Trama e analisi film PDF

Title Trama e analisi film
Author Luca Montecucco
Course Storia e analisi dei film
Institution Università degli Studi di Perugia
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The kid – il monello di Charlie Chaplin Chaplin aveva uno sguardo critico nei confronti della società, era sospettato di simpatie per il comunismo per questo motivo la scio gli Stati Uniti e andò in Svizzera. TRAMA: Una donna sedotta e abbandonata viene dimessa dall'istituto di carità in cui ha dato alla luce suo figlio. Non potendo mantenerlo, decide di lasciare il piccino all'interno di una macchina di lusso con la speranza che sia la ricca famiglia proprietaria del mezzo a crescere il bambino.Il pentimento l'assale di lì a poco, ma il destino ha fatto della macchina l'obiettivo di due malviventi che, impossessatisi del mezzo, dopo la scoperta del fagotto col bimbo non si faranno scrupolo di gettarlo tra le macerie di un quartiere degradato, dove casualmente è di passaggio il vagabondo Charlot che, imbattutosi nell'inusuale rinvenimento, prima prova a sbarazzarsi del bimbo, poi, una volta rinvenuto tra le fasce che l'avvolgono un biglietto invocante perdono per il gesto di abbandono e implorante assistenza per il bimbo, si decide a trattenere con sé il neonato.Portandolo con sé nel fatiscente e angusto sottotetto dove egli dimora, lo accudisce con fantasioso amore, rimediando l'occorrente, allestendo un'amaca-culla, adibendo una vecchia caffettiera a biberon, una sedia sfondata a vasino per i bisogni, calandosi con amore nel ruolo di padre, Charlot crescerà il bimbo.Cinque anni dopo, il bambino è complice del "padre" nella gestione dell'attività di quest'ultimo di vetraio ambulante: il monello lo precede tirando sassate alle finestre delle abitazioni delle vie per le quali, casualmente, transiterà Charlot munito di vetri di ricambio. Una sassata alla finestra dell'abitazione del poliziotto, però, si rivelerà fatale all'attività.Nel frattempo il destino sembra aver ripagato l'ex ragazza madre, ora attrice affermata e osannata. La felicità è dimezzata dal senso di colpa per il gesto compiuto tempo prima, che riaffiora ad ogni opera di carità volta principalmente all'assistenza delle madri e dei bambini dei quartieri poveri cui ella dedica tempo e cuore. Nel corso di questa attività la donna si troverà al cospetto del monello accudito da Charlot, senza sapere che è il bambino da lei abbandonato, e al quale donerà un peluche.Il peluche e la sua indebita appropriazione da parte di un bambino del quartiere saranno la causa del litigio tra il monello e il piccolo ladro e quando, inaspettatamente, il monello sembra avere la meglio sul rivale ben più grande, ecco intervenire il fratello di questi, un bullo prepotente che trasferisce su Charlot la rivalsa per la sconfitta del fratellino. La benefattrice dei bimbi del quartiere fermerà il prepotente, che sarà convinto a riconciliarsi col vagabondo, e raccoglierà poi il monello febbricitante restituendolo a Charlot che crede suo padre.Il dottore interpellato per la salute del piccolo verrà ingenuamente reso partecipe della storia del ritrovamento. Egli, impossessatosi del biglietto che accompagnava il bambino all'atto dell'abbandono, ancora custodito dal vagabondo, fa intervenire l'autorità per l'infanzia abbandonata che, nei panni di uno zelante e scostante funzionario, sottrae il bambino, relegandolo come un animale sul cassone di un furgone, tra la sua disperazione e quella di Charlot. Questi, indomito, si divincola dalla presa del poliziotto intervenuto nell'operazione, fugge sui tetti, rincorre il furgone e riesce a saltarvi sopra e a ricongiungersi con il suo monello.L'incombere dell'oscurità porta i due al dormitorio pubblico. Qui il guardiano riconosce nel monello il bambino menzionato in un avviso di ricompensa fatto pubblicare sul giornale dalla madre, che nel frattempo è stata informata del suo ritrovamento e della sua successiva scomparsa. Approfittando del sonno il guardiano raccoglie il bambino e lo porta alla stazione di polizia dove la madre verrà a recuperarlo.Accortosi che il monello non c'è più e non riuscendo a trovarlo, il vagabondo, sconsolato, fa ritorno alla sua abitazione e si abbandona al sonno, che lo coglie sui gradini della sua casa, sui quali si accoccola. Un sogno straordinario lo sorprende, un sogno che trasforma splendidamente il quartiere, addobbato a festa e ricoperto di fiori, percorso dagli abitanti in tuniche bianche e con un bel paio d'ali: è il paradiso, dove il suo monello lo accoglie a braccia aperte e gli procura la tunica e le ali d'ordinanza per sperimentare insieme la bellezza del volo.Ma il diavolo tentatore s'intrufola nel quartiere e, approfittando della distrazione dell'angelo custode (di nome e di fatto), insinua la malizia nelle moine di un provocante angioletto alla quale il vagabondo non resta insensibile. L'angioletto adolescente, però, è la fidanzata di un altro angelo, che ha le sembianze del bullo del quartiere di prima, il quale, aizzato dal diavolo e mosso dalla gelosia, inizia a picchiare Charlot.Subito accorrono altre persone e il poliziotto di quartiere che, quando tenta di scappare in volo, esplode alcuni colpi di revolver contro Charlot che, scosso dai fremiti della morte e con un gran sbattere d'ali, si accascerà sui gradini della sua casa. Un fremito lo sveglia dal torpore riportandolo alla realtà: è lo strattone del poliziotto che lo invita a seguirlo sulla macchina che lo trasporta davanti all'ingresso di una sontuosa abitazione, dalla cui porta d'ingresso si catapulterà fuori, saltandogli al collo, il suo monello e l'ex ragazza madre, ora ricongiunta al figlio, che invita Charlot ad entrare in casa. È scritto, prodotto e diretto da Charlie Chaplin.

È un film dall’impronta autobiografica: il personaggio del monello rappresenta il piccolo Chaplin, che fu ospite per due anni in un orfanotrofio, mentre la madre era chiusa in una casa di cura. Chaplin utilizza “woman” and “man”, non “madre” e “padre” per esprimere il concetto di genitorialità: questo non dipende dalla paternità o maternità biologica ma è legato all’affetto di chi accudisce e cresce una vita. Viene mostrato così il padre del bambino abbandonato, un uomo che osserva la ragazza-madre in foto e solo con questo gesto si stabilisce il suo legame con la storia: è un pittore, un artista. Chaplin ha una visione pessimistica sugli artisti, li considera poco seri sulla questione sessuale, vista come una pura avventura. (Dopo che la madre diventa ricca e famosa, incontra di nuovo il figlio dopo 5 anni ma non lo riconosce > il sangue non conta, conta l’affetto di chi cresce il bambino.) È una dichiarazione di quello che è il melodramma (comico e triste). C’è chi ha accusato questa sua opera di retorica a causa dei primi minuti in cui si presenta il Cristo che porta la croce e quest’immagine è accostata all’inizio della “via crucis” della donna; è il montaggio delle attrazioni dove un’immagine artistica viene accostata ad un’immagine simbolica. Charlot è interpretato dallo stesso Chaplin mentre, il monello è interpretato da Jackie Coogan, un attore emergente che ispirò la legge Coogan (tutela dei minori che lavoravano nel cinema dove i soldi del minore dovevano essere accantonati fino alla maggiore età) in quanto lui, tramite questo film, guadagnò molti soldi ma venne derubato dalla madre e dal patrigno. Durante il film troviamo un altro simbolo, il numero 13 che in America porta sfortuna, infatti, fino al 13esimo lavoro tutto andò bene. Alla fine del lungometraggio, quando il poliziotto spara a Charlot, ritroviamo un momento onirico, surrealista in cui immagina di essere in paradiso e che lì si sia potuto ricongiungere col figlio subito dopo, vi è il ritorno alla realtà. Il film venne prodotto in una fase non particolarmente felice per la vita di Chaplin in quanto poco prima della lavorazione perse il primo figlio avuto dalla prima moglie, in quanto nato con gravi deformazioni e sopravvissuto solo tre giorni.

La corazzata Potemkin (1925) Genere: guerra, drammatico, bellico. È il più grande film nella storia del cinema: l’epoca a cui fa riferimento è quella del conflitto russo-giapponese che la Russia perderà. Come film è generalmente ritenuto fra i migliori di propaganda, nonché una delle più compiute espressioni cinematografiche. È ambientato nel giugno del 1905 e i protagonisti della pellicola sono i membri dell'equipaggio della corazzata russa che dà titolo all'opera. I fatti narrati nel film sono in parte veri e in parte fittizi: in sostanza si può parlare di una rielaborazione a fini narrativi dei fatti storici realmente accaduti e che portarono all'inizio della Rivoluzione russa del 1905. Infatti, il massacro di Odessa non avvenne di giorno sulla celebre scalinata, bensì di notte e in vie e stradine secondarie. Il montaggio delle attrazioni segnava un sincretismo delle arti, unendo una perfetta ricerca formale con una capacità espressiva dei contenuti. La rappresentazione di eventi reali tramite immagini forti ed improvvise, capaci di travolgere l’audience, provocavano shock e trasmettevano emozioni vere, creando inoltre un senso di caos e smarrimento nello spettatore. Gli eventi vengono mostrati velocemente e in maniera frammentaria: Ejzenštejn non finisce mai la narrazione di una scena, ma accumula una violenza dopo l'altra, senza dare allo spettatore il tempo di capire appieno. Il film è organizzato in 5 episodi, come nella tragedia greca (I atto: Uomini e Vermi, II atto: Dramma sul ponte, III atto: Il morto chiama, IV atto: La scalinata di Odessa, V atto: Una contro tutte) e vi è un uso straordinario del dettaglio. Il film è ricco di sineddochi e simbolismo: alcuni volti particolari che vengono inquadrati (ad es. la madre straziata dal dolore e la anziana ferita da una sciabolata) rappresentano una sineddoche che viene ripresa successivamente, come l’immagine delle vele che segna un intervallo, una pace tra l’equipaggio ammutinato e la popolazione di Odessa (infatti il film è stato girato in parte a Pietrogrado e in parte ad Odessa) o le tre rapide inquadrature delle statue del leone, che raffigurano le tre fasi della rivolta. Il protagonista può essere considerata la massa (la città di Odessa, i marinai, i soldati) ed il primo dettaglio che viene presentato è l’occhiale da naso (che viene ripreso anche dopo). Commissionato dal governo sovietico per festeggiare il ventennale della rivolta del 1905. Si tratta di una delle più note e influenti opere della storia del cinema; per i suoi valori tecnici ed estetici è ritenuto fra i migliori film di propaganda nonché una delle più compiute espressioni cinematografiche. È stato nominato il più grande film del mondo. Il film è ambientato nel giugno del 1905; i protagonisti sono i membri dell'equipaggio della corazzata russa che dà titolo all'opera, ed è strutturato in cinque atti. I fatti narrati nel film sono in parte veri e in parte fittizi: si può parlare di una rielaborazione a fini narrativi dei fatti storici realmente accaduti e che portarono all'inizio della Rivoluzione russa del 1905. In questo film vi è un uso straordinario del dettaglio ed è una sineddoche (si usa la parte dei marinai ammutinati per descrivere l’intera guerra). Vi è un ritmo incalzante delle immagini. È stato girato anche a Leningrado (oggi Pietroburgo). Non ha protagonisti, in quanto è un film di massa. All’epoca tutto era nuovo, anche la vita all’interno di una nave (come si vede nel film). Siamo nell’epoca del conflitto russo-giapponese (in cui perse la Russia). ATTO 1UOMINI E VERMI: la corazzata Potëmkin è ancorata al largo dell'isola di Tendra: durante la distribuzione del cibo i marinai si accorgono che la carne riservata all'equipaggio è deteriorata. I marinai protestano e, capeggiati da Vakulinčuk, chiedono alle autorità della nave cibo sano; le autorità convocano il medico di bordo che nega l'evidenza, affermando che la carne dell'equipaggio è buona e perfettamente commestibile e invita l'equipaggio a mangiarla senza fare storie (vi sono eventi straordinari nel cinema, come il mostrare i dettagli, come le larve nella carne). Il rifiuto dell'equipaggio di accettare questa imposizione comporta l'ordine, da parte dei comandanti, di fucilare chiunque rifiuti di nutrirsi con la carne in questione. Alcuni di essi cedono al ricatto, ma altri rifiutano e vengono raggruppati sul ponte della corazzata, sotto un telone, in attesa di essere fucilati. Notare le riprese: primo piano alternato con una panoramica dall’alto. Vi è un’alternanza delle inquadrature. È un documento sulla vita a bordo di una nave russa nel 1905 (lavori, mensa). ATTO 2- DRAMMA SUL PONTE: Tutti coloro che rifiutano il cibo vengono giudicati colpevoli e portati sul bordo del ponte dove ricevono i riti religiosi riservati ai condannati a morte. Nessuno di loro mostra rimorso; il comandante dà l'ordine di aprire il fuoco ma i soldati anziché sparare, dopo un breve discorso del marinaio Vakulinčuk, che fa capire loro la dimensione inumana dello sparare ai propri compagni, abbassano le canne dei fucili, dando il via all'inizio della rivolta. I marinai sono male armati ma in soprannumero rispetto agli ufficiali, il che consente loro di prendere ugualmente il controllo della nave. Il medico che aveva giudicato buona la carne viene gettato in acqua (dettaglio degli occhiali che penzolano) e così alcuni ufficiali, mentre altri rimangono uccisi. Dettaglio della croce che tornerà ATTO 3- IL MORTO CHIAMA: il capo della rivolta, Vakulinčuk, fu ucciso; il suo corpo arrivò al porto di ODESSA con un

biglietto “Morto per un cucchiaio di minestra” e la notizia arrivò in città. Vediamo come da un lato c’è la massa dei marinai e dall’altra la massa del popolo che si stringe attorno al marinaio ucciso (ci sono anche borghesi) e si raduna per rendergli l'ultimo saluto, come se fosse un eroe, manifestando pubblicamente il proprio appoggio con comizi contro l’autarchia. Qui notiamo i visi isolati dalla folla che accoglie l’equipaggio, che poi torneranno nell’ATTO 4- LA SCALINATA DI ODESSA: sulla scena irrompono i cosacchi dello zar, che iniziano a marciare verso la folla inerme con i fucili puntati. Il popolo scappa, dimostrando di non avere intenzioni bellicose nei confronti dei soldati, i quali però si rivelano inflessibili, facendo fuoco. Tornano i visi dell’atto precedente: il bambino con la madre vengono uccisi. I soldati, a differenza dei dettagli mostrati da persone della folla, vengono mostrati solo attraverso dettagli che li rendono impersonali. I soldati non accennano a voler smettere il massacro: i marinai della Potëmkin decidono allora di sparare su di loro con i cannoni della corazzata. Intanto giunge la notizia che una flotta di navi dello zar sta arrivando nel porto per soffocare la rivolta della Potëmkin. ATTO V- UNA CONTRO TUTTE: c’è l’alternanza tra l’accelerazione e l’attesa di andare incontro allo scontro (crea suspense). Quando ormai lo scontro sembra inevitabile, i marinai delle navi zariste si rifiutano di aprire il fuoco contro i loro compagni, esternando con canti e grida la loro solidarietà verso gli ammutinati. Notare l’attenzione per tutto ciò che è meccanico, in particolare i dettagli delle macchine che mostrano come il futurismo sia vicino. Film muto più importante. 2 anni dopo arriverà il sonoro

SINGING IN THE RAIN È un film metacinematografico, ovvero il cinema nel cinema che narra la vicenda del passaggio traumatico dal muto al sonoro. È un musical, cioè non appena il cinema comincia a parlare, dopo 25 anni inizia anche a cantare (METACINEMA). I concetti più frequenti nel film: Aspetti tipici americani: traduzione del fordismo (in ambito industriale) nell’ambito cinematografico > l’entertainment industriale, cioè ottimizzare i costi per un’industria che si doveva espandere a livello mondiale) major companies: case cinematografiche, ognuna aveva il proprio studio system star system e studio system: si fa aumentare l’appeal di un attore facendone un divo e controllandone la persona per identificarlo in un genere ben preciso (si punta così sulla fedelizzazione del pubblico; es. John Wayne) Produttore: negli USA > decide tutto; in Europa > è al servizio del regista Le prime sequenze raccontano lo star system: vi è il racconto della manipolazione per costruire una star cominciando dal passato, manipolando il pubblico e soddisfacendo le loro aspettative. È da segnalare una discrepanza tra ciò che viene mostrato e la realtà, in quanto viene raccontato un passato ideale. L’ambientazione del film è un teatro e al suo interno è presente una carrellata dei generi del musical di Hollywood.

FINO ALL’ULTIMO RESPIRO Il film è girato a Marsiglia ed è considerato il film manifesto della Nouvelle Vague. Il protagonista è Michel Poiccard, ladro e truffatore che mette a segno un colpo a Marsiglia, rubando un'automobile. Dopo aver lasciato la città, viene inseguito da un poliziotto per eccesso di velocità. Costretto a nascondersi, uccide il poliziotto per non essere arrestato e torna a Parigi per affari, con l'intenzione poi di fuggire in Italia. Incontrando Patricia, una studentessa americana di cui si era innamorato le rivela pian piano la sua condotta delinquenziale e le fa capire che la sogna al suo fianco. Lei, pur ricambiando l'amore, cerca di allontanarsi da Michel che continua la sua vita all'ultimo respiro rubando soldi e auto. Apprende di essere braccato dalla polizia e continua a fuggire, insistendo perché Patricia lo segua in Italia. La ragazza, tra varie indecisioni, lo denuncia e Michel, inseguito dalla polizia, viene colpito da un proiettile e muore proprio sotto gli occhi della ragazza. Nella scena iniziale Belmondo (l’attore) guarda direttamente in camera per parlare al pubblico, indicando che è solo cinema ciò che si sta facendo (la macchina filmica e la finzione vengono evidenziate: Godard ricorda allo spettatore di essere al cinema, rompendo il rapporto di identificazione dello spettatore nel personaggio) e il film è un film a budget ridotto, nonché pellicola d’esordio di Godard. Viene girato in soli 60 giorni e ciò comportava grande libertà espressiva e autonomia dalle imposizioni della produzione e di regia. È un omaggio a Hitchcock con la presenza del regista nel film (sarà lui il personaggio che denunzierà Belmondo alla polizia). Il film lancia la carriera dei due protagonisti, Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg, la quale diventa l'attrice simbolo della Nouvelle Vague francese.

NOTORIOUS – L’AMANTE PERDUTA Regia di Alfred Hitchkock, 1946, drammatico. I primi venti minuti di Notorious potrebbero essere stati girati da chiunque, non sembra che ci sia la presenza di Hitchcok. Poi Cary Grant torna da Ingrid Bergman e le deve dare una notizia. I due si baciano in una lunghissima scena passata alla storia del cinema e la tensione erotica tra i due schizza alle stelle. Da quel momento il film cambia completamente registro, e solo allora diventa un film con il marchio di Hitchcock. La tensione narrativa comincia a montare e il regista non spreca nemmeno un fotogramma. La seconda parte di Notorious inanella almeno tre sequenze eccezionali: la già citata scena del bacio, la carrellata dal totale al dettaglio e la fuga finale. Ma sono decine le scene straordinarie: le soggettive della Bergman quando le presentano gli ospiti, le zumate sul volto del marito e della suocera e in generale tutta la sequenza dove lei si rende conto di quello che le sta succedendo, senza contare l’uso delle luci diverso sui primi piani della Bergman e di Grant. Tutti gli espedienti tecnici hanno un solo scopo: aumentare la tensione. Tutta la lunghissima parte finale (dal momento in cui lei ruba la chiave) tiene con il fiato sospeso e solo quando si chiude la porta dietro Alessio si ricomincia a respirare. A far funzionare il film contribuiscono anche gli attori: Cary Grant è ambiguo al punto giusto mentre Claude Rains è un perfetto villain. Ma sono le donne che si mangiano il film: Leopoldine Konstantin interpreta la suocera, presente in modo ossessivo nella vita del figlio che si lascia manipolare e consigliare dalla machiavellica donna. Il vero centro e motivo d’essere della pellicola è però Ingrid Bergman, inquadrata sempre con luci soffuse e con una devozione che sfiora l’adorazione. E’ lei la donna “malfamata” cui il titolo fa riferimento, eppure questa donna che ha avuto diversi amanti e ama ubriacarsi è capace di un amore purissimo e viene rappresentata come un angelo disposto anche al sacrificio supremo del proprio amore per il suo Paese. Perché sebbene il tema pri...


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