Testo Zhiguai Dong Yong PDF

Title Testo Zhiguai Dong Yong
Author ELENA MARAJA MARRARO
Course Cinese Classico: Generi Poetici E Testi Taoisti
Institution Università Ca' Foscari Venezia
Pages 4
File Size 249.3 KB
File Type PDF
Total Downloads 91
Total Views 142

Summary

wow...


Description

Zhìguài 志怪 Il termine zhìguài 志怪 (alla lettera “resoconti riguardanti fatti anomali, annotazioni su fenomeni inusuali o prodigi”), con cui oggi si indica il genere a cui le storie raccolte in questa sezione appartengono, originariamente era impiegato in modo vago per indicare testi che annotassero fatti inusuali. Gli autori nei secoli lo hanno anche utilizzato più volte all’interno dei titoli di opere che ora vengono classificate come tali, tanto che è possibile ipotizzare che vi riconoscessero una certa affiliazione implicita tra queste. Tuttavia, zhìguài 志怪 è entrato nell’uso per identificare un genere solo verso il XVII sec. I zhìguài 志怪, sviluppatisi in grande quantità a partire dal primo periodo medievale, nascono all’interno della produzione della narrativa storica; molti autori sono infatti anche compilatori di prosa storica ufficiale, come le storie dinastiche. I zhìguài 志怪 dimostrano la loro affinità con la narrativa storica anche dal punto di vista dello stile, asciutto e senza troppi ornamenti letterari, e delle convenzioni letterarie utilizzate: protagonisti storici o che sembrano tali (con tanto di nome e, di solito, una provenienza geografica), informazioni riguardanti il periodo in cui sono vissuti, spesso segnalato anche da una data precisa, indicazioni geografiche riguardanti il luogo in cui avviene la vicenda. Le storie dei zhìguài 志怪 sono generalmente brevi, aneddotiche, e quindi si concentrano su pochi eventi significativi della vita del protagonista o sul fatto inusuale che vogliono illustrare. I primi tre testi presenti in questa sezione sono contenuti nel Sōushén jì 搜神記 (Resoconti sulla ricerca del sovrannaturale), una delle opere più famose riconducibili al genere zhìguài 志怪, celebre per la varietà di storie raccolte e per la fortuna che hanno avuto in rielaborazioni successive. Il Sōushén jì 搜神記 declina l’“anomalo” attraverso molteplici tematiche: da aneddoti che riguardano maestri daoisti dalle capacità straordinarie a quelli di demoni e divinità, o animali numinosi e magici, dai resoconti di omina ai racconti di fantasmi, sino ad annotazioni riguardanti luoghi od oggetti dalle caratteristiche straordinarie. Il Sōushén jì 搜神記 è stato compilato durante la dinastia Jìn orientale 東晉 (317-420) da Gàn Bǎo 干寶 (ca. 315-336), storico di corte autore anche del Jìnjì 晉記 (Annali dei Jìn), dalla cui biografia preservata nel Jìnshū 晉書 (Libro dei Jìn) emerge come egli nutrisse un forte interesse per il sovrannaturale a seguito di due eventi straordinari occorsi in seno alla sua famiglia. Il primo riguarda una serva che era stata sepolta viva insieme al corpo del padre di Gàn Bǎo 干寶. Passati dieci anni, all’apertura della tomba, era ancora viva e aveva spiegato di esser stata sfamata dal fantasma del padre che l’aveva accudita amorevolmente. L’altro ha come protagonista il fratello maggiore di Gàn Bǎo 干寶 che, malato, smise di respirare per giorni senza che però il suo corpo si inturgidisse. Quando si riprese, disse di aver visto gli spiriti e i fantasmi che abitano tra cielo e terra come se fosse stato in un sogno. Approfondimenti: Campany R. F., Strange Writings, State University of New York Press, Albany 1996. Hsieh D., “Soushen ji”, in C. L. Chennault et. al., Early Medieval Chinese Texts: A Bibliographical Guide, Institute of East Asian Studies University of California, Berkeley 2014, pp. 324-329.

Dǒng Yǒng 董永

La storia di Dǒng Yǒng 董永 è uno degli apologhi più famosi, sin dall’antichità, riguardanti il tema della pietà filiale. L’immagine di Dǒng Yǒng 董永 che tira il carretto che trasporta il padre è visibile, già a partire dagli Hàn 漢 (206 a.C.-220 d.C.), come Figura 1 Dong Yong con il padre sul carretto, Han orientali, Tempio decorazione parietale di tombe. ancestrale della famiglia Wu, Jiaxiang, Shandong Dal punto di vista della trasmissione testuale, l’apologo appare invece per la prima volta citato nella poesia di Cáo Zhí 曹植 (192-232) intitolata Língzhī piān 靈芝篇 (Sul fungo numinoso), scritta in onore del fratello Cáo Pī 曹丕 (187-226), fondatore della dinastia Wèi 魏 (220265). Qui la storia di Dǒng Yǒng 董永 è contenuta in pochi versi, in analogia con gli altri quattro esempi di pietà filiale citati. Una versione del racconto simile a quella contenuta nel Sōushén jì 搜神 記 è ascritta a Liú Xiàng 劉向 (79-8 a.C.) ma è di dubbia attribuzione e compare solo all’interno di testi successivi all’epoca Hàn 漢, come l’antologia buddhista Fǎyuàn zhūlín 法苑珠林 (Foresta di gemme nel giardino del Dharma, compilata nel 668) o l’enciclopedia Tàipíng yùlǎn 太平御覽 (Letture per la consultazione imperiale dell’era Tàipíng, presentata a corte nel 984), compilata durante la dinastia Sòng settentrionale 北宋 (960-1127); la versione “classica” è quella conservata nel Sōushén jì 搜神記, qui presentata. La fanciulla divina aiutante di Dǒng Yǒng 董永 è stata ben presto associata a un’altra famosa fanciulla, la Tessitrice (zhīnǚ 織女), con cui all’inizio non aveva alcun collegamento. La Tessitrice, che rappresenta la stella Vega all’interno della costellazione della Lira, è legata alla figura del mandriano (niúláng 牛郎), che rappresenta invece la stella Altair. Nelle fonti più antiche, i due ragazzi vengono dipinti come amanti che, trascurate le loro mansioni per stare in compagnia l’uno dell’altra, sono esiliati ai lati opposti del fiume d’argento (la Via Lattea). Tradizioni più tarde li fanno incontrare la sera del settimo giorno del settimo mese del calendario lunare, durante la popolare festa Qīxī 七夕 (Tanabata in giapponese), e in quelle più recenti la Tessitrice è identificata con una delle sette figlie di Xīwángmǔ 西王母 (Regina Madre d'Occidente). Questi motivi narrativi, insieme ad altri (come per esempio la nascita di un figlio dall’unione con la fanciulla divina), sono stati mischiati e riadattati nel tempo dando vita a nuove varianti proposte nei più diversi generi letterari. La fama di Dǒng Yǒng 董永 come modello esemplare di pietà filiale rimane comunque salda attraverso i secoli tanto che lo ritroviamo nell’opera Èrshísì xiào 二十四孝 (Ventiquattro esempi di pietà filiale), di epoca Yuán 元 (1271-1368), che ne propone forse la versione più popolare e conosciuta. Approfondimenti: Idema W. L, Filial Piety and Its Divine Rewards: The Legend of Dong Yong and Weaving Maiden, with Related Texts, Hackett Pub. Co., Indianapolis 2009; Knapp K. N., Selfless Offspring: Filial Children and Social Order in Medieval China, University of Hawai'i Press, Honolulu (Hawaii) 2005. 漢,董永,千乘 1 人。少偏孤 2,與父居。肆力 3 田畝,鹿車 4 載自隨。父亡,無以葬,乃自 賣為奴,以供喪事。主人知其賢,與 5 錢一萬,遣之。永行,三年喪畢,欲還主人,供其奴 職 6。道逢一婦人曰:「願為子妻。」遂與之俱 7。主人謂永曰:「以錢與君矣。」永曰: 「蒙 8 君之惠,父喪 9 收藏 10。永雖小人 11,必欲服勤 12 致力,以報厚德。」主曰:「婦人何

能?」永曰:「能織。」主曰:「必爾 13 者,但 14 令君婦為我織縑百疋。」於是永妻為主人 家織,十日而畢。女出門,謂永曰:「我,天之織女也。緣 15 君至孝,天帝令我助君償債 耳。」語畢,凌空而去,不知所在。(Sōushénjì, 1.28) 1. Qiānshèng 千乘: nome di luogo; si trova nel nord dell’odierno distretto di Gāoqīng 高青, nello Shāndōng 山東. Per una descrizione più precisa del riferimento geografico si consiglia di consultare uno dei numerosi dizionari topografici come ad esempio il Zhōngguó lìshǐ dìmíng dà cídiǎn 中國歷 史地名大辭典 (Dizionario di toponimi storici cinesi). 2. Piāngū 偏孤: piān 偏 da solo significa “unilaterale, parziale, incompleto”, e, insieme a gū 孤, “orfano”; il binomio indica qualcuno che in giovane età ha perso il padre o la madre. 3. Sì lì 肆力: sì 肆, “eseguire un’azione” (anche con l’accezione di “al massimo delle proprie capacità, all’estremo”) insieme a lì 力 “forza”, assume il significato di “fare del proprio meglio, impegnarsi con tutte le forze”, utilizzato spesso proprio in relazione alle attività agricole; es., shǐ mín sì lì yú nóng 使民肆力於農 “fece sì che il popolo si impegnasse al meglio nei lavori agricoli” (Sānguó zhì, Wéishū 13). 4. Lùchē 鹿車: l’espressione ha due significati. Il primo indica letteralmente un carro (chē 車) trainato da un cervo (lù 鹿). Dato che lù 鹿 ha anche il significato di “comune, grezzo, rozzo”, lùchē 鹿車 può anche indicare un carro di piccole dimensioni, un “carretto”, in particolare trainato da una persona. Nel passo in questione, anche sulla base del contesto e delle rappresentazioni iconografiche della vicenda, è corretta la seconda accezione. 5. Yǔ 與 : a seconda della posizione e del contesto può avere le funzioni di congiunzione di coordinazione (G. pp. 11, 27, 73), di preposizione (G. pp. 73, 114), ma anche di verbo (G. pp. 48, 111), come in questo caso, con molteplici valenze: “conferire, dare”, “assistere”, “essere associato con, essere vicino a”. Con lo stesso impiego lo si trova nella frase, sempre all’interno del testo, yǐ qián yǔ jūn yǐ 以錢 與 君矣 . Si osservi invece il diverso utilizzo di yǔ 與 nella frase seguente all’interno dell’aneddoto (suì yǔ zhī jù 遂與之俱). 6. Zhí 職: come verbo ha il significato di “essere in carica di, essere responsabile per” o “offrire come tributo, assolvere una mansione”; come sostantivo quello di “responsabilità, doveri, obblighi”, ma anche semplicemente “lavoro, mansioni”. 7. Jù 俱: può essere usato in posizione preverbale come sostituto indefinito (G. p. 251) ma lo si può trovare anche come verbo con il significato di “essere in compagnia di, essere al seguito di”. Attenzione quindi alla posizione all’interno della frase. 8. Méng 蒙: come verbo, “patire, subire, incontrare”, ma anche “ricevere”. 9. Sàng/sāng 喪: come verbo, sàng, “perdere, soffrire una perdita”, “morire”; come sostantivo, sāng, “morte, distruzione”, “esequie, funerale” ma anche “cadavere deposto”. 10. Shōucáng 收藏: il binomio, formato da due verbi che rispettivamente significano “raccogliere” e “preservare”, ha qui il valore di “deporre in un sarcofago e seppellire”; ad es. Liú Gōng yè wǎng shōucāng qí shī 劉恭夜往收臧其屍 “Liú Gōng di notte andò a seppellire il suo (di Liú Xuán 劉玄) corpo” (Hòu Hànshū 11).

11. Xiǎorén 小人 : si tratta di un’allocuzione dispregiativa impiegata come forma di rispetto in riferimento a se stessi quando ci si rivolge a un superiore o anche a una persona di pari grado (G. p. 234). In questo caso, e lo si evince dal contesto, il binomio non ha alcun riferimento con il lessico confuciano nel quale indica la persona ignobile, meschina, priva di virtù. 12. Fúqín 服勤: i due caratteri formano la parola composta che significa “assumere un incarico con zelo, assolvere una funzione con la massima dedizione”. 13. Bìěr 必爾: bì 必 oltre alla sua valenza avverbiale come “certamente, inevitabilmente” ecc., nel periodo medievale viene anche impiegato, al pari di ruò 若 con cui talvolta si accompagna, come congiunzione di subordinazione del periodo ipotetico, “se”; ěr 爾 è qui un sostituto verbale (G. p. 82), come rán 然 (G. pp. 82, 214, 221-222), “essere così”. 14. Dàn 但: ha valore avverbiale e significa “solo” o “solamente”. Come congiunzione avversativa nell’uso che si ritrova comunemente oggi (“ma, eppure”), lo si trova solo, e saltuariamente, a partire dalla dinastia Táng 唐 (618-907). 15. Yuán 緣: nel periodo medievale yuán 緣 è impiegato, similmente a gù 故 (G. p. 283), come congiunzione di subordinazione, “poiché, essere il risultato di, basandosi su”....


Similar Free PDFs