Storia della letteratura spagnola vol 1 il medioevo e l eta d oro c alvar j c mainer r navarro PDF

Title Storia della letteratura spagnola vol 1 il medioevo e l eta d oro c alvar j c mainer r navarro
Author Eleonora Gatti
Course Letteratura spagnola i
Institution Università degli Studi di Ferrara
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Storia della Letteratura Spagnola vol.1: Il medioevo e l'età d'oro - C. Alvar, J.C. Mainer, R. Navarro Letteratura Spagnola Università degli Studi di Macerata 69 pag.

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STORIA DELLA LETTERATURA SPAGNOLA PARTE PRIMA: IL MEDIOEVO CAP 1 - DALLA FINE DELL’ XI SEC. AGLI INIZI DEL XIII Momento molto importante per la società castigliana: la crescita demografica porta al ripopolamento di ampie zone del territorio e allo stesso tempo fioriscono gli insediamenti urbani con fini commerciali dove prima l’economia era prevalentemente rurale (agricoltura e allevamento). ALFONSO VI (asceso al trono grazie alla morte di suo fratello Sancho II. Ascesa che diviene argomento di molti cantares de gesta) è il re castigliano che domina la seconda metà del XI sec.: o o

Annessione di Toledo nel 1085 e di un’ampia zona circostante grazie all’appoggio dei mozarabes (popolazione cristiana vissuta sotto il dominio arabo) Introduce in Castiglia varie innovazioni culturali promosse da suo nonno Sancho el Mayor di Navarra.

Riforme cluniacensi nel 1071 → movimento di riforma ecclesiale che dapprima rinnovò l’ordine benedettino e poi si estese a tutta la Chiesa Cattolica. L’arrivo di monaci francesi porta all’abbandono del carattere visigotico in favore di quello carolingio, più chiaro e leggibile. La presenza dei monaci francesi porta nella penisola racconti epici di origine francese, come nella nota Emilianense del 1070 in cui sono citati personaggi del ciclo di Carlo Magno e Gugliendo e si allude alla sconfitta di Rodlane a Rozeballes. Morte di Almanzor → ministro degli Omayyadi (m. 1002). Detto Almanzor dai cristiani, fu ministro di al-Hākam II (961976) e Hišām II (976-1009) e sotto quest'ultimo riunì nelle sue mani tutti i poteri. Pacificò l'Africa settentrionale, riordinò l'esercito e condusse numerose campagne contro i regni cristiani di Spagna ottenendo importanti vittorie. Celebre anche per la sua attività di costruttore, ampliò la moschea di Cordova e costruì, nei pressi di questa città, la stupenda residenza di Madīnat az-Zahrā (“la città lucente”).

Comporta una profonda crisi per il califfato, con conseguenti rivoluzioni che a partire dall’anno 1008 aggravano la situazione di Cordoba, provocando la fuga degli eruditi e la sollevazione del popolo. La mancanza di un’effettiva autorità politica rende possibile lo smembramento del califfato e l’apparizione di piccoli regni autonomi (taifas, regni locali nati dalla frammentazione del califfato di Cordoba) che arrivarono a più di 50. Gli almoravidi (incolti guerrieri berbari) mettono fine a questa divisione territoriale nel 1090, dando origine ad un tentativo di riforma religiosa e di ritorno dell’ortodossia islamica → persecuzioni nei confronti degli ebrei e cristiani che tendono a rifugiarsi nei domini del nord. Li si sviluppano centri intellettuali di notevole splendore, mettono in contatto la scienza araba con l’occidente medievale (primi passi vs il rinascimento culturale del XXII sec.)

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La caduta del califfato cordobese, con tutta la sua raffinatezza culturale e letteraria e l’ignoranza della lingua araba da parte degli Almoravidi portano all’abbandono quasi totale della poesia araba classica, che viene sostituita da forme volgari, forse provenienti dalla tradizione: nascono così i primi zejeles, risultato degli sforzi di Avempace, che tentò di unificare la poesia classica con quella cristiana. Erano gli ultimi anni del XI secolo. Dalla fine dell’XI sec. si notano nell’occidente europeo alcuni segni di rinvigorimento intellettuale che porteranno al cosiddetto “Rinascimento culturale” del XII sec.

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Rivalutazione del latino Maggiore diffusione della cultura grazie all’ammissione delle donne ai centri di studio, incremento di lettori, apparizione della letteratura in lingue romanze Il XII sec. rappresenta il trionfo della cavalleria e delle crociate

2 elementi fondamentali in questo periodo: -

Piena formazione delle diverse nazionalità peninsulari Graduale dominio del regno di Castiglia sui restanti regni della penisola

I contrasti tra la nobiltà e la borghesia penalizzano il commercio e hanno come conseguenza nel 1110 la rottura del matrimonio tra Alfonso I d’Aragona (difensore degli interessi di contadini e commercianti) e dona Urraca di Leon-Castiglia (incline a proteggere la nobiltà), e la successiva ascesa al trono castigliano leonese di Alfonso VII che intraprende una politica di divisione tra i regni cristiani, a proprio vantaggio e a sostegno della sua idea di essere riconosciuto ‘imperatore’ dagli altri re della penisola.

Sotto il regno di Alfonso VII nasce il Portogallo come contea indipendente da Leon (poco dopo si trasformerà in regno) mentre la Castiglia si separerà ancora di più dal regno leonese. Panorama politico del XII sec.: 1. 2. 3. 4.

Conflitti tra i regni cristiani della penisola Decadenza militare degli Almoravidi Gli scontri tra gli arabi di Al Andalus Arrivo a metà secolo degli Almohadi (musulmani ancor più integralisti e guerrieri dei loro predecessori, accusati di essere eterodossi e apostati). Il movimento sfocia in un’autentica rivoluzione politica: la Castiglia e gli altri regni peninsulari, gravemente minacciati, si uniscono contro il potere almohade in una crociata che culminerà nella battaglia di Las Navas (1212), segnando la fine dell’egemonia militare degli Almohadi 5. Continue ondate di crociati nei regni peninsulari. I rapporti con altri regni esterni alla penisola venivano mantenuti anche attraverso le alleanze matrimoniali.

Nel XII secolo spicca il panorama culturale: Toledo si occupa di volgere in latino i testi di Aristotele. Spicca in questo periodo la produzione storiografica. Contribuiscono ad ampliare il panorama culturale i juglares che proponevano una letteratura edificante: vita dei santi, gesta eroiche ecc.

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La letteratura si trasmette di generazione in generazione: il primo esempio sono le canzoni popolari. Nell’Occidente medievale, la lirica popolare in lingua romanza nacque nel momento stesso in cui il latino iniziò a diventare un prodotto nuovo, embrione delle lingue attuali: nel VI secolo il vescovo Cesareo condannava le canzoni diaboliche di contadini e contadine, un secolo dopo, il concilio di Chalons censurava le canzoni oscene delle contadine. Carlo Magno vietò le canzoni diaboliche delle monache. JARCHAS → brevi composizioni che si trovano a conclusione di alcuni poemi in arabo o ebraico chiamati muwaschahas (tra la metà dell’XI sec e fine del XII) MUWASCHAHAS → sembra fu inventata dai poeti di Al Andalus (cordobesi), designa un tipo di ode o di canzone amorosa composta da varie strofe di 5 o 6 versi: i primi 4 o 5 rimano tra loro, mentre l’ultimo o gli ultimi 2 rimano tra loro o con gli ultimi 2 delle altre strofe costituendo così un doppio gioco di rime. La muwaschaha (che significa “adornato con un tipo di cintola a doppio giro) è il risultato di una serie di alterazioni e deviazioni delle norme stabilite dalla poesia araba classica, che si basava su sequenze di lunghi versi monorimati, scanditi secondo la qualità della sillaba. Si divide in strofe con versi brevi e rime alternate. L’ultimo o gli ultimi versi della muwaschaha erano formati dalla jarcha (aveva scarsa relazione tematica con il resto della composizione). ZEJEL → altro tipo di poesia di carattere popolare coltivato in Andalus: è scritto in arabo volgare con prestiti romanzi nei suoi versi; di solito è più narrativo e satirico della muwaschaha e presenta una struttura strofica simile a quella di composizioni di tipo tradizionale di altri domini linguistici. Contiene un ritornello iniziale, 3 versi con la stessa rima, un verso di ritorno e di nuovo il ritornello. Lo zejel manca di jarcha. Risulta impossibile conoscerne le origini (si pensa invenzione dei poeti cordobesi). Si ricorda in Aben Guzman il principale cultore (morto nel 1160). Le zejel sono canti d’amore di una donna sconsolata, che si lamenta con la madre per le pene d’amore e l’assenza dell’amato. Esse esprimono sempre un amore corrisposto. L’angoscia della donna per l’assenza dell’amato si esprime in forme diverse: - Lo supplica di non abbandonarla - Lo implora di ritornare presto - Impreca contro la lentezza del tempo L’interlocutore, la madre, normalmente non prende parola. Il paesaggio conta poco o niente. Le jarcha si sviluppano in ambiente urbano Già a partire dal XIII sec, la lirica popolare ebbe una chiara confluenza con gli ideali cortesi, modificando l’impostazione del genere: - Da una parte venne assimilata dalla poesia colta che la rielaborò - Dall’altra si convertì nel genere caratteristico della poesia erotica e delle connotazioni volgari. È necessario segnalare l’esiguo numero di testi di tipo tradizionale che possono essere situati con certezza nel Medioevo. VILLANCICO → è la strofa caratteristica della lirica castigliana di tipo tradizionale: è formata da 2 o 3 versi, con un nr variabile di sillabe; manca pertanto di forma fissa in quanto è una composizione di enorme flessibilità (tendenza schema ABB con versi di 8 e 6 sillabe che a volte possono presentare un verso corto). Il VILLANCICO designa inoltre una forma strofica costituita dalla somma della composizione tradizionale con la sua glossa, con cui ci si abituò ad accompagnare le cancioncillas dal XVI al XII secolo. Il VILLANCICO è anche un tipo di canto corale liturgico che veniva intonato nelle chiese durante determinate festività come Natale ed Epifania. Poche notizie prima del XV sec. 3

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La poesia tradizionale – portoghese, castigliana o francese – è caratterizzata dall’abbondanza di componimenti brevi, di 2 o 3 versi, con una distribuzione di rime che tende ad essere fissa. Il villancico si considera elemento invariabile nella lirica tradizionale, mentre la glossa si modifica continuamente in base ai gusti di epoche ed autori. Gli studiosi della lirica tradizionale legano questo tipo di poesia alla danza, e mettono in relazione le origini della lirica tradizionale con le canzoni pagane sull’arrivo della primavera. La lirica tradizionale si raggruppa intorno ad alcuni temi molto concreti: 1. La natura: mette in relazione la lirica primitiva con canti primitivi dedicati all’arrivo della primavera; fiori e uccelli sono spesso caricati di un simbolismo erotico. In linea generale l’idea dell’arrivo della primavera si accompagna con quella della nascita dell’amore. 2. Nacquero canzoni apposite per celebrare determinati avvenimenti (es. canti di nozze, di morte, di vittoria, …). Le canzoni dei pellegrini si situano a metà tra quelle dedicate alla celebrazione della natura e quelle delle grandi feste, poiché sebbene siano vincolate a determinate festività, in esse è presente una componente pagana, d’invocazione alla fertilità, associata alla primavera. 3. Per accompagnare il lavoro furono composte alcune canzoni sulla mietitura, la tessitura, la macinazione del grano, ecc…. 4. Il gruppo più nutrito è quello formato dalle canzoni di tema amoroso, con tutte le loro varietà e sfumature. Amore motivo d’allegria e tristezza a causa dell’abbandono da parte dell’amato. Altri temi: monaca che rinnega il convento, sposa infelice, fanciulla desiderosa di sposarsi e fanciulla che ha conosciuto il primo amore. 5. Esistevano anche canzoni dedicate alla burla o alla satira La lirica tradizionale entra nei Cancioneros a metà del XV sec mediante, soprattutto, i maestri di musica, che adattano le canzoni alla polifonia che inizia a diffondersi nella penisola iberica, grazie tra gli altri ai musicisti fiamminghi. Il successo della polifonia consentì che i villancicos venissero inseriti in opere teatrali, in Cancioneros, in trattati di musica e opuscoli.

CAP 2 – LA MATURITA’ Lo spirito di crociata dominante nel XII sec era ancora presente in Castiglia agli inizi del sec successivo. E’ probabile che il Poema de Mio Cid nascesse in questo periodo con la sua forma attuale. La vittoria degli Almohadi di Alfonso VIII di Castiglia ad Alarcos (1195) costituisce il momento di massima egemonia degli arabi, ma la situazione cambierà di lì a pochi anni: già la battaglia di Las Navas del 1212 si può considerare l’inizio di una rapida decadenza (in battaglia morirono quasi tutti i componenti dell’esercito arabo). La morte di Yusuf II, emiro degli Almohadi, comportò una divisione degli stati locali: Ferdinando III di Castiglia e suo padre Alfonso IX di Leon la sfruttarono per conquistare nuove città, tra cui Cordoba (1236). La morte di Alfonso IX e l’ascesa al trono del figlio Ferdinando III, che era già re di Castiglia dal 1217, ebbero come risultato l’unione definitiva dei 2 regni e l’egemonia castigliana sulla penisola iberica. Nel 1262 restava da conquistare solo il piccolo regno arabo di Granada. Nascita dei grandi latifondi meridionali soprattutto in Andalusia: città deserte che gli arabi sono stati costretti ad abbandonare e campi da coltivare con una manodopera a basso costo (i musulmani sconfitti). Le ampie estensioni rurali in cui ancora vivevano gli antichi abitanti musulmani (mudejares) vennero affidate agli ordini militari e alla nobiltà più antica e fedele al re. Sotto il dominio della chiesa e della nobiltà restano gli uomini senza titoli nobiliari, contadini e pastori e i mudejares, i quali mantengono la libertà in cambio di ingenti tributi da pagare ai proprietari delle terre che occupano. Gli ebrei costituiscono un gruppo a parte: in generale formarono un nucleo dedito al commercio, allo studio delle scienze e alla pratica della medicina. Finché perdurò la prosperità economica grazie alle conquiste del XIII sec ci fu convivenza e tolleranza all’interno delle 3 culture (cristiana, musulmana ed ebrea). 4

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Quando però iniziarono le difficoltà e le carestie del XIV sec, l’equilibrio instabile si ruppe e cominciarono le sanguinose persecuzioni contro gli ebrei, la pressione economica e religiosa nei confronti dei mudejares (si ribelleranno in numerose occasioni). Il potere della nobiltà spinse i sovrani a cercare l’appoggio del popolo, degli abitanti delle città e dei villaggi che venivano protetti con statuti che permettessero la loro crescita. Tuttavia i privilegi locali furono sostituiti da codici. D’accordo con i modelli introdotti da Giustiniano e da Graziano, Ferdinando III e suo figlio Alfonso X si sforzarono di unificare i testi legali e di codificare le attività dei sudditi (come appare evidente nelle Siete Partidas), ma la forza dei nobili impedì che la pretesa dei re riuscisse del tutto: sarà necessario aspettare fino ai re cattolici, nella seconda metà del VX sec x trovare l’unità del corpus delle leggi applicato in Castiglia e Leon. Per quanto riguarda la cultura, la differenza più significativa tra XII e XIII sec è la nascita delle università, che come conseguenza del rinascimento europeo e dello sviluppo delle città, sostituiscono le scuole monastiche o episcopali. Le università sorgono come corporazioni formate da maestri e studenti, e come tali si organizzano per difendere alcuni interessi comuni, con statuti e strutture proprie e con grande indipendenza rispetto al potere del re o della chiesa. Nel 1215 si tenne il IV concilio lateranense in cui risaltò la preoccupazione delle alte gerarchie ecclesiastiche per la scarsa formazione dei sacerdoti, mentre si propugnava la necessità che il clero avesse una preparazione più profonda. MESTER DE CLERECIA → massimi rappresentanti si forme letterarie elaborare, aliene dalla tradizione orale, che iniziano a formarsi anche in Castiglia e Leon all’inizio del XIII sec. Le direttive lateranensi non giunsero in Castiglia fino al termine del Concilio di Valladolid del 1228, ma la penetrazione delle riforme fu lenta. La letteratura scritta in lingua romanza si configura pienamente dagli inizi del XIII sec. La sconfitta degli Almohadi a Las Navas e la conquista cristiana di gran parte del mezzogiorno peninsulare, con la conseguente espulsione dalle città dei loro abitanti musulmani, ebbe come conseguenza l’immediata l’esilio degli scrittori islamici e una profonda crisi artistica degli autori rimasti nel regno arabo di Granada e che coltivarono quasi solo poesia elegiaca e letteratura epistolare. La stragrande maggioranza della popolazione di Castiglia-Leon era analfabeta e possedeva una cultura formatasi attraverso i predicatori e juglares con sermones, novelle edificanti, vite di santi e racconti, cantares de gesta e canzoni popolari che accompagnavano la vita del popolo. Ci sono 2 momenti di particolare importanza: il regno di Alfonso VIII e quello di Alfonso X. Durante il XIII sec e in concomitanza con questi 2 sovrani, quasi mezzo centinaio di trovatori e juglares visitano la corte castigliana e leonese e bisogna aggiungere che molti nobili della corte dei due re amavano proteggere poeti che venivano dal sud della Francia. Le pretese imperiali di Alfonso X e la morte di Corrado diedero una dimensione internazionale alla figura del monarca castigliano in quanto l’argomento era di grande importanza per tutti gli abitanti dell’impero per questo vi sono molte testimonianze conservate del Disastro dell’impero. Molti anche gli sforzi dei traduttori che volgono dall’arabo al castigliano numerosi trattati scientifici. L’abbondanza di traduzioni e le nuove necessità espressive dettero luogo alla formazione del castigliano letterario, evoluzione del latino e ricco di neologismo francesi e arabi.

La poesia epica Nata con propositi informativi o come notiziario, spesso si converte in un mezzo di propaganda politica, in quanto raggiunge un pubblico molto vasto: - Il mondo del feudalesimo e delle crociate - Quello dei monasteri e delle reliquie - Quello della borghesia La poesia epica è caratterizzata da oggettività e realismo. E’ considerata poesia narrativa perché come qualsiasi tipo di narrazione ha per oggetto “l’esposizione di cose realizzate o quasi realizzate” e quindi la si può intendere come espressione di verità e ciò le conferisce un carattere oggettivo.

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Da evidenziare anche il suo carattere non problematico: trionfo e difesa di valori riconosciuti dalla collettività, dei quali sono portatori gli eroi, in accezione positiva, e gli antieroi in quella negativa. I collegamenti tra il poema epico e la storia solitamente sono stabiliti in forma realista, tuttavia è da segnalare che in questa trasposizione la realtà viene percepita come una dimensione eroica, quindi esagerata: colui che è valoroso e leale dovrà esserlo sempre in modo sovrumano e viceversa, i malvagi saranno tali fino in fondo. Sul piano fisico eroi e antieroi sono capaci di azioni assolutamente straordinarie, dotati come sono di una forza iperbolica. La poesia epica si presenta come impersonale e drammatica, data la presenza preponderante di discorsi tra i personaggi che parlano in prima persona: il pubblico entra così in contatto quasi diretto con gli eroi che narrano le proprie esperienze. Risulta così comprensibile l’importanza dell’azione nei poemi epici: qualsiasi elemento descrittivo non in relazione con il combattimento è superfluo e pertanto lo è anche la psicologia e lo studio dei sentimenti, a meno che non siano legati allo sviluppo dell’azione. I poemi epici si cantavano generalmente in una monodia e con l’accompagnamento di strumenti a corda. Gli indizi più attendibili fanno pensare che il juglar (bardo) apprendesse una serie di poemi epici insieme a una struttura narrativa: la qualità dell’interprete è connessa al numero di temi che conosce e all’abilità con cui li espone. L’interprete ricordava circa 30 temi. L’utilizzo del latino come lingua colta vincolata alla Chiesa e la lunga tradizione dei...


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