Storia DELL\' Architettura PDF

Title Storia DELL\' Architettura
Course Storia Dell'Architettura
Institution Università Ca' Foscari Venezia
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STORIA DELL’ARCHITETTURALEZ. IIntroduzione: CAMILLO BOITO (1836-1914): “L’architettura è tra le arti quella più difficile a comprendere e a spiegare e la più noiosa a sentirne parlare”. È da un lato molto tecnica, e dall’altro omnicomprensiva e poi ancora effettivamente noiosa laddove si va a concen...


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STORIA DELL’ARCHITETTURA LEZ. I Introduzione: CAMILLO BOITO (1836-1914): “L’architettura è tra le arti quella più difficile a comprendere e a spiegare e la più noiosa a sentirne parlare”. È da un lato molto tecnica, e dall’altro omnicomprensiva e poi ancora effettivamente noiosa laddove si va a concentrare sugli aspetti formali e tecnici CHE COS’È L’ARCHITETTURA? William Morris (1834-96): l’architettura “abbraccia l’intero ambiente della vita umana”, cioè “rappresenta l’insieme delle modifiche e delle alterazioni operate sulla superficie terreste, in vista delle necessità umane, eccettuato il puro deserto”. Morris aggiunge che questa operazione non è da affidare ai soli architetti, specialisti in questa attività, ma è responsabilità di tutti gli uomini, a ciascuno dei quali è anche affidato il compito di “sorvegliare e custodire il giusto ordinamento del paesaggio terrestre, ciascuno con il suo spirito e le sue mani, nella porzione che gli spetta”. L’architettura dunque non è soltanto l’edificio, un gruppo di essi o un complesso o uno spazio urbano, ma è il risultato, in continua variazione nel tempo, dell’insieme degli interventi introdotti dagli uomini che intervengono sull’ambiente preesistente naturale o artificiale in vista delle necessità fisiche, materiali o spirituali dell’uomo. In questa vasta accezione l’architettura non descrive soltanto un fenomeno settoriale e circoscritto dell’attivitò umana, ma studia le vicende che configurano e trasformano nel tempo i luoghi fisici nei quali si svolgono gli avvenimenti della storia. L’architettura predispone l’ambiente fisico nel quale si svolge la storia; e a sua volta è frutto della storia generale dell’umanità. Questa definizione è molto ampia e certamente non tutti la condividono. Tuttavia, anche restringendola, rimane il fatto che l’architettura costituisce un fenomeno molto più esteso rispetto alle arti sorelle, cioè la pittura o la scultura. In questo corso non sarà possibile affrontare la vastità dell’argomento. Ci concentreremo su quello che comunemente si intende per “opera architettonica”, ovvero sul costruito. Rendere giustizia alla complessità dell’opera architettonica attraverso la considerazioni di aspetti che superano l’analisi formale e stilistica. Alcuni punti e problemi essenziali: 1) Come nasce un’opera architettonica? - Formulazione e messa a punto del programma da realizzare. - Precisazione progettuale in vista dell’esecuzione. - Esecuzione. - Fruizione ed eventuali trasformazioni nel tempo. 2) A quali componenti si deve il risultato? - L’architetto progettista (autore). - Il committente (non necessariamente una sola persona) - Gli esecutori. - I fruitori (nel tempo).

Il PROBLEMA DELL’AUTORE – storia dell’architettura VS storia degli architetti (problema più generale: vedi storia dell’arte VS storia degli artisti) Antica e lunghissima tradizione storiografia – identità artistica che si manifesta in forma riconoscibile (CFR prassi dell’attribuzione).  Pericolo: leggere la storia dell’architettura come un elenco di capolavori (o di opere d’arte) ideati da “geni”. In questo modo si trascura necessariamente l’apporto, talvolta determinante, di tante altre responsabilità e del tempo. Alcuni esempi: esistono, in effetti, opere che si prestano ad essere messe in relazione a un architetto e questo fenomeno si accentua sempre di più quando ci muoviamo verso la contemporaneità che ha bisogno dell’artista individuale e geniale (colui che progetta quello che oggi viene spesso chiamato “un’icona” dell’architettura).

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Esempi spiccati possono essere la Casa sulla Cascata (1943) e il Museo Guggenheim di New York (1959) di Frank Lloyd Wright, oppure la villa Tugendhat a Brno di Mies van der Rohe (1929-30). Ma anche il contemporaneo pone problemi per questa individuazione dell’artista “genio” e anche gli esempi citati andrebbero analizzati meglio considerando il contesto nel quale sono nati (committenti, tecnici e ingegneri, esigenze funzionali, ecc.). Vediamo alcuni esempi che fanno emergere con particolare evidenza questo problema e che mettono in rilievo come sia importante analizzare un’opera nella sua complessità. Attribuzioni “semplici” sono per esempio: - Il cosiddetto “ponte Calatrava” a Venezia, di Santiago Calatrava (2007): volere politico – architetto famoso e costoso (fa soltanto il progetto di massima) – esecuzione affidata ad altri – modifiche e problemi tecnici costruttivi (scarsa dimestichezza con il suolo veneziano e le tecniche costruttive anche tradizionali). - Crystal Palace a Londra, di Joseph Paxton (1851): Esposizione mondiale a Londra  progetto di prestigio – questione dei costi – incarico a Paxton fuori concorso (progettista di giardini e botanico) – innovazione tecnologica ferro e vetro (elementi modulari e prefabbricati: abbattimento dei costi e rapidità dell’esecuzione). - Centre Pompidou a Parigi di Renzo Piano – Richard Rogers (1971): volere politico del presidente Pompidou (lasciare un segno visivo/funzionale della propria esistenza) – progetto di lunga durata di “risanamento” urbanistico di un quartiere – concorso architettonico internazionale con giuria – progetto collaborativo (architettura + tecnica) – oltre a Piano e Rogers molti altri coinvolti i cui nomi vengono omessi. ESEMPIO

LA TRADIZIONE E LA STORIOGRAFIA SULLA NASCITA/SULL’ORIGINE DELL’ARCHITETTURA: - La capanna - La caverna = l’origine naturale dell’architettura

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Il labirinto e il primo architetto

QUANDO – DOVE – CHI – PERCHÉ – COME? Il punto di partenza è sempre l’OPERA Come guardare l’architettura? 1) L’oggetto architettonico = il costruito 2) La sua rappresentazione: - Disegno prospettico - Pianta - Sezioni - Prospetto o alzato (rilievo di una facciata, di una parete, ecc.) - Forme miste: assonometria PIANTA: sezione orizzontale di un edificio (circa a un metro di altezza dal piano di calpestio). Mostra quindi tutti i muri che poggiano a terra. Vi possono essere proiettate anche elementi di livelli superiori come per esempio archi, volte cupole, ecc. SEZIONE: il taglio è verticale e può essere longitudinale o trasversale.

ASSONOMETRIA E RAFFIGURAZIONE PROSPETTICA: evidenziare volume e spazialità. Assonometria: combinazione di pianta, sezioni e alzati.

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LEZ. II L’ARCHITETTO – PROFESSIONE E RAPPORTI CON LA SOCIETÀ – LE ARCHITETTURA “CAPITALI DEL QUATTROCENTO - Filippo BRUNELLESCHI (1377-1446): Cupola Santa Maria del Fiore - Leon Battista ALBERTI (1404-1472): Tempio Malatestiano – Sant’Andrea a Mantova - Luciano LAURANA (1420/25-1579): Palazzo Ducale di Urbino - Francesco di Giorgio MARTINI (1439-1501): architettura militari La figura dell’architetto nella società: Alcune domande: Come cambia la figura dell’architetto nel corso della storia tra Medioevo ed età Moderna? È la società ad imporre dei cambiamenti o lo statuto della disciplina, cioè i cambiamenti dell’architettura? L’architetto è un tecnico o un artista? Quali competenze di carattere tecnico pratico spettano all’architetto? Che rapporti si stabiliscono tra architetti e committenti? Che differenza c’è tra committenza pubblica e privata? Un collettivo come architetto: realtà o interpretazione romantica? L’architetto nel MEDIOEVO: l’autonomia della figura e della funzione professionale dell’architetto medievale e la sua specifica appartenenza al campo dell’attività intellettuale, analogamente a quanto avvenne per gli altri “produttori” di opere figurative, non furono riconosciute sul piano teorico se non verso la fine del Medioevo. La progettazione e la realizzazione architettonica venivano generalmente classificate, infatti, tra le attività manuali e non tra quelle di originale elaborazione intelletuale. L’opera dell’architetto venne quindi, per la maggior parte dell’età medievale, ricondotta nel campo delle “arti meccaniche”, in tradionale opposizione alle “arti liberali”. Il ruolo dell’architetto, in rapporto a quello svolto dagli altri operatori presenti nel cantiere medievale, gli aspetti della sua formazione tecnica e intellettuale, gli strumenti operativi a sua disposizione, le norme e consuetudini che ne regolavano l’attività verso i committenti e in genere verso l’esterno, la stessa posizione sociale, sono problemi ancora in parte dibattuti e non riconducibili a un’unica risposta per l’intero periodo in esame, dai secolo VI e VII fino alla metà del XV circa e, per alcune aree geografiche, anche oltre. Ma in tutto questo arco di tempo, pur nelle particolarità connesse alle circostanze di luogo e ambiente, si deve convenire che un architetto responsabile della progettazione tecnico-esecutiva e della realizzazione dell’opera abbia sempre presieduto al compimento di qualsiasi impresa edilizia significativa, malgrado l’assenza quasi totale di fonti relative alla personalità di singoli architetti – almeno fino al Mille – e nonostante l’attività di gruppi, scuole e, più tardi, logge, che ha suggerito l’interpretazione romantica dell’architettura medievale, dall’ideazione alla costruzione, come esclusivamente determinata da componenti corali e collettive. Committenti o architetti? Interpretando in modo letterale le numerose testimonianze che attribuiscono ad abati e vescovi la paternità creativa delle loro costruzioni e di conseguenza la qualifica di architetto, viene talora affermato che i compiti relativi, compreso il disegno del progetto e la conduzione dei lavori, erano assolti da queste stesse figure o da altri religiosi, designati allo scopo e che comunque il ruolo di architetto, almeno fino al 12esimo secolo, fu praticamente monopolio di chierici. Inoltre, espressioni come architectus o simili, e verbi come fecit, aedificavit o construxit, spesso si riferiscono al committente o al patrono dell'impresa (fieri fecit) e non al costruttore in senso tecnico. Dovrà comunque essere distinto il ruolo di conduzione amministrativa del cantiere (inclusi il rifornimento di materiali e i rapporti con le maestranze), pressoché sempre attribuito a un religioso o a un collegio di religiosi, da quello progettuale e tecnico. L’abate SUGER (1081-1151) di Saint Denis: architetto e inventore dello stile gotico o teologo e politico?

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Sebbene la responsabilità progettuale ed esecutiva delle importanti innovazioni apparse nell'ambito degli interventi sugeriani – le più notevoli delle quali furono l'introduzione delle statue – colonna nell'ornamentazione plastica dei portali e il forte alleggerimento delle pareti del coro, traforate da ampie finestre decorate con vetrate che inondavano la chiesa di luce colorata (simbolismo della luce) – non possa essere ascritta direttamente al committente, a quest'ultimo spettò un ruolo determinante sia nelle scelte artistiche e nella loro giustificazione ideologica sia nell'organizzazione del cantiere e nell' approvvigionamento dei materiali, come anche nell'elaborazione concettuale del programma iconografico delle sculture dei portali, con i rispettivi battenti bronzei, e delle vetrate. (nell’immagine a destra, il deambulatorio del coro di Saint Denis voluto dall’abate Suger. Esso è considerato l’opera fondativa dello stile gotico). Magister, artifex, inzeniarius, architectus, architectore - Direzione dei lavori - Condivisione del sapere Costruzione della cattedrale di Modena: Lanfranco dirige i lavori, Modena, Biblioteca Capitolare. Glorificazioni pubblicamente concesse ai maestri di maggior fama, come Buscheto a Pisa o Lanfranco a Modena (vedi slide precedente). In effetti la situazione italiana è, sotto questo aspetto, particolare – come rilevava lo svevo Ottone di Frisinga (sec. 12esimo), meravigliandosi di veder accedere alle più alte cariche e onori, in questo paese, 'operai' occupati nelle arti meccaniche (Ottonis et Rahewini gesta Friderici I Imperatoris; MGH. SS rer. Germ., XLVI, 19123, p. 116) – ma anche in Francia vanno ricordati i 'labirinti' delle cattedrali di Reims e di Amiens o l'iscrizione funeraria di Pierre de Montreuil, gratificato della qualifica di doctor lathomorum, con il fine evidente di equiparare il suo magistero a un titolo universitario. Con queste ultime testimonianze si è ormai oltre la metà del sec. 13esimo, quando il domenicano Nicolas du Biard scriveva: "nei cantieri maggiori è invalso l'uso di avere un maestro principale, che ordina gli edifici soltanto servendosi delle parole e non vi pone mano che raramente e tuttavia riceve un salario maggiore degli altri, [...] questi architetti (magistri cementariorum) tengono in mano una bacchetta e i guanti e dicono agli altri 'taglia qui, in questo modo', ma non lavorano affatto" (Mortet, Deschamps, 1929, p. 290). Il tono polemico e scandalizzato di questo testo probabilmente testimonia un periodo di transizione, destinato d'altra parte, come si è visto, a prolungarsi fino alla fine del Medioevo, ma soprattutto denuncia il progressivo distacco dell'a. medievale dagli altri operatori edilizi, riflesso negli ordinamenti professionali dei secc. 14esimo e 15esimo, e ne annuncia in prospettiva quello dal cantiere, che avrebbe segnato la conclusione della sua esperienza storica. FILIPPO BRUNELLESCHI (1377-1446) - Estrazione sociale (figlio di un notaio e diplomatico; istruzione classica). - Competenze (formazione come orafo; viaggio a Roma con Donatello). - Modalità di lavoro nel cantiere della cupola (Opera del Duomo: ricca documentazione). Il romanico fiorentino (XI-XII secolo): detto anche protorinascimento. Due esempi sono San Miniato al Monte (arcate cieche; finestre edicola) e Battistero di San Giovanni (si credeva che fosse un riuso di un edificio romano di epoca imperiale). SANTA MARIA del FIORE, cupola – 1417/36 «struttura sì grande, erta sopra i cieli, ampla da coprire con la sua ombra tutti e’ popoli toscani, fatta senza alcun aiuto di travamenti o di copia di legname; il quale artificio certo – se io ben giudico – come a questi [= ai nostri] tempi era incredibile potersi [realizzare] così forse presso gli antichi fu non saputo né conosciuto» LB. Alberti, Della Pittura, 1436, Prologo

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Parti dell’opera: - Posizione: all’incrocio del transetto. - Parte superiore: cupola e lanterna. - Parte inferiore: tamburo con oculi. - “tribune morte”. Committenza: Arte della Lana, comm. pubblica Maestranze: bandi – Arti – singoli maestri

Altre opere di Brunelleschi: committenti: corporazioni o ricchi banchieri: - Sacrestia Vecchia (1420, Giovanni de Bicci de Medici). - Basilica di San Lorenzo

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Sala Capitolare di Santa Croce o Cappella dei Pazzi (1629 – banchiere Andrea de’ Pazzi): sistema lineare di membratura portanti o decorative in pietra serena. Regole prospettiche come in pittura. Collaborazione con Luca della Robbia (tondi).

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Chiesa di Santo Spirito (1436, ma iniziata l’anno di morte di Brunelleschi): architettura modulare e proporzionale: alla base il quadrato della crociera che viene ripetuto per definire il presbiterio e il transetto. Si ripete quattro volte nella navata centrale. La parte alta finestrata della navata ha la stessa altezza di quella in basso colonnata. L’altezza delle campate delle navate laterali = il doppio dell’ampiezza.

LEZ. III LEON BATTISTA ALBERTI (1404-72) Nessuna formazione specifica, ma incarna il nuovo tipo di architetto intellettuale: erudito, letterato, matematico (e atleta) con una profonda conoscenza di tutte le arti. In effetti, oltre a scrivere un trattato di architettura (De re aedificatoria) ne scrive anche uno sulla pittura. Differenza con Brunelleschi: a questo interessavano i metodi e le tecniche costruttive dei romani. Alberti era invece più interessato a individuare i principi della progettazione e i modelli per l’utilizzo dei diversi ordini nella decorazione degli edifici. La bellezza per la sua piena realizzazione ha bisogno dell’ornamento: e per Alberti questo ornamento sono le colonne, quindi gli ordini. Le sue opere: - Tempo Malatestiano (Rimini) - Sant’Andrea (Mantova) - Palazzo Rucellai (Firenze) PALAZZO RUCELLAI: “La casa del signore sarà ornata leggiadramente, di aspetto piuttosto dilettevole che superbo”. Confronto tra questi due edifici: a sinistra Palazzo Rucellai (famiglia di banchieri) progettato da lui stesso, a destra Palazzo Medici progettato da Michelozzo. Sono stati costruiti circa nello stesso periodo, e commissionati dalle famiglie più importanti della Firenze del tempo. Palazzo Medici: suggerisce indubbiamente la potenza della famiglia, grazie anche alla sua grandezza e dei suoi materiali; in particolare notiamo come tutta la zona del piano terra è organizzata con questi mattoni di pietra (modo costruttivo: la rustica) non trattata, che degrada verso l’alto. Ai piani superiori una rustica molto meno articolata nella sua robustezza e infine nel terzo piano abbiamo il muro intonacato. Palazzo Rucellai: utilizza lo stesso tipo di aperture, le finestre sono identiche. Quello che cambia totalmente è il trattamento del muro: qui abbiamo una sorta di rustica che per le sue caratteristiche corrisponde a quella che a Palazzo Medici compare al primo piano, ed è distribuita qui in modo uniforme in tutta la facciata. Quello che contraddistingue il Palazzo è che Alberto utilizza gli ordini architettonici: tutti e tre i piani hanno una strumentizzazione in orizzontale attraverso le cosiddette paraste (elementi verticali, che hanno una base, un fusto e un capitello) che reggono questo elemento orizzontale chiamato trabeazione. Quello che cambia è la forma del capitello: in ordine, dorico, ionico e corinzio/composito. Non un muro compatto con le aperture ma un muro che diventa una sorta di portatore neutro per l’applicazione delle paraste.

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Perché le chiamiamo paraste? Sono delle colonne, degli elementi a tutto tondo, proiettate sulla superficie; anche se non sono quindi effettivamente delle colonne, anche le paraste fanno parte di questa eredità dal mondo classico. TEMPO MALATESTIANO: moltissime novità: si tratta della prima chiesa che utilizza l’arco di trionfo antico per definire la facciata (non completata). Da entrambi gli archi di trionfo mostrati prende degli elementi; questa chiesa è un’innovazione proprio perché abbiamo a che fare con un edificio sacrale al quale viene applicata una struttura presa in prestito un’architettura trionfale imperiale della Roma antica. Quindi abbiamo da un lato un edificio sacro, e dall’altro un vocabolario architettonico che proviene da un’altra tipologia architettonica ovvero l’arco di trionfo imperiale romano. E questa commistione di elementi caratterizza tutto l’edificio, già a partire dal nome (è conosciuto come Tempio Malatestiano e non Chiesa di San Francesco). È una chiesa di orgine gotica già esistente che a partire dagli anni ’40 viene rimaneggiata attraverso l’aggiunta di cappelle laterali. La chiesa doveva essere trasformata in un tempio in onore di Francesco Sigismondo Malatesta e dell’amante Isotta degli Atti. - 1446: capella di Isotta. - 1453: nuovo cantiere, Alberti e Matteo de’ Pasti. Di Alberti sono principalmente la facciata e i fianchi (come si vedrà il progetto di una aggiunta alla chiesa non fu realizzato). Nell’immagine: Piero della Francesca, Sigismondo Malatesta in preghiara davanti a San Sigismondo (1451), Rimini, Tempo Malatestiano. Culmine della celebrazione politica del committente: San Sigismondo ha le fattezze dell’imperatore Sigismondo del Lussemburgo che nel 1433 investì Malatesta come cavaliere, garantendo la successione dinastica e la presa di potere. Il tondo a destra fa vedere Castel Sismondo. La chiesa è condannata da papa Pio II Piccolomini perché “piena di immagini pagane” e Sigismondo è scomunicato. “Costuì un nobile tempio a Rimini in onere di San Francesco; ma lo riempì di tante opere pagane che non sembra un tempio di cristiani ma di infedeli adoratori dei demoni”. La pianta mette in evidenza che si trattava di creare un involucro attorno alla chiesa già esistente. Il fianco è costituito da una serie di archi su pilastri (ispirato forse dai pilastri interni del Colosseo) che formano delle nicchie per monumenti sepolcrali di altri dignitari della corte. Particolare della facciata con iscrizione dedicatoria sul fregio e la decorazione dell’arco centrale con inserti di marmi policromi proveniente forse da San Apollinare a Ravenna (spoliazione).
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