, formali e informali, burocratiche e no, e in ognuna di esse esiste una dimensione informale costitutiva. Le organizzazioni sono studiate e concepite in maniera differente dalle varie scuole di pensiero: Max Weber teorizza le organizzazioni come quali burocrazia; Barnard quali sistemi cooperativi; altri studiosi le concepiscono come istituzioni; altri in funzione dell’ambiente e del clima sociale in cui esse si generano; altri ancora adottano approcci “morbidi” allo studio delle organizzazioni (culturalisti, del linguaggio ecc.) … Perché all’interno di una stessa disciplina la sociologia delle organizzazioni) tutta questa varietà di approcci? In sociologia si parla dei cosiddetti paradigmi conoscitivi: un paradigma è costituito da assunti intorno ai quali converge una determinata comunità di scienziati, valido fino a che non sarà sostituito da altri assiomi (definizione di Thomas Kuhn in The structure of scientific revolution, 1962). La Rivoluzione Copernicana che ha sradicato il sistema di pensiero tolemaico sostituendolo con assiomi completamente opposti ne è un esempio. In 1

realtà, nelle scienze sociali, diversi paradigmi conoscitivi coesistono senza creare delle contraddizioni irreversibili come invece accade nelle scienze esatte. Ma quali sono i paradigmi conoscitivi della sociologia? Essi sono proprio delle dicotomie apparentemente contradditorie, la cui sintesi serve proprio a spiegare in maniera non controversa, ma anzi coerente, la realtà sociale. Queste dicotomie sono riconducibili a tre categorie:

1. STRUTTURA vs. AZIONE 2. INTEGRAZIONE vs. CONFLITTO 3. ORDINE vs. MUTAMENTO STRUTTURA La struttura è qualcosa di predeterminato, di fisso. È l’intelaiatura di ba se del vivere sociale.

Certamente il nostro vivere segue un percorso fatto di scelte, ruoli, azioni diverse, ma più o meno attese e predeterminate. Condizioni strutturali (di circostanza, di ambiente…) guidano I nostri comportamenti, anche se non li determinano necessariamente e a priori. Lungi da adottare qualsiasi concezione deterministica della realtà (fermo restando, dunque, che la volontà è un fattore determinante dell’agire sociale) si può tuttavia affermare che, poste alcune condizioni, le probabilità che certi comportamenti e certi fenomeni si verifichino sono alte. Secondo una certa scuola, quella degli strutturalisti, la struttura ha un peso maggiore rispetto alla volontà e alle caratteristiche intrinseche, e anzi, contribuisce a forgiare la stessa volontà umana. ESEMPIO → L’ossessione con la felicità dell’epoca tardo-capitalistica: la “ricerca della felicità”

è funzionale al capitalismo, la ricchezza, la vita familiare piena, il successo, il benessere, sono tutte nozioni che richiamano un certo ideale di realizzazione personale. ➢ Correnti strutturaliste: 1) Accezione materialistica della struttura: Karl Marx La società si articola in classi sociali, formate da attori che condividono la medesima

posizione all’interno del processo produttivo. Le condizioni strutturali non permettono atteggiamenti filantropici, solidaristici da parte di una classe nei confronti dell’altra, almeno non oltre un certo limite, perché cos fosse il singolo individuo sarebbe costretto ad “abbandonare” la propria classe, cioè a uscire dal mercato (in quanto lavoratore o in quanto produttore capitalista). → Chiave di lettura economico-produttiva (materialistica) 2) Accezione culturologica della struttura → Emile Durkheim

Durkheim svolge uno studio sui “fatti sociali”: la società viene prima dei singoli individui, i fatti sociali possono essere spiegati a partire da altri fatti sociali. Per spiegare quindi i fenomeni reali non si può partire dal singolo individuo e dalle sue volontà, ma dai fatti sociali e relazionali → Chiave di lettura culturologica e olistica 2

Studio del suicidio: non è tanto la volontà che spinge un uomo al suicidio, ma i fattori esogeni della società prevalgono su quelli psicologici. Durkheim nel suo studio arriva alla conclusione che più una società è integrata, più basso sarà il tasso di suicidio (caso di studio della comunità ebraica dove il tasso di suicidio è molto basso perché si tratta di una comunità molto integrata). A parità di condizioni psicologiche, saranno quelle sociali e relazionali a fare la differenza. → Integrazione sociale Il suicidio può essere di 4 tipi: altruistico – egoistico – strumentale – fatalistico – anomico

AZIONE Max Weber è considerato il massimo teorico della sociologia comportamentale e comprendente. Weber adotta il paradigma comprendente: i fenomeni macroscopici devono essere ricondotti a quelli microscopici, i motivi degli attori sono fondamentali a spiegare la realtà. Nel suo saggio L’Etica protestante e lo Spirito del capitalismo (1905), Weber assume e dimostra che il capitalismo si è generato a partire dalla religione, in un momento storico ben preciso e con particolari attori coinvolti (i protestanti calvinisti). Il dogma della predestinazione e l’ascesi mondana hanno permesso che si generassero le condizioni per l’avvento del capitalismo: l’azione su questa terra (mondana) fa capire a credenti se essi sono stati predestinati alla salvezza (successo, profitto…) o al contrario se sono stati predestinati alla dannazione (povertà, …). I risultati ottenuti dalla fatica del lavoro diventano, nell’ottica protestante, gli “indizi” circa la sua predestinazione. Questo avrebbe, secondo Weber, innescato un meccanismo favorevole alle logiche di accumulazione capitalistica.

Azione e struttura vanno dunque visti come due aspetti della medesima realtà, due dicotomie che stanno su un unico continuum: la struttura è l’aspetto statico, mentre l’azione è il suo aspetto dinamico. Ogni integrazione è la risultante di rapporti conflittuali e relazioni vicendevoli. Nel senso comune quando si parla di un’organizzazione si tende a pensare a una struttura e non a un processo, ma essa non è una realtà preesistente e indipendente dalle persone, al contrario queste contribuiscono a plasmare ogni giorno le organizzazioni di cui fanno parte. È in atto un costante processo di strutturazione (Giddens). Ne deriva che i fenomeni organizzativi possano essere osservati a partire da diversi punti di analisi: formale o informale, microsociale o macrosociale, strumentale/utilitaristica o espressiva (legata cioè a incentivi simbolici, di valore), materiale o immateriale. Questa chiave di lettura “dicotomica” prende piede soprattutto in epoca post-moderna, quando si afferma una lettura della realtà secondo cui gli opposti non sono necessariamente ossimori, ma si coniugano insieme. Date queste premesse, è possibile tracciare alcune lessons learnt dall’aneddoto di Laura:

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Insufficienza di una visione puramente strumentale delle organizzazioni (la nostra disponibilità a partecipare attivamente ad un’organizzazione non nasce solo da incentivi materiali, ma anche etici, morali, simbolici); Insufficienza di un approccio puramente oggettivistico alle organizzazioni (in tutte le organizzazioni esistono aspetti immateriali, virtuali, impalpabili); Differente capacità dei soggetti di modificare le organizzazioni con cui entrano in rapporto (è sbagliato pensare alle organizzazioni come realtà immodificabili o esterne a noi).

CAPITOLO 1. La BUROCRAZIA come organizzazione razionale

MAX WEBER: IL MODELLO IDEALE DI BUROCRAZIA Quando Weber è il primo a teorizzare il modello di organizzazione come burocrazia, si è in un’epoca in cui il mito dell’oggettività è stato ormai sfatato: non è più convinzione diffusa (dal positivismo) che alla base dei rapporti sociali ci sia una legge universalmente valida e che le scienze sociali debbano scoprirla, come era per le scienze esatte. Weber è uno dei primi scienziati sociali a ribaltare questa concezione. Non può esistere, infatti, oggettività nell’esperienza sociale. Rivoluzione epistemologica legata alla constatazione che nella realtà esiste un politeismo dei valori e delle interpretazioni che impedisca l’oggettività della realtà. Questa concezione è alla base del metodo comprendente sviluppato da Weber: l’oggetto di studio della sociologia è l’agire dotato di senso, lo scopo della scienza sociale è rendere evidente il senso che il soggetto da al suo agire. Centralità del soggetto: la conoscenza è dipendente dal soggetto comprendente. Tuttavia, perché una scienza si possa definire tale, ha bisogno di una qualche sintesi, poiché deve produrre strumenti di conoscenza e di previsione. Egli teorizza quindi l’idealtipo, ossia un modello generale costruito dal ricercatore che osserva la realtà e ne individua gli aspetti più significativi. L’idealtipo serve quindi come modello orientativo per la ricerca. Esso: -

Non nasce da medie statistiche ma è un concetto qualitativo costruito selezionando e accentuando determinati aspetti della realtà osservata; Non è un modello morale di condotta e non indica qualcosa che si possa desiderare, né un ideale a cui aspirare

Un secondo elemento di metodo utilizzato da Weber è il principio della causazione adeguata, secondo il quale è necessario contestualizzare e “causalizzare” un fenomeno, cioè comprenderne e individuarne le cause in un contesto determinante ben preciso, in un tempo e 4

in delle circostanze particolari. Fermo restando che un fenomeno è dato da una pluralità di cause, il principio della causazione adeguata consente di individuare quella causa imprescindibile senza cui il fenomeno non si può certamente verificare. Infine l’analisi weberiana è istituzionale, perché è rivolta a studiare le condizioni e i vincoli che determinate istituzioni sociali pongono sia sull’agire umano che al senso che i soggetti danno al loro stesso agire. Vi sono istituzioni statali, politiche, giudiziarie, economiche, religiose e cosi via. Molte istituzioni complesse non riguardano una sola sfera dell’agire umano, ma una molteplicità di sfere. Il feudalesimo storicamente è stato al tempo stesso una forma di dominazione politica ed economica. Nell’analisi che egli fa dell’epoca a lui contemporanea, Weber riconosce nella BUROCRAZIA il sistema organizzativo per eccellenza, e la forma di dominazione che riguarda una molteplicità di sfere dell’agire, e che pertanto è sinonimo di potere. Il potere è definibile come “energia sociale” che si esprime nei fenomeni di relazione, laddove uno o più individui riescono a condizionare il comportamento di altri. Quindi per Weber il potere ha natura relazionale e specifica, specifica perché bisogna sempre stabilire le circostanze, le condizioni e i limiti in cui un rapporto di potere si instaura. La forza fisica è manifestazione ricorrente del potere, nuda affermazione di volontà, anche in presenza di opposizione e a prescindere dai fondamenti di tale volontà. Anzi, più c’è un’opposizione, più tale volontà può esprimersi. Quanto più la volontà è bislacca, priva di fondamento, tanto più essa si servirà del potere – in particolare nella sua manifestazione di forza fisica – per affermarsi. Weber poi afferma che poiché sia duraturo, il potere ha bisogno di legittimazione. Il consenso permette la sopravvivenza di tale volontà. Consenso = potere legittimo = autorità. La nuda forza e il puro consenso (che non necessita del dispiegamento della forza) rappresentano quindi, secondo il nostro schema di ragionamento, i poli di un continuum. Ma nessuna società è incentrata su uno solo di questi poli, c’è bisogno di una qualche sintesi. Il potere può essere più o meno preponderante su uno di questi poli, ma avrà bisogno di un po’ di entrambi per potersi conservare. Esso avrà bisogno anche di un apparato amministrativo per poter governare, che cambierà a seconda del tipo di legittimazione di cui esso gode. Ecco che Weber costruisce degli idealtipi anche per lo studio del potere: 1) Potere carismatico. È una forma di poter molto soggettiva, che si fonda su spiccate qualità di leadership, eccezionali e talvolta sovraumane. Ne deriva un atteggiamento di obbedienza emotivo, quasi di fede (che è ceca, diversamente dalla fiducia). Non si tratta di una forma di poter razionale, ma irrazionale o arazionale (indipendente dalla ragione) e segue decisioni discrezionali del capo carismatico che non si pongono necessariamente in continuità con il passato, ma anzi, spesso seguono tendenze rivoluzionarie o di rottura con il passato. 5

L’apparato amministrativo tipico del potere carismatico è rudimentale, generalmente costituito da discepoli del capo, uomini che hanno conquistato la sua fiducia spesso dopo aver affrontato prove di dedizione e fedeltà. E ssi ricavano un alone di carisma dalla loro vicinanza al capo. Non è importante cosa si comanda, è importante chi comanda. Tutto si basa su una qualche tensione sentimentale ed emotiva verso il capo, e quando questa viene meno perché il capo muore o quando si verifica la cosiddetta, ricorrendo a un termine caro a Weber, routinizzazione del carisma, crolla tutta l’organizzazione. A questo generalmente segue una transizione progressiva verso altre forme di legittimazione. 2) Potere tradizionale. Fonda la sua legittimità sulla storia e sulla tradizione. Il detentore del potere richiede obbedienza in virtù della tradizione, non importano le sue qualità personali, ma importa che egli incarni la storia e la tradizione e che pertanto le sue decisioni siano prese in linea con esse. Tipico esempio di forme di potere tradizionale sono è il sovrano che regna in base a un diritto di sangue, l’appartenenza a una dinastia. Queste forme di potere si esistono anche nella modernità, e si basano su principi di appartenenza ad un gruppo privilegiato ed ereditarietà. Tuttavia le società moderne, dove istanze di tradizione si sono affievolite, sono via via sempre meno compatibili con il potere tradizionale, anche in ragione dell’imperare dell’individualismo e dell’affermarsi del potere legale, nonché di argomenti secondo cui occorre avere capi scelti in base alla competenza. 3) Potere legale o razionale. È cosi chiamato perché fonda la sua legittimità sulla pretesa che chi comanda eserciti la carica in virtù di una nomina legale, di una competenza certificata sulla base di titoli (che rimanda a un sistema di accertamento delle competenze universalmente riconosciuto e accettato dalla società), e che i suoi comandi siano conformi a un ordinamento razionalmente orientato a ottenere determinati scopi. Chi detiene il comando deve attenersi, come tutti gli altri, a criteri di astratti e di universalità. Proprio il carattere universalistico, fa del potere legale una prerogativa degli stati di diritto. La burocrazia è l’apparato amministrativo tipico del potere legale. Anche se forme imperfette o saltuarie di burocrazia sono apparse già nel passato, in particolare nei grandi imperi dell’antichità, essa assume la forma più completa nelle società moderne. Weber compie un confronto storico - in termini di modello ideale - tra moderna burocrazia e apparati precedenti (feudali, patrimoniali, patriarcali). Weber delinea un tipo ideale dei principi costitutivi e del funzionamento di una burocrazia moderna. Le caratteristiche di tale modello sono dieci:

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1) Fedeltà di ufficio: è previsto il dovere di obbedienza ai superiori in quanto detentori di un ruolo formale. La fedeltà è data al ruolo, non alla persona. 2) Competenza disciplinata: a ogni dipendente sono affidati compiti specializzati e precisi da svolgere secondo norme prestabilite. Esiste però una tensione di fondo, come evidenzia Goudner: la competenza contrasta con la disciplina, più si è competitivi e più si tende all’autonomia e non alla disciplina. Per alleviare queste tensioni insite a competenza e disciplina, le burocrazie moderne hanno differenziato tra lavori ad alto contenuto professionistico e lavori a basso contenuto professionistico (burocrazie meccaniche vs. burocrazie professionali). Le organizzazioni di medici o accademici seguono il principio di competenza, mentre quelle che impiegano funzionari d’ufficio seguono maggiormente il principio della disciplina. 3) Gerarchia degli uffici: un rigido sistema di subordinazione dell’autorità con poteri di direzione e di controllo dei superiori sugli inferiori. Le gerarchie possono essere lunghe o corte, rigide o mobili, a seconda del tipo di organizzazione e dell’ambito di competenza (produzione, ricerca ecc.). Le gerarchie sono generalmente verticali, ma esistono anche strutture organizzative che tagliano orizzontalmente le gerarchie sulla base di aree e settori di diversa competenza e attività (organizzazioni a matrice). Queste offrono il vantaggio di essere flessibili, articolate, destinate a modificarsi via via che gli obiettivi che si prepongono vengono raggiunti. 4) Preparazione specializzata: lavorare in una burocrazia richiede da un lato un corso di studi predeterminata per acquisire le conoscenze necessarie allo svolgimento dei compiti e dall’altro offre generalmente ai funzionari una posizione di prestigio sociale. Vi è però un rischio insito a questa caratteristica, quello dell’obsolescenza. Merton, uno dei critici più acuti del modello weberiano di burocrazia, aveva posto l’attenzione sulla conseguenza inattesa che si manifesta quando le azioni basate sull’addestramento e l’abilità tecnica, che in passato avevano dato un risultato positivo, possono risultare inappropriate sotto mutate condizioni. Merton definisce questo fenomeno «incapacità addestrata». L’addestramento troppo specifico a cui vengono sottoposti i funzionari, dovuto a una concezione statica della cultura e delle competenze e dalla convinzione che la garanzia di un “pezzo di carta” fosse di per sé sufficiente e senza limiti di tempo, si traduce spesso in mancanza di sufficiente duttilità, in obsolescenza. Corsi di aggiornamento, stage, seminari convegni e network sono ormai divenute pratiche comuni per chiunque intenda restare informato e competitivo. 5) Concorsi pubblici: il concorso pubblico nasce come garanzia di equità universalistica, ed è pertanto condizione necessaria di funzionamento della burocrazia. Esistono concorsi all’ingresso e concorsi interni, per raggiungere gradi più alti nella gerarchia. 6) Sviluppo di una carriera: i mercati interni del lavoro garantiscono lo sviluppo della carriera in seno all’organizzazione. Il governo delle persone attraverso le possibilità di carriera è uno dei più efficaci strumenti in mano al management di un’azienda.

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7) Attività a tempo pieno: indicato da Weber come un tratto caratteristico della burocrazia pura, oggi conosce sempre maggiori eccezioni (doppi lavori, part-time ecc.). 8) Segreto d’ufficio: discrezione circa le decisioni prese sul luogo di lavoro al fine di evitare pressioni esterne, manipolazioni. È garanzia di autorevolezza. Tale discrezione detta, nel modello puro di Weber, una netta separazione tra la sfera lavorativa e quella della vita privata. Anche in q...


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