Susan Brownmiller, Contro la Nostra Volontà PDF

Title Susan Brownmiller, Contro la Nostra Volontà
Author Emma Migliacci
Course Storia contemporanea
Institution Università degli Studi di Perugia
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Summary

Susan Brownmiller, Contro la nostra volontà. Uomini, donne e violenza sessuale, Bompiani, Milano 1976.
Riassunto in italiano...


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I. La psicologia di massa dello stupro Kraft-Ebing, pioniere negli studi sui disordini sessuali, non si espresse molto sul tema dello stupro, semplicemente informò i suoi lettori che la maggior parte degli stupratori erano dei degenerati, degli imbecilli. In qualche modo si lavava le mani riguardo l'intera faccenda. Nemmeno Sigmund Freud, il padre della psicanalisi, si espresse ampiamente su questo argomento. Non avvertì mai lo stimolo di studiare come nella vita reale il pene venga utilizzato come arma. Questa tematica viene ignorata anche dei suoi discepoli. Anche i teorici del socialismo Marx ed Engels così come i loro discepoli, nello sviluppare la teoria dell'oppressione di classe, nel portare parole come “sfruttamento” nel vocabolario di tutti giorni, furono muti riguardo la tematica dello stupro. Tra di loro solo August Babel cerco di considerare l'importanza storica dello stupro, il suo ruolo nella formulazione di concetti come classe, proprietà privata e mezzi di produzione, anche se bisogna dire che egli si trovò maggiormente a suo agio nelle ricerche sui salari e sulle condizioni di lavoro nelle fabbriche tedesche delle donne. Reich per un attimo sembra concepire la visione di un’ “ideologia mascolina dello stupro", ma la frase è rimasta in sospeso nel capitolo introduttivo della sua La rivoluzione sessuale, in attesa di una interpretazione che poi non vieni mai data. La mente e tormentata di Reich era troppo dissestata. Sicuramente fu quindi fondamentale il lavoro delle femministe degli anni 70 che, cercando di liberarsi dalle convenzioni che impedivano di prendere in esame la sessualità maschile, cercarono di scoprire l’essenza e il significato della erazione della donna. È fondamentale ai fini di quest'analisi riconoscere come la violenza carnale abbia una sua storia, e come mediante gli strumenti dell'analisi storica possiamo imparare e comprendere ciò che ha portato alla condizione della donna dei nostri tempi. È sicuramente importante analizzare dal punto di vista antropologico e la sessualità umana. I nostri stimoli sessuali partono dalla testa, e l'atto a differenza che per gli animali non è necessariamente collegato agli schemi procreativi di madre natura. A differenza degli animali, negli umani non c'è una stagione per gli accoppiamenti, e quindi un maschio umano può suscitare l'interesse sessuale in una femmina umana in un qualsiasi momento, e l'impulso psicologico del maschio non dipende minimamente dalla buona disposizione della femmina. Tutto questo significa che il maschio umano può violentare. 1

La capacità strutturale dell'uomo di violentare corrisponde alla vulnerabilità strutturale della donna. Il primo stupro fu un'inaspettata battaglia basata sul primo rifiuto della donna, ma il secondo stupro fu senza dubbio premeditato. Una volta compiuto lo stupro diventò la fondamentale arma offensiva dell'uomo contro la donna, il principale agente del volere di lui e della paura di lei. Divenne lo strumento della conquista vittoriosa della donna da parte dell'uomo, il banco di prova definitivo della sua forza superiore, il trionfo della sua virilità. Lo stupro da questo momento divenne un'arma per generare paura, E si innescò un consapevole processo di intimidazione attraverso il quale tutti gli uomini mantengono tutte le donne in uno stato di paura.

II. Al principio era legge Fin dai più antichi inizi dell'ordine sociale basato su un primitivo sistema di forze di ritorsione, la donna non fu uguale all'uomo di fronte alla legge. Per una conformazione naturale, per un decreto anatomico il maschio umano era un predatore naturale, mentre la femmina fungeva da sua preda naturale. La femmina dunque poteva essere soggetta a una conquista fisica totalmente non volute detestabile, che poteva comportare conseguenze gravissime e quali la morte o il ferimento, o gravidanze e nascite di bambini che rimanevano a carico della madre. L'alternativa per la donna era una sola. Le altre donne che poteva cercare per un intervento in suo aiuto erano quasi sempre più piccole e sempre più deboli dei suoi aggressori maschi. Quello che rimaneva era individuare fra i loro predatori alcuni ci avrebbero potuto essere scelti come loro protettori. Fu forse è così che avvenne il rischioso patto. La paura femminile di divenire prede degli stupratori, e non una libera e naturale inclinazione per la monogamia, la maternità o l'amore, fu con tutta probabilità l'unico elemento che portò all'originario so giovamento della donna per opera dell’uomo, la causa fondante della sua storica dipendenza dall'uomo, del suo addomesticamento. Una volta che il maschio diventò titolare di un corpo femminile egli si assunse l'onere di scacciare tutti gli altri potenziali aggressori, spaventandoli con le minacce di violentare le loro donne come rappresaglia. Il prezzo che però dovette pagare la donna fu enorme: delusa e convinta della sua innata incapacità di proteggere, si estraniò dalle altre donne. In più coloro che si erano assunti l'onere della protezione della donna pretesero qualcosa di più del loro corpo: ridussero la donna ad un mero bene mobile, e venne imposta la castità e la monogamia. A questo punto il 1

crimine commesso contro il corpo della donna non fu più un delitto contro la sua persona, divenne un delitto contro una proprietà maschile. La più antica forma di relazione coniugale protettiva permanente, che oggi noi conosciamo come matrimonio, a quanto pare fu istituzionalizzata da ratto e dallo stupro di una femmina da parte di un maschio. La cattura della sposa non era una formalità bizzarra ma una lotta in piena regola: un un maschio dopo terzi appropriato del corpo di una donna avanzava su di esso dei diritti, con un atto di violenza. Il sistema del ratto fu perfettamente accettabile per gli uomini ovviamente, al fine di acquisire donne e sopravvisse in Inghilterra addirittura fino al XV secolo. Ancora oggi esiste la cattura della sposa nelle foreste equatoriali delle Filippine. Questa pratica della cattura violenta della donna da parte dell'uomo dapprima a condotto alla fondazione di un rudimentale "protettorato della sposa" e, dopo qualche tempo, si è determinata la completa cristallizzazione del potere maschile, ossia il patriarcato. La donna fu, come prima proprietà reale dell'uomo, la prima pietra della "casa del padre". Fu proprio dall'iniziale soggioga mento della donna, dopo il quale si verifico anche quello della prole, che si svilupparono i concetti di gerarchia, schiavitù e proprietà privata. La definizione femminile dello stupro può essere una sola: se una donna preferisce non avere rapporti sessuali con un determinato uomo e l'uomo decide di agire contro la sua volontà, si ha un atto criminale ti stupro. Questa però non è mai stata la definizione legale. Furono infatti gli antichi patriarchi coloro che si riunirono per mettere per iscritto i loro primi patti, ed erano gli stessi che si erano serviti dello stupro delle donne per forgiare il loro potere maschile. Come avrebbero potuto considerare lo stupro un delitto dell’uomo contro la donna? Lo stupro e non poteva essere considerato come una questione di consenso o di rifiuto femminile, una sua definizione non poteva basarsi sul principio dell’intesa di entrambi i sessi o sul diritto della donna alla propria integrità corporea. Lo stupro di fatti entrò nella legislazione non come crimine commesso nei confronti di una donna, ma come un delitto contro la proprietà di un uomo perpetrato da parte di un altro uomo, ce la proprietà in questione ovviamente è la donna.

È stato così per l’antica legislazione babilonese e mosaica codificata su tavoletta secoli dopo la costituzione di gerarchie tribali. Originariamente tale legge scritta fu un patto solenne stipulato da uomini possidenti volto a proteggere i loro interessi mediante uno scambio di merci in alternativa alla forza. In questo contesto il ratto e la cattura delle donne rimase accettabile fuori dall’ambito delle tribù o delle città, ma ovviamente all’interno della società civile questa patrona avrebbe causato caos. Quindi si scelse 2

il pagamento in denaro al padre di famiglia era un sistema più civile e meno pericoloso per procurarsi una moglie. Venne quindi codificato il prezzo per una moglie. Fu questa la via indiretta attraverso la quale il primo concetto di stupro criminale entrò nella definizione di legge per opera dell’uomo. In questa ottica che vede al centro il padre patriarcale lo stupro criminale era una violazione nel modo di fare affari. In altre parole lo stupro era il furto della verginità della figlia, un’appropriazione indebita. Nel Codice di Hammurabi, varato circa 4000 anni fa, vi erano delle omissioni che indicavano chiaramente come non fosse concessa a una donna la condizione di persona indipendente, era o una vergine promessa in matrimonio, oppure la legittima moglie di qualcuno. Nel codice si stabiliva che un uomo dovesse essere condannato alla alla pena capitale se violentava una vergine promessa in sposar e la ragazza stuprata era considerata non colpevole. Mentre se capitava ad una donna sposata di essere violentata da qualcuno questa era chiamata a dividere in egual misura la colpa con il suo aggressore. Non si analizzavano le circostanze dei fatti, il crimine era in tutti i casi individuato come adulterio ed entrambi i coinvolti in tale crimine venivano gettati nel fiume. Poi al marito era consentito di poter tirare fuori dall’acqua la moglie, ed il re poter rimettere in libertà l’uomo colpevole.

Gli antichi ebrei ripresero il Codice di Hammurabi, ma all’annegamento nel fiume sostituirono la lapidazione. Nella bibbia quando Mosè ricevette le tavole con i dieci comandamenti, non ve ne era uno che diceva “Non violentare”, ma vi era il chiaro comandamento contro l’adulterio, e anche contro il semplice fatto di desiderare la donna d’altri, che veniva accumunata ad un bene materiale, posto sullo stesso piano della casa, del campo, del servo, del bue, dell’asino del vicino. Come nella cultura babilonese anche in quella ebraica una donna sposata vittima di stupro viva considerata essa stessa colpevole, adultera e irrimediabilmente contaminata. Per lei c’era la morte per lapidazione insieme al suo aggressore. Dobbiamo analizzare alcuni complessi passaggi secondari del Deuteronomio, scritti molto dopo i 10 comandamenti, per arrivare al concetto ebraico autentico di un atto criminale di stupro, cioè un atto illegale la cui piena responsabilità dovesse essere addebitata al violatore e non alla vittima. Nell’ordine sociale ebraico le giovani vergini erano vendute come spose in cambio di 50 pezzi d'oro. Una figlia di Israele era quindi tenuta sotto sorveglianza per difendere la sua illibatezza, altrimenti, come se fosse merce avariata avrebbe difficilmente trovato una collocazione presso un partito vantaggioso. Come per le mogli, che erano ritenuti responsabili del proprio stupro, anche 3

una figlia vergine e Brea aveva il compito di proteggere la propria illibatezza. Se un uomo violentava una vergine dentro le mura della città ad entrambi spettava la morte per lapidazione, questo perché si pensava che se la ragazza avesse chiesto aiuto, dentro la città avrebbe sicuramente ricevuto il soccorso da chi la sentiva. Se invece l'atto di violenza avveniva fuori dalla città, o mentre la ragazza era impegnata nel lavoro nei campi, avrebbe potuto strillare senza che nessuno la sentisse, in questo caso dunque si decise che lo stupratore doveva pagare al padre della vergine 50 sicli d’argento come risarcimento di quello che sarebbe stato il prezzo richiesto ad uno sposo, e alla coppia veniva semplicemente ordinato il matrimonio. E se invece la ragazza che era stata stuprata nel campo, o lontano dalla città, era già fidanzata con un altro uomo, si decise che le esecrazione e la vendetta del popolo ebraico si indirizzassero unicamente contro lo stupratore.

Prima delle tavole dei 10 comandamenti e della codificazione della legge mosaica, presso gli ebrei la punizione per lo stupro era ancora più tremenda, soprattutto nel caso in cui colui che si macchiava di questo crimine non apparteneva alla stessa tribù della vittima. Un esempio di questa brutale punizione sia nella storia di Dina, che è una chiara diffida per chiunque avesse avuto l'occasione di violare la figlia vergine di un padre ebreo. È narrata nella genesi, e racconta di Dina, figlia vergine di Giacobbe che fu violentata un giorno che parti per andare a trovare degli amiche. Il suo stupratore si appellò allora alla famiglia perché gli fosse permesso di sposare Dina.i figli di Giacobbe finsero di essere d'accordo e suggerirono a lui che, con tutti gli altri componenti maschi della sua tribù, si sottoponessero a rito di circoncisione. Tre giorni dopo quando gli uomini di quella tribù erano ancora sofferenti per l'operazione, i figli di Giacobbe invasero il loro accampamento uccisero gli uomini e razziarono le loro donne e i loro averi. Questo episodio dimostra come per le famiglie di Israele, soprattutto quelle di un certo rango economico e sociale, la protezione delle figlie da aggressioni sessuali fosse una cosa seria, non si facevano scrupoli, infatti, di violentare le donne delle altre tribù. E le prigionieri venivano impiegate come serve, braccianti agricoli, concubine e generatrici di futuri schiavi. Tra l'altro e questo fu più o meno quello che accade nel XVIII secolo in America, quando i proprietari di schiavi americani si servivano a loro piacimento delle loro schiave nere. Addirittura questo parallelo con la Bibbia fu citato spesso come giustificazione religiosa da parte dei sostenitori della schiavitù in America. Oggetto del libro dei giudici è proprio questo infelice sorte a cui le donne coinvolte nelle guerre intestine fra le 12 tribù di Israele sono destinate. 4

Essendo gli stupri all'ordine del giorno tra il popolo ebraico, non c'è da stupirsi del fatto che la principale parabola che si trova nella Bibbia sulla violenza carnale non si preoccupi tanto della tragica fine della donna e neppure degli sforzi di suo padre o della sua famiglia per vendicarla. La famosa storia della moglie di Putifarre re è invece un'importante lezione etica, che poi si pone alla base del folklore ebraico, ma anche cristiano e musulmano, ed esprime la storica preoccupazione e la continua paura dell’uomo egocentrico: cioè è la paura di ciò che può capitare a un uomo giusto nel caso in cui una donna vendicativa menta e gridi di essere stata violentata. Nella Genesi si racconta di Giuseppe, schiavo fidato che viveva presso la dimora dell'egiziano Putifarre. Si racconta di come la moglie di Putifarre guardo con occhi lascivi lo schiavo ebreo, ed era insistente nel importunarlo, ma ogni volta il virtuoso Giuseppe le ricordava che avevano lo stesso padrone. Un giorno però la moglie di Putifarre lo afferrò e gli ordinò di giacere con lei, allora lui fuggì, e la donna comincia ad urlare di essere stata violentata. È questa la visione della storia fornita dall'uomo ebreo. Putifarre fu costretto a gettare il suo schiavo preferito in prigione, ma Dio rimase al fianco dell'israelita, infatti una volta imprigionato diventò il sovrintendente della prigione e poi fu graziato e addirittura ascese socialmente fino a diventare Primo Ministro. La morale che si ricava da questa parabola è che è una donna respinta può procurare tremendi guai a un galantuomo, basta che lo accusa di stupro. La leggenda della moglie di Putifarre, anche se presentata con sfumature diverse, è un pezzo forte di molte culture antiche, ritroviamo disavventure simili a quelli di Giuseppe negli insegnamenti del Corano, una leggenda simile nel folklore egiziano del 1300 a.C., una variazione di questo racconto nei miti celtici, è stato riscontrato il frequente ricorrere di questa tematica nelle storie romantiche dei crociati. È difficile che questa diffusione pressoché universale della parabola sullo stupro, una parabola che addosso a tutta la colpa a una femmina lasciva straniera, sia un fatto accidentale. È chiaro che i popoli aggressivi e bellicosi abbiano sempre trovato comodo promuovere questo tipo di leggenda, durante le loro guerre con gli altri popoli. Infatti quale poteva essere un modo migliore di questo per assolversi da tutte le colpe nel momento in cui coglievano i frutti della vittoria violentando le donne dei nemici?

Col passare dei secoli le donne ebraiche cominciarono ad acquisire una certa indipendenza e i sapienti che interpretavano la Bibbia sentirono la necessità di re interpretare questo episodio, che in effetti non poteva identificarsi come un vero e proprio stupro, ma aveva certi elementi di reciproca seduzione. L'emergere della figura di donna indipendente, rimasta senza padre e che non si era 5

sposata, comincia influenzare le leggi che governavano i processi per stupro, nei quali la donna comincia diventare una parte in causa. I teorici talmudici del medioevo, cioè l’'élite intellettuale ebraica, cercarono con la loro virilità pronunciarsi su le nuove contingenze. La verginità rimase una condizione sine qua non nei processi per stupro, ma le ragazze che manifestavano "brama sessuale" erano aggiunti alla lista delle non-vergini riconosciute dalla legge, insieme alle gentili, alle schiave e alle prigioniere. Secondo l'interpretazione talmudica una vergine violentata non era più obbligata a sposare il suo stupratore. Se era in una condizione di semi-indipendenza e la sua età era compresa tra i tre e i 12 anni e mezzo, poteva beneficiare personalmente della penale di 50 sicli. Il fatto di permettere alla donna di ricevere denaro si accordava con la concezione dello stupro come del furto della verginità. Solo più tardi questa ammenda venne considerata un indennizzo per una lesione al corpo della donna. Questo fu per le donne un vero progresso, ottenuto con tanta fatica.

Anche dall'analisi dei concetti di stupro e di punizione nell'antica legge inglese quello che emerge è il dilemma se lo stupro fosse da considerare un diritto contro il corpo della donna, oppure contro la proprietà di un uomo. Prima della conquista da parte dei normanni nel 1066, la pena per la violenza carnale era la morte, ma questa punizione rigida veniva applicata solamente quando ad essere stuprata era una vergine i nobili e i possidenti che viveva sotto la protezione di un signorotto potente. Il sistema feudale, che si radicò nell'Inghilterra medievale, permetteva alle donne di ereditare dei beni quando non vi erano eredi maschi, e questo rese il “trafficare in matrimoni” un affare lucroso per i nobili. Per ovvi motivi economici una donna ereditiera proprietaria di terre non poteva sposarsi senza prima il permesso del suo signore feudale. In questo contesto la pratica di "rubare un'ereditiera" attraverso un rapimento è un matrimonio quatto divento un metodo consueto dei cavalieri avventurosi e ambiziosi per poter conquistare un importante patrimonio. La letteratura gotica spesso pone al centro delle sue narrazioni quesito “furto delle ereditiera”, e lo rende un tema altamente romantico, quando in realtà era una faccenda basata sulla brama di terra e mai sull’amore. Se la vergine ereditiera riuscito a fuggire prima di essere obbligata al matrimonio, o se il cavaliere errante semplicemente aveva abusato di lei, questa poteva cercare di ottenere giustizia presso il castello del suo signore. La pena per il reo che aveva commesso tale reato era molto pesante: viene condannato a morte e in più, dopo aver infierito anche sul suo cavallo sul suo cane o sul suo falco, la sua terre il suo denaro dovevano essere assegnati alla 6

vittima della violenza. La vergine poteva, per sua benevolenza, risparmiare lo stupratore da questo orribile morte, in quel caso poteva essere autorizzata dal re o dalla Chiesa ad accettarlo come sposo. Quando puoi con Guglielmo il conquistatore il sistema processuale passo dall’ordalia al combattimento, erano poche le vergini che erano in grado di sostenere un combattimento contro il loro aggressori, quindi la facoltà della donna di ottenere giustizia fu effettivamente inficiata dalla sua incapacità di combattere. Fu poi con il re Enrico II Plantageneto che venne stabilito che se una vergine stuprata intentava una causa civile e si arrivava ad un atto di accusa, il processo doveva essere condotto da una...


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