Teorema di Stokes (teoria) PDF

Title Teorema di Stokes (teoria)
Author Nicola Genuin
Course Elettrotecnica
Institution Università degli Studi di Trento
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Approfondimento sul teorema di Stokes, utile negli studi di elettrotecnica...


Description

Nicola Genuin 2018

Teorema di Stokes

TEOREMA DI STOKES INTRODUZIONE In matematica, in particolare in geometria differenziale, il teorema di Stokes è un enunciato riguardante l'integrazione delle forme differenziali che generalizza diversi teoremi di calcolo vettoriale, quali il teorema della divergenza o il teorema del rotore. Prende il nome da Sir George Gabriel Stokes (1819-1903), nonostante la prima formulazione del teorema sia stata attribuita a William Thomson (Lord Kelvin), che la inviò in una lettera a Stokes nel luglio del 1850.

Il teorema fondamentale del calcolo integrale stabilisce che se 𝑓 è una funzione reale che ammette primitiva su un intervallo [𝑎, 𝑏] (cioè ammette una funzione 𝐹 che derivata nello stesso intervallo dia 𝑓), l’integrale su tale intervallo può essere calcolato tramite una sua primitiva: 𝑏

∫ 𝑓(𝑥)𝑑𝑥 = 𝐹 (𝑏) − 𝐹(𝑎) 𝑎

In matematica, in particolare nel calcolo infinitesimale, il differenziale di una funzione quantifica la variazione infinitesimale della funzione rispetto ad una variabile indipendente. Per una funzione 𝑦 = 𝐹(𝑥) di una sola variabile 𝑥, per esempio, il differenziale 𝑑𝑦 di 𝐹 è definito dalla uno-forma: 𝑑𝐹 (𝑥, 𝑑𝑥 ) 𝑑𝑦(𝑥, 𝑑𝑥) = 𝑓(𝑥) → = 𝑓 (𝑥) → 𝑑𝑦(𝑥, 𝑑𝑥) = 𝒇(𝒙)𝒅𝒙 = 𝒇(𝒙)(𝒙 − 𝒙𝟎 ) 𝑑𝑥 𝑑𝑥

dove 𝑓 denota la derivata di 𝐹 rispetto a 𝑥 , ovvero il limite del rapporto incrementale ∆𝐹/∆𝑥 per ∆𝑥 infinitamente piccolo, e 𝑑𝑥 l’incremento della variabile indipendente.

Se si considera una funzione 𝐹: 𝑈 → ℝ derivabile, con 𝑈 aperto in ℝ, essa può essere approssimata in un intorno di un qualsiasi punto 𝑥0 del dominio mediante la funzione:

𝒍(𝒙) = 𝒇(𝒙𝟎 )(𝒙 − 𝒙𝟎 ) + 𝐹(𝑥0 ) = 𝒇(𝒙𝟎 )𝒅𝒙 + 𝐹(𝑥0 )

il cui grafico è la retta tangente (cioè la derivata) al grafico di 𝐹 in (𝑥0 , 𝐹(𝑥0 )). La funzione 𝑙 è un’applicazione affine da ℝ in sé, cioè un’applicazione lineare sulla distanza da 𝑥0 composta con una traslazione (l’aggiunta del termine +𝐹(𝑥0 )). Il differenziale è allora la parte lineare di 𝒍. In termini pratici, osservando l’immagine a fianco, in un campo bidimensionale il differenziale indica quantitativamente la variazione 𝑑𝑦 della retta 𝑙 , tangente di 𝐹 nel punto (𝑥0 , 𝐹 (𝑥0 )), nell’intervallo [𝑥0 , 𝑥] corrispondente al vettore 𝑑𝑥 . Si dice che il differenziale è l’applicazione lineare che associa a quel vettore la variazione al primo ordine. Si tratta di un oggetto utile per avere informazioni locali sulla funzione di partenza, ad esempio mostra se è localmente invertibile. Le derivate direzionali di una funzione invece indicano di quanto varia la funzione al primo ordine lungo un determinato vettore, cioè di quanto varia la funzione al primo ordine nella direzione indicata da un determinato vettore, prendendo quindi le caratteristiche di una grandezza specifica corrispondente ad una variazione 𝑑𝑥 unitaria  . Risulta di cui si considera solo la direzione, o meglio il versore 𝑑𝑥 evidente quindi, dato il valore unitario del versore secondo la definizione dello stesso:  = 𝑑𝑥

𝑑𝑥 ||𝑑𝑥 ||

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con ||𝑑𝑥|| modulo del vettore 𝑑𝑥 , che la derivata direzionale di una funzione in campo bidimensionale equivarrà alla derivata della funzione stessa nel punto considerato (anche detta coefficiente angolare), infatti risulta:

 = 𝑓(𝑥0 ) ∙ 1 = 𝑓(𝑥0 ) 𝑓(𝑥0 )𝑑𝑥

Sia ora 𝐹 una funzione liscia 1 (cioè una 0 -forma). La derivata esterna di 𝐹 è il differenziale 𝑑𝐹 di 𝐹 , ovvero l’unica uno-forma tale che per ogni campo vettoriale 𝑋 si abbia 𝑑𝐹(𝑋) = 𝑋𝐹 , dove 𝑋𝐹 è la derivata direzionale di 𝐹 in direzione 𝑋 . Nella pratica, la funzione 𝐹 , derivabile in 𝑥0 come: 𝑑𝐹(𝑥0 ) = 𝑓(𝑥0 ) 𝑑𝑥

può essere approssimata in un intorno dello stesso punto dalla funzione: 𝑙(𝑥) = 𝒇(𝒙𝟎 )𝒅𝒙 + 𝐹 (𝑥0 )

in cui il termine evidenziato rappresenta il differenziale della funzione stessa. Riscrivendo la prima relazione si nota che: 𝑑𝐹(𝑥0 ) = 𝒇(𝒙𝟎 )𝒅𝒙

Poiché vale 𝑑𝐹 (𝑥0 )/𝑑𝑥 = 𝑓 (𝑥0 ), si può interpretare 𝒅𝑭(𝒙𝟎 ) = 𝒇(𝒙𝟎 )𝒅𝒙 nel contesto più generale delle forme differenziali come il differenziale esterno della 𝟎-forma 𝑭(𝒙) (o derivata esterna).

Il teorema di Stokes generalizza il teorema fondamentale del calcolo considerando una 𝑛-forma 𝜔 e il suo differenziale esterno 𝑑𝜔. L’intervallo [𝑎, 𝑏] è una varietà differenziabile di dimensione uno, avente come frontiera l’insieme {𝑎, 𝑏}: l’integrazione di 𝑓 su questo intervallo può quindi essere estesa all’integrazione su una varietà 𝑀 di ordine maggiore, e per far questo è necessario che 𝑀 sia orientabile e la forma differenziale sia a supporto compatto. Il bordo di 𝑀, indicato con 𝜕𝑀, è ancora una varietà ed eredita l’orientazione di 𝑀. IL TEOREMA

Il teorema di Stokes afferma che se 𝜔 è una (𝑛 − 1)-forma a supporto compatto su Ω e 𝜕Ω è la frontiera di Ω, allora: ∫ 𝑑𝜔 = ∫ 𝜔 = ∮ 𝜔 Ω

𝜕Ω

𝜕Ω

dove 𝑑𝜔 è la derivata esterna di 𝜔, definita per mezzo della sola struttura di varietà. Ovvero, l’integrale di ogni forma differenziale a supporto compatto 𝜔 sulla frontiera di una varietà orientata Ω è pari all’integrale della sua derivata esterna valutato su tutta Ω.

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In matematica, una funzione liscia in un punto del suo dominio è una funzione che è differenziabile infinite volte nel punto, o equivalentemente, che è derivabile infinite volte nel punto rispetto ad ogni sua variabile (per il teorema del differenziale infatti, una funzione è differenziabile in un punto se le sue derivate parziali sono ivi continue). Se una funzione 𝑓 è liscia in tutti i punti di un insieme 𝐴, si dice che essa è di classe 𝐶 ∞ su 𝐴, e si scrive 𝑓 ∈ 𝐶 ∞ (𝐴).

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TEOREMA DEL GRADIENTE Il teorema del gradiente afferma che: ∫ 𝜙 = ∫ 𝑑𝜙 𝜕γ

γ

per ogni forma 𝜙 definita su qualche curva differenziabile 𝛾 ⊂ ℝ𝑛 . Si tratta della versione del teorema di Stokes con 1-forme differenziali definite su una varietà di dimensione 1. L’enunciato opposto afferma che una forma differenziale 𝜔 definita su un dominio contraibile, se l’integrale di 𝜔 su ogni varietà chiusa sia nullo allora esiste una forma 𝜑 tale che 𝜔 = 𝑑𝜑. Su un dominio contraibile ogni forma chiusa è esatta, e tale risultato è riassunto dal lemma di Poincaré: Nel caso di campi vettoriali, una forma chiusa corrisponde ad un campo irrotazionale in cui le derivate parziali incrociate delle componenti sono uguali. In tale contesto il teorema mostra che l’irrotazionalità equivale alla conservatività del campo; ovvero, se un campo vettoriale 𝐅: 𝐴 → ℝ𝑛 : 𝐅(𝐱) = (𝐹1 (𝑥1 , … 𝑥𝑛 ), … 𝐹𝑛 (𝑥1 , … 𝑥𝑛 ))

è definito su un insieme aperto stellato 𝐴 ⊂ ℝ 𝑛 (o in un insieme semplicemente connesso), è della prima classe di continuità (ovvero 𝐅 ∈ 𝐶1 (𝐴) ), è irrotazionale, allora il campo è conservativo, cioè esiste una funzione 𝑉(𝐱) ∈ 𝐶 𝑛−1(𝐴) detta potenziale tale che il suo gradiente è il campo:

𝐅(𝐱) = ∇𝑉(𝐱)

TEOREMA DEL ROTORE Nel calcolo differenziale vettoriale, il rotore di un campo vettoriale tridimensionale è un operatore vettoriale che ne descrive la rotazione infinitesima, associando a ogni punto dello spazio un vettore. Si tratta di un vettore allineato con l'asse di rotazione; il suo verso è coerente con quello della rotazione secondo la regola della mano destra e la sua lunghezza è il valore della circuitazione del campo (la sua integrazione lungo un percorso chiuso) per unità di area, cioè nel limite in cui la curva di integrazione si riduce ad un punto. Ad esempio, se come campo vettoriale si considera la velocità delle particelle che compongono un qualche fluido, il rotore del campo vettoriale è la densità di circolazione del fluido. I campi vettoriali che hanno rotore uguale a zero sul proprio dominio sono chiamati irrotazionali. Il rotore, indicato con ∇ ×, misura la massima componente rotazionale piana nello sviluppo di Taylor di un campo vettoriale al primo ordine, ovvero nella linearizzazione del campo in 3 dimensioni. Pertanto, si tratta di un tipo di derivazione di un campo vettoriale. La relativa integrazione avviene tramite il teorema del rotore, caso particolare del teorema di Stokes, che mette in relazione l'integrale di superficie 𝑆 del rotore del campo vettoriale con l'integrale di linea del campo vettoriale lungo la frontiera 𝜕𝑆 di 𝑆.

A differenza di gradiente e divergenza, generalizzare il rotore a spazi di dimensione maggiore non è semplice. Esistono alcune generalizzazioni, ma solo in tre dimensioni la definizione geometrica di rotore di un campo vettoriale fornisce un altro campo vettoriale. Da questo punto di vista, il rotore ha proprietà simili a quelle del prodotto vettoriale.

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Il teorema del rotore afferma che il flusso del rotore di determinati campi vettoriali attraverso superfici regolari dotate di bordo è uguale alla circuitazione del campo lungo la frontiera della superficie: ∫ (∇ × 𝐅)𝑑𝑠 = ∮ 𝐅𝑑𝐫 𝐴

ℝ3

𝜕𝑆

dove 𝐅: Ω → è un campo vettoriale di classe 𝐶1 , con Ω dominio regolare contenuto in ℝ3 , e 𝑆: 𝐷 ⊆ ℝ2 → ℝ3 è una superficie regolare a tratti dotata di frontiera 𝜕𝑆. Il campo vettoriale 𝐅 può essere considerato come una 1-forma, ed in tal caso il rotore è la derivata esterna. TEOREMA DELLA DIVERGENZA

Si consideri un insieme 𝑉 ⊂ ℝ𝑛 compatto delimitato da una superficie liscia 𝜕𝑉. Se 𝐅 è un campo vettoriale differenziabile con continuità di classe 𝐶1 definito in un intorno di 𝑉 , si ha: ∫ ∇𝐅𝑑𝑣 = ∮ 𝐅𝑑𝐬 𝜕𝑉

𝑉

dove 𝑑𝐬 = 𝐧𝑑𝑆 è l’elemento di superficie (𝐧 è il versore uscente normale). In altri termini, il flusso di 𝐅 attraverso la superficie chiusa 𝜕𝑉 conicide con l’integrale della divergenza di 𝐅 svolto nel volume 𝑉 di cui la superficie è frontiera. Si può utilizzare il teorema di Stokes per uguagliare l’integrale su un volume 𝑛dimensionale della divergenza di un campo vettoriale 𝐅 definito sulla regione 𝑈 ⊂ ℝ 𝑛 all’integrale di 𝐅 sulla superficie (di dimensione 𝑛 − 1) che costituisce il bordo di 𝑈:

∫ ∇𝐅𝑑𝑉𝑛 = ∮ 𝐅𝐧𝑑𝑆𝑛−1 𝑈

𝜕𝑈

In una notazione più concisa si può scrivere: ∫

𝑉

𝜕𝐹𝑖 𝑑𝑉 = ∫ 𝐹𝑖 𝑛𝑖 𝑑𝑆 𝜕𝑥𝑖 𝑆

ELEMENTI PRATICI

L’informazione relativa alla rapidità di variazione (del primo ordine) di un campo scalare in tre dimensioni 𝑓(𝑥, 𝑦, 𝑧) è contenuta nelle tre derivate parziali prime 𝜕𝑓/𝜕𝑥, 𝜕𝑓/𝜕𝑦, 𝜕𝑓/𝜕𝑧. Il gradiente

𝐠𝐫𝐚𝐝𝑓 (𝑥, 𝑦, 𝑧 ) = 𝛁𝑓(𝑥, 𝑦, 𝑧) =

𝜕𝑓 𝜕𝑓 𝜕𝑓 󰆹 𝐢 + 𝐣 + 𝐤 𝜕𝑧 𝜕𝑥 𝜕𝑦

Raccoglie quest’informazione in un’unica “derivata a valori vettoriali” di 𝑓. Volendo sviluppare qualcosa di analogo che contenga l’informazione riguardo alla rapidità di variazione dei campi vettoriali, l’informazione relativa alla rapidità di variazione (del primo ordine) di un campo vettoriale: 󰆹 𝐅(𝑥, 𝑦, 𝑧) = 𝐹1 (𝑥, 𝑦, 𝑧)𝐢 + 𝐹2 (𝑥, 𝑦, 𝑧)𝐣 + 𝐹3 (𝑥, 𝑦, 𝑧)𝐤

è contenuta nelle nove derivate parziali prime, tre per ciascuna delle tre componenti del campo vettoriale 𝐅: 𝜕𝐹1 𝜕𝐹1 𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝜕𝐹2 𝜕𝐹2 𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝜕𝐹3 𝜕𝐹3 𝜕𝑥 𝜕𝑦

𝜕𝐹1 𝜕𝑧 𝜕𝐹2 𝜕𝑧 𝜕𝐹3 𝜕𝑧

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ricordando che F1 , F2 , F3 indicano le componenti cartesiane di 𝐹 , non le derivate parziali. Due combinazioni opportune di queste derivate esprimono l’informazione in modo particolarmente utile, analogamente a quanto accade per il gradiente nel caso dei campi scalari. Queste combinazioni sono la divergenza: 𝜕𝐹1

𝜕𝐹2 𝜕𝐹3 + 𝜕𝑧 𝜕𝑥 𝜕𝑦 che è un campo scalare, e il rotore:

𝐝𝐢𝐯 𝐅 = 𝛁 ∙ 𝐅 =

+

𝐢 𝜕 𝐫𝐨𝐭 𝐅 = 𝛁 × 𝑭 = | 𝜕𝑥 𝐹1

󰆹𝐤 𝐣 𝜕𝐹3 𝜕𝐹2 𝜕𝐹1 𝜕𝐹3 𝜕𝐹2 𝜕𝐹1 󰆹 𝜕 𝜕 )𝐤 | = ( 𝜕𝑦 − 𝜕𝑧 ) 𝐢 + ( 𝜕𝑧 − 𝜕𝑥 ) 𝐣 + ( 𝜕𝑥 − 𝜕𝑦 𝜕𝑦 𝜕𝑧 𝐹2 𝐹3

che invece è ancora un campo vettoriale. Tali notazioni si basano sull’uso dell’operatore differenziale vettoriale: 𝛁 = 𝐢

𝜕 𝜕 𝜕 + 𝐣 + 𝐤󰆹 𝜕𝑦 𝜕𝑧 𝜕𝑥

È facile notare, a questo punto, che come mostrato dalla prima relazione, il gradiente di un campo scalare 𝑓 può essere considerato la moltiplicazione formale scalare dell’operatore 𝛁 per la funzione 𝑓 ; allo stesso modo anche la divergenza e il rotore del campo vettoriale 𝐅 possono essere considerati come i prodotti formali, rispettivamente scalare e vettoriale, dell’operatore 𝛁 per il vettore 𝐅.

A questo punto, i teoremi di Stokes e di Green affermano che, essendo 𝑆 un pezzo con contorno di una superficie liscia (2-varietà) di ℝ3 , orientata con il campo delle normali unitarie 𝐍 , essendo 𝐶 la curva chiusa lisca a pezzi, che delimita 𝑆 , con orientazione data dal campo della tangente unitaria 𝐓 , essendo 𝐅 = 󰆹 con componenti che sono differenziabili con continuità in un insieme aperto di ℝ3 𝐹1 (𝐱)𝐢 + 𝐹2 (𝐱)𝐣 + 𝐹3 (𝐱)𝐤 contenente 𝑆 , se 𝑑𝑆 e 𝑑𝐶 indicano l’elemento di area 𝑆 e l’elemento di lunghezza d’arco di 𝐶 , rispettivamente, allora:   𝑑𝑆 = ∫ 𝐅 ∙ 𝐭𝑑C ∫ 𝐫𝐨𝐭 𝐅 ∙ 𝒏 C

S

che vale anche in caso di integrale circuitale. Nella pratica dell’elettrotecnica, si ha che:

𝐞 ∙  𝐄𝐞 ∙ 𝐭𝑑𝑙 ≡ 0 ∮ 𝐫𝐨𝐭 𝐄 𝐧𝑑𝑆 = ∮  𝑙

𝑆

dove 𝑙 rappresenta il contorno della generica superficie 𝑆. Da questa relazione, vera per ogni 𝑆, si evince che 𝐫𝐨𝐭  𝐄𝐞 = 0 , ossia che il campo elettrostatico  𝐄𝐞 è irrotazionale, il che va di comune accordo con l’affermazione che tale campo, prodotto dalle cariche elettriche, sia conservativo, ovvero: ∮  𝐄𝐞 ∙ 𝐭𝑑𝑙 = 0 𝑙

Di qui seguono poi altre considerazioni sul campo elettrico indotto 𝐸𝑖 e la conseguente forza elettromotrice. Fonti

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Wikipedia.org (2018). Available at: https://it.wikipedia.org/ [Accessed 16 Oct. 2018].

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Fauri M., Gnesotto F., Marchesi G., Maschio A. (2009). Lezioni di ELETTROTECNICA – Elettrotecnica generale. 2nd edition. Bologna, Progetto Leonardo.

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Adams A. R., Essex C. (2014). Calcolo Differenziale 2 – Funzioni di più variabili. 5th edition. Rozzano (MI), Casa Editrice Ambrosiana

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