CONVENZIONI INTERNAZIONALI CONTRO LE DOPPIE IMPOSIZIONI PDF

Title CONVENZIONI INTERNAZIONALI CONTRO LE DOPPIE IMPOSIZIONI
Course Diritto tributario
Institution Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli
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CONVENZIONI INTERNAZIONALI CONTRO LE DOPPIE IMPOSIZIONI Il nostro modo di tassare e il modo di tassare gli altri stati  ci occupiamo di convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Quello che interessa riprendere è un principio che ci serve come terminologia: quando andiamo a parlare di contribuenti, gli esempi riguardano sempre le imposte dirette, noi distinguiamo i contribuenti: 1) Residenti: tassati secondo principio del reddito mondiale. È tassato sui redditi ovunque prodotti in Itali e all’estero. 2) Non residenti: tassati solamente sui redditi prodotti in Italia. Dal punto di vista fiscale quello che è rilevante è essere residente nel territorio dello stato. La residenza nasce da un collegamento con un territorio dal fatto di starci, l’Italia non tassa sulla base della cittadinanza (lo fanno gli USA). Il problema nasce dal fatto che l’Italia non è l’unico paese che adotta queste regole, sono universalmente adottate. Addirittura, c’è un dibattito in corso: possiamo considerarli principi di diritto internazionale consuetudinario? (quando uno stato applica determinate regole convinte di farlo x rispettare delle regole internazionali). Quella che è la soluzione sempre stata data è che in realtà gli stati applicano queste regole perché sono convinti che siano utili, non in rispetto di un obbligo, lo fanno perché gli piace. Nel momento in cui più stati le applicano, che situazione si crea? Se io Italiano guadagno reddito dalla Germania, la Germania pretende un’imposta e l’Italia pretenderà un’altra imposta. Doppia imposta internazionale. Tassazione della stessa ricchezza nelle mani dello stesso contribuente. Situazione che nasce da un conflitto residenza-fonte. (CONFLITTO DI DOPPIA IMPOSIZIONE) Altra ipotesi è il CONFLITTO RESIDENZA - RESIDENZA  potrà accadere che un cittadino americano, fiscalmente residente in Italia, si trovi a dover subire la potestà dell’Italia sul suo reddito mondiale ma in quanto cittadino americano subirà da parte degli USA la medesima potestà impositiva. Si potrebbe trovare a pagare le imposte in USA e in Italia (esempio estremo). Ipotesi più reale accadano da stati che tassano sulla base della residenza, dipende da quali sono i criteri con i quali viene definita la residenza ma situazione di dual-residency sono molto frequenti. Astrattamente potrebbero esistere anche dei CONFLITTI FONTE – FONTE  due stati considerano il medesimo credito essere sorto in quello stato essere sorto anche nell’altro. Caso classico è quello di una società residente nel paese X che paga una somma dal suo conto corrente presso una banca del paese Y. Il paese X dice che sono di sua fonte tutti i pagamenti che giuridicamente provengono da me, l’altro paese potrebbe dire che considera di sua fonte tutti i paesi che economicamente pagano da me. Sono casi più accademici che effettivi. Come si risolvono? Abbiamo meccanismi unilaterali e bilaterali. Ogni stato può scegliere cosa fare, se questi redditi tassarli o no, tassarli integralmente o parzialmente. La versione più frequente è quella di tassarli ma concedere un credito pari alle imposte pagate all’estero (includere redditi di fonte straniera nella sua base imponibile una volta che si va a definire l’imposta dovuta è ridotta per un ammontare pari dalle imposte pagate all’estero). L’altro meccanismo è la stigma di convenzioni internazionali contro la doppia imposizione, sono dei normali trattati internazionali.

Fanno nel corso degli ultimi anni anche qualcosa in più, non solo la doppia tassazione ma possiamo avere dei fenomeni di doppia non tassazione: potrebbe capitare che un medesimo reddito non sia tassato nel paese A e nel paese B. In passato si voleva evitare che una persona fosse tassata due volte, adesso sono state introdotte altre clausole limitative che evitano che un oggetto non sia tassato. L’altro obiettivo che vogliono attenere le convenzioni è lo scambio di informazioni: far parlare tra di loro gli stati contraenti affinché i contribuenti paghino le imposte che devono pagare. Nel corso degli ultimi anni, dagli eventi dell’11 settembre, è esploso: abbiamo Convenzioni/Direttive in tema di scambio di informazioni. Perché è stato deflagrante l’11 settembre? Seguendo il denaro negli scambi tra stati si possono ottenere vari risultati, si poteva contrastare il terrorismo ma tra i vari obiettivi anche assicurare che i contribuenti paghino le imposte dove devono. Se pensiamo al concetto di paradiso fiscale, non garantiscono un livello basso di tassazione ma sono i paesi che non scambiano informazioni. Quello che interessava a questi personaggi non era solo andare a pagare meno imposte però quello che interessava loro era non sapere di avere determinate ricchezze. Le convenzioni ad hoc cercano di evitare queste forme di opacità. Giuridicamente parlando quanto a sistema delle fonti, derivano anche tutte le conseguenze in tema di gerarchia delle fonti  c’è un problema di applicazione della convenzione internazionale in luogo della normativa interna. Il legislatore ha previsto ha previsto che il contribuente italiano possa sempre applicare le norme interne se più favorevoli alle norme convenzionali. Come funziona la convenzione internazionale? Vuole eliminare la doppia imposizione. Si tassa A o B oppure entrambi. La convenzione internazionale si dice tecnicamente ripartisce la potestà impositiva ad uno dei due stati. Una volta che viene attribuita la potestà impositiva, lo Stato la può esercitare come vuole – nei rapporti internazionali il contribuente italiano che deve pagare le imposte in Italia dovrà verificare se l’Italia ha potestà impositiva, verificato che ce l’ha dovrà verificare se il modo in cui prevede la convenzione che sia esercitata con il modo in cui sarebbe normalmente esercitata verifica quale dei due sia più favorevole. Ritenute = somme che vengono prelevate quando un soggetto riceve un reddito. Se voi avete uno stipendio di 1000€ a fine mese incassiamo 800€ perché lo Stato trattiene una somma. L’applicazione di questo prelievo alla fonte è un meccanismo tipico delle convenzioni internazionali. Potrebbe essere previsto nella convenzione che la ritenuta sia del 15%, se c’è una norma interna che dice che su quello stesso reddito, a prescindere da qualunque convenzione, si applica una ritenuta del 10%, il contribuente può dire ‘io non voglio la ritenuta del 15 ma del 10’ e non c’è violazione del diritto internazionale perché l’Italia ha potestà impositiva ma questo non vieta che una volta che esiste potestà impositiva l’Italia la eserciti in modo più favorevole. Le convenzioni internazionali fanno riferimento ad un modello OCSE: c’è anche un comitato che si occupa di affari fiscali che a partire dagli anni 60 si è andato ad occupare di redigere un modello di convenzione  quando si inizia la pratica, abbiamo il problema di come si fa l’atto. Atto in bianco con cose standard che devono esserci messe poi si compilano le parti mancanti.

Il modello OCSE è il modello di convenzione normalmente adottato dall’Italia, non è l’unico al mondo, un altro modello è quello previsto dall’ONU. Un altro ancora previsto dagli USA. Quanto sono diversi tra loro questi modelli? La base è identica, cambia la dimensione politica: 1) OCSE = club dei paesi ricchi. Gli Stati hanno problemi di persone residenti nel loro territorio che vanno a svolgere attività all’estero e vogliono guadagnarci. 2) ONU = maggiore il numero di paesi in via di sviluppo. 3) USA = molti vanno ad investire, quindi prendono in considerazione che tanti stranieri entrano nel loro territorio e voglio evitare che le ricchezze prodotte all’interno degli USA fuoriescano. Il modello ha un sistema più difensivo, favorisce lo stato di residenza ma tende ad assicurare che i guadagni prodotti lì restino in America e se escono siano tassati

SLIDE Teniamo conto che nelle nostre convenzioni la formula ‘potestà esclusiva’ è tradotto con  è tassabile soltanto Concorrente  è tassabile La partita si gioca per un ‘soltanto’ nel modello italiano, se non c’è sarà potestà impositiva concorrente. Business income  reddito di impresa, reddito derivante da attività svolte nello stato estero. C’è un problema di andare ad individuare qual è il grado di presenza nello stato estero decisivo per attribuire la potestà impositiva Passive income  redditi che io posso spedire da un altro stato senza metterci piede In tema di fiscalità riguarda i business income e i criteri per tassare le attività svolte, storicamente il criterio che tutt’ora l’Italia adotta è quello della stabile organizzazione: lo stato della fonte esercita la potestà impositiva nei limiti in cui l’impresa non residente ha una stabile organizzazione nel suo territorio. La stabile organizzazione è potremmo dire il ‘criterio principe’ per attribuire la potestà impositiva con riferimento alle attività di impresa. Abbiamo una società con sede legale a Roma e questa crea una sede secondaria a Milano, con la sede di organizzazione la posso invece fare a Parigi, Berlino etc. Ovvio che se l’agente è del tutto dipendente c’è la stabile organizzazione, ma se non lo è potrebbe non esserci. ASCOLTA STO PEZZO Come fa a funzionare questo con l’economia digitale? bazzicando su youtube è diventato famosa la pubblicità di V.P.N  l’utilizzo principale è poter vedere Netflix con la programmazione americana Perché diciamo questo? Il problema che pone è sempre capire dov’è il contribuente, dove si produce la ricchezza. (si parla di economia di bricks and mortar).

 L’altro modo in cui si completano le convenzioni, se abbiamo una potestà impositiva concorrente tipicamente accadrà che lo stato della fonte dovrà dare un credito per le imposte pagate all’estero. Se parliamo solo di fonti di scambio di informazione a livello di UE ci fu una direttiva del 1977 che è stata aggiornata nel 2011 (DAC 1 - Direttiva in scambio di informazioni). Slide scambio di informazioni Per dare un’idea dell’impatto dello scambio di informazioni all’interno dell’UE. Prima valeva art 26, ad oggi invece abbiamo accordi ad hoc (sono tutti uguali – prevedono che due stati si possano scambiare informazioni). Inizialmente tutto doveva nascere dalla richiesta di uno stato ad un altro stato, il futuro è sempre più lo scambio automatico  il fatto che a scadenze predefinite un paese invia la sua amministrazione finanziare delle informazioni e la sua amministrazione finanziaria la invia ad altri paesi. Se noi andiamo in banca a chiedere un conto corrente, dobbiamo cliccare se siamo ‘US person’ che tassano sulla base della cittadinanza. Hanno interesse a conoscere i loro cittadini residenti all’estero. La banca deve sapere se il suo correntista è una US person, se così è deve comunicare dati riguardanti al suo conto corrente all’Agenzia delle entrate, che comunica con l’agenzia delle entrate americana. Così facendo verifica che costoro presentino la dichiarazione dei redditi negli USA.

L’OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA: È una obbligazione di diritto pubblico MA il diritto pubblico non può disciplinare tutti i suoi aspetti, tutto quello che non è da lui disciplinato è disciplinato dal diritto privato. In particolare, valgono le norme in tema di obbligazioni pecuniarie (obbligazione tributaria significa pagare dei soldi). Qui nasce il problema del diritto tributario, per capire com’è disciplina l’obbligazione dobbiamo studiare le norme tributarie, dove non arrivano possiamo vedere se ce ne sono alcune di diritto pubblico. Se abbiamo ancora spazi vuoti, andiamo a vedere se ci sono norme di diritto privato. È un diritto trasversale, osserva ciò che avviene in altri ambiti per disciplinarlo ma la sua disciplina non è sufficiente, deve essere integrata. Il problema è che quando il diritto tributario parla con il diritto amministrativo o privato pensiamo a quali possono essere il meccanismo di regole e non regole. Può capitare che ci sia norma tributaria in caso di morta del de cuius la somma pagata dagli eredi ma la responsabilità è solidale (di solito l’erede risponde nei limiti). Art 65 DDL 600  Non vale per tutte le imposte x la Cassazione, vale solo x imposta sui redditi. Tutto questo si innesta anche la struttura pubblicistica  ci rapportiamo con l’agenzia delle entrate, nei rapporti con una pubblica amministrazione diventa rilevante il tema di decadenza. Se vogliamo far qualcosa nei confronti dell’agenzia dobbiamo farlo entro i termini di decadenza. Nel diritto tributario è molto più rilevante la decadenza rispetto alla prescrizione. Decadenza si trova nelle norme tributarie, la prescrizione nel diritto privato....


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