Strade romane pdf - Riassunto utile per Topografia Antica PDF

Title Strade romane pdf - Riassunto utile per Topografia Antica
Course Architettura antica 
Institution Università degli Studi di Udine
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Riassunto utile per Topografia Antica...


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1. Raccontare le strade 1.1 DALLE PISTE PREROMANE A UN SISTEMA STATALE

L’importanza della costruzione di reti stradali era già nota ai contemporanei: Strabone si mostra ammirato, Elio Aristide le elogia, l’epitaffio di Appio Claudio Cieco (promotore della via Appia) manifesta la consapevolezza, già nel IV secolo a.C., dell’utilità concreta delle strade.! Certamente, prima dell’impianto romano, erano presenti già piste e sentieri, attestati dal Neolitico. Si sfruttavano anche fiumi, vallate e itinerari stagionali per commerciare prodotti come l’ambra. I Persiani avevano costituito la via reale, direttrice comprensiva anche di posti di guardia, gli Etruschi e i Falisci avevano anche scavato delle trincee profonde fino a 20m. I Romani spesso ripresero i tracciati precedenti, operando dei massicci interventi tecnici in virtù di tre principi: la firmitas (solidità), l’utilitas (l’efficienza), la venustas (l’aspetto monumentale). Un aspetto fondamentale dell’opera romana è che essi raccordarono e centralizzarono tutta la rete viaria. In prima istanza esse furono costruite a scopi militari, poi furono mantenute per avere un controllo diretto e rapido dal centro di potere. Queste vie favorirono l’insediamento, aiutarono l’agricoltura come assi di riferimento per la centuriazione, crearono una fitta rete di traffici anche con le regioni più lontane dell’impero, furono veicolo di scambi culturali all’interno di esso.

1.1.1 Le strade repubblicane La nascita e lo sviluppo dell’Urbs, dipesero dalla particolare posizione strategica fra direttrici di comunicazione molto antiche che collegavano la costa all’entroterra laziale, campano ed etrusco. Fra queste va ricordato il sistema via Salaria-via Campana, usato per il commercio del sale, necessario per la conservazione dei cibi e per l’allevamento, che arrivava fin sull’Appennino. Procedendo a raggiera in senso orario attorno a Roma, abbiamo dopo la via Salaria: la via Nomentana, la Tiburtina, la Collatina, la Gabina-Praenestina, l’Ardeatina, la Laurentina, l’Ostiensis (che prendevano il nome dal luogo in cui erano dirette). Un’altra via era la via Latina, costruita nel 328 a.C. dopo aver sconfitto Equi e Volsci. •

A partire dalla via Appia (312 a.C.), le strade presero il nome dal costruttore e, dopo una prima fase di costruzione legata alle imprese militari, la rete viaria fu allargata per questioni di stabilità dell’impero. Essa raggiungeva dapprima Capua, per le operazioni militari di conquista della Campania, poi si estese a Beneventum, Tarentum, Brundisium ed acquistò un’importanza capitale per le operazioni militari e i traffici verso la Grecia e l’Oriente. Importanza tale che fu celebrata come regina viarum. Esisteva comunque una variante più breve di questa strada che collegava Benevento ad Egnazia.



via Capua-Rhegium: nell’Italia meridionale, ne abbiamo informazioni incerte e fu probabilmente costruita da Tito Annio Rufo (nominato in un miliario a Vibo Valentia), o da Tito Annio Lusco o ancora da Popillio Lenate, allo scopo di un controllo politico in queste regioni di nuova conquista.



In Sicilia, le vie Valeria e Pompeia, che offrivano un’alternativa al cabotaggio sulle coste.



Verso il Nord, Cicerone ricorda:! - la via Aurelia, di datazione e fondazione dubbia, collegava Roma al Tirreno (forse a Grosseto o Pisa).! ! - la via Flaminia, realizzata dal censore Gaio Flaminio per la conquista dell’area Cisalpina, con un tracciato rettilineo per consentire rapidi spostamenti militari, nel 27 a.C. fu restaurata ed abbellita (con grandi opere monumentali) da Augusto e divenne la principale linea verso l’Italia Settentrionale. Raggiungeva Ariminium.! - la via Cassia, collegava Roma a Firenze e poi a Pistoia, Lucca e Luni.



la via Aemilia, costruita dal console Marco Emilio Lepido, collegava Ariminium (e quindi la via Flaminia) a Placentia, costituendo l’asse portante delle divisioni agrarie della regione, che dalla via prese il nome.



la via Postumia, un’altra direttrice del Nord Italia, fondamentale alle operazioni militari nelle zone subalpine. Collegava Genua ad Aquileia.



la via Annia, costruita da Tito Annio Lusco, collegava Hatria ad Aquileia che ora divenne più popolosa. Fu poi estesa verso Mediolanum e per questo divenne una strada di fondamentale importanza, causando il declino di strade come la via Postumia.



Nel I sec a.C., in seguito alla concessione della cittadinanza, la rete stradale andò ampliandosi, collegando anche regioni oltre le Alpi attraverso la costruzione di vie come la via Regina che portava da Milano alla Rezia attraversando l’attuale passo del Brennero. Le vie di comunicazione del nord Italia si irradiavano a partire da Aquileia.

1.1.2. Le strade imperiali In età imperiale il sistema viario italiano fu potenziato e ramificato, oltre che esteso nelle province. Tali interventi furono enfatizzati dagli imperatori attraverso dei miliari e monumenti celebrativi (come archi onorari). •

Le fonti letterarie, e le stesse Res Gestae, attestano una grande attività in questo senso da parte di Augusto. L’imperatore prolungò alcune delle vie già presenti, e ne aprì di nuove, come la Iulia Augusta e la Iulia Concordia.



Sotto Tiberio si segnalano strade in stato di abbandono



Sotto Claudio ci fu un nuovo impulso alla creazione di strade. A lui si attribuisce la prima rete viaria in Sardegna.



Nerva interviene in vie importanti, come la Appia e la Salaria.



Traiano, proseguì la politica di restauro, accorciò la via Appia e monumentalizzò la via Traiana (la variante della via Appia per Canosa ed Egnazia). Celebrò questo intervento con un’emissione monetale.



Adriano intervenne sulla Cassia e realizzò alcuni rifacimenti stradali.



Sotto Marco Aurelio e Lucio Vero fu allungata probabilmente la Via Appia Traiana oltre Brundisium (Traiana Calabra).



Va ricordata la via Herculia sotto Diocleziano, che si dirigeva verso Potenza, Grumentum e Nerulum.



Dubbia è la situazione del IV sec d.C., quando le strade riacquistarono una funzione militare, ed ospitavano truppe atte a difendere i confini d’Italia.



Nel V sec d.C. le strade ormai si avviavano verso un processo di degrado. 1.2. LA COSTRUZIONE E LA GESTIONE

Dalle fonti abbiamo notizie di provvedimenti legislativi per la gestione delle strade. Sappiamo che Caio Gracco costruì strade secondo i principi della bellezza e dell’utilità, fornendole anche di miliari.! La circolazione sulle strade era libera, però esistevano delle disposizioni per chi rovinasse le vie pubbliche. Esistevano infatti diversi tipi di viae, elencate da Siculo Flacco nel I sec d.C: 1. 1) "Viae publicae: realizzate con fondi pubblici da imprenditori che ne avevano avuto l’appalto. Tali vie erano anche chiamate consulares o praetoriae. Probabilmente questo significa che le vie pubbliche erano costruite da consoli o pretori, dotati di imperium e quindi del potere di espropriare terreni privati. Era comunque prerogativa del Senato realizzare una strada, ed era il Senato a finanziarne la costruzione. Abbiamo anche notizie di censori che costruiscono strade, come il celebre Appio Claudio Cieco. 2. 2) "Viae vicinales: ad interesse locale, gestite dai vici con la partecipazione dei proprietari dei fondi attraversati. Si raccordavano alle viae publicae. 3. 3) "Viae privatae: ad interesse del proprietario del fondo. 4. 4) "Viae communes: ad interesse privato di alcuni proprietari di fondi che si accordavano per la gestione. Igino cita anche un’altra categoria, che si ritrova più volte nei testi latini ma di cui il significato non è chiarissimo: le viae militares. Probabilmente si tratta di strade ad interesse strategico, oppure costruite dai soldati e poi diventate pubbliche, a statuto speciale. La cura delle strade era affidata agli edili, ma quando la manutenzione divenne insostenibile nei costi, furono istituite magistrature per la cura viarum. Augusto istituì un collegio di curatores viarum, che lui stesso sovrintendeva, probabilmente formato da ex pretori.! I lavori di stesura erano affidati a dei liberi imprenditori che ricevevano l’appalto (mancipes o redemptores), che usavano schiavi o soldati o prigionieri di guerra. Nelle province, spesso erano i militari a costruire strade, in Italia un caso di questo tipo è attestato nella via fra Bologna ed Arezzo. L’esecuzione dei lavori era controllata dai genieri (praefecti fabrum) per le questioni tecniche, e sovrintesa dai questori per le questioni economiche. Le spese erano sostenute dalla cassa pubblica in età repubblicana, in età imperiale sia dall’aerarium che dal fiscus. Senza dimenticare che molte opere erano anche finanziate da dei privati, com’era d’uso per i grandi monumenti. 1.3. LA VITA LUNGO LE STRADE

1.3.1. Viaggi e viaggiatori Le strade dell’impero erano certamente affollate, sia da personale governativo che da uomini comuni. Chi percorreva però le strade per questioni diplomatiche o militari poteva usufruire di un sistema statale di trasporti, il cursus publicus, che fungeva anche da servizio postale. Probabilmente questo nacque in età imperiale sotto Augusto o Cesare, e raggiunse il massimo della sua efficienza in età tardoantica quando il sistema fu ampliato e ramificato.

Il servizio prevedeva delle soste in delle aree poste lungo tutta la via, in cui si poteva soggiornare la notte (le mansiones), oppure cambiare i cavalli (le mutationes). In queste aree lavorava un personale di servizio diversificato. Attorno alle stazioni spesso si venivano a formare anche dei villaggi, che prendevano il nome di solito dall’ambiente circostante (montagne, fiumi, ecc). L’utilizzo del cursus poteva essere esteso anche a privati in possesso di un diploma, cioè un lasciapassare con un sigillo imperiale. Si poteva viaggiare per affari, per il commercio (ma di solito si preferiva viaggiare per acqua), per motivi di salute, per ‘turismo’. L’alta società aveva spesso ville in campagna dove ci si poteva dedicare all’otium. Con l’avvento del cristianesimo, i viaggi del cursus si moltiplicarono: vescovi, dignitari, grandi seguiti di preti che andavano a concili, ecc. Nacquero anche i viaggi di pellegrinaggio verso mete legate alla religione.! Comunque, le soste del cursus publicus, nelle fonti letterarie, risultano spesso essere scomode. Infatti, coloro che potevano, cercavano sistemazione nell’ospitalità di amici e parenti. Del resto, le ville si trovavano vicino alle maggiori vie, e spesso avevano anche all’interno delle tabernae deversoriae. Le modalità del viaggio variavano in base alle possibilità economiche del viaggiatore. I veicoli erano per lo più a trazione animale, per i dignitari vi erano anche delle portantine a trazione umana. Moltissimi viaggiavano a piedi.

1.3.2. Fatiche ed emozioni Il viaggio in età romana doveva essere scomodo, faticoso e pericoloso. Sono tante le fonti letterarie che ne enunciano le insidie e le scomodità. I tratti potevano essere accidentati, le basolature imperfette, le strade allagate o polverose. Il viandante dunque alla fine della giornata doveva essere stremato e sporco - ecco spiegate le iscrizioni poste sulle stazioni di sosta che indicano dei bagni invitanti. I viaggi in montagna dovevano essere pericolosi, esposti a precipizi o all’azione scivolosa del ghiaccio o ancora a frane. Una delle più grande insidie era l’attacco di ladri, predoni o bestie feroci come lupi.

2. Osservare le strade Le indagini archeologiche hanno fornito dati importanti sulle tecniche di costruzione delle strade, oltre che sulla loro cronologia, utili alla ricostruzione storica. 2.1. IL TRACCIATO

Prima di costruire un tratto viario, se ne definiva il tracciato, attraverso una valutazione del terreno e del sottosuolo, oltre che delle condizioni dell’ambiente circostante. Escludendo le strade arcaiche laziali che seguivano l’andamento dei rilievi, la tendenza dei Romani era di costruire strade in rettifilo, per esigenze di rapidità nella costruzione e nel viaggio. Esempi ne sono la via Appia, la via Aemilia, la via Aurelia. Per seguire una linea retta spesso non ci si preoccupava nemmeno di far passare le strade attraverso i centri più importanti: questi erano raggiungibili con delle deviazioni e delle vere e proprie ‘circonvallazioni’ (ante litteram). Gli ingegneri romani non avevano una tecnica costruttiva unica, ma adattavano le proprie capacità alla natura fisica del luogo: •

in presenza di terreni pianeggianti rialzavano le strade per evitare esondazioni e per dare maggiore visibilità in caso di attacco di briganti.



in ambito collinare e montano si preferivano percorsi soleggiati e protetti dai venti, cercando di costruire le strade in modo che avessero una pendenza dolce e costante. Talvolta, in collina si ricorse anche alla costruzione di trincee. In montagna a volte le pendenze potevano raggiungere il 20% - pendenze allora praticabili grazie agli animali da traino. Si

potevano operare, in montagna, anche dei tagli alla parete e costruire muri di contenimento. •

in terreni idrologicamente difficili si poteva sottofondare la carreggiata con uso di legname o costipamenti in anfore. 2.2. LA SEDE STRADALE!

Manca un trattato di ingegneria stradale per l’età romana. Di interesse è un passo di Stazio che descrive un cantiere ed i suoi tanti operai sulla via Domitiana: dopo aver tracciato i solchi paralleli, aver scavato la sede fino a trovare un terreno consistente, questa veniva riempita da uno a tre strati fino a formare una solida base. A lungo si è creduto che un passo di Vitruvio riguardasse la costruzione di una strada, in realtà egli si riferiva alla costruzione di un pavimento di un edificio. Dagli esami archeologici si è ricavato che gli strati preparatori sono molto vari, ed in relazione alle caratteristiche geologiche del territorio: a volte si poteva anche costruire la strada senza uno strato preparatorio, o, in zone idrologicamente a rischio si potevano usare tre strati.! Le caratteristiche della strada in realtà spesso dipendevano dalla disponibilità economica e dai materiali che si potevano reperire in loco. Si conoscono strade in terra battuta (via terrena), strade in ghiaia (glarea strata), strade in basoli lapidei poligonali a forma di cuneo, affondati in un letto di sabbia (silice strata). Quest’ultimo tipo di strade era utilizzato solo in città o in vie particolarmente importanti e pare fosse un’eredità tecnica del mondo fenicio. Le pietre utilizzate per la selciatura erano scelte in base alla disponibilità del luogo: frequentemente erano vulcaniche, calcaree o di altri materiali lapidei. Le strade lastricate spesso presentavano dei profondi solchi realizzati dalle ruote dei carri che vi passavano. In montagna questi solchi venivano prodotti artificialmente, andando a creare una sorta di strada a binario.! In ogni caso la superficie era baulata (a schiena d’asino) per favorire il deflusso dell’acqua piovana. Indipendentemente dal rivestimento esterno, il limite della carreggiata stradale era segnato lateralmente da due cordoni di pietre infisse a taglio, dalle quali correvano i marciapiedi utilizzati dai pedoni. Oltre ai marciapiedi si potevano trovare, a lato delle strade, dei canali utili per raccogliere l’acqua o anche per trasportare mercanzie pesanti attraverso il sistema dell’alaggio.! La larghezza minima di una strada fissata dalle leggi delle XII tavole era di 8 piedi in rettifilo e 16 in curva. Larghezza che variava, ma in genere consentiva il passaggio di due carri in senso opposto. 2.3. LE OPERE D’ARTE

Per rispondere alle esigenze di rapidità e tenere il tracciato il più possibile rettilineo, gli ingegneri romani si trovarono di fronte a degli ostacoli orografici o idrografici, sbancando sostrati rocciosi (gallerie e tagliate), o costruzioni per superare certe quote di altezza (viadotti) o corsi d’acqua (ponti).! Tagliate: La perizia dei romani consentì loro di riuscire ad aprire un passaggio sia con terreni teneri che aspri. Esempi sono, lungo la Flaminia a Narni, o il Pisco Montano a Terracina fatto costruire dall’imperatore Traiano per un’altezza di oltre 36m per mantenere la via Appia lungo la costa. Connesse al taglio del versante sono le substructiones, opere di contenimento del terreno. Gallerie stradali: raramente utilizzate. Si conoscono le gallerie di Agrippa in area flegrea, costruite per motivi strategici. Spesso questi scavi erano condotti in parallelo da squadre di operai disposte su entrambi gli imbocchi. L’unica galleria di cui conosciamo il nome è la Crypta Neapolitana, realizzata per rendere celeri le comunicazioni fra Napoli e Posillipo. Viadotti: realizzati per superare una valle mantenendo in quota la strada (creando una graduale salita). Spesso tali strutture assunsero la forma di ponti-viadotti su arcate o su terrapieni con paramenti murari. Noti sono il Ponte del Diavolo, vicino Rieti (II sec a.C.) e soprattutto il ponte di Augusto a Narni, opera monumentale.

Ponti: realizzati per superare corsi d’acqua, di cui la nostra penisola era piena. Il primo ponte in muratura è il pons Aemilius (142 a.C.). La tecnica a piloni lapidei e arcate (utili in caso di piena a far scaricare il peso) si sviluppò fino a lunghezze imponenti come il ponte sul Danubio di Traiano. I ponti di solito erano fatti a schiena d’asino per un buon deflusso delle acque piovane. A scopi bellici, talvolta si sono utilizzati ponti di barche. 2.4. I MANUFATTI E LE STRUTTURE PERTINENTI

Ai bordi delle carreggiate stradali erano presenti dei cippi lapidei detti miliari che scandivano le distanze. Oltre ai miliari, potevano essere collocati lungo le strade dei tabellarii, di cui però non abbiamo ulteriori notizie. Assai incerta è anche la presenza di filari di alberi a bordo strada, probabilmente più legata alle rappresentazioni artistiche che alla realtà, anche perché gli autori latini si lamentavano sempre della calura lungo le strade. Non vi erano fonti di illuminazione. Le stazioni di sosta erano spesso dei complessi articolati, con bagni, terme, alloggi per animali e persone. Probabilmente avevano anche una corte lastricata e alcune tabernae. L’esempio più noto in Italia è la mansio ad Baccanas.! Altro elemento che si trovava costantemente lungo le strade romane erano le tombe. Grandi famiglie le ponevano lungo le strade in modo che fungessero da ‘vetrina della casata’ per i passanti. "

3. Studiare le strade 3.1. IL RICONOSCIMENTO SUL TERRENO

Le fonti con cui possiamo riconoscere una strada romana sono varie (letterarie, giuridiche, archeologiche, toponomastiche, ecc): alcune ci permettono di ritrovare la strada concretamente, altre ne danno solo notizie storiche. La persistenza sul terreno di una strada dipende da una serie di trasformazioni ambientali (esondazioni fluviali, fenomeni sedimentari) e antropiche (lavori urbanistici, lavori agricoli, lavori di bonifica e di apporto o asporto di terra). La strada può aver avuto anche continuità nei secoli, il che ci permette di conoscerla, ma non ci permette di sapere molto sulla sua struttura che è stata sottoposta a restauri nei secoli.

3.1.1. L’analisi cartografica La sopravvivenza di un percorso antico si riflette anche nella sua rappresentazione cartografica. In particolare, le strade diritte devono - pur con tanta cautela - richiamare la nostra attenzione. Inoltre, l’analisi della cartografia ci permette di individuare certi ‘passaggi obbligati’ in un determinato territorio. La cartografia odierna ha rilevanza maggiore se si confronta con le cartografie passate, in particolare con quelle degli stati preunitari e dell’Istituto Topografico Militare (oggi Istituto geografico Militare, IGM) attivo dal 1870, a scopi strategici e militari. Attraverso il confronto, anche con le carte archeologiche (con la presenza di insediamenti, monumenti funebri o rinvenimenti allineati), si possono individuare maggiori indizi per l’esistenza di una st...


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