Storia dell\' Africa PDF

Title Storia dell\' Africa
Author Camilla Zupancich
Course Storia dell'africa
Institution Università degli Studi di Siena
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Riassunti libro + lezioni...


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STORIA DELL’AFRICA Gli stati africani sono 54 e le realtà sono diversificate, noi ci occuperemo dell’africa subsahariana. Per quanto riguarda la periodizzazione (ci occuperemo di processi che possono essere letti come processi continentali), partiremo con un’introduzione sul periodo dell’africa precoloniale. Questo termine lo usiamo come puramente cronologico (prima dell’avvento del colonialismo). L’approccio dell’africa precoloniale ci aiuta a capire che cosa è cambiato in africa. -Prima parte (Africa precoloniale) Partiamo da circa 1550 a la metà 1800, dove gli europei erano venuti in contatto con le zone costiere. -Seconda parte (fase coloniale) Prenderemo in considerazione, non l’evento in sè, ma i processi che vengono innescati dal colonialismo. Partiamo dagli assetti politici e sociali pre/dopo il colonialismo. Fase scrumble for Africa (zuffa per l’Africa) e la prima colonizzazione, l’idea è quella di fruttare tutto ciò che il continente può dare.(prima fase). La fase della seconda colonizzazione è caratterizzata da investimenti da parte delle potenze coloniali. Quelle stesse riforme aprono la strada al processo di colonizzazione. -Terza parte (decolonizzazione) Distinzione da la prima metà degli anni 50’ (indi. Negoziate), dove le élite africano negoziano l’indipendenza. E una seconda fase anni 50’ e 90’ violente, indipendenza violenta. Vedremo quindi la storia dell’africa sia da un punto di vista istituzionale/politica, dove un ruolo centrale lo ha il presidenzialismo. E dal punto di vista economico, fino al decennio perduto dal 81 all’81. Evoluzione dal punto di vista sociale. Altro grande tema dopo il decennio perduto, l’onda democratica africana. Avviene per una serie di motivazioni storiche, e per dinamiche interne a prendere la strada della democratizzazione (o il contrario). Il leone e il cacciatore di Anna Maria Gentili (leggere l’introduzione e parte seconda e parte terza) Esame: argomento a scelta (10 minuti), una domanda o due generali, 2-4 interventi esterni, sul fenomeno migratorio gennaio. Uno a dicembre studentessa.

PRIMA LEZIONE Il motivo per cui facciamo il corso sull’africa subsahariana, è perché c’è un contesto diverso, diverso da quello Mediterraneo per due motivi: 1. Dato sociale: Arriva l’islam nel 7 secolo dopo cristo che taglia il continente (magreb), e quindi separa dal punto di visto culturale (parte nord divisa da sud). 2. Dato geografico: il deserto del Sahara taglia il continente. Separa il continente anche per quanto riguarda il commercio, perché le rotte erano diverse. Attraverso il deserto c’è un’unica via di comunicazione, gli approvvigionamenti d’acqua, che però in AFrica cambiano continuamente, e di conseguenza la rotta carovaniera si sposta. L’unica via di comunicazione sicura e stabile è il Nilo. Due realtà quindi, nord e sud, che hanno uno sviluppo separato e costituiscono due entità separate all’interno dello stesso continente. Ciò che in Europa si conosce del sud è ciò che si sa a tripoli, per esempio cioè gli articoli principali di commercio, come pietre preziose, schiavi, oro, sale (scarso ingombro, e facile trasportabilità) questo per dire che il contatto era più stretto tra Napoli e tripoli, che tra Tunisi e la Nigeria. Erano due realtà completamente separate. Il contatto degli europei all’inizio è un contatto molto superficiale e periferico, sono infatti le coste che gli interessano (cartina due). Tutto si mette in moto interno agli anni 50’ dell’800. I portoghesi iniziano a risalire il Mar Rosso, e li trovano un impero strutturato cristiano, quindi una città capitale, un governo, una struttura amministrativa, delle chiese e si pensava che strutture del genere fossero solo in Europa. I portoghesi si danno la spiegazione che qualche popolo biblico è arrivato prima di loro (impero della regina di Saba). In realtà è l’impero africano di Axsus, ma gli europei non si spiegavano come questo fosse possibile in quel continente. I portoghesi si imbattono (nel Sud dell’Africa, grande Zimbabwe) successivamente in altre formazioni statuarie: cioè una formazione politica dove c’è un governo, una organizzazione amministrativa, struttura giudiziaria. Queste scoperte continuano e abbiamo una caratteristica peculiare cioè che non sono vicine tra loro, ma sono tutte distanti, non come in Europa, quindi non c’è l’idea di una demarcazione sul territorio di un’autorità politica. Per fare un esmpio, i cittadini italiani sono quelli che stanno in Italia, dentro i confini, il governo viene esercitato dentro quei confini. Le istituzioni africane non prevedono questo tipo di identificazione, ma il governo esercita il suo potere su una popolazione che ha scelto quel governo, e il territorio dello stato è determinato dal territorio abitato della popolazione. Il potere esercitato cambia a seconda del cambiare della locazione della popolazione. Questo spostamento deriva dai sistemi di produzione e dai mezzi di produzione. L’economia dell’africa è un’economia di sussistenza, quindi premoderna, in una realtà estremamente sottopopolata: c’è molta più terra sfruttabile di quella sfruttata dalla popolazione che esiste, per questo abbiamo regni mobili. Vivevano nell’ottica che se finiscono le risorse ci si sposta. Questa è una differenza fondamentale perché la prima cosa che gli europei fanno è calare su di essi una vita di confine, dove prima non c’era neanche il concetto di proprietà privata. Per esempio, con le popolazioni del corno d’africa il territorio viene diviso in 4: francese, inglese, italiana e l’impero etiopico. Le popolazioni nomadi di quell’aria che con i greggi varcano i confini con i check point.

Questa non è l’unica forma di organizzazione sociale che esiste nel continente africano, le altre sono quelle che gli antropologi (esponente Pritchards), attraverso i racconti popolari riescono a ricostruire i rapporti tra le popolazioni africane. Ci parlano delle società senza stato, si tratta di quel tipo di formazione statuale in cui non c’è un vero e proprio capo, la vita è organizzata attraverso le famiglie. Il clan e il lignaggio. Il clan è la successione storica delle generazioni, un gruppo di famigli con un’origine comune, il lignaggio sono le generazioni del clan che sono viventi in quel momento. La vita sociale è organizzata intorno a questo tipo di organizzazione. Le tribù di cui parlano gli europei sono le unioni di più clan, durante momenti deliberativi, che non hanno un capo ma solo rappresentanti. (prendono decisioni del tipo dove spostare il villaggio, dove pascolare). Quindi non c’è una struttura amministrativa, ma si gestisce tutto all’interno del clan. Abbiamo parlato di questi due tipi di organizzazioni, ma non tutto si identifica in questi. Le due convivono anche nello stesso tempo, solo che quelle statuarie sono al termine di un processo di sviluppo e di organizzazione.

SECONDA LEZIONE Abbiamo detto che i due modelli, forme di stato con una centralizzazione e il modello senza stato, da una parte convivono cronologicamente, al tempo stesso rappresentano i due estremi in una scala evolutiva. C’è quindi una continuità verticale e una orizzontale. Nel mezzo tra le due ci sono altre forme organizzative, l’esempio che si può fare sono le CHEFFERIES, o CHIEFDOMS, forme di stato organizzative dove non c’è una struttura amministrativa, o giudiziaria ma tutto il potere è organizzato da un capo, un’autorità centrale le troviamo appunto a metà tra le altre due. Salto in avanti, quando si inizia a discutere delle indipendenze africa negli anni ‘50 molti leader dei movimenti di liberazione per dare legittimità ai loro governi cominciavano a richiamare le origini precoloniali dello stato africano, dicendo che gli europei erano intervenuti nella metà dell’800, bloccando un processo di evoluzione dello stato che per sua natura ero uno sistema di governo intrinsecamente democratico. Le ricerche degli antropologici ci dicono che nelle società segmentate e nei capitanati, esistevano pratiche di deliberazione democratica. Anche se c’era un capo riconosciuto le decisioni che riguardavano la comunità, come per esempio la disponibilità dei pascoli, questioni giudiziarie emblematiche, passavano attraverso una decisione assembleare. Nelle società Acefale attraverso la riunione dei clan, nel caso delle chefferies, queste riunioni servivano per sostenere il capo nelle scelte che poteva fare. Più difficile è capire se forme di democrazia ci sono anche nelle atre forme di stato (città stato) che sono più strutturate a livello politico-amministrativo. In questo caso possiamo dire che il processo deliberativo era elitario, perché la popolazione era maggiore. In questo caso le decisioni venivano prese da una ristretta cerchia di persone, quindi meno democratici. Però, su questa idea dell’intrinseca democraticità della società africana i leader insistono molto soprattutto negli anni ’60. Nel dibattito dell’africa indipendente questo tema della democraticità emerge in funzione di legittimazione dei ruoli politici che emergono a partire dagli anni ’60. La matrice dello stato africano che nasce dagli anni ’60, non puo essere coloniale, ma bisogna rintracciare anche forzatamente una specificità del continente. E questa viene rintracciata in questa forma liquida di organizzazione sociale, in queste società senza stato (acefale). C’è un simbolo che viene proposto in Tanzania dal leader della indipendenza tanzaniana che sviluppa l’Ujamaa che è diciamo la filosofia politica che sta alla base dell’organizzazione della

Tanzania indipendente. In lingua significa cooperazione e solidarietà, il simbolo è composto da tre allevatori in cerchio con sopra la testa un piatto di legno, sopra ancora un signore che suona uno strumento. Quello è il simbolo secondo Nierede, di cooperazione, una società quindi dove tutti si stringono l’uno intorno all’altro e sostengono qualcun altro. Quando Nierede parla dell’Ujamaa fa riferimento alla storia africana dicendo che le divisioni che il colonialismo ha insinuato nella società africana in realtà hanno stravolto quella che era l’organizzazione delle nostre formazioni, cioè quella solidarietà che con l’indipendenza dobbiamo recuperare. Tenta di individuare le radici dello stato africano, non dallo stato coloniale, ma da quelle del passato. Quindi nelle formazioni statuali erano dotate di pratiche democratiche? Ni, effettivamente c’erano, ci sono delle testimonianze orali arrivate a noi da racconti popolari, perché non c’era il culto del documento scritto. Ovviamente c’erano delle difficoltà perché quando si racconta una storia alcuni di dettagli si aggiungono altri si perdono. Ci sono delle testimonianze che ci aiutano perché quando il colonialismo arriva, anni 80’ dell’800, al di la dei danni che provoca, non è un fenomeno pervasivo dal punto di vista dello stravolgimento delle organizzazioni sociali. In realtà ciò che gli interessa al potere coloniale in prima battuta sono le risorse del paese, e successivamente fare un budget / bilancio (perché le colonie non devono gravare sulle madri patrie) per la gestione dell’amministrazione coloniale, che è sempre estremamente leggera. Per l’amministrazione coloniale quindi c’è bisogno dell’imposizione di tasse, ma finché le colonie garantiscono degli introiti, le amministrazioni coloniali sono abbastanza lasche, impongono solo delle forme di governo laddove non ci sono, ma in generale non interferiscono con le forme di base presenti sul continente. Questo vuol dire che anche dopo il colonialismo, le strutture di cui abbiamo parlato (ovviamente non gli stati centralizzati) quindi sopravvivono, e quindi la memoria sopravvive con loro, e si trasmette. Tutta questa parentesi per leggere il passaggio di mandela senno non si capiva. (passaggio Mandela) La pratica deliberativa tipica delle società africane è il consenso, quindi l’unanimità. Questa pratica può avere un senso fino a quando si ragiona il termine di clan, ma quando si ragiona in termini di società complesse ci sono dei problemi. Il consenso in questi casi si trova attraverso il corteggiamento delle opposizioni. Questo è vero nella società democratica di tipo occidentale, nella società africana post-coloniale, (il richiamo al principio del consenso che funziona nell’africa precoloniale perché la dimensione della società è più piccola) significa dare la scura a tutta una serie di pratiche amministrative, e di negoziati politici che stravolgono il concetto stesso di sana amministrazione. I regimi neo-patrimonio che vengono fuori nell’africa indipendente, cioè la tendenza del governo e del presidente, a gestire come un patrimonio privato lo stato deriva da questa idea che bisogna costruire il consenso. Attraverso la gestione privatistica dello stato concedendo a tutti quelli che fanno richiesta qualcosa, si costruisce il consenso. Quando queste idee sono incanalate portano a delle logiche conseguenze: cioè il richiamo che le leadership africane indipendente fanno dell’uso politico della storia li porta ad utilizzare pratiche, che vengono ribaltate per giustificare posizioni di potere personale. Quando Nierede parla dell’ujamaa, è una grande idea e filosofia politica, ci dice anche che la solidarietà è tipica delle società africane, stravolte dall’individualismo introdotto dal colonialismo, perché il centro della società africana non è l’individuo ma è la comunità, ma la logica conseguenza che ne tra Nierede è che per esempio non servono partiti politici. Ma se il principio è la solidarietà e la comunità perché essa si deve dividere in forme politiche diverse? Il partito unico è quello che porta al governo quelle che sono le necessità complessive della popolazione. Questa lettura politica del passato africano porta ad uno stravolgimento, perché o trovi un sistema diverso di

convogliare le decisioni al vertice in un sistema democratico, che non siano i partiti politici, o non si può parlare di sistema democratico. Per questo vedremo come nonostante la rivendicazione dell’intrinseca democraticità rivendicata dagli stati africani, in realtà lo stato africano dagli anni 60’ in poi si evolve come uno stato autoritario. Si caratterizza per un presidenzialismo a partito unico, con una gestione privatistica delle risorse pubbliche. Il leader della Guinea per esempio conia un’espressione che è quasi sostitutiva di democrazia, che usa per definire il processo democratico in Guinea dopo la fine del colonialismo. Egli parla infatti di discussione, non di democrazia. Questa idea del consenso nel processo decisionale, va tenuto in considerazione quanto il colonialismo cambia? 1. L’impatto è sicuramente economico, prima la società africano è guidata da un principio di sussistenza, il fine è quello di mantenere in vita le comunità. Qui gli africani possiamo dire che sono avvantaggiati perché il territorio di per sé offre una vasta quantità di risorse. 2. L’impatto è anche politico, è meno sostanziale di quello che si immagine. In molti casi gli stessi stati africani, o meglio i capi degli stati africani, che vengono cooptati dai regimi coloniali. Dove infatti essi garantiscono sicurezza e la riscossione dell’imposizione delle tasse, la struttura di governo rimane in funzione. Gli europei in realtà nominano un delegato e vanno via. Il sistema per la riscossione delle tasse ovviamente era testatico, ogni testa paga una quota. Le strutture quindi non vengono sostituite ma integrate nel sistema coloniale, ma forse è peggio perché cambiano. L’imposizione delle tasse infatti prima era sconosciuta, o anche l’imposizione del lavoro obbligatorio non pagato. Queste erano sconosciute prima e vengono imposte dal sistema coloniale, e rispettati dai vecchi governanti africani che diventano amministratori coloniali. Questo si fa capire come il colonialismo sia stato più subdolo e meno violento, perché la trasformazione arriva per gradi, quasi in dolore però è una trasformazione sostanziale. Si dice che il colonialismo fa sentire i suoi effetti dal CONGRESSO DI BERLINIO 1884-85. Fu convocato dal cancelliere tedesco Bismarck, per una questione precisa: cioè la libertà di navigazione sul bacino del fiume Congo. Esso veniva usato come via di comunicazione fino agli anni 1820 per gli schiavi, perché ci sono ancora gli schiavi negli stati del Sud USA, ma la tratta è finita perché i britannici decretano la fine della schiavitù 1807. Successivamente tutte le popolazioni volevano avere accesso al fiume Congo, partendo da questa scusa della libertà di navigazione del fiume Congo, venne convocato il congresso. Gran Bretagna e Francia sono le più interessare alla navigazione sul fiume. Esse erano in contrasto perché la Francia era insediata sulla foce, la Gran Bretagna invece ci voleva solo navigare. Bismarck preoccupato delle tensioni Franco- Britanniche convoca il congresso. Prima di tutti per questa per questa questione, e poi devono inventare un metodo per evitare altri conflitti futuri. Si procede con la pratica della notifica, che significa che le potenze firmatarie del congresso possono rivendicare la loro influenza in determinati stati, notificando prima delle altre il loro interesse per una determinata area. Questo metodo non ha niente a che fare con il continente africano, ma viene messo in atto solo per evitare conflitti tra le potenze europee. Questo processo, Scramble for Africa, è estremamente rapido, in 27 anni, dal 1885 al 1812 con la questione marocchina, il continente è spartito integralmente

Gli africani accettano questa situazione? Dopo il congresso di Berlino, nella pratica diplomatica la pratica della notifica era complessa. Si risolve con dei trattati che le potenze coloniali riescono a stipulare per primi con i capi africani locali. Questa trattati sono una specie di formulario standard, sono uguali per tutti. Henry Stanley un giornalista avventuriero fa firmare, come agente di Leopoldo II re del Belgio, a tutti i capi residenti intorno al bacino del Congo. Grazie all’intermediazione di alcuni notabili locali, che molto spesso erano quelli che si occupavano della tratta degli schiavi nei decenni precedenti, entra in contatto con i capi locali e gli fa sottoscrivere dei trattati. Tramite questi trattati il capo locale in cambio di qualcosa, come armi o munizioni, sottoscrive il trattato in cui acconsente di cedere il protettorato dei loro territori. Il primo trattato era Bratza-Makoko, il secondo era il capo/re dei Mateke, mentre Bratza era l’agente diplomatico francese, quindi un trattato standard che agenti di governo europei fanno ai capi africani, firmare in cambio di qualcosa. Per loro non aveva significato il protettorato perché non avevano l’idea di confini, o il concetto di sovranità territoriale. La differenza culturale gioca un ruolo importante, infatti i trattati non vengono negoziati secondo la pratica europea, quindi con il negoziato, ma con le merci in cambio di una firma. Che significato hanno i trattati? 1. Aspetto diplomatico: il trattato serve perché deve essere fatto valere nei confronti delle altre cancellerie europee. Oltre alla notifica, c’è anche un trattato (quindi un atto formale) firmato dal capo riconosciuto africano che cede il suo territorio alla Francia, GB, Belgio... Questa serie di trattati che vengono firmati hanno questa funzione, infatti sono tutti standard perché non importa quello che c’è scritto, l’importante è che possa essere portato davanti alle altre cancellerie per rivendicare il territorio. 2. Aspetto umano: gli africani non reagiscono perché prima di tutto c’è un divario tecnologico importante, non a caso i capi africani vengono riforniti, grazie a questi trattati, con le armi da fuoco cioè con quello attira gli africani. Ma soprattutto perché le società africane sono indebolite da un fenomeno, cioè tre secoli di tratta degli schiavi. Gli schiavi che vengono esportati come merce infatti sono appunto le persone più in salute, dal punto di vista del mantenimento della specie sono più utili. La tratta negriera interessa decine di milioni di africani, in un paese che era già sottopopolato rispetto al territorio disponibile. Essa inizia intorno agli anni 20-30 del 1500 e prosegue fino ai primi anni dell’800, ma anche se la schiavitù era stata abolita nel 1807, il contrabbando continua per decenni. Inoltre, nelle colonie spagnole la schiavitù viene abolita intorno agli anni 70 dell’1800. Quindi siamo davanti ad un territorio fortemente indebolito dal punto...


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