Studenti con DSA e pratiche di empowerment PDF

Title Studenti con DSA e pratiche di empowerment
Author Oceano Di Gioia
Course Pedagogia della diversità e delle differenze
Institution Università degli Studi di Perugia
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Summary

riassunto libro di esame...


Description

Lo studio descrittivo (nosografia) dei DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO (DSA) descrive tutti quei disturbi che toccano un dominio di abilità circoscritto che può interessare l'area della lettura, del calcolo, della scrittura, caratterizzando la specificità del disturbo stesso, classificabile come dislessia, disortografia, discalculia o disgrafia. Il criterio utilizzato per elaborare una diagnosi è quello della discrepanza tra il quoziente intellettivo adeguato a età cronologica e l'abilità interessata dal dominio specifico che si colloca al di sotto delle attese per età cronologica e/o classe frequentata. La procedura diagnostica arriva alla definizione della diagnosi clinica e della diagnosi funzionale, con lo scopo di mettere in luce i punti di forza indispensabili. A livello internazionale, la dislessia evolutiva viene definita come un disturbo specifico di origine neurobiologica, che interessa l'area dell'apprendimento. Quando il cervello si specializza nella lettura come se dedicasse una struttura neuronale specifica al riconoscimento delle parole. Il mancinismo è un esempio di neuro diversità. La dislessia si manifesta attraverso una minore correttezza e rapidità della lettura a voce alta rispetto a quanto atteso per età anagrafica, classe frequentata, istruzione ricevuta. Risultano più o meno deficitarie, a seconda del profilo del disturbo in base all'età, la lettura di lettere, parole e non parole di brani. Il disturbo specifico di scrittura si definisce disgrafia o disortografia, a seconda che interessi grafia o ortografia. La disgrafia fa riferimento al controllo degli aspetti grafici e formali della scrittura manuale ed è collegata al momento motorio-esecutivo della prestazione. Si manifesta in una minore fluenza e qualità dell'aspetto grafico della scrittura. La disortografia riguarda l’utilizzo, in fase di scrittura, del codice linguistico in quanto tale e si può definire come un disordine di codifica del testo scritto, che viene fatto risalire a un deficit di funzionamento delle componenti centrali del processo di scrittura, responsabili della transcodifica dal linguaggio orale a quello scritto. Nell'area del calcolo si parla di discalculia, che interviene sugli elementi basali dell'abilità numerica: il "subitizing" o riconoscimento immediato di piccole quantità. Nell'ambito procedurale la discalculia rende difficoltose le procedure esecutive. Il DSA è un disturbo cronico la cui espressività si modifica in relazione all'età evolutiva. Tuttavia è possibile individuare fattori di rischio sia personali che familiari. Una caratteristica rilevante è la comorbilità, ovvero la presenza allo stesso tempo di due disturbi. Cornoldi e Tressoldi ricordano che le diagnosi fatte in Italia utilizzano il sistema di codifica ICD-10 richiamando documenti di consenso (ISS,2011) e la legge 8 ottobre 2010, n.170. Questo obbliga il clinico d’adattarsi ai criteri ICD per la diagnosi e a precisare il profilo descritto con quelli previsti dalla 170/2010, che però potrebbero non coincidere pienamente, dando cosi spazio a elementi di ambiguità. La pubblicazione del DSM-5 (manuale diagnostico statistico dei disturbi mentali) si mostrò di più ampio respiro respiro alla classificazione proposta dalla 170/2010 rivolta specificamente alle abilità strumentali. Altra novità introdotta dal DSM-5 sono i criteri di gravità dei DSA classificati in lieve, moderata, severa. Un ultimo aspetto particolarmente rilevante è la difficoltà che una persona incontra nella realtà italiana di fronte alla necessità di avere una diagnosi di DSA in età adulta, dal momento che i servizi non attivano procedure diagnostiche per la certificazione di soggetti che abbiano già compiuto 18 anni e che non esistono ancora strumenti tarati per questa fascia di età. Sono valide le diagnosi rilasciate dalle strutture del SSN e dagli enti o professionisti accreditati dalla Regione. Come previsto dalla legge 170/2010 e dall'accordo successivo Stato-Regioni 24 / 7/ 2012 se la diagnosi viene eseguita dopo il compimento del diciottesimo anno di età non necessita di aggiornamento obbligatorio. D'altra parte la concessione di misure compensative e dispensative e il diritto d’una didattica personalizzata sono subordinate alla presentazione all'ateneo della certificazione diagnostica, come richiesto dalla norma vigente. Dall'entrata in vigore della legge 28/1/99 n 17 gli atenei sono tenuti a garantire a tutti gli studenti in situazione di disabilità il pieno diritto allo studio e una più ampia inclusione sociale. Si deve nominare un docente delegato del rettore con funzioni di monitoraggio, coordinamento e supporto delle iniziative a favore dell'inclusione, le cui azioni sono finanziate dal MIUR, a partire dal 99 con un’apposita quota. La legge 17/1999 funge da punto di svolta rispetto a due diverse modalità di intervento: prima del '99 , infatti, le azioni per l'inclusione degli studenti disabili avevano carattere emergenziale , ed erano quasi sempre attivate come risposte a richieste specifiche: dopo l'emanazione della legge, l'intervento a favore degli studenti disabili diventa sistematico con l'apertura in quasi tutti

gli atenei di un Servizio studenti disabili coordinato dal delegato del rettore alla disabilità e spesso affiancato da una commissione, con rappresentante delle diverse facoltà. La legge 170/2010 ha lo scopo di garantire il diritto allo studio e di favorire il successo scolastico a tutti gli studenti con DSA. Il ministero ha richiesto la partecipazione della Conferenza nazionale universitaria delegati disabilità (CNUDD), CHE NEL 2001 era stata nominata dalla Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) quale organo ufficiale di coordinamento delle università italiane a favore degli studenti con disabilità o con DSA. Nell'art. 5, comma 4, della legge 170/2010 si descrivono le adeguate forme di valutazione di verifica da attuarsi, come la concessione di tempi aggiuntivi, non superiori al 30% in più o il preferire verifiche orali rispetto le scritte. La scarsità di centri per la diagnosi dell'adulto e di strumenti diagnostici adeguati a valori di riferimento hanno spinto molte università a fornire il servizio di diagnosi, utilizzando risultati di ricerche on campioni interni più o meno estesi, supplendo alle carenze delle aziende sanitarie. A essere messa in discussione è infatti la modalità tradizionale e consuetudinaria di organizzare l'insegnamento, proporre i contenuti ma al tempo stesso anche di valutare gli apprendimenti. Per dirla con Schön lo studente con un disturbo specifico dell'apprendimento impone di abbandonare il proprio “terreno stabile” per imparare a frequentare una “zona paludosa” a essere cioè disponibili a incontrare situazioni nuove senza voler immediatamente circoscrivere con le parole, a reggere lo sforzo di imparare a cogliere le differenze. Giungere a scegliere la palude significa preferire la complessità perché luogo di esercizio del dubbio che sollecita la formulazione di nuove ipotesi e quindi la possibilità di concedersi lo spazio e il tempo necessari a una autentica conoscenza del processo di insegnamento. La possibilità di passare da un sistema centrato sull'insegnamento e uno che riconosca la necessità di partire dagli apprendimenti , appare ancora una prospettiva lontana per il mondo universitario .Il docente si presenta come colui che gestisce in posizione asimmetrica l'insegnamento e i percorsi di apprendimento uguali per tutti , rinunciando a una postura critica che riflette rimodella le proprie pratiche ,condivide la progettazione dei percorsi utilizzando e valorizzando le intelligenze sue e dei colleghi. Spesso i docenti non posseggono sufficienti conoscenze rispetto al disturbo, ma nemmeno sufficienti chiavi interpretative per leggere oltre una diagnosi. Nello specifico i docenti che si confrontano direttamente con il problema, quando esso è ormai strutturato, avvertono il bisogno di ampliare la propria formazione attraverso incontri con esperti o partecipando a convegni e richiedendo il supporto di altre professionalità per poterlo affrontare. Sarà importante conoscere la specificità del disturbo, ma soprattutto conoscere l'individuo nella sua unicità. Altra alleanza da costruire è quella con il mondo della scuola secondaria che può regalare una storia importante in termini di mediazioni e strategie già sperimentate e collaudate. Il mondo universitario non rappresenta l'anno zero. • Si è passa da un modello individuale centrato sullo studente con BES ed approcci che hanno maggiormente chiamato in causa la proposta didattica, invitandola a darsi in forme e interventi differenti. Si è sicuramente maturata la convinzione che una didattica che parte dal riconoscimento della diversità per promuovere le differenze rappresenta una proposta di maggiore qualità per tutti. Dentro questa cornice trova spazio l'approccio dell'UNIVERSAL DESIGN FOR LEARNING (UDL) promosso dal gruppo di ricercatori del centro di studi avanzati sul turismo (Cast) pubblicato nel 2008 e nel 2011. Esso fornisce un modello per la creazione di obiettivi, metodi, strumenti di valutazione e materiali che nascono non in una sola dimensione, ma già al plurale, approcci fluidi e flessibili prendono forma in base ai bisogni e alle capacità dei soggetti a cui si rivolgono. Supera la questione dell'accessibilità a posteriori dei processi di apprendimenti per alcune categorie di alunni, evidenziando come ogni didattica che prevede un “unico livello” innalza anche se involontariamente, le barriere dell'apprendimento per tutti. Partendo da questi studi l'UDL va a individuare le reti cerebrali interconnesse che intervengono nell’apprendimento: la rete di riconoscimento, rete strategica e affettiva. Da queste reti derivano i principi elaborati dal CAST: • fornire attraverso mezzi di rappresentazione opzioni alla percezione, alla lingua, ai simboli e alla comprensione; • fornire mezzi di azione e di espressione che riguardano il come dell'apprendimento; • fornire mezzi di coinvolgimento che implica una riflessione sulle differenti motivazioni

all'apprendimento; La proposta dell’UDL si allinea con alcuni significativi contributi che oggi chiedono alla didattica di differenziarsi in termini di contenuti, processi e prodotti. L' UDL sposa una concezione sistemica e costruttivistica della relazione di insegnamento-apprendimento dove successo o fallimento no dipendono sollo dalle caratteristiche personali e dall'impegno e approfondimento dello studente, ma in maniera autocritica anche dalla proposta didattica di lavoro, alla relazione e al contesto dentro i quali saperi sono stati condivisi. La sfida da accogliere è quella di andare oltre la semplice acquisizione di contenuti e nozioni, per affrontare la possibilità di ricercare e costruire conoscenze a partire dalla relazione tra saperi e linguaggi specifici disciplinari maggiormente spendibili in termini di apprendimenti significativi e professionalizzanti. La Convenzione sui diritti alle persone con disabilità del 2006, art2 dice che “a una progettazione di prodotti, strutture, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di “progettazioni specializzate” prevedendo anche dispositivi di sostegno per particolari gruppi di persone con disabilità ove siano necessari. Il termine inglese Capability è usato per sintetizzare nella stessa parola due condizioni basilari affinché una persona possa essere o fare, ovvero le capacità e l'agibilità. Non basta essere potenzialmente in grado di fare qualcosa, se poi non sussistono le condizioni per realizzarle. Nel pensiero di Sen le capacitazioni si intrecciano con i funzionamenti, ovvero i desideri di essere o di fare espressi dalla persona, sottolineando la stretta trama che lega insieme negli apprendimenti, rappresentazioni, espressioni e motivazioni. Il servizio di tutorato è sicuramente una forma di relazione educativa che come tale ha delle caratteristiche specifiche, è simmetrica per la vicinanza di relazione e asimmetrica visto il diverso di responsabilità e consapevolezza. Il tutor universitario, in qualità di facilitatore, può quindi sostenere lo studente nell' accesso alle lezioni, nella mediazione con i docenti, nella gestione del proprio metodo di studio e anche nella scelta dei servizi a cui rivolgersi, tenendo conto del funzionamento reale e specifico di ogni soggetto che si è tenuti ad accompagnare. Il tutor ha un compito significativo di supporto anche nell'uso di strumenti compensativi che possono supportare spazi di autonomia e, al tempo stesso, favorire un loro utilizzo modulabile in base alle discipline, contenuti, ritmi di studio e al personale modo di apprendere che caratterizza ogni soggetto. Il tutor è anche un mediatore che “connette, collega, crea dei passaggi, rende concreta la possibilità di mettere qualcosa in comune. Il “peer tutoring” nasce come pratica educativa attraverso cui gli studenti più competenti aiutano studenti meno competenti ad apprendere nell'ambito di un lavoro cooperativo. La significatività di questa esperienza regala benefici anche allo studente tutor sia in termini di gratificazione che di cognizione: rivedere infatti le proprie conoscenze consente una sorta di “apprendimento”. A questo va aggiunto un processo di accompagnamento in itinere che permetta di in ottica riflessiva di leggere le pratiche e il sapere esperienziale che nasce e cresce dentro queste relazioni, di posizionarsi rispetto all'autenticità o meno della forma di cura messa in campo. Il processo di formazione dei docenti e le crescenti competenze didattiche hanno determinato una più consapevole e maggiore individuazione dei casi di sospetti DSA tra i frequentanti. Il tema fu affrontato per la prima volta con la C.M. 5 ottobre 2004 che induceva la possibilità di personalizzare la didattica, di adottare strumenti compensativi e misure dispensative, di applicare una valutazione specifica durante tutte le fasi del percorso scolastico. La stessa legge 170/2010 assumendo come paradigma la legge 5/2/92, no 104 ha prodotto una progressiva cristallizzazione e rigidità delle procedure, al punto da legare l'intervento educativo alla certificazione diagnostica. Nella C.M. 6/3/2013 è stato raccomandato alle scuole di attivare in via preventiva tutte le misure previste dalla legge, in attesa del rilascio della certificazione e anche in presenza di una semplice diagnosi, la documentazione clinica che anche uno specialista privato può rilasciare. Gli esiti adattivi di un soggetto con diagnosi di disturbo specifico dell’apprendimento sono legati non solo a fattori neurobiologici e genetici, ipotizzati e/o riconosciuti alla base dei disturbi, ma anche a un insieme di condizioni ambientali e personali. Il termine “se” nella letteratura denota ora la totalità della persona. Il “se “è considerato il nucleo della personalità e rappresenta l'unità e totalità della personalità.

Secondo questa prospettiva definita come psicosociale, l'identità è considerata come un senso soggettivo di continuità e coerenza che si sviluppa durante tutto l'arco della vita secondo il susseguirsi di otto stadi: • 1 stadio, nascita fino al primo anno di vita • 2 stadio, 1 anno e mezzo-3 anni autonomia vs vergogna dubbio • 3 stadio, 3-6 anni, iniziativa vs senso di colpa • 4 stadio, 6-11 anni, industriosità vs senso di inferiorità • 5 stadio, adolescenza, identità vs confusione dei ruoli • 6 stadio, giovinezza, intimità vs isolamento • 7 stadio, età adulta, generatività vs stagnazione • 8 stadio, età anziana, integrità vs disperazione Viene riconosciuto che il DSA possa avere conseguenze funzionali negative durante il corso della vita, compresi tassi più alti di livello di disagio psicologico e salute mentale peggiore, tassi più alti di abbandono scolastico e di sintomi depressivi. I disturbi specifici dell'apprendimento intaccano le risorse del soggetto, indebolendo una costruzione solida dell'identità e rendendo difficile un pieno sviluppo del se e del suo progetto di vita. Risulta pertanto fondamentale che i contesti educativi e formativi , dalla scuola all'università, accanto a quelli dell'educazione primaria , con le opportune e necessarie differenze legate all'età dei soggetti, attivino tutte le risorse necessarie affinché l'impatto della presenza di un disturbo specifico dell'apprendimento nel processo di costruzione del se e del suo funzionamento possa essere modulato e incidere in maniera non significativa nei processi e nelle dinamiche sottese all'adattamento e al benessere psicologico. L'adultità è una condizione bidimensionale che per poter essere vissuta richiede una sorta di accomodamento ragionevole tra un tempo che ne determina l'entrata e uno spazio che ne sancisce il diritto di soggiorno. Da un lato infatti essere adulti in termini anagrafici è l'espressione di una maturazione biologica, fisica, cognitiva e relazionale; dall'altro essere riconosciuti adulti in termini sociali, si traduce nella possibilità di occupare specifici status e potersi esprimere in altrettanti ruoli. Il destino di chi si appresta a diventare adulti è sempre più segnato da una difficile ricerca di identità sociale, chiamata a elaborare autonomamente la conflittualità adolescenziale e ad acquisire una caratterizzazione nella sua dinamicità. Un giovane adulto con BES ha la possibilità di vivere pienamente questo momento se si verificano alcune condizioni: il consolidamento di una rappresentazione sociale che lo consideri adulto in tutte le sue dimensioni psicologiche, affettive e sociali: l'esistenza di ruoli sociali valorizzati, che non hanno solo a che fare col ruolo lavorativo ma anche col tempo libero e con le relazioni affettive e sessuali. Nonostante sia maturata la consapevolezza che ogni identità si può tradurre in un funzionamento bio-psicosociale dinamicamente connesso a fattori personali e contestuali, a imperare sono spesso rappresentazioni sociali che dipingono le persone con difficoltà, come un'umanità destinata al sostegno, all’eterna riabilitazione, alla protezione: sicuramente non all'adultità. La sfida di diventare adulti chiama in causa un piano di riconoscimento di diritti e bisogni che ne determinano le condizioni di percorribilità, ma che, per realizzarsi in termini essenziali, necessita anche dell'assunzione di un “dovere di cura” verso la propria maturazione. Ogni volta che le rappresentazioni sociali si esprimono in termini di limitazioni e impossibilità, negano in concreto la possibilità di diventare adulti. Diventare adulti no è però solo un diritto, ma anche un bisogno. Non si tratta solo di un'esigenza fisiologica da ascoltare e soddisfare, il bisogno “normale” di progettare la propria vita. Diventare adulti è allora anche un dovere, uno sforzo non sempre desiderabile. In questo senso diventare adulti implica impegno personale, responsabilità di diventare davvero I protagonisti della propria esistenza: “Maturare significa diventare consapevoli della necessità”. Una identità trova il suo valore più profondo nell'imparare a riconoscere e accettare I propri limiti e il bisogno di sostegni, partendo dalla dignità di ciascun soggetto, dalla centralità delle sue relazioni con gli altri e con il mondo, dal suo essere titolare di diritti e doveri dentro una trama comunitaria. Fare I conti con la propria identità significa maturare una profonda consapevolezza rispetto ai propri punti di forza ma anche in relazione a tutte le componenti deficitarie del proprio funzionamento. Un disturbo non è un elemento esclusivo e

totalizzante del proprio se, ma nemmeno una componente accessoria che è possibile tralasciare e non considerare. Difficoltà, disturbi e menomazioni si intrecciano dinamicamente con le componenti di salute, attività e partecipazione, condizionando con forza la definizione della propria identità, della propria storia personale: “Il sedimentarsi progressivo dentro di noi delle esperienze di vita edifica quel che siamo”. In questo viaggio di ricognizione e risonanza interna, il momento della diagnosi rappresenta un punto cruciale: è il momento in cui la zona d'ombra è oggettivata e trova un nome e con esso l'entrata in campo di stereotipi e pregiudizi. L'esperienza universitaria, come potrebbe essere quella professionale o personale, finita ala scuola, rappresenta una possibilità di ripartire da zero. Il nascondere a sé e agli a...


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