Traduzione e commento della Satira VI - Giovenale PDF

Title Traduzione e commento della Satira VI - Giovenale
Course Letteratura latina I
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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Traduzione e commenti della Satira VI di Giovenale per essere di Letteratura Latina I...


Description

SATIRA VI - GIOVENALE Credo Pudicitiam Saturno rege moratam in terris visamque diu, cum frigida parvas praeberet spelunca domos ignemque laremque et pecus et dominos communi clauderet umbra, silvestrem montana torum cum sterneret uxor frondibus et culmo vicinarumque ferarum pellibus, haut similis tibi, Cynthia, nec tibi, cuius turbavit nitidos extìnctus passer ocellos, sed potanda ferens infantibus ubera magnis et saepe horridior glandem ructante marito.

Io Credo che sotto il regno di Saturno la Pudicizia, si trattenne sulla terra e fu vista a lungo mentre una fredda spelonca offriva piccole dimore e chiudeva sotto la comune ombra il fuoco, i lari, il bestiame e i padroni e quando una moglie montanara stendeva un letto boschereccio con fronde e con paglia, e con le pelli degli animali vicini, non simile a te ,oh Cinzia, e nemmeno a te, della quale il passerotto morto intorbidò i lucenti occhi, ma (una moglie) che porgeva a grassi neonati mammelle rigonfie e spesso più irsuta del marito che ruttava ghiande.

• Credo =quindi fortissima affermazione dell’individualità dell’autore. • Pudicizia = entità Cynthia = donna amata da properzio, donna che pretende e per il poeta diventa l’unica ragione di vita extìnctus passer = Lesbia, donna amata da Catullo • modello positivo della donna è rappresentata da questa donna irsuta - vuole sottolineare la corruzione morale della donna del presente ovvero le donne sopra citate.

Quippe aliter tunc orbe novo caeloque recenti vivebant homines, qui rupto robore nati compositive luto nullos habuere parentes. Multa Pudicitiae veteris vestigia forsan aut aliqua exstiterint et sub love, sed love nondun

Infatti allora gli uomini vivevano diversamente in un mondo nuovo e sotto un cielo recente, i quali nati dalla corteccia delle querce o formati di fango non ebbero alcun genitore. Molte tracce dell’antica pudicizia, forse o alcune, potrebbero trovarsi anche sotto Giove, ma un Giove non ancora

• ripresa del mito delle 5 età, ovvero della progressiva decadenza del genere umano rispetto al momento aureo dei primi tempi. Giovenale lo riprende dalla tradizione greca, ovvero da Esiodo.

barbato, nondum Graecis iurare paratis per caput alterius, cum furem nemo timeret caulibus ac pomis et aperto viveret orto. Paulatim deinde ad superos Astraea recessit hac comite, atque duae pariter fugere sorores.

con la barba e quando i Greci non erano ancora pronti a giurare sulla testa di un altro, quando nessuno temeva il ladro per i suoi cavoli e i suoi frutti e viveva con l’orto aperto. Poi a poco a poco Astrea tornò presso il dei, essendo questa sua compagna, e le due sorelle (Pudiciazia ed Astrae) ugualmente fuggirono.

• Giove non aveva la barba = è una critica all’entrata a Roma dei costumi greci - quindi era un epoca ancora sana perché contadina.

Anticum et vetus est alienum, Postume, lectum concutere atque sacri genium contemnere fulcri. omne aliud crimen mox ferrea protulit aetas: uiderunt primos argentea saecula moechos. Conventum tamen et pactum et sponsalia nostra

è un usanza antica e vetusta usanza, oh Postumo, scuotere il letto altrui e disprezzare il genio del sacro talamo. Presto l’età del Ferro portò con se ogni altro delitto, i secoli argentei, però videro i primi adulteri. Tuttavia tu prepari un patto nuziale, e un fidanzamento

tempestate paras iamque a tonsore magistro pecteris et digito pignus fortasse dedisti? certe sanus eras. uxorem, Postume, ducis? dic qua Tisiphone, quibus exagitere colubris. ferre potes dominam salvis tot restibus ullam,

e gia sei pettinato da un maestro barbiere e forse hai messo un anello al dito? certamente eri sano di mente. Ma tu oh Postumo vuoi sposarti? Dimmi da quelli Tisifone o da quali serpenti tu sei reso folle. Puoi sopportare una qualche donna avendo qua a disposizione tante corde

cum pateant altae caligantesque fenestrae, cum tibi vicinum se praebeat Aemilius pons? aut si de multis nullus placet exitus, illud nonne putas melius, quod tecum pusio dormit? Pusio, qui noctu non litigat, exigit a te

o poiché si aprono per te alte e vertiginose finestre o mentre ti si presenta vicino il ponte Emilio? Se tra molte non ti piace nessuna morte, non ritieni che sia meglio ciò, un ragazzo dorma con te? Puoi non ragazzo che di notte non litiga, e che stanno coricato con te

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• origine del mondo e dell’uomo ➔si sottolinea la semplicità della vita.

Astrea è la divinità della giustizia, quindi con l’allontanamento delle due sorelle, dopo il regno di Giove indicano abbrutimento dell’uomo. • talamo= letto nuziale • scuotere il letto altrui =commettere adulterio • disprezzare il genio (=divinità tutelare)

Tisifone= una delle furie

• Donna è pretende molto sia sul piano economico che quello carnale.

nulla iacens illic munuscula, nec queritur quod et lateri parcas nec quantum iussit anheles. Sed placet Ursidio lex Iulia: tollere dulcem cogitat heredem, cariturus turture magno mullorumque iubis et captatore macello.

non esige da te nessuno piccolo dono, e non si lamenta del fatto che tu risparmi i suoi lombi e non ansimi quanto lui l’ha voluto. Ma ad Ursilio piace la legge Giulia: pensa di sollevare un dolce credo, disposto a fare a meno di una grassa tortora e delle barbe delle triglie e del mercato tentatore.

quid fieri non posse putes, si iungitur ulla Ursidio? si moechorum notissimus olim stulta maritali iam porrigit ora capistro, quem totiens texit perituri cista Latini? quid quod et antiquis uxor de moribus illi

che cosa pensi non possa accadere se qualcuna si unisce ad Ursilio? se una buona volta, il più noto degli adulteri ormai porge lo stupido volto al capestro del matrimonio, lui che tante volte la cesta di Latino ha protetto, destinato a perire? Che cosa dici che per quello viene cercata una moglie dai costumi antichi?

quaeritur? o medici, nimiam pertundite uenam. delicias hominis! Tarpeium limen adora pronus et auratam Iunoni caede iuvencam, si tibi contigerit capitis matrona pudici. paucae adeo Cereris vittas contingere dignae,

O medici! fate un salasso ad una grossa vena. Delizia di un uomo! Tu adora la soglia Tarpea inchinato e uccidi una giovenca coperta d'oro a Giunone, se ti toccherà in sorte una matrona dal carattere pudico. Tanto poche sono degne di toccare le bende di Cerere

quarum non timeat pater oscula. necte coronam postibus et densos per limina tende corymbos.

e delle quali nemmeno il padre tema i baci. Intreccia una corona di fiori alle porte e distendi i fitti corimbi sulle soglie.

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Ursidio: persona di cui non sia ha notizia legge Iulia: accordava dei privilegi a coloro che si sposavano. sollevare : atto attraverso il quale un padre riconosceva un figlio come proprio triglie, tortore = donativi fatti da chi cercava mogli o mariti Latino: impersonava spesso nei mimi la parte dell’adultero sorpreso. fare un salasso ad una grossa vena = dissanguare una persona, ovvero una cosa impossibile da fare. soglia del tempio di giove, che corrisponde ad un “puoi ringraziare il cielo” bende= sono solo delle donne illibate, uniche addette a toccarle durante i riti. baci = indica gli incesti

versi 82-135 nupta senatori comitata est Eppia ludum ad Pharon et Nilum famosaque moenia Lagi prodigia et mores urbis damnante Canopo. inmemor illa domus et coniugis atque sororis

Eppia sposata con un senatore accompagnò un gruppo di gladiatori fino al faro, il Nilo, e alla celebri mura di Lago, mentre Canopo si scandalizzava per i prodigi ed i costumi della città. Quella scordandosi della casa, del marito e della sorella

nil patriae indulsit, plorantisque improba natos utque magis stupeas ludos Paridemque reliquit. sed quamquam in magnis opibus plumaque paterna et segmentatis dormisset parvula cunis, contempsit pelagus; famam contempserat olim,

non ebbe alcuna indulgenza per la patria, malvagia abbandonò i figli piangenti e perché tu ti stupisca di più, abbandonò i giochi e Paride. Ma benché avesse dormito, da piccola tra grandi ricchezze e tra le piume paterne, e in un culla intarsiata, disprezzò il mare e una volta aveva disprezzato il suo buon nome

cuius apud molles minima est iactura cathedras. Tyrrhenos igitur fluctus lateque sonantem pertulit Ionium constanti pectore, quamuis mutandum totiens esset mare. iusta pericli si ratio est et honesta, timent pauidoque gelantur

della quale la perdita è minima tra morbide poltrone. dunque tollerò le onde del mar Tirreno e lo Ionio che ampiamente risuona, con cuore fermo, benché dovesse cambiare mare tante volte. Se l’entità del pericolo è giusta e adeguata, (le donne) hanno paura e si raggelano nel loro cuore pauroso,

pectore nec tremulis possunt insistere plantis: fortem animum praestant rebus quas turpiter audent. si iubeat coniunx, durum est conscendere navem, tunc sentina gravis, tunc summus vertitur aer: quae moechum sequitur, stomacho valet. illa maritum

e non posso reggersi suoi loro piedi tremanti, presentano animo di fronte alle azioni che osano vergognosamente. Nel caso che il marito lo ordini, è cosa difficile salire sulla nave, allora la stiva (=sentina) è puzzolente allora la sommità del suo ventre si rimescola. Colei che segue un adultero è forte di stomaco. Quella vomita addosso al marito, questa (=donna disonesta) pranza tra i marinai e cammina sul ponte e gioisce nel maneggiare le dure corde. Tuttavia per quale forma si infiammò Eppia, catturata da quale gioventù? Che cosa vide per cui tollerò di essere chiamata gladiatorie? infatti il suo Sergio aveva già cominciato a radersi la barba

conuomit, haec inter nautas et prandet et errat per puppem et duros gaudet tractare rudentis. qua tamen exarsit forma, qua capta iuventa Eppia? quid vidit propter quod ludia dici sustinuit? nam Sergiolus iam radere guttur

coeperat et secto requiem sperare lacerto; praeterea multa in facie deformia, sicut attritus galea mediisque in naribus ingens gibbus et acre malum semper stillantis ocelli. sed gladiator erat. facit hoc illos Hyacinthos;

e a sperare riposo per il suo braccio ferito; inoltre egli aveva molti sfregi sul volto come una protuberanza grande sfregata dall’elmo nel mezzo del naso e un fastidioso malanno dell’occhietto lacrimante. Ma era un gladiatore. Questo li rende dei Giacinti;

hoc pueris patriaeque, hoc praetulit illa sorori atque viro. ferrum est quod amant. hic Sergius idem accepta rude coepisset Veiiento videri. quid privata domus, quid fecerit Eppia, curas? respice rivales divorum, Claudius audi

quella preferì questo ai figli, alla patria, alla sorella e al marito. E’ il ferro ciò che esse amano. Questo Sergio dov aver ricevuto il bastone di congedo, avrebbe iniziato ad assomigliare a Veientone. Tu ti curi [riferito all'interlocutore] di che cosa abbia fatto una casa privata (di Eppia) e di che cosa abbia fatto Eppia? Osservi le rivali degli dei, ascolta che cosa ha sopportato Claudio.

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Faro, Nilo, Lago = sono riferimenti alla città di Alessandria d’Egitto Canopo è una cittadina vicina al Alessandria, che sorgeva su uno dei rami del delta d’Egitto. Persino il dissoluto Egitto si scandalizzava dei costumi di Roma. Eppia si reca in Egitto quasi facendo scandalizzare la città di Canopo. Paride era un attore particolarmente vicino a Domiziano, amante dell’imperatrice. Nell’universo dei valori di questa donna, al primo posto stavano i giochi, poi Paride, e poi i figli, quindi c’eun ribaltamento dei valori. Sembra che soffra di meno ad abbandonare i figli che non Paride. disprezzo il mare= quindi non ebbe paura a viaggiare per mare chi è abituato a questi lussi è poco attratto dal lasciare di se buona fama, perché tutta la sua vita è incentrata sui lussi. Cambiare tante volte = viaggerà molto prendono coraggio dove devono affrontare azioni riprovevoli parte superiore del vetro = stomaco ➔ soffre il mare gladiatorie = perché aveva abbandonato tutto per seguire il gladiatore Sergio. radersi la barba = aveva circa una quarantina di anni

• Giacinti = bellissimo • Osservi le rivali degli dei [le donne imperiali]

• Veitone= marito da lei abbandonato

quae tulerit. dormire virum cum senserat uxor, sumere nocturnos meretrix Augusta cucullos ausa Palatino et tegetem praeferre cubili linquebat comite ancilla non amplius una. sed nigrum flavo crinem abscondente galero !!!!!!!

Una volta che la moglie si era accorta che il marito dormiva (Claudio), la meretrice imperiale (Messalina), osando preferire una stuoia al letto del palatino e osando indossare un mantello notturno, lasciava il marito essendole compagna non più di una serva. Ma mentre una bionda parrucca nascondeva i suoi neri capelli,

intravit calidum veteri centone lupanar et cellam vacuam atque suam; tunc nuda papillis prostitit auratis titulum mentita Lyciscae ostenditque tuum, generose Britannice, ventrem. excepit blanda intrantis atque aera poposcit.

entrava nel caldo lupanare/ bordello, dietro una vecchia coperta, e entrava nella stanza vuota di sua proprietà; allora nuda si offriva con i capezzoli dorati usando il nome di Lycisca, e mostrava, o nobile Britannico, il ventre che ti aveva generato (lett. il tuo ventre). ella accoglieva coloro che entravano nel bordello e chiedeva il denaro.

[continueque iacens cunctorum absorbuit ictus.] mox lenone suas iam dimittente puellas tristis abit, et quod potuit tamen ultima cellam clausit, adhuc ardens rigidae tentigine voluae, et lassata viris necdum satiata recessit, obscurisque genis turpis fumoque lucernae foeda lupanaris tulit ad pulvinar odorem.

[] mentre il lenone ormai congedava le ragazze (al suo servizio) se ne andava triste e per quanto poteva tuttavia chiudeva per ultima la sua stanza ancora bruciante per il prurito dell’utero teso, e stancata dagli uomini ma non ancora sazia tornava (nella reggia) e imbruttita dalle guance annerite e per il fumo della lucerna portava la puzza del postribolo nel letto imperia.

hippomanes carmenque loquar coctumque venenum privignoque datum? faciunt graviora coactae imperio sexus minimumque libidine peccant.

Dovrei parlare dell'Ippomane e delle formule e del veleno decotto preparato e dato al figliastro? Le donne spinte dall'istinto del sesso fanno cose più gravi e sbagliano pochissimo nella lussuria.

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• metonimia ➔ aera=bronzo= denaro

versi 184-241 quaedam parua quidem, sed non toleranda maritis. nam quid rancidius quam quod se non putat ulla

Alcuni (vizi) sono certamente piccoli ma non tollerabili per i mariti. Infatti che cosa c’è di più stomachevole del fatto che nessuna si ritiene bella

formosam nisi quae de Tusca Graecula facta est, de Sulmonensi mera Cecropis? omnia Graece: [cum sit turpe magis nostris nescire Latine.] hoc sermone pavent, hoc iram, gaudia, curas, hoc cuncta effundunt animi secreta. quid ultra?

se non quella che da etrusca è diventata greca da sulmonese è diventata una pura ateniese? tutto in Greco [ ] in questa lingua esprimono la paura in questa esprimono l’ira le gioie le preoccupazioni in questa in questa esprimono tutti i segreti dell’anima. che cosa dovrei dire di più?

concumbunt Graece. dones tamen ista puellis, tune etiam, quam sextus et octogensimus annus pulsat, adhuc Graece? non est hic sermo pudicus in vetula. quotiens lasciuum interuenit illud zoe kai psyche, [modo sub lodice relictis uteris in turba]. quod enim non excitet inguen vox blanda et nequam? digitos habet. ut tamen omnes subsidant pinnae, dicas haec mollius Haemo quamquam et Carpophoro, facies tua conputat annos. si tibi legitimis pactam iunctamque tabellis

non es amaturus, ducendi nulla videtur causa, nec est quare cenam et mustacea perdas labente officio crudis donanda, nec illud quod prima pro nocte datur, cum lance beata Dacicus et scripto radiat Germanicus auro.

vanno a letto in greco. Tuttavia concedi pure questo alle ragazze, ma anche tu che l’ottantaseiesimo anno batte ancora in greco parli? Questa lingua non è conveniente in una vecchia. Quante volte si sente quella espressione lasciva “ vita e anima”, [usi parole abbandonate fra le corti].

• si esprimono solo in greco

• batte = nel senso che questa età pesa • “ vita e anima” =parole degli innamorati

Quale inguine infatti non ecciterebbe una voce carezzeole e corrotta? Ha persino le dita. Benché tuttavia tutte le penne si liscino, anche se tu dici queste cose più dolcemente di Emo e Carpoforo, il tuo volto conta gli anni. Se non hai intenzione di amare una donna promessa e a te unita con un contratto legittimo nulla non appare alcun motivo di sposarti, e non c’è motivo per cui tu sprechi una cena e una focaccia di mosto da dare a persone sazie alla fine del banchetto, e non c’è motivo per cui tu sprechi ciò che viene donato per la prima notte, quando su un piatto ricolmo scintillano Dacico e Germanico sull’oro istoriato.

si tibi simplicitas uxoria, deditus uni est animus, summitte caput cervice parata ferre iugum. nullam invenies quae parcat amanti. ardeat ipsa licet, tormentis gaudet amantis et spoliis; igitur longe minus utilis illi

Se ti accontenti di una donna sola, se il tuo animo è dedito a una sola, abbassa il capo, con il collo pronto a portare il gioco nuziale. Non troverai nessuna che risparmi l’uomo che ama. Anche se le stessa brucia d’amore, gode delle torture e del bottino dell’amante; perciò la moglie è di gran lunga meno utile a quello

uxor, quisquis erit bonus optandusque maritus. nil umquam invita donabis coniuge, vendes hac obstante nihil, nihil haec si nolet emetur. haec dabit affectus: ille excludatur amicus iam senior, cuius barbam tua ianua vidit.

che sarà un marito buono e desiderabile. Mai tu donerai nulla contro il parere della moglie, non venderai nulla, se lei si oppone nulla sarà comprato se lei non lo vorrà. Lei regolerà gli affetti: sia chiuso fuori quell’amico orami vecchio, la cui prima barba la tua porta conobbe.

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• prima pro = anastrofe Dacci e Germanico = appellativi dell’imperatore Traiano, imperatore all’epoca di Giovenale. Così chiamato perchè porta delle vittorie sui germani e faccio indica la conquista da lui attuata sulla Dacia. • Se tu non vuoi amare la donna che hai sposato, non c’è motivo per cui tu sprechi soldi per allestire un banchetto nuziale e tutto ciò che viene dato alla fine di esso. es. focaccia. • piatto= ricolmo di monete d’oro dato agli sposi, su cui è ritratto l’immagine dell’imperatore.

Testandi cum sit lenonibus atque lanistis libertas et iuris idem contingat harenae, non unus tibi rivalis dictabitur heres. 'pone crucem servo.' 'meruit quo crimine servus supplicium? quis testis adest? quis detulit? audi;

Quando ci sia la libertà di fare testamento in favore dei lenoni e per i lanisti e lo stesso diritto tocca all’arena, non un solo rivale ti sarà dettato da lei come erede. “metti la croce ad un sevo” “per quale colpa il servo ha meritato la morte? Quale testimone c’è? Chi l’ha denunciato? ascolta;

nulla umquam de morte hominis cunctatio longa est.' 'o demens, ita servus homo est? nil fecerit, esto: hoc volo, sic iubeo, sit pro ratione voluntas.' imperat ergo viro. sed mox haec regna relinquit permutatque domos et flammea conterit; inde

nessun indugio è mai lungo per la morte di un uomo”. “oh pazzo, così un servo è un uomo? ammettiamo che non abbia fatto nulla, sia questo io voglio, così ordino, la mia volontà sia come una ragione”. Dunque comanda al suo uomo. ma presto lei lascia questo regno e cambia casa e calpesta il velo nuziale;

avolat et spreti repetit vestigia lecti. ornatas paulo ante fores, pendentia linquit vela domus et adhuc virides in limine ramos. sic crescit numerus, sic fiunt octo mariti quinque ...


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