Traduzione e commento I libro Bellum Civile (Pharsalia) di Lucano PDF

Title Traduzione e commento I libro Bellum Civile (Pharsalia) di Lucano
Course Letteratura latina 2
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Traduzione letterale e commento I libro del Bellum Civile (Pharsalia) di Lucano...


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Lucano Proemio: (1) Canto guerre più che civili (più atroci delle guerre civili) per i campi dell’Emazia (terra d’oriente tra Tessaglia e Macedonia, citazione dotta di carattere geografica) e canto il diritto consegnato alla scelleratezza (Cesare che ha passato il Rubicone in cui era vietato entrare con le armi. Cesare voleva candidarsi di nuovo al consolato il che era un suo diritto ma i senatori non lo volevano perché il suo prestigio stava crescendo troppo sul popolo e gli fu negata una seconda candidatura. Fino all’ultimatum che Cesare mandò al senato. Punto di vista fin da subito anticesariano. Scelus è il più scellerato tra i delitti.) e (canto) un popolo potente che si è rivoltato contro le sue stesse viscere attraverso la destra vittoriosa (attraverso le armi impugnate con le sue stesse mani) e (canto) le schiere congiunte (erano tutti romani) e (dopo aver) rotto il patto del potere, (ablativo assoluto.) (Allude alla rottura del primo triumvirato tra Cesare, Crasso e Pompeo il quale era al tempo del triumvirato il condottiero di massimo prestigio a Roma e Crasso invece era il più ricco. Le cose non andarono come Cesare desiderava perché morì Crasso che desiderava onorarsi di gloria in battaglia. Poi morì Giulia la figlia di Cesare, sposa di Pompeo) (Regnum: potere regale. Dopo la caduta dei re, la parola “rex” era divenuta un reato. Lucano interpreta le aspirazioni politiche di Cesare come già alla tirannide. Infatti questa aspirazione fu la giustificazione del cesaricidio.) (5) (canto) una lotta/per lottare con le tutte le forze (unite) del mondo sconvolto in uno scempio comune (Nefas: scelleratezza che va contro qualunque categoria etica) e canto le insegne opposte alle insegne nemiche (Signum: è il vessillo della legione romana) e  canto aquile uguali (l’aquila era il simbolo della legione romana e doveva essere salvata a tutti i costi) e giavellotti (dardi) che minacciano altri giavellotti. Quale follia o cittadini quale immenso (tantus: tanto grande e adatta il suo significato al contesto espressivo. Il sost di riferimento è licentia che viene dal verbo impersonale licet. In questo caso è una leicetà negativa, senza diritto.) arbitrio delle armi, quale follia offrire sangue latino a popoli nemici! (la guerra civile ha portato un indebolimento di Roma a vantaggio dei popoli nemici) (10) Mentre al contrario la superba Babilonia (l’oriente) bisognava spogliarla (doveva essere spogliata) dai trofei ausonii e Crasso errava con l’ombra invendicata, (si riferisce all’impresa della disfatta di Carre contro i Parti. La testa di Crasso fu portata al re dei parti e ci sono dettagli macabri in cui si dice che giocarono a palla con questa testa. L’ombra di Crasso resta invendicata perchè fu la più grande disfatta dopo Annibale. Molti vollero vendicare l'ombra di Crasso tra cui Cesare che però non fece in tempo) preferiste (piacque) intraprendere guerre che non avrebbero avuto alcun trionfo? (celebrò il trionfo per la vittoria in Spagna contro Pompeo, visto come atto di tracotanza e probabilmente avviò gli animi al cesaricidio). Ahimè quante terre, quanto mare (quanto di terra, quanto di mare) (genitivi partitivi) si potè (si sarebbe potuto) conquistare con questo sangue che le destre fraterne versarono /ciò che (invece) le destre fraterne consumarono con il sangue,

(15) i luoghi dove sorge Titano (unde=da cui) (il sole, quindi l’est) e dove la notte nasconde le stelle (occidente: sono due emistichi) e laddove il mezzogiorno brucia nelle ore ardenti (il meridione) o dove la bruma che irrigidisce e non sa diradarsi in primavera stringe il mare glaciale con il freddo della Scizia! (regione molto a nord) E (se i romani non avessero combattuto le guerre civili) sotto i gioghi già sarebbero passati i Seri (identificazione complessa: popolo estremo oriente, forse i cinesi?), già sarebbe passato (sotto i gioghi) il barbaro Arasse. (20) e il popolo, se qualche (popolo) esiste (il popolo dell’Africa più interna, gli etiopi), che conosce (sa) dove nasce il Nilo (le sorgenti del Nilo). Allora se, o Roma, è così immensa la tua brama di una guerra nefanda/se tu hai un così immenso amore di (per) una guerra nefanda, quando avrai sottomesso alle leggi latine tutto il mondo, solo allora rivolgi le armi contro te stessa; per adesso non ti è mancato il nemico. Ma ora (invece) (at: congiunzione avversativa più forte di sed) del fatto che le mura sono pericolanti/pendono sui tetti (case) semidistrutti nelle città d’Italia (25) e enormi massi giacciono sulle mura cadute e le case non sono più controllate da nessun custode e ormai pochissimi abitanti vagano, e ora che l’Esperia è selvaggia per i rovi, inarata per molti anni (Italia che a causa della guerra civile non è più produttiva) e mancano braccia (che portano lavoro) ai  campi che le richiedono, (30) non tu, Pirro feroce, né il Cartaginese (Annibale a Canne e nel Trasimeno) sarà autore di così grandi disfatte; a nessun’arma toccò penetrare fino in fondo (il popolo romano); restano impresse le ferite (provocate dalla) della destra civile. (adesso comincia una delle parti più controverse: l’elogio di Nerone. A lui si rivolge in una sorta di invocatio di solito rivolta alle muse. Sembra esserci un’enfasi eccessiva che sa di irrisione che sarà chiara quando avverrà un catasterismo: cioè immagina la trasformazione di Nerone in stella in cui vengono messi in risalto i difetti fisici. Ci si chiede se questo elogio sia stato composto durante la stesura del poema o dopo quando i rapporti erano già deteriorati). Che se i fati non hanno trovato (invenere: invenerunt) una via diversa all’avvento di Nerone (a Nerone che sta per giungere) (participio futuro) (35) e ad un grande prezzo si preparano i regni eterni ai numi, e il cielo non potè servire il suo sovrano, il Tonante, (al suo Tonante) se non dopo le guerre dei crudeli giganti ormai, o dei, nient’altro chiediamo, gli stessi atti scellerati e il misfatto piacciano per questa ricompensa; Farsàlo riempia di sangue le pianure maledette (Tapso: episodio del suicidio di Catone a Utica) e i mani dei cartaginesi siano saziati con il sangue (romano); (40) e le ultime battaglie si scontrino nella funesta Munda; a questi eventi, Cesare, (Nerone imperatore) si  aggiungano la fame di Perugia e le  fatiche di Modena (qui si evocano le altre guerre civili per la lotta di successione seguite alla morte di Cesare) e le flotte che l’aspra Leuche opprime (isola di Leucade dove si combattè la battaglia di Azio, ultimo atto della guerra civile dove vinse Ottaviano che inizia il suo principato diventando Augusto) e le guerre servili sotto l’Etna ardente: e tuttavia Roma deve molto alle guerre civili,

(45) Poichè la guerra si è compiuta per te (o Nerone). Quando compiuta la missione (ablativo assoluto), tardivo raggiungerai le stelle, la reggia del cielo prediletto ti accoglierà nel polo che gioisce; ti piaccia sia tenere gli scettri, sia guidare il carro che porta la fiamma (il carro infiammato) e illuminare con un fuoco vago la terra che non teme nulla mutato il sole (Nerone spesso si travestiva da Apollo alla guida del carro del sole. Allusione esplicita all’istrionismo dell’imperatore); (50) da ogni dio sarà concesso a te e la natura lascerà del tuo diritto (di scegliere ) quale dio voglia essere e dove collocare il regno del mondo. Ma non sceglierai per te la sede nell’emisfero boreale, nè dove si rivolge il caldo polo dell’austro opposto (55) Da dove vedresti la tua Roma come stella obliqua (Nerone era strabico). Se premessi una sola parte dell’immenso cielo, l’asse ne sentirà il peso (Nerone era obeso). Mantieni i pesi del cielo equilibrato con una posizione nel mezzo (dell’universo); quella parte di cielo sereno sia tutta vuota, e nessuna nube sia di ostacolo a Cesare. (60) Allora il genere umano deposte le armi provveda per sè, ogni popolo si ami a vicenda; la pace diffusa per il mondo chiuda le porte di ferro di Giano bellicoso. Ma per me sei già un Dio, nè vorrei, se ti accolgo nel cuore come un vate, non vorrei invocare il dio che muove i segreti di Cirra: (65) e allontanare Bacco da Nisa (Cirra e Nisa sono due vette dell’Elicona. Cirra dedicata ad Apollo e Nisa alle muse): tu sei abbastanza per dare forze alle poesie romane. L’animo sopporta (responsabilità di Lucano di narrare le guerre civili) di  esprimere le cause di eventi così grandi. e si apre un’opera immensa, cosa abbia spinto un popolo furente alle armi, cosa abbia allontanato la pace dal mondo: (70) la sfavorevole successione dei fati ed è stato negato di durare a lungo ai fastigi, gravi cadute sotto un peso eccessivo, nè Roma tollera più se stessa. Così quando dissolta la struttura dell’universo e la suprema ora avrà messo insieme tutti i cicli del mondo, ritornando di nuovo all’antico caos, tutte le stelle (75) si scontreranno ad altre stelle mescolate, astri infuocati cadranno nel mare, la terrà non vorrà estendere i lidi e allontanerà il mare, la luna andrà contro (opposta) al fratello e indignata chiederà di agitare le briglie per l’orbita e chiederà il giorno per sè, e la macchina tutta discorde (80) turberà i patti del mondo sconvolto. Le grandi cose precipitano su loro stesse: gli dei posero questo limite (misura) del crescere alle cose liete. Nè ad alcun popolo la fortuna (fortuna parola chiave, gli dei sono quasi totalmente assenti, è la fortuna a favore del popolo romano) concede la sua invidia contro un popolo potente per terra e per mare: tu diventata (85) comune a tre padroni (sei) la causa dei (tuoi stessi) mali, o Roma, nè mai (si sono visti) patti crudeli (molti individuano nel primo triumvirato la causa prima della discordia civile) del potere demandato a una turba ( a tanti/ a una moltitudine). O malamente concordi e accecati da eccessiva brama (di potere)! A cosa giova mescolare le forze e trattenere il mondo nel mezzo? Finchè la terra solleverà il mare

(90) e l’aria solleverà la terra e i lunghi travagli regoleranno il sole e la notte seguirà altrettanto il giorno attraverso le stelle nel cielo, nessuna lealtà ci sarà tra gli alleati del potere e tutta la potestà sarà insofferente del consorte (condividono lo stesso destino come i coniugi). Non credete a nessun popolo, nè esempi di tali eventi siano cercati lontano: (95) le prime mura si macchiarono di sangue fraterno (Romolo e Remo) nè  la terra e il mare erano il prezzo di tale follia: un esiguo asilo spinse i padroni. Una concordia discorde (sintagma geniale. il tema della parola è “cor”. LA concordia è un cuore in assonanza con un altro cuore, la discordia una dissonanza) rimase per breve tempo e la pace non ci fu per volontà dei capi; infatti il solo ostacolo (indugio) alla guerra futura era Crasso nel mezzo (Crasso aveva il potere economico ma non era un valoroso condottiero. Lucano lo vedeva come l’ago della bilancia del potere tra Cesare e Pompeo. In realtà Crasso ambiva al potere e lo dimostra con la guerra contro i Parti ma viene sconfitto e ucciso). (100) Come il sottile Istmo che taglia le onde e separa un duplice mare (Istmo di Corinto, che unisce il Peloponneso al resto della Grecia e divide il mar Ionio dall’Egeo) non tollera che i flutti del mare (fretum) (sing) si scontrino, se la terra retrocedesse, il mar Ionio si infrangerebbe nell’Egeo: così quando Crasso che separa le armi crudeli dei capi con una morte da commiserare (105) macchiò con il sangue latino l’assiria Carre (Mesopotamia, Turchia), le sconfitte partiche scatenarono i furori romani, con quella battaglia fu fatto da voi più di quanto credete, o Arsacidi (sovrani della dinastia dei Parti): provocaste (deste) ai vinti la guerra civile. Il regno è diviso con le armi, (110) la sorte di un popolo potente, che (il “quae” non si riferisce al popolo romano ma alla fortuna, è la fortuna che ha consentito al popolo romano il dominio. Il popolo romano sembrerebbe quasi essere uno strumento della sorte) possiede il mare, che possiede le terre, che possiede tutto il mondo non accolse due (padroni). Infatti Giulia catturata dalla mano crudele delle Parche portò ai Mani i pegni del sangue congiunto e le fiaccole ferali con un crudele presagio (si racconta che durante la cerimonia nuziale le fiaccole si spensero da sole, questo fu interpretato come un presagio di sventura). E se i fati ti avessero dato più indugi nella luce, (115) tu sola avresti potuto trattenere da una parte lo sposo furente (Pompeo) e  dall’altra il genitore (il padre) (Cesare) e  strappate le armi (a loro) ricongiungere le mani armate, come le Sabine frapposte ricongiunsero i generi ai suoceri. Il patto di lealtà (la lealtà) è stato infranto con la tua morte, e fu permesso ai comandanti di muovere guerra (120) la virtù avversaria (emula/nemica) diede gli stimoli: tu, o Grande Pompeo, temi che le nuove gesta oscurino i vecchi trionfi e (temi che) la corona piratica ceda ai galli vinti (nova acta: imprese di Cesare in Gallia che si erano sovrapposte a quelle di Pompeo nel Ponto. Pompeo teme che il successo ricevuto dalla guerra contro i pirati (laurea piratica) possa essere oscurato dai successi di Cesare in Gallia); ormai la serie e l’abitudine alle fatiche inorgogliscono te e la sorte ti (ha reso) insofferente del secondo posto.

(125) Nè Cesare ormai può sopportare qualcuno superiore o Pompeo può sopportare uno pari (Lucano esprime una simpatia verso il partito senatorio e dunque Pompeo. Tuttavia è proprio Pompeo che appare il punto debole, che viene descritto come più anziano pur essendo più giovane. Pompeo rappresenta un passato non più proponibile mentre Cesare il futuro. Cesare ha ambizioni più personali ma vincenti mentre Pompeo è colto in una staticità mortifera). Chi indossò le armi più giustamente? Non è lecito saperlo; ciascuno si difende con un grande giudice: la causa vincitrice piacque agli dei, ma la (causa) vinta (piacque) a Catone (Catone vero protagonista secondo Lucano. Viene messo in questi versi al pari degli Dei). Nè si scontrarono (coierunt) da pari. L’uno volgendo gli anni (130) verso la vecchiaia (reso) più tranquillo per la lunga abitudine alla toga disimparò ormai in pace l’arte di fare il comandante (Secondo Lucano Pompeo dopo i successi nel Mediterraneo e nel Ponto si è rilassato in tempo di pace e non ha più compiuto alcuna impresa), e cercatore di gloria concedeva (dare: infinito storico) molte cose al popolo, tutto è spinto verso le orecchie (richieste) del popolo, e a godere del plauso del suo teatro (Pompeo fu il primo a istituire un teatro stabile in muratura a Roma, si trovava nel Campo Marzio, vicino P Navona. Fu un evento eccezionale perchè di solito i teatri non erano strutture stabili. I Ludi in occasione dell’inaugurazione durarono ben cinque giorni e ne abbiamo testimonianza da Plutarco e Cicerone che ne criticò lo sfarzo eccessivo e l’uso degli elefanti che, a suo dire, avevano un’espressione malinconica), nè preparava nuove forze e credeva molto alla fortuna passata. (135) Sta’, ombra di un grande (gioco di parole con Magno Pompeo) nome, come una quercia (Lucano applica una similitudine intelligentissima. La quercia è simbolo di forza e in grammatica è sinonimo di robur/roboris. Quercus è proprio la quercia, robur il legno della quercia. Vis prende in alcuni casi la flessione di robur perchè il legno della quercia veniva considerato il più duro in assoluto, infatti, anche i rotoli di papiro erano avvolti attorno ad un bastoncino di un legno di quercia, simboleggiando così la forza del libro e la durevolezza dell’opera letteraria. Lucano paragona Pompeo ad una quercia che però è statica “stat”) svettante (sublime) in un fertile campo che porta le spoglie di un antico popolo (sono le spoglie opime, fanno parte di un rito molto antico che c’è già Nell’Eneide e nei poemi omerici: il condottiero vittorioso offre al dio Marte le spoglie dei nemici e vengono appese ai rami di una quercia come rito di ringraziamento al dio marte. Questa quercia che rappresenta POmpeo porta su di sé le spoglie del popolo romano. Veteris vuol dire anche vecchio, che ha fatto il suo tempo, che ha esaurito il potere generativo della gloria. Porta anche i dona sacrata, cioè i doni consacrati al dio Marte) e i doni consacrati dei capi; non agganciandosi ormai (al suolo) con forti radici, è fissata (al suolo) per il suo stesso peso, (140) e effondendo i nudi rami attraverso il cielo, getta ombra con il tronco non con le fronde ma sebbene oscilli destinata a cadere al primo soffio dell’Euro, e (nonostante) si levino tutto intorno alberi dal duro tronco, tuttavia sola è venerata. Ma in Cesare non c’era solo il nome nè la fama di condottiero, ma una virtù che non sa (145) stare (ferma) in un luogo e l’unica vergogna era non vincere in guerra; aspro e indomabile, portava la mano dovunque lo chiamasse la speranza o l’ira e mai risparmiava il ferro nell’offendere/violare, incombevano i suoi successi, si opponeva

al favore del dio, colpendo qualsiasi cosa fosse di ostacolo a lui che cercava il potere supremo (150) e godendo di aver aperto (essersi fatto) la via per la rovina. Come il fulmine sprigionato dai venti attraverso le nubi balzò fuori con il suono dell’etere percosso e nel fragore del mondo e squarciò il giorno e atterrì i popoli spaventati accecando gli occhi con la fiamma obliqua; (155) infuria tra i suoi templi, non vietando nessuna materia di uscire (sprigionarsi) e per ampio spazio provoca una strage grande cadendo e grande risollevandosi e raccoglie i fuochi sparsi. (inizia il momento satirico e moraleggiante) Queste  le cause per i capi; ma serpeggiavano (stavano sotto) i semi pubblici della guerra, che sempre hanno sommerso i popoli potenti. (160) E infatti quando la fortuna portò eccessive ricchezze ,sottomesso il mondo, e i costumi cedettero alle situazioni favorevoli, e il bottino e le rapine nemiche ( a danno dei nemici) esortarono il lusso (il lusso veniva visto in maniera negativa. Secondo Catone il censore veniva dalla Grecia che era il male assoluto perché metteva a repentaglio la romanità pura), non (c’era) misura  all’oro e alle case, e la fame disprezzò i cibi antichi (dal Ponto furono portate a Roma le ciliegie) (165) e i maschi (cominciarono) a condurre ed appropriarsi di mode a stento decenti per le donne; è fuggita la povertà feconda di uomini (valorosi) (la paupertas è fecunda, è diversa dalle egestas perchè paupertas significa avere poco, non è mancanza come egestas, è una condizione rigeneratrice da perseguire. In questi versi Lucano si riferisce sia al circolo degli scipioni sia al Bellum alexandrinum, quando Tolomeo fratello di Cleopatra fece uccidere Pompeo, allora Cesare andò in Egitto e risolse la guerra a favore di Cleopatra e dopo questo evento Cleopatra giunse a Roma e diventò un’icona per le matrone romane che seguivano il suo costume), e si importa da tutto il mondo ciò per cui la gente muore: allora unirono i lunghi confini dei campi, e ampliarono sotto i coloni stranieri lunghi campi una volta solcati dal duro aratro di Camillo e sopportavano le antiche zappe dei Curi. (Qui Lucano si riferisce al latifondo che diventò una rovina per i Romani, perchè dopo le guerre civili i latifondi venivano sottratti ai contadini per darli ai veterani che non sapevano coltivarli. Riferimento alle Bucoliche di Virgilio. Dopo le guerre civili l’economia già era a pezzi e senza coltivare la terra la situazione peggiorò. Le Georgiche non erano davvero indirizzate ai contadini ma a fare riforme ai latifondi. Lucano porta ad esempio il console Camillo che coltivava da solo la sua terra) (170) Non era quel popolo a cui giovava una pace tranquilla, che la propria libertà aveva nutrito con armi ferme. Da questo le ire facili e, ciò che avrebbe provocato la povertà, (da ritenersi) un vile delitto e un grande onore da cercare con le armi, (175) che potesse più della sua patria, e la forza era la misura del diritto; di qui le leggi e le decisioni del popolo (plebis scita=i plebisciti) violate e i tribuni insieme ai consoli che sovvertivano i diritti; di qui strappati i fasci (cariche consolari comprate. I fasci erano simbolo dei consoli, erano fasci di legno di betulla che indicavano la forza e anche la flessibilità, erano stringati da un nastro al centro del quale vi era un’ascia. Venivano portati dai dodici littori che accompagnavano i consoli durante una cerimonia che si compiva il primo genn...


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