Docsity esame storia del teatro sapienza universita di roma di palma PDF

Title Docsity esame storia del teatro sapienza universita di roma di palma
Course Storia del teatro e dello spettacolo
Institution Sapienza - Università di Roma
Pages 14
File Size 217 KB
File Type PDF
Total Downloads 72
Total Views 129

Summary

Download Docsity esame storia del teatro sapienza universita di roma di palma PDF


Description

STORIA DEL TEATRO IL TEATRO GRECO Il teatro greco è importante perché:  I cittadini degli stati greci furono le prime comunità europee ad innalzare gli spettacoli drammatici al livello di arte, e i drammaturghi del tempo fissarono le forme della tragedia e della commedia;  I drammaturghi greci esercitano ancora un potente stimolo, e dozzine di autori moderni hanno trovato vigore nell’adattare i loro temi leggendari alle condizioni di vita moderne;  Il teatro moderno deriva in gran parte delle sue linee di sviluppo deriva dai Greci, oppure ha elaborato nuove forme sull’analisi di quelle antiche. Anche le forme degli edifici teatrali classici hanno condizionato quelle dei teatri moderni. I tipi di edificio teatrale sviluppatesi nel periodo ascritto al teatro greco sono: 1. I teatri in legno prima di Eschilo, con pianta trapezoidale e non circolare; 2. Il teatro ateniese classico, teatro di forma circolare con i gradoni posizionati tutti intorno alla scena teatrale; 3. Il teatro ellenistico, così detto perché è il tipo di teatro eretto dal IV secolo a.C. in poi, soprattutto nei territori al di fuori della Grecia, ma comunque gravitanti nell’ambito della cultura greca e ellenistica. 4. Il teatro greco-romano, che fa la sua comparsa durante il declino della civiltà greca e l’espandersi di quella romana. LA NASCITA DELLA TRAGEDIA GRECA VI secolo a.C. L’origine della tragedia va ricercata negli antichi cori ditirambici in onore del dio Dioniso, in origine improvvisati e fondamentalmente rapsodici ma che, col passare del tempo, furono “poeticizzati” o resi letterari. La tendenza alla composizione letteraria si sviluppò probabilmente in regioni anche molto diverse e, nell’insieme, prese quasi la forma di un cantico da cerimonia, cantato da seguaci del dio, diretti da un capo o da una guida. Tespi fu il primo a trasformare questo capo in un attore, alle cui parole rispondeva il canto del coro, che iniziò a narrare argomenti non necessariamente legati alle storie di Dioniso. V secolo a.C. Con l’introduzione di un secondo attore e poi di un terzo, il dramma giunge a maturità per mano di Eschilo (525-456 a.C.), di Sofocle (495-406 a.C.) e di Euripide (480406 a.C.), i maestri della tragedia greca. Tragediografi greci più importanti:  ESCHILO, primo dei tre grandi tragediografi, al quale dobbiamo l’introduzione del secondo attore in scena, fa una netta distinzione tra giustizia naturale ( Themis), che è immutabile e non soggetta a dibattito, e giustizia dialettica (Dike), che ha esito in seguito ad una disputa e sancisce un comportamento retto, tale solo in base alle circostanze. Secondo la sua concezione tragica, le azioni ingiuste degli uomini provocano sofferenza, e solo dopo aver sofferto l’uomo eschileo riesce a prendere coscienza del suo errore e crescere come individuo.

1

Elemento predominante della tragedia di Eschilo è il Fato, che comanda su tutte le cose, è imprescindibile e non è sottoposto neppure al controllo degli dei. In Eschilo, il mito si adatta alle circostanze del luogo nel quale deve esser rappresentato: l’Orestea, ad esempio, è stata ambientata ad Argo, città con la quale Atene aveva stipulato un trattato d’alleanza.  SOFOCLE, che introduce il terzo attore in scena e la skené dipinta, dimostra nelle sue tragedie una perfetta conoscenza del materiale mitico e dalla sua fusione di riflessione e racconto tradizionale hanno origine le considerazioni sull’instabilità del destino dell’uomo e sull’ineluttabilità della sorte. Tipico di Sofocle è infatti il Titanismo, ossia la necessità dell’eroe di portare a termine la sua missione, anche se sa che il destino è ineluttabile e di non poter vincere: solo a questo livello egli riesce a sentirsi uomo. Altro punto fondamentale della sua poetica è l’ironia tragica, ossia una sorta di presagio della catastrofe nelle parole di un personaggio dette senza intenzione.  EURIPIDE, l’ultimo grande tragediografo, si distacca fortemente dai suoi predecessori, portando la tragedia su un livello più umano. Di lui, infatti, si diceva che vestisse i re di stracci: i protagonisti dei suoi drammi non sono eroi vinti dall’irrevocabilità del destino, ma emarginati della società quali donne e stranieri. Non è più il Fato il responsabile dell’infelicità dell’uomo, ma è l’uomo stesso, con le sue azioni e le sue decisioni, a perseverare nel male. LA NASCITA DELLA COMMEDIA GRECA La commedia ebbe una storia simile, ma nacque dal meno decoroso kòmos, una processione spontanea organizzata dalla cittadinanza in onore di Dioniso, che terminava con un canto fallico. La festa del kòmos consisteva all’inizio solo da una processione, un sacrificio e un cantico, ma il cantico aveva spesso un andamento satirico e in principio la folla rispondeva al cantico motteggiando, finché questo coro di risposta non divenne un elemento dell’intero rituale e quindi la commedia si delineò come forma letteraria distinta dalla tragedia per la presenza di due cori anziché uno: elemento strutturale che appare costantemente nelle commedie di Aristofane (448-380 a.C.). Commediografi della commedia greca antica:  ARISTOFANE, che incentrava le sue commedie sulla polis e sulla vita quotidiana di Atene, criticando le vicende contemporanee e mettendo così in scena una vera e propria commedia politica, che ha il fine di attaccare personaggi pubblici e conosciuti all’interno della città, sia a livello politico che culturale. Fa uso di espedienti comici legati al linguaggio (parodia dei toni epici, volgarità, invenzione di nomi e verbi) e ai personaggi (spesso l’eroe è comico, e le donne vengono prese particolarmente di mira). LA STRUTTURA DEL TEATRO GRECO ANTICO.  Le rappresentazioni teatrali, colorite di sentimento religioso, si rivolsero presto a tutta la comunità e, quando si arrivò a costruire i teatri, la necessità primaria fu quella di un ampio spazio per ospitare il pubblico. Sia nella tragedia che nella commedia, il coro era un elemento di base dei drammi, dunque l’area di azione doveva essere abbastanza ampia da permettere al coro di fare elaborati movimenti di danza connessi con il canto dei versi lirici. 2





 

In rapporto a queste due esigenze, è presumibile che i “teatri” più antichi non fossero che uno spazio livellato, circolare per gli interpreti, posto per comodità degli spettatori ai piedi del declivio di una collina. Lo spazio livellato, con un altare al centro, era riconosciuto come orchestra, ma il termine “teatro”, derivante dal verbo teaomai (vedere), si riferiva al gruppo convenuto degli spettatori e non a un luogo. Dapprima ci furono pochi sedili di legno sul bordo dell’orchestra, riservate alle personalità importanti della polis e con struttura angolare. Non esisteva una parola per denotare al tempo stesso l’orchestra e l’auditorio. All’inizio del V sec. a.C., la pietra soppiantò il legno dei sedili, ed essi furono modellati per l’intero pubblico in forma circolare, ma in modo che non circondassero interamente l’orchestra, poiché l’azione presentava un unico fronte visivo. Le rappresentazioni, durante gli agoni tragici, iniziavano di solito al sorgere del sole e terminavano al suo calare, perciò i drammaturghi greci s’ingegnarono per sfruttare al meglio la luce nei vari momenti della giornata. Con l’introduzione del secondo e del terzo attore, le esigenze di rappresentazione costringevano ad apparire nelle spoglie di diversi personaggi e fu necessario erigere una capanno a uso degli interpreti della rappresentazione, la skené. Se inizialmente forniva solo un luogo per prepararsi agli attori, presto si scoprì che offriva molte possibiltà se utilizzata come sfondo scenico, poiché posta proprio dietro all’orchestra. Da quel momento i drammi non ebbero più come ambientazione solamente l’aperta campagna, ma cominciarono a svolgersi anche davanti ad un tempio o ad un palazzo. La skené divenne col tempo una costruzione elaborata, fatta di pietra, che arrivava quasi alle file dei sedili laterali con in ciascun lato un ingresso tra i sedili e la fine della skené, utilizzati sia dagli attori che dagli spettatori e chiamati parodos. Il palcoscenico, leggermente sopraelevato, veniva chiamato logeion, luogo in cui si parla, o anche theologeion, luogo in cui parlano le divinità.

CAMBIAMENTI DEL TEATRO ELLENISTICO. TRAGEDIA  Nel corso del IV secolo a.C., cominciarono a cambiare le condizioni sociali e, con esse, la forma del teatro. Già nelle opere di Euripide notiamo un evidente declino dell’elemento ritualistico della tragedia, a favore di un nuovo realismo nelle situazioni drammatiche e nei dialoghi. La grandezza tragica presente nelle opere di Eschilo e Sofocle, venne gradualmente ridotta insieme con la tensione tragica, e la tragedia iniziò a trasformarsi in dramma  Il coro, con i suoi movimenti solenni che spesso ritardavano lo scopo dell’azione, fu trattato senza particolari riguardi, limitando a volte la sua funzione a quella di presentare canti lirici, poco legati con la tragedia. COMMEDIA  Anche la Commedia Antica, della quale il maggior esponente era Aristofane, iniziò a non sembrare più adatta al pubblico ellenistico, poiché parlava di una satira politica che non apparteneva più a quel tipo di cultura, perciò si trasformò fino a raggiungere la forma conosciuta come Commedia Nuova, che rappresenta invece personaggi comuni ritratti più realisticamente e che pone l’accento sulle vicende e sull’intreccio.

3

 Anche nella Commedia Nuova il coro rappresentava un ostacolo, perciò già nelle commedie di Menandro rimase soltanto come residuo della sua iniziale funzione, servendo unicamente per dare divertimento. Il teatro classico greco dunque, si trovò a non corrispondere più alle esigenze dei tempi: questo radicale cambiamento è dovuto certamente alla perdità, in Età Ellenistica, di quella collettività che aveva caratterizzato l’Atene del V secolo a.C. Di conseguenza, mentre la cultura ellenistica si diffondeva in tutta la Magna Grecia, furono introdotte delle modifiche nello spazio scenico che, pur non alterando del tutto la struttura della scena, la adattarono alle nuove esigenze:  Più importanza alla scena che all’orchestra, perché col teatro ellenistico il coro arriva a scomparire o ad esser molto ridotto, e ciò che è importante sono gli attori;  Anziché su un palco basso gli attori erano posti su una lunga piattaforma elevata;  Elementi di scenografia che tendono al realistico (di legno);  L’intera costruzione diventa più grande. I TEATRO GRECO-ROMANI. Verso la fine del II secolo a.C., si manifestarono ulteriori cambiamenti nella struttura teatrale, portando i nuovi teatri a somigliare a quelli che saranno i teatri romani. I cambiamenti e le somiglianze sono:  Lo spazio riservato al pubblico nella maggior parte dei casi mantiene la vecchia forma, protraendosi al di là del semicerchio regolare;  L’orchestra, che fino a questo momento era stata circolare, viene ristretta dall’avanzamento dell’edificio scenico, la skené, pur rimanendo di forma semicircolare;  Il palcoscenico lungo e stretto dei teatri ellenistici viene sostituito da una piattaforma più bassa e profonda;  Il palcoscenico e la scenografia arrivano ad avere un’importanza predominante.

4

IL TEATRO ROMANO Origini e sviluppo del teatro romano:  Fescennini, ossia antiche forme poetiche fondate sullo scambio di battute aggressive e spesso oscene, nate nelle campagne laziali. L’oscenità aveva infatti la funzione di allontanare gli spiriti maligni e l’immagine del fallo era un rimedio al malocchio.  Carmina Triumphalia, di origine fescennina, ossia scherzi che servivano ad evitare che i troppi elogi facessero dimenticare al trionfatore di essere un uomo comune.  Satura, di origine etrusca, prende spunto da una danza purificatrice alla quale i giovani romani aggiunsero versi rudimentali e mimica.  Exodium Atellanicum, semplicissimi intrecci che prevedevano alcune maschere fisse ed una volgare aggressività verbale. Nel 240 a.C., le autorità romane, affascinate dalla cultura teatrale greca, affidarono a Livio Andronico il compito di tradurre e adattare per la scena romana una fabula greca. Proprio in quel periodo, il teatro romano assunse le sue varie forme:  Fabula Palliata, versione latina di una commedia attica, recitata comunque in abito greco, che permetteva una maggiore libertà espressiva visto l’argomento lontano dalle logiche politiche dell’Antica Roma;  Fabula Togata, una commedia latina in abito e d’argomento romano, che invece era sottoposta maggiormente alla censura, esercitata dalle regole della comunità;  Fabula Cothurnata, una tragedia latina in abito e d’argomento greco;  Fabula Praethexta, una tragedia in abito e d’argomento latino, che aveva il compito di consolidare il senso di identità nazionale. Commediografi più importanti nel teatro romano arcaico:  PLAUTO, scrittore di diverse palliate, irriverente e molto conosciuto, getta le basi per quella che sarà la struttura tipica della commedia romana. Nelle commedie plautine, la legge viene detenuta da chi è meno adatto, infatti la parte bassa della società (adulescentes, schiavi, parassiti) si impadronisce della scena, mettendo in atto l’idea dell’homo homini lupus (l’uomo è lupo per l’altro uomo, ovvero tutti devono badare a loro stessi, mors tua vita mea). Le caratteristiche principali delle commedie di Plauto sono indubbiamente la necessità di architettare una beffa, l’utilizzo di personaggi-archetipi che il pubblico potesse riconoscere, un linguaggio basso ed espedienti comici di fraintendimento quali lo scambio di persona.  TERENZIO, ben diverso dal suo predecessore Plauto, perché cerca di introdurre nel teatro romano una riflessione introspettiva, esplorando i rapporti umani e cercando di attuare una sorta di antropologia dei sentimenti. Con lui la beffa perde d’importanza, il linguaggio si eleva e la commedia ha la volontà di essere eticamente costruttiva. Celebre è la sua frase “Homo sum, humani nil a me alienum puto ”, ossia “Sono umano, e per questo nessun essere umano mi è estraneo”. Il genere teatrale della tragedia, che molto piaceva ai romani, fu ripreso da questi ultimi di sana pianta dai modelli greci, compresa la divisione in cinque atti. Tra i tragediografi romani più importanti vi sono:  ENNIO, PACUVIO e ACCIO, di cui però non ci sono pervenuti i testi; 5

 SENECA, il grande filosofo precettore di Nerone che scrive prevalentemente coturnate (tragedie di contenuto greco), nelle quali introduce il capovolgimento totale del suo pensiero filosofico: viene infatti presentato un modello di anti-sapiens, prda dell’ira e delle passioni terrene. Nelle sue tragedie sembra che non ci sia più una divinità, ma solo personaggi che, quasi in preda ad un delirio di onnipotenza, si assimilano a divinità e decidono della vita e della morte. DIFFERENZE TRA TEATRO GRECO E TEATRO ROMANO:  Le rappresentazioni teatrali romane, a differenza di quelle greche, non avevano un effettivo rapporto con la religione: andando a teatro, i Romani cercavano solo il divertimento e, con il passare dei secoli, si tendeva sempre più a far venire a teatro la massa illetterata. Di conseguenza, gli spettacoli più in voga erano l’azione farsesca e il dramma di sensazione.  Il teatro greco sorgeva su pendii, in aree sacre vicino ai templi, fuori dalle città, mentre il teatro romano veniva costruito nel centro della città, ed era un vero e proprio edificio: questo era possibile grazie alla conoscenza di arco e volta.  Per tutto il periodo che va dal 240 a.C. fino all’anno 0, a Roma non vi erano teatri stabili, cosa già esistente in Grecia da secoli: il primo teatro stabile romano fu il teatro di Marcello, costruito dall’imperatore Augusto.  Nei teatri greci, le gradinate venivano costruite in legno e appoggiate ad un pendio naturale o scavate nella roccia, mentre i romani avevano le proprie fondamenta, così da avere la cavea in muratura, aperture e gallerie.  Le maschere utilizzate nel teatro romano, permettevano agli spettatori di riconoscere la posizione sociale del personaggio rappresentato, mentre in Grecia venivano utilizzate maggiormente per amplificare la voce o modificarla a seconda del tipo di apertura sulla bocca, fatto di metallo.

6

DRAMMI LITURGICI E SACRE RAPPRESENTAZIONI NEL MEDIOEVO Dopo il crollo finale della civiltà romana, per quasi mille anni, il teatro greco e il teatro romano furono dimenticati, sebbene qualche trascurabile lacero resto, almeno della tradizione dei mimi, potrebbe esser stato trasmesso durante tutto l’Alto Medioevo. Nacque in quel periodo la figura dello ioculator, ossia “colui che intrattiene”, una sorta di giullare che intratteneva gli spettatori non con la presentazione di azioni drammatiche, ma semplicemente con giochi di prestigio e spettacoli acrobatici. L’unico autore drammatico latino che conservò il suo ruolo di rilievo durante tutto il Medioevo fu Terenzio, per via del suo stile letterario raffinato e incisivo. Tuttavia, il teatro drammatico tipico del Medioevo ebbe un’evoluzione indipendente, che nulla doveva alla tradizione precedente: la sua origine va ricercata nella Chiesa Cattolica, trovando il proprio fondamento nella natura simbolica della celebrazione della Messa. Questo nuovo teatro drammatico si sviluppò dal desiderio del clero di presentare i fatti salienti della vita di Cristo in modo più realistico possibile davanti ai fedeli. Nacquero così i drammi liturgici, rappresentazioni drammatiche che si tenevano durante la Pasqua e il Natale e illustravano la nascita o la morte di Gesù. Gli attori di questo tipo di scene erano solitamente i sacerdoti stessi e venivano rappresentate inizialmente nelle chiese, in lingua latina. Con il passare del tempo e con l’espandersi di questa pratica, poiché anche le chiese più grandi non erano abbastanza vaste per accogliere l’immenso concorso del popolo che si affollava per vedere le rappresentazioni, il dramma venne trasferito all’esterno, sui gradini dell’entrata occidentale della chiesa. Questo portò dei dubbi tra le autorità ecclesiastiche, fin quando al clero fu proibito di prendere parte alle rappresentazioni, che tuttavia a quel punto erano già diventate abbastanza robuste e dal grande seguito, perciò iniziarono ad essere messe in scena dagli stessi laici, che costituirono confraternite e associazioni. Gli argomenti delle rappresentazioni rimanevano comunque quelli biblici, ma la loro gamma era estremamente più ampia e il dialogo avveniva nei dialetti comuni di ciascun luogo: queste raccolte prendono il nome di sacre rappresentazioni. N.B: Si deve tener presente che il mondo medievale, oltre alle rappresentazioni dei misteri con addobbi elaborati, ne aveva altre di un genere più umile: brevi drammi laici, a volte con argomento morale, ma molto più spesso con episodi puramente farseschi. In gran parte, coloro che esercitavano questo tipo di attività erano comici di professione che agivano di solito in piccole compagnie con pochi fondi e in maniera itinerante, costretti a recitare, a volte, senza alcun genere di scena. STRUTTURA DEI TEATRI MEDIEVALI Non siamo in grado di descrivere l’aspetto di un qualsiasi “teatro” usato nel Mediovo, ma possiamo parlare del problema dei singoli luoghi teatrali impiegati negli anni tra l’apparizione del primo dramma liturgico e gli intermezzi comici del sedicesimo secolo. 1. Il dramma liturgico mostrava già una tendenza a un estendere lo spazio dell’azione: l’intera navata della chiesa poteva esser utilizzata dagli attori ecclesiastici e, all’interno di questo spazio, potevano essere indicate diverse località immaginarie. 2. Con l’arrivo di drammi liturgici più elaborati e differenziati, ma comunque dominati dall’idea della chiesa come teatro, anche se trasferiti al di fuori dei confini della 7

3.

4.

5. 6.

7.

chiesa, le strutture per le rappresentazioni arrivavano a somigliare come forma e allestimento agli interni di una chiesa. Man mano gli allestimenti diventano più complessi e sorge la necessità di dividerli per spazi immaginariamente molto lontani tra di loro. Allora le varie postazioni, che dovevano rappresentare luoghi lontanissimi tra di loro, seppur in scala ridotta, venivano chiamate mansions ed erano generalmente disposte su una linea curva. Se le mansions erano u...


Similar Free PDFs