Storia dell\'Antropologia - Deliège PDF

Title Storia dell\'Antropologia - Deliège
Author Marie Ciampi
Course Antropologia culturale
Institution Sapienza - Università di Roma
Pages 21
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Summary

CAPITOLO 1 – EVOLUZIONISMOϭΘϬϬ la teoƌia dell’eǀoluzioŶe diǀeŶta Đoŵe uŶa ideologia ŶazioŶale e ŵolti uoŵiŶi di sĐieŶza e di Đultuƌa cercarono di ricondurre i fatti e i fenomeni a delle sequenze evolutive. Si parla di un metodo ipotetico- deduttivo volto a spiegare tramite la teoria eǀoluzioŶista la...


Description

CAPITOLO 1 – EVOLUZIONISMO 1800 la teoria dell’evoluzione diventa come una ideologia nazionale e molti uomini di scienza e di cultura cercarono di ricondurre i fatti e i fenomeni a delle sequenze evolutive. Si parla di un metodo ipoteticodeduttivo volto a spiegare tramite la teoria evoluzionista la storia dell’uomo. CHARLES DARWIN (1809-1882) Le sue teorie nascono dalla sua prima spedizione in veste da naturalista di una durata di cinque in America Latina. Rimase molto interessato dalle isole Galapagos, principalmente dalla varietà delle specie animali. Sarà proprio questo studio sulle specie e sulle loro similarità a fondare le basi della sua teoria dell’evoluzione: ogni specie non è fissa e ogni specie può trasformarsi in un’altra specie. Idea simile a quella già proposta da Lamarck, le specie non solo si trasformano, ma progrediscono e diventano sempre più complesse. Con la pubblicazione di “L’origine della specie” nel 1859 Darwin rimette in discussione tutte le credenze attuali tra cui quella religiosa della creazione divina e delle specie naturali come raggruppamenti fissi ed eterogenei, ponendo l’accento su come le specie si trasformino o si evolvano. Alla sua teoria contribuisce anche il PRINCIPIO DI POPOLAZIONE di Malthus che sostiene che gli esseri viventi producono più eredi di quanti siano in grado di sostentare. Da qui il concetto di selezione naturale, ovvero il principio secondo il cui sono solo gli individui più capaci di adattarsi al un ambiente in continuo mutamento che riescono a sopravvivere e a trasmettere i propri geni, a discapito degli altri. L’evoluzione è quindi il cambiamento organico che compiono gli esseri viventi per adattarsi al cambiamento del loro ambiente. Si tratta di un processo di complessificazione ineluttabile, e gli organismi possono scegliere o di migliorarsi o di morire. Questo concetto Darwin lo applicò anche all’evoluzione dell’uomo e si è potuto basare anche sul ritrovamento dell’uomo di Cro-Magnon, da cui dedusse che la differenza tra la mente degli animali e quella degli uomini è di grado e non di qualità. EVOLUZIONISMO IN ANTROPOLOGIA Questa rivoluzione scientifica ha invaso tutte le altre discipline tra cui l’antropologia, che si preoccupava di collocare popoli e istituzioni sociali in sequenze evolutive. Questo si è tradotto nella presenza di una origine comune della specie da cui poi ogni istituzione si è complessificata per arrivare a forme più evolute. Ciò comporta quindi una superiorità delle popolazioni moderne rispetto a quelle primitive. Ribaltando l’idea dell’uomo selvaggio buono, in quanto ora si ritiene che la società vittoriana sia quella più avanzata di tutte. Ora il compito dell’antropologia è dunque quello di capire le origini delle proprie istituzioni e questo viene inizialmente fatto tramite lo studio degli esempi viventi di Antichità. Da qui l’interesse per lo studio delle società primitive e l’importanza delle SOPRAVVIVENZE: sono idee, istituzioni o costumi tipiche di un dato periodo che sono sopravvissute in uno stadio più avanzato della civiltà e costituiscono delle prove/esempi di stadi anteriori. In sintesi, lo scopo degli antropologi evoluzionisti è quello di riallacciare le istituzioni moderne con le origini e una definizione delle fasi e degli stadi attraverso cui passano tutti i gruppi umani. Uno sviluppo che si è compiuto in un’unica direzione e in parallelo per tutti i gruppi umani i quali possono aver percorso una parte più lunga o meno.

Lo scopo degli antropologi vittoriani non è quello di analizzare le singole popolazioni, ma di esaminare la totalità della cultura umana. Useranno infatti un metodo comparativo, mettendo l’accento più sulle somiglianze che sulle differenze. LEWIS HENRY MORGAN (1818-1881) Uno dei maggiori antropologi evoluzionisti, si interessa principalmente allo studio delle istituzioni quali matrimonio, governo, proprietà e vari metodi di sussistenza (Ancient Society 1877) e allo sviluppo di matrimonio e famiglia (System of Consanguinity and Affinity of the Human Family 1871). Reso famoso da Marx ed Engels. In merito alla schiavitù Morgan riteneva che fosse totalmente immorale e si oppone alla convinzione che ci sia differenza tra le razze. Portò avanti la sua tesi grazie agli studi sui sistemi parentali e sulla terminologia di parentela. Formula due sistemi di parentela distinti: CLASSIFICATORIO quando si associano i parenti collineari a quelli diretti e DESCRITTIVO usando i termini dei parenti primari solo con i parenti diretti. Morgan suddivide l’evoluzione in diversi stadi, in base al metodo di sussistenza: 1. 2. 3. 4. 5.

Stadio inferiore dello stato selvaggio: si nutrono di frutti e noci. Termina con la scoperta del fuoco. Stadio medio dello stato selvaggio: fuoco e pesca, in regioni più vaste. Stadio superiore dello stato selvaggio: invenzione arco e frecce. Stadio inferiore delle barbarie: invenzione ceramica. Stadio medio delle barbarie: uso architettonico della pietra, agricoltura e domesticazione degli animali. 6. Stadio superiore delle barbarie: lavorazione del ferro. 7. Civiltà: alfabeto fonetico e scrittura. Secondo Morgan le differenze tra le società sono differenze di sviluppo. EDWARD TAYLOR (1832-1917) Primo docente di Antropologia all’università di Oxford e uno dei principali teorici dell’evoluzionismo in antropologia. All’età di 23 anni fa un viaggio negli Stati Uniti e in Messico e rimane colpito da strane usanze, questo sarà il punto di partenza per il gusto della comparazione e la teoria delle sopravvivenze. Taylor sottolinea l’UNITA’ PSICHICA cioè il funzionamento analogo della mente degli uomini in tutte le società, la differenza può essere di grado ma non per natura. Si distingui così dai razzialisti che reputavano insormontabili le differenze tra le razze. La teoria della sopravvivenza si mischia con la teoria dell’unità psichica per consentire di paragonane e ricostruire degli schemi evolutivi. Per lui poi le sopravvivenze sono delle vere e proprie miniere di informazioni storiche. Il metodo di Taylor è dunque COMPARATIVO, cioè mettere a confronto informazioni provenienti da ambienti molto diversi per trarre conclusioni generali. (studio delle relazioni tra genitori e genero/a). Nello studio delle religioni Taylor tramite la sua definizione permette la presenza su una stessa linea temporale del feticista selvaggio e del cristiano civilizzato. Definisce la religione come “credenza in esseri spirituali” e pone come comune denominatore a tutte le religioni e punto di origine l’ANIMISMO. L’origine della religione è comunque un prodotto della ragione. Tutto inizia con le domande relative ai sogni e alla differenza tra vivi e morti. Nasce così il concetto di anima, e legato ad esso il concetto di spirito: un’entità solo astratta che suscita timore e rispetto. Questa credenza è stata estesa a tutti i fenomeni naturali creando una visione dualista dell’universo: un corpo e uno spirito. L’uomo è consapevole di non avere nessun controllo su queste entità, allora cerca di conquistarne la fiducia per non esserne danneggiato.

Sostiene che questi spiriti possono essere personalizzati: prima nelle pietre, poi nella natura e dopo nelle piante. A poco a poco che si incarnano negli esseri viventi si passa da animismo a feticismo. I feticci possono essere invocati e manipolati e da qui si passa ad una idolatria. L’attribuzione di una personalità al feticcio porta ad una personificazione e da qui in poi quindi si tratterà di politeismo e monoteismo. Tutto ciò avviene parallelamente ad uno sviluppo della moralità, infatti inizialmente gli dei non sono interessati alle azioni umane. Taylor sostiene quindi che le religioni si fondino su idee false, e anche se è stata la ragione a crearle è la ragione ora che deve allontanarcene. Nel 1881 pubblicò il primo manuale di antropologia Anthropology: il funzionamento analogo di corpo e mente rende gli uomini simili ed infatti permette la riproduzione tra diverse razze. Anche la somiglianza stretta tra le lingue riconduce ad un’origine comune. Il compito dell’antropologia è ricostruire il percorso verso il progresso e Taylor lo fa riconducendo tutto al passato. JAMES FRAZER (1854-1941) Un antropologo da tavolino, insegnante di Malinowski, nato in una famiglia cristiana. Opera importante è il “Ramo D’Oro” sul rituale del santuario di Nemi. Delle usanze molto diverse dalla cultura classica, va a ricercare le cause in molte culture diverse e questo viene definito un’analisi superficiale poiché va a contrastare con gli studi minuziosi e specifici degli etnografi. È nella teoria delle religioni che si afferma principalmente. Suddivide la storia dell’umanità in tre stadi: magia, religione e scienza. La magia è presente all’alba dell’umanità: creazione di leggi generali tramite l’osservazione per manipolare e spiegare i fenomeni circostanti (sorella bastarda della scienza). Il pensiero magico è dominato da due leggi: LEGGE DELLA SIMILARITA’ e LEGGE DEL CONTATTO O CONTAGIO. Successivamente arriva lo stadio della religione: alcuni tra gli uomini più intelligenti si rendono conto che non sono loro a controllare i fenomeni che li circondano, ma essi sono soggetti ad una potenza superiore e soprannaturale. Ad un certo punto però diventerà una visione insostenibile poiché i fenomeni sono ricorrenti e sono sottoposti a delle leggi immutabili, non alla mercé della volontà di esseri soprannaturali. In questo modo la religione viene rimpiazzata dalla scienza. Tuttavia, la scienza non può rispondere a quelle che sono le domande esistenziali dell’uomo. LA CRITICA DIFFUSIONISTA Una corrente che nasce contro gli eccessi degli evoluzionisti, pone l’accento sulla relativa omogeneità culturale dei vari gruppi sociali e tra i sui interessi principali vi è la cultura materiale. Sostengono che i tratti culturali siano nati o stati inventati solo in alcuni società e che si siano poi trasmesse e diffuse nel resto del mondo tramite le migrazioni e le vie commerciali. IMPORTANZA E LIMITI DELL’ANTROPOLOGIA EVOLUZIONISTA L’antropologia evoluzionista si basa quindi sul concetto che la società sia in continuo mutamento e che possono essere classificate in base al livello tecnico-economico, dal più semplice al più complesso. Il problema però è che questa evoluzione è ritenuta parallela allo sviluppo delle tecniche per la produzione dei beni materiali. Inoltre, questi schemi evolutivi erano ritenuti unilineari e he tutte le società dovevano passare per le medesime tappe, e che ogni stadio fosse un miglioramento di quello precedente. In risposta a questi limiti si è passati ad una visione della società più statica, abbandonando la ricerca delle origini delle istituzioni e rifugiandosi in un relativismo assoluto.

CAPITOLO 2 – LA SCUOLA FRANCESE EMILE DURKHEIM (1858-1917) Fonda nel 1898 l’Anneè sociologique, rivista di scienze sociali. Né le “Regole del metodo sociologico” definisce la sociologia come lo studio dei fatti sociali. Il FATTO SOCIALE è una cosa esterna all’uomo, è generale ed è coercitiva. Esiste quindi per lui un mondo esterno all’uomo a lui indipendente. In questa opera definisce anche quelle che per lui sono le RAPPRESENTAZIONI COLLETTIVE, cioè stati di coscienza collettiva che trascendono il singolo. È una realtà sui generis, come la società stessa, che è molto più della semplice somma degli individui, ma per esistere necessita di coesione e di solidarietà. Questa solidarietà nasce da un’adeguata divisione del lavoro. Sulle orme di Toennies fa una distinzione tra società moderne e società inferiori, la cui caratteristica distintiva è la solidarietà organica nella prima e quella meccanica nella seconda. Nell’opera “Le forme elementari della vita religiosa” definisce l’essenza del fenomeno della religione e la sua suddivisione tra ciò che è considerato sacro o profano. Per Durkheim è importante la divisione tra religione e magia, e sostiene che la religione sia una cosa sociale che fa parte integrante della società, e le sue caratteristiche non possono prescindere dalle caratteristiche della comunità a cui appartiene. Nel saggio “Sul alcune forme primitive di classificazione” analizza il metodo di classificazione delle società primitive. Ciò che caratterizza la mentalità primitiva è l’indifferenziazione tra l’uomo e i caratteri della cosa o dell’animale a cui è accostato. Tanto più la società è semplice, tanto semplici sono le rappresentazioni mentali. Porta gli esempi degli Aborigeni, degli Zuni e della Cina. MARCEL MAUSS (1872-1950) Nipote di Durkheim. Molto vicino al socialismo anche se il suo impegno politico non traspare nelle sue opere. Non scrive nessuna opera ma tanti articoli e saggi di media importanza. Molto vicino all’etnografia e allo studio empirico anche se non va mai sul campo a compiere ricerche. Si allontana dall’evoluzionismo, ma mantiene il concetto di istituzioni in continuo mutamento. FATTO SOCIALE TOTALE è quella cosa che mette in movimento tutta la società, dal punto di vista giuridico, sociale, economico, religioso ed anche estetico. Questo prefigura lo strutturalismo, mettendo in luce che ogni fatto sociale forma un sistema. Rimane comunque un autore che sfugge ad ogni tipo di classificazione, poiché riteneva che il metodo fosse solo uno strumento da adattare alla ricerca. A partire dallo studio di un caso particolare intende formulare delle leggi generali valide per tutti. SAGGIO SUL DONO critica la concezione utilitaristica di una economia basata sulla ricerca dell’interesse individuale. Sostiene che il primo tipo di economia sia il DONO che si porta dietro tre obblighi: di ricevere, di contraccambiare e di dare. Il dono è dunque un fatto sociale, che crea legami e genera reciprocità. Nelle società primitive attraverso il dono si trasmetteva anche lo spirito presente all’interno degli oggetti (in Polinesia questo spirito si chiama hau). In alcune società il dono evidenzia anche l’ordine gerarchico all’interno della società. Un esempio può essere il potlach analizzato da Boas, dove i rivali si affrontano mettendo in mostra ciò che possiedono. Il punto è che Mauss avrebbe dovuto confrontare gli scambi nelle società primitive con gli scambi di regali nella nostra società, non con il commercio. Anche perché il regalo non serve sempre a creare un legame di solidarietà né un obbligo di reciprocità. Si dedica anche al tema del corpo, andando ad analizzare che i comportamenti e l’uso del nostro corpo è dato dal tipo di società in cui cresciamo, gli habitus si formano in base all’educazione ricevuta. Allo stesso modo i sentimenti e le emozioni non si esprimono allo stesso modo.

Nell’opera “Saggio sulle variazioni stagionali nelle società eschimesi” analizza il modo in cui tutta la struttura sociale degli eschimesi chiamati anche Inuit, sia modo plastica e gira intorno a due poli: estate e inverno. In base a questi due periodi si modifica tutto, le abitazioni, i rapporti famigliari, la caccia… ROBERT HERTZ (1881-1915) Anche lui un empirista e interessato allo studio delle società primitive. Si interessa al culto di San Besso nelle Alpi Graie italiane. Nota che questo culto suscita anche emozioni e azioni violente, tali da non riuscire a portare a termine le processioni per il comportamento dei villaggi della vallata, e riprende da Durkheim la concezione che la religione genera sia rivalità che solidarietà. La leggenda di San Besso non corrisponde a quella fornita dalla chiesa, lo hanno trasformato in un pastore con pecore molto prosperose grazie alla sua devozione colpito dalla violenza dei suoi rivali. Un altro studio è quello che fa sulla preminenza della mano destra sulla mano sinistra. Né da una spiegazione anche in parte biologica, contando che l’emisfero sinistro è quello più sviluppato. Si nota comunque come nella gran parte del mondo la destra assuma un significato prevalentemente più positivo della sinistra, più puro, sacro. Sacro e profano, una delle dicotomie più antiche che si riflette poi su tutti gli aspetti della vita. LECIEN LEVY-BRUHL (1857-1939) Un filosofo, che ritiene inutile la morale teorica poiché la natura umana non è sempre la stessa e varia a seconda delle civiltà e attribuisce alla sociologia il compito di analizzare questa varietà. Dopo vari studi su testi etnografici emergono alcuni postulati: a) Esistono popoli che possono essere qualificati come primitivi b) Il modo di pensare, la mentalità è comune a tutti questi popoli. Il modo cioè di comprendere il reale attraverso le categorie della mente. c) La nostra mentalità si differenzia da questa grazie alla scienza e alla ragione d) Una divisione principale è quella che si fonda sul “loro” e “noi”, “ragione” e “mentalità primitiva”. Il termine mentalità si riferisce alle credenze collettive, caratterizzata quindi da uniformità, ma spesso può anche sfuggire alla ragione. Egli non sostiene che la mentalità o la cultura sia più semplice della nostra (evoluzionisti), ma semplicemente che sia diversa e si basa su una dicotomia tra “pensiero prelogico” e “pensiero razionale”. Queste credenze collettive le riprende dal concetto di rappresentazione collettiva di Durkheim. Esse sono uniformi, e si trasmettono di generazione in generazione. Nelle società primitive queste hanno un forte peso coercitivo e sono onnipresenti. Il problema è come si fa a capire quale popolazione può essere definita primitiva o meno, nonostante per l’autore queste siano categorie di senso comune. La differenza di visione della realtà è data dalla differenza di mentalità perché è attraverso essa che interpretiamo ciò che ci circonda. E nella società tendiamo a vede il mondo per quello che è, mentre nelle società primitive tutto si mischia fra il mistico e il magico e non vi è distinzione tra sogno e realtà. Questo perché il mondo dei primitivi si fonda sulla legge della partecipazione, cioè: ogni oggetto, ogni essere, ogni fenomeno può essere contemporaneamente sé stesso e qualcos’altro. La mentalità primitiva non lavora come la nostra e non ha buone capacità di astrazione, il che rende anche la formulazione del loro linguaggio molto più semplice. Un linguaggio più descrittivo e basato sul presente, come anche il metodo di conteggio. Nel sui quaderni che verranno trovati postumi, il filosofo metterà in discussione alcuni dei suoi pensieri in base alle critiche che gli vengono fatte. ARNOLD VAN GENNEP (1873-1957)

Fondatore dell’etnografia in Francia, ha un metodo molto empirico e studia il folklore francese analizzando vari riti, cerimonie e credenze. Formulerà una specie di dizionario senza formulare una generalizzazione finale. Nell’opera “Riti di passaggio” analizza le varie fasi di essi e quali sono le caratteristiche comuni nelle diverse società. Sostiene che abbiano tutti una struttura comune caratterizzata dalla separazione e poi dal reintegro nella società con un nuovo status. CAPITOLO 3 – IL CULTURALISMO AMERICANO FONDAMENTI TEORICI Si fonda sulla ricerca di correlazione tra cultura e personalità: tutti i membri di una società fanno le stesse esperienze nei primi anni di vita e sviluppano una personalità comune. Queste teorie vennero applicate ad analisi di nazioni intere e furono molto utili durante la Seconda Guerra Mondiale. Gli antropologi americani sostengono l’originalità di ogni cultura che sfocia nella formazione di una personalità propria e formulano dei postulati fondamentali: 1. Continuità: esiste una continuità tra le esperienze dei primi anni di vita e la personalità adulta 2. Uniformità: ogni società è formata da una personalità propria 3. Omogeneità: ogni cultura tende all’omogeneità dei tratti, quindi quando si appropria di un nuovo elemento lo modifica per adattarlo ai propri valori 4. Separazione: le culture sono tra loro separate e non si compenetrano FRANZ BOAS (1858-1942) Oppositore dell’evoluzionismo, fondatore dell’antropologia moderna e difensore del relativismo. La sua formazione scientifica determinerà l’impronta empirica dei suoi lavori. Non è propriamente un diffusionista ma criticherà la superficialità delle teorie evoluzionistiche rispetto lo sviluppo individuale delle culture. Non scrive ma un vero e proprio libro ma a differenza di Mauss fa delle ricerche sul campo con i nativi dell’America del nord e gli Inuit, insistendo su un approccio contestuale, poiché nessun costume ha senso senza il suo contesto. Non gli interessa analizzare le sequenze storiche o solo dei singoli caratteri di una...


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