Giovenale, Satira VI contro le donne, (libro II) PDF

Title Giovenale, Satira VI contro le donne, (libro II)
Course Semiotica
Institution Università degli Studi di Palermo
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Traduzione testo di Giovenale. Satira VI. Libro II. Traduzione dal v. 1 al v. 300...


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GIOVENALE, LIBRO II. “SATIRA VI: CONTRO LE DONNE” Credo che Pudicizia, avendo soggiornato in terra, (essendo) re Saturno, ed essendo stata vista a lungo, mentre una fredda grotta offriva delle piccole dimore e riuniva in un’ombra comune il fuoco e il Lare, e il bestiame e i padroni, mentre la moglie montanara preparava un silvestre giaciglio V.5

con fronde e paglia e con pelli di bestie vicine non simile a te, o Cinzia, né a te, della quale il passero morto turbò i nitidi occhi, ma porgendo ai vigorosi infanti mammelle da succhiare e spesso più sgradevole del marito che rigetta la ghianda. V.10

Infatti, allora, gli uomini vivevano diversamente, in un mondo nuovo e in un cielo recente (*appena creato), i quali, nati da una quercia spaccata o posti nel fango, non ebbero genitori. Forse, molte tracce dell’antica pudicizia, o alcune, sarebbero esistite ancora sotto Giove, ma non (essendo) ancora Giove barbuto, V.15

non (essendo) ancora i Greci, pronti a giurare sulla testa di un altro, quando nessuno temeva il ladro relativamente ai cavoli e ai frutti, e viveva nell’orto aperto.

In seguito, a poco a poco, Astrea si dileguò presso i celesti essendo questa (Pudicizia) compagna, e allo stesso modo fuggirono le due sorelle. V.20

Oh Postumo, è antico e fuori moda scuotere il letto altrui, e disprezzare il Genio del sacro vincolo (=matrimonio). L’età del ferro portò a poco a poco ogni altro crimine: i tempi d’argento videro i primi tradimenti. Tuttavia, nel nostro tempo, tu prepari l’accordo, il patto, il fidanzamento, V.25

e già ti fai acconciare da un maestro-parrucchiere e forse hai consegnato il pegno con il dito. Certamente eri sano. Oh Postumo, prendi moglie? Dimmi, da quale Tisifone, da quali serpi sei sconvolto. Puoi sopportare qualche padrona con tutte le corde integre, V.30

mentre sono aperte finestre alte e vertiginose, mentre si offre vicino a te il ponte Emilio? Oppure, se fra le molte non (ti) piace nessuna alternativa, non credi sia meglio ciò, che dorma con te un ragazzino? Un ragazzino che di notte non litiga, da te non esige V.35

alcun regalino, giacendo li’ (*per il fatto che giace li’), né lamenta che tu risparmi il fianco e non ansimi quanto ha ordinato.

Ma la legge Giulia piace a Ursidio: pensa di sollevare un dolce erede, sentirà la mancanza di una grande tortora, delle barbe delle triglie e di un mercato lusinghiero. V.40

Che cosa credi che non possa essere accaduto, se qualcuna si unisce a Ursidio? Se il più noto, un tempo, fra i traditori già porge le stolte bocche al cappio del matrimonio, lui che intesse una cesta tante volte (come) i Latini sul punto di morire? E che cosa del fatto che cerca anche (a quello/a un altro) una moglie antica riguardo ai costumi? V.45

Oh medici, bucategli la vena oltre misura. Delizia agli uomini! Adora la soglia di Tarpeia (*colle del Campidoglio) prono (chino) e offri una giovenca indorata a Giunone, se a te sarà toccata una sposa dalla testa (=bocca) pudica. Poche ormai (sono) degne di toccare le bende di Cerere, V.50

i baci delle quali non tema il padre. Appendi una corona alle porte e stendi fitti festoni attraverso le soglie. Un solo uomo è sufficiente a Iberina? Più velocemente otterrai ciò, che costei sia contenta di un solo occhio. Tuttavia è grande la fama di colei che vive nella campagna paterna. V.55

Viva a Gabi (nel Lazio) come ha vissuto in campagna,

viva a Fidene, e io cedo al campicello paterno. Chi tuttavia afferma nulla di compiuto nei monti o nelle spelonche? A tal punto sono invecchiati Giove e Marte? O –sotto- i portici a te è mostrata una donna degna del tuo desiderio? V.60

Oppure gli spettacoli possiedono in tutti i settori Ciò che tu ami sereno, e ciò che tu puoi escludere da li’? Mentre Batillo danza (lett. Danzando Batillo) dolcemente la pantomima di Leda, Tuccia non è padrona della libidine (vesicae), Apula geme [come nell’amplesso, subito, in un lungo e indegno (gemito)]. V.65

Timele osserva: Timele, allora, impara le cose rozze. Ma altre, ogni volta che i sipari nascosti si chiudono, ed essendo chiuso e vuoto il teatro, le sole piazze risuonano, e dai (giochi) plebei lungamente a quelli Megalesi (*celebrazioni in onore di Cibele), (*le donne) tristi tengono la maschera e il tirso, e la fascia addominale di Accio. V.70

Urbico, alla fine di Atellana (*commedia), provoca il riso con i gesti di Autonoe, questo predilige il povero Elia. Per questi la fibbia viene slacciata grandemente da un commediante, ci sono quelle che impediscono a Crisogono di cantare, Ispulla si gode un attore tragico (Tragedo, epiteto di Giove): oppure ti aspettavi che Quintiliano fosse amato? V.75

Tu accogli una moglie da cui sarà reso padre il citaredo Echione, o Glafiro, o Ambrosio, flautista del coro. Innalziamo lunghi palchi attraverso gli stretti vicoli, si adornino gli stipiti e le porte con una grande corona di alloro, affinchè il nobile infante, raffiguri per te, oh Lentulo, V.80

nella culla di tartaruga, Eurialo il mirmillone. Eppia, sposa di un senatore, ha seguito un gruppo di gladiatori fino a Faro e al Nilo e alle famose mura di Lago (generale di A. Magno), condannando Canopo (città) i dissipamenti e le tradizioni della città (Roma). Quella, immemore della casa, e dello sposo e della sorella, V.85

nulla concesse alla patria, e sciagurata abbandonò i figli che piangevano, e affinchè ti stupisca di più, (abbandonò) i giochi e Paride. Ma, sebbene fanciulletta avesse dormito fra grandi ricchezze, e fra le piume paterne, e in culle adorne di ricami, disprezzò il mare; un tempo aveva disprezzato la fama, V.90

della quale la rinuncia è (cosa) minima presso le morbide poltrone. Dunque, sopportò i flutti del Tirreno, e l’ampiamente risonante Ionio con animo costante, sebbene tante volte dovesse mutare il mare. Se c’è una ragione giusta e onesta del pericolo, temono e si raggelano nel pavido V.95

petto, né possono stare fermi sui piedi tremolanti: mostrano un animo forte nelle cose che osano in modo turpe. Se lo ordina il marito, è dura salire sulla nave, allora la stiva è pesante, allora il sommo cielo gira: colei che segue l’amante, è forte di stomaco. Quella vomita V.100

sul marito, questa tra i marinai prende il cibo e vaga per la nave e gode a toccare le ruvide gomene. Tuttavia, per quale aspetto si infiammò, per quale gioventù fu presa Eppia? Che cosa vide, perché sostenne di essere detta/chiamata “la gladiatora”? Infatti, il giovane Sergio aveva già cominciato a radersi la gola V.105

e a sperare il congedo (requiem) -a causa- del braccio rotto; Inoltre per le molte deformità sul viso, come in mezzo alle narici, un’enorme gobba sfregata dall’elmo e un malessere pungente/acuto con gli occhietti sempre stillanti. Ma era un gladiatore. Ciò rende quelli Giacinti; V.110

Ciò, quella, antepose ai figli e alla patria, ciò alla sorella e al marito. E’ il ferro che amano (*le donne). Questo Sergio medesimo sarebbe cominciato ad essere videri, una volta accettato il bastone, come a Veiento. Ma tu ti curi di ciò che -ha fatto- una casa privata, di ciò che ha fatto Eppia? Voltati verso i rivali degli dei, e ascolta ciò che Claudio ha sopportato. V.115

Quando la moglie si accorgeva (lett: essendosi accorta) che il marito dormiva, l’Augusta meretrice, audace al punto di (ausa) indossare mantelli notturni sul Palatino e preferire una stuoia (tegetem) al letto, lo lasciava con non più di un’ancella (come) compagna. Ma nascondendo una bionda parrucca la scura chioma, V.120

entrò il/nel caldo lupanare con un vecchio abito, e la stanza vuota e propria; allora, nuda, con i capezzoli indorati si prostitui’, avendo mentito sul titolo di Licisca, e mostra, oh generoso Britannico, il tuo ventre. Blanda accolse coloro che entrarono e chiese il denaro. V.125

[e giacendo continuamente, assorbi’ il colpo di tutti quanti]. In seguito, quando il seduttore dimetteva le proprie fanciulle, andava via triste, e poichè, tuttavia, potè chiudere per ultima la stanza, ancora ardendo per la tensione della vulva rigida, e spossata dagli uomini, ma non ancora saziata, si allontanò V.130

con le guance oscure e luride, e impregnata dal fumo della lucerna, portò l’odore del lupanare verso il letto. Dovrei parlare della formula dell’ippomane e del veleno cotto, somministrato al figliastro? Cose più gravi fanno (le donne) spinte dal dominio del sesso, e peccano meno limitatamente alla libidine. V. 135

Ma perché Cesennia è illustre, essendo testimone il marito? Gli ha dato un milione di sesterzi (lett. due volte 500). Quello la chiama pudica, di tanto grande (valore). Né è magro per la faretra di Venere o arde per via della fiaccola: di là ardono le fiaccole (della passione), dalla dote provengono le frecce. La libertà viene comprata. In sua presenza è lecito far cenno (a qualcuno) e (riscrive per iscritto): V.140

E’ vedova (la donna) ricca che si è sposata con un avaro. “Perché Sertorio arde di passione per Bibula?” In verità se scruti attentamente, non è amata la moglie (ma) il (suo) aspetto. Le appaiano tre rughe e la pelle arida si afflosci, i denti le diventino scuri, e gli occhi più piccoli, V.145

“Raccogli la dote ed esci”, dirà un liberto. Ormai sei pesante per noi, e spesso ti sei soffiato il naso. Esci veloce e rapido. Viene un’altra col naso asciutto. Intanto si riscalda e fa la regina, e chiede al marito pastori e il gregge di Canosa e olmi di Falerno. V.150

-Quanto è piccolo in questo!- Si compri tutti i fanciulli, tutti i carceri, e ciò che a casa non c’è, ma il vicino possiede. Inoltre, nel mese d’inverno, mentre il mercante Giasone ormai vacillante e –mentre- la candida capanna si pone davanti ai marinai armati,

vengono portati grandi (vasi) di cristallo, e ancora più grandi V.155

vasi di murra, e poi il diamante più celebre è reso più prezioso nel dito di Berenice. Un tempo, il barbaro Agrippa, diede questo all’incestuosa sorella per indossarlo, dove i sovrani osservano le festività del sabato con il piede scalzo, e una clemenza antica è indulgente con i porci vecchi. V.160

“Fra masse tanto grandi, nessuna ti sembra degna?” Se fosse bella, dignitosa, ricca, feconda e nei portici disponesse antenati antichi, più casta (intatta) di ogni Sabina che interrompe la guerra, essendo state sciolte le chiome (uccello raro in terra e molto simile a un cigno nero!), V.165

chi sopporterà una moglie alla quale risultano tutte le cose? Preferisco, preferisco Venusina che te, oh Cornelia, madre dei Gracchi, se con grandi virtù porti un grande sopracciglio e numerosi trionfi come dote. Portati il tuo Annibale, te ne prego, e il vinto Siface V.170

negli accampamenti, e con tutta Cartagine vai via. “Pietà, ti prego, oh Peana, e tu oh dea, deponi le frecce; I fanciulli non fanno niente, trafiggete proprio la madre! Grida Anfione, ma Peana contrae l’arco.

Pertanto portò via le masse dei figli e lo stesso padre, V.175

mentre Niobe sembra (videtur) più nobile della stirpe Latona e più feconda della medesima scrofa bianca. Quale serietà/valore, quale bellezza fu a tal prezzo da essere sempre messa sul conto a te? Infatti, non vi è alcun piacere di un bene raro e sommo (come) questo, tutte le volte che (lei) corrotta da un animo superbo V.180

possiede più aloe che miele. Chi invece è dedito a tal punto che non inorridisce di quella e non si infastidisce per sette ore al giorno (lett. nel giorno per 7 ore), anziché innalzarla con lodi? Certamente alcune cose (sono) piccole, ma non (sono) da tollerare per i mariti. Infatti, cosa c’è di più sgradevole del fatto che nessuna si reputi bella, V.185

se non che da Etrusca sia stata trasformata in Greca, da Sulmonese in Ateniese verace? Ogni cosa alla greca: [essendo più vergognoso (val. concess. “anche se”) per le nostre –donne- non conoscere il latino]. In questa lingua hanno paura, in questa effondono l’ira, le gioie, gli affanni, tutte le cose segrete dell’animo. Cos’altro? V.190

Giacciono insieme in greco. Tuttavia, codeste cose concedile alle fanciulle, e tu invece, per la quale batte l’ottantaseiesimo anno, ancora in greco?

Questo discorso non è pudico in vecchiaia. Ogni volta che interviene quel lascivo “Vita e anima!, tu fra la folla ti servi di cose abbandonate (=parole). V.195

sotto la coperta. Infatti, quale inguine non ecciterebbe una voce blanda e da nulla? Ha le dita. Affinchè, tuttavia, tutte le penne si affloscino, sebbene tu possa dire queste cose più teneramente di Emo e Carpoforo, la tua faccia conta gli anni. Se tu non hai intenzione di amare colei che è stata promessa e congiunta (in matrimonio) V.200

con documenti legittimi, non sembra (ci sia) alcuna causa da condurre, né c’è (motivo) per il quale tu perda la cena e le focacce da donare con (cibi) crudi terminando la cena, né quello viene dato per la prima notte, quando da un beato vassoio Dacico e Germanico risplende sull’oro inciso. V.205

Se (c’è) per te la semplicità coniugale e il (tuo) animo è dedito a una sola (persona), abbassa il capo col collo pronto a portare il giogo. Non troverai nessuna che abbia pietà di colui che ama. Sebbene proprio lei arda (di passione), gioisce per i tormenti verso gli amanti e gli spoliamenti, dunque, meno lungamente utile a quella moglie, V.210

sarà qualunque marito buono e desiderabile.

Non donerai nulla, (essendo) la moglie controvoglia, né venderai nulla con colei che si oppone, se queste cose verranno comprate se lei non vuole. Costei darà gli affetti: quello allontanerà l’amico ormai più vecchio, di cui la porta vide la barba. V.215

Essendo la libertà ai lenoni e lanisti di redigere il testamento e lo stesso aspetto della legge tocca all’arena, per te non un solo rivale sarà designato (come) erede. Metti la croce al servo. Per quale crimine lo schiavo ha meritato il supplizio? Quale testimone si presenta? Chi lo ha portato (davanti al giudice)? Ascolta; V. 220

Non vi è alcuna lunga esitazione riguardo alla morte di un uomo. “Oh folle, l’uomo è cosi’ servo? Nulla ha fatto, e sia: Voglio questo, cosi’ comando, sia la mia volontà per la ragione. Pertanto (la donna) comanda sull’uomo. Ma presto abbandona questi. E muta le dimore, e distrugge i veli nuziali; di là V.225

vola via e ritorna sulle orme del letto disprezzato. Lascia le porte poco prima adornate, i veli pendenti della casa e i rami sulla soglia ancora verdeggianti. Cosi’ cresce il numero, cosi’ diventano otto mariti, in cinque autunni, cosa degna del titolo sepolcrale. V. 230

La concordia per te non deve essere persa, essendo salva la suocera.

Quella insegna a gioire delle spoglie del marito nudo, quella insegna a rispondere nè in modo semplice nè rude ai biglietti inviati dal seduttore, quella inganna i custodi o (li) doma con il denaro. Allora, col corpo sano (=in salute) V.235

invoca Archigene e scuote le coperte onerose. Nel frattempo l’adultero appartato, sta nascosto (latet), e segreto (secretus), e impaziente del ritardo tace e conduce il prepuzio. Evidentemente ti aspetti che la madre tramandi costumi onesti agli altri anziché ciò che possiede? V.240

Inoltre, è utile a una vecchia spudorata generare una figlia spudorata. Generalmente, non c’è processo in cui una donna non abbia mosso una lite. Manilia –avanza- l’accusa, se non è colpevole. Proprio loro compongono e formano per sé i libretti, pronte a dettare a Celso il principio e i punti (dell’argomento). V.245

E chi non conosce le vesti di Tiro e gli unguenti femminili, o chi non ha visto le ferite del palo, che incava con assidue bastonate, e lacera con lo scudo e la matrona molto degna riempie/esegue tutti i numeri davanti alla tromba di Flora, a meno che proprio nel suo petto non agiti qualcosa di più V.250

e non sia pronta all’arena vera?

Quale decoro può mostrare una donna con l’elmo, che fugge dal sesso, e ama la forza? Tuttavia proprio costei non vorrebbe diventare un uomo; infatti, quanto piccola (è) la nostra gioia! Quale onore, se fosse fatta un’asta delle cose del coniuge: V.255

la cintura e i guanti, le creste (dell’elmo) e mezzo schiniere per la sinistra! Oppure se muoverà diverse battaglie tu (sarai) felice vendendo la fanciulla le gambiere (=se la fanciulla venderà). Queste sono coloro che sudano nella veste sottile, delle quali anche un panno di seta brucia le grazie. V.260

Osserva con quale fremito sopporta i colpi mostrati e con quanto peso dell’elmo viene piegato, quanto grande (sia) la fascia con denso spessore che poggia sui polpacci, e sorridi quando deposte le armi viene preso il vaso da notte. Ditemi voi nipoti di Lepido o del cieco Metello V.265

o di Fabio Gurgite, quale moglie di gladiatore abbia indossato mai questi abiti? Quando la moglie di Asilo geme presso il palo? Il letto in cui giace la moglie possiede sempre liti e dispute reciproche; in quel (letto) si dorme poco (=al minimo). Allora quella (è) insopportabile per l’uomo, allora (è) peggiore della tigre orfana, V.270

quando simula gemiti nascosti consapevole del fatto,

oppure odia i fanciulli o inventa una finta concubina, con lacrime sempre abbondanti e sempre pronte ad aspettare nella propria postazione quella, che ordini soltanto di colare. Tu credi (che sia) amore, V.275

tu bruco, allora ti compiaci, e assorbi il pianto con le piccole labbra, quali lettere e quanti biglietti saranno letti se fossero aperti per te gli scrigni dell’adultera gelosa! Ma giace negli abbracci del servo o del cavaliere. Dii, dii Quintiliano, qualche attenuante a questo, per favore. V.280

Siamo perplessi. Dii proprio queste cose: “Un tempo era stato concordato”, disse, che tu facessi ciò che volevi, e che io potessi essere indulgente con me stesso. E’ lecito che tu gridi e confondi cielo e mare, anch’io sono un uomo”. Nulla è più audace di quelle che vengono scoperte: prendono ira e coraggio dal crimine. V.285

Tuttavia, tu chiedi da dove o da quale fonte (derivano) queste mostruosità? Un tempo l’umile fortuna assicurava la castità (delle donne) latine, e non permettevano ai vizi che le piccole dimore fossero toccate, la fatica e la brevità del sonno, e le mani rovinate e indurite dalla lana etrusca e Annibale prossimo alla città, V.290

e i mariti che stanno sulla torre Collina. Adesso patiamo le cose brutte della lunga pace, la lussuria, più crudele delle armi è giunta e vendica il mondo sconfitto. Da quando è svanita la povertà romana, nessun crimine è presente, o delitto libidinoso. Di qui riversò su costoro e sui colli V.295

di Sibari, di qui anche Rodi e Mileto e Taranto, adorna di corone, e petulante e madida (impregnata di vino). Per prima l’oscena Pecunia (*dea del denaro) ha portato i costumi stranieri, e le molli ricchezze hanno infranto le generazioni con una lussuria vergognosa. Infatti, di cosa si occupa Venere inebriata? V.300...


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