Tristano E Isotta senza annotazioni, la storia PDF

Title Tristano E Isotta senza annotazioni, la storia
Course Cultura e testi del medioevo
Institution Università degli Studi di Palermo
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Summary

Testo Tristano e Isotta, la appassionante storia di tristano e isotta, amore travagliato e contorto, bellissimo da leggere, noi lo abbiamo letto in aula...


Description

L'EPISODIO DEL GIARDINO

Tristano ed Isotta, divenuti amanti, passano molte peripezie. Sono continuamente sul punto di essere scoperti e si salvano miracolosamente. Alla fine sono traditi da un nano che avvisa re Marco: i due amanti sono addormentati in un boschetto vicino alla reggia. ... Tra le braccia la regina dorme: sognano sicuri. Com'è strana la fortuna! Viene il re, lo segue il nano, per sorprenderli nel sonno. Che stupore nel vederli nella quiete addormentati! «Ora aspetta,» dice al nano, «corro indietro dai baroni e ritorno: allora, quando li vedranno addormentati, li farò bruciare!» Intanto si risveglia il bel Tristano. Vede il re: precipitoso sta correndo al suo palazzo. Finge il sonno finché vede che scompare, poi si drizza. Dice: «In piedi, in piedi amica! Con l'astuzia ci hanno scorto! Il re ha visto ed al palazzo corre in cerca di conforto, per poterci catturare! Ci giudicheranno insieme! Arderemo inceneriti! Fuggo solo dolce amica. Non temere per la vita: senza me non hanno prove. Fuggo solo senza gioia, cerco esilio, cerco pace: trovo amara guerra e sono infelice di lasciarti. Mai per tutta la mia vita troverò riposo, mai. Dolce dama, te ne prego, non scordarmi. Da lontano sia l'amore come quando ero a te vicino. Vado. Non si può aspettare ancora. Solo un bacio, un bacio solo per congedo.» E Isotta bacia lungamente il caro viso che la guarda, che ora piange. Lacrimando parla e dice: «Dolce amico, mio signore, ricordate questo giorno. Voi partite nel dolore. Io ho paura. Una gran pena: io vi perdo. Nella vita non ho mai sofferto tanto. Non avrò mai gioia, amico. Non ho più il vostro conforto, la pietà, la tenerezza. Ecco, adesso il vostro amore

devo abbandonare, i corpi separare! Ma l'amore non si può spezzare. Mai. Su, prendete quest'anello per amore mio. Tenete...» LE NOZZE DI TRISTANO • IL DOLORE DI ISOTTA

Tristano fugge in Spagna, al servizio di re Artù. Dopo molte avventure giunge in Bretagna. Si mette al servizio del duca di Bretagna e diviene amico di suo figlio Kaerdin, che ha come sorella Isotta dalle Bianche Mani. Per un malinteso, tutti credono Tristano innamorato della bella Isotta dalle Bianche Mani ed incoraggiano i due giovani ad amarsi. Tristano è perplesso ed incerto. ... Così, spesso, cambia cuore, pensa molto variamente, per mutare nella mente, se non ha quello che vuole. Dice: «Isotta, cara amica! Non è mia la vostra vita! Questo amore ci allontana ed esiste per inganno: ed io perdo la mia pace, la mia gioia sospirando. Giorno e notte voi serena trascorrete il tempo. Io sento gran dolore ed infelice solo in sogno, in sogno posso rivedervi. A voi conviene aver gioia, avere bene! Tremo per il desiderio del tuo corpo! È solo un sogno solo un sogno. E il re possiede la mia vita, il mio piacere! Ed è suo quello che è mio. Che fu mio! Che ora abbandono. Non lo posso avere. Isotta mi ha dimenticato, solo per un suo capriccio. In cuore odio tutte le altre donne tranne Isotta e lei non vuole aiutarmi e non ignora com'è forte il mio dolore e l'angoscia per amore. Anche un'altra adesso m'ama e il mio cuore è lacerato: se non fosse così forte la speranza, soffrirei meno, forse, abbandonando senza pena questa pena. Se non posso averla posso cancellare il suo ricordo consolarmi un poco, come fa chi molto non può fare. A che vale quest'attesa tanto lunga, tutta questa privazione, quest'amore che non può condurre al bene? Tante pene, tanto amaro patimento per amore!

Sì! Dimenticare: niente vale mantenerlo vivo! È caduta nell'oblio di se stessa e i sentimenti non son più quelli di un tempo. Dio, Dio mio come ha potuto? Si può spegnere l'amore se di amarla ancora sento come amico? No, non posso rinunciare! No! So bene che se il cuore si allontana il suo cuore lo saprebbe. E il mio cuore sentirebbe se fa il bene, se fa il male cosa fa, qualunque cosa. Io lo sento che è fedele! Che mi vuole consolare da lontano. E se non posso possederla è bene, è giusto il tradirla? Con un'altra? Un'estranea? Dopo tanta sofferenza, tante prove? No. Non posso con eguale gioia amare un'altra donna! Anche lei certo mi vuole. E non so dunque tenere fede a lei che a me la tiene? Io non so volerle bene se non fa quello che credo? Ah! Isotta! Dolcemente mi desiderate, mentre non potete nulla! Come mi potreste abbandonare? Come posso abbandonarvi o nascondermi? Lo vedo chiaro: il cuore un cambio brusco fa morire anche lontano! Ah! Lontano! Dio! Lontano! Son lontano e questo è tutto! Se m'inganna, o se mi vuole cosa conta! Son lontano! Triste amore, amore avaro! Se mi amasse veramente basterebbe niente al mio desiderio, a questo tedio. Non mi trova? Non mi cerca. E perché dovrebbe farlo? Perché sono disperato! No! Non osa perché teme il suo sposo: se potesse lo farebbe! Ma a che serve? A che serve, se non viene? Che lo ami! Che si tenga stretta a lui! Non le domando di pensare a me. Non penso male se di me s'oblia. E perché desiderare me? Perché? La sua bellezza non richiede il suo languore per illuminarsi e il cuore cosa può desiderare quando ottiene ciò che vuole?

Se col re, col re è felice che dimentichi il suo amico. Che valore ha il mio leggero amore contro la natura? Chi l'amore spegne, tiene vivo ancora un altro bene, più normale. Prenda, prenda, ciò che può ottenere e ad arte lo rivesta: molto affetto, molti baci, molta calma, danno la concordia e presto dimenticherà. Col tempo. E se pure si ricorda, cosa importa? Cosa importa? Non è lieta, ma è sicura e può amare senz'amore. Senza amore! Ma può amare una donna il suo signore senza amore? Scolorire le più care cose, cari desideri? E forse odiare ciò che amava? Con la furia per una passione uguale, voler male a un bene antico? Forse no. Forse odiare no, non può: ma calma e stanca e sfinita si allontana, sempre più lontano, sempre più lontano. Come chiede la natura dell'amore! Non può amare, non può odiare più di quanto la natura non consente. Nobilmente si ama se così si è amati, anche dopo una mortale offesa: non si rende il male con il male! Che si soffra in silenzio! È questo il patto. Ciò che è vile va temuto, ciò che è nobile cercato: è vietato solo amare ed odiare senza freno. L'odio vero va ai più vili desideri ed alle parti nobili del cuore vada l'attenzione. E Isotta sempre con amore mi ha trattato! Non la posso odiare! Pure, se dimentica l'amore non la posso ricordare con affetto. Non amare, non odiare... Sì! Io devo devo fare ciò che ha fatto! Con i fatti, con i fatti, può svanire la passione: come fa lei con lo sposo. Come? Anch'io con una sposa. Se non fosse la sua sposa non avrebbe scusa: invece è lo sposo che allontana questo nostro amore. Isotta non si può sottrarre: invano

lo desidera, lo vuole! Sposerò una donna. Eguale sentimento anch'io, per prova, proverò. Come dilegua con l'amare, senza amore, con le nozze, un altro amore. Come tutto è ormai scomparso! Non la odio. Cerco invano di esserle vicino, solo di sentire ciò che sente con il re!» Molto Tristano è turbato e la passione lo combatte, lo consuma. Una prova! Contro amore il rimedio del piacere! Per dimenticare amando chi dimentica chi ama. L'ha dimenticato Isotta: è sicuro! Sicurezza o piacere l'hanno fatta lentamente ritirare dall'amore. Un'altra donna può sposare e abbandonare il rancore per l'amata che desidera un normale godimento, naturale gioia, che lascia l'onore senza macchia. Come Isotta vuole fare. E un'altra Isotta dalle bianche mani vuole con affetto: perché è bella e perché si chiama Isotta. Perché il nome la fa bella e più bella senza il nome non gli sembrerebbe. Il nome la fa bella! Ed egli chiede la sua mano. Così prova ciò che la regina prova: il rimedio del piacere contro il male dell'oblio. Il piacere con un'altra bella Isotta. Una vendetta triste, piena di dolore: fare male per sentire nuovo male, ricreare una pena per lasciare una pena ed affondare dentro un'altra pena. Nuova pena, nuova sofferenza! Strana gioia, strana voglia! Ecco: un nome! La bellezza! Una donna ha solo questo! E Tristano allora senza esitare la richiede. Per il nome, il suono solo di quel nome! Com'è vana la bellezza senza il dolce nome della bella Isotta! Oh! Sì! È fine il volto, come delicata è Isotta: come lei i suoi lineamenti son leggeri. Non potrebbe

altrimenti amarla... Pure, solo il nome rende cara la bellezza, cara al cuore: e rischiara gli occhi, in cerca di conferma. E la richiede. Come fuoco d'amor dura poco e strana è la natura delle genti, mai costanti. Cambian tutto ma non cambian questo solo: il non cambiare verso il bene. Abbandonare il far male, il mal sentire. Ed il male li avvelena sottilmente ed alla fine li trasforma, interamente. Ciò che è vile rende vili, fa svanire i sentimenti più cortesi, i più gentili, cari affetti, la più pura nobiltà del cuore. Vita spesa invano nei più vili desideri! Strette corde, stretti nodi, che più forte tengon prigionieri: questi nei pensieri volti al male, quelli nel fermo volere non volere il bene. Tutti infedeli in ogni cosa che rimane, in ciò che è bene: ciò che muta, ciò che è nuovo questo solo amano, solo sanno prendere le cose più cattive. Ed il piacere ciò che è nuovo li costringe a cercare: trascurare il potere vero, in cambio di un desiderare incerto. E ciascuno lascia presto ciò che è tutto suo, persuaso che un maggiore bene è il bene che hanno gli altri: il suo ritiene scarso, inutile. E si accende per avere beni vani! Senza niente, certamente, contro cuore non avrebbe ciò che ha. Ma lo possiede! Lo possiede! È sufficiente ad averne noia! In ansia, se non fosse suo, sarebbe. Solo il cambiamento, solo ciò che manca si richiede. Ciò che si crede mancare. Prendi il meglio contro il bene per avere il peggio. Saggio è per sempre abbandonare ciò che è male. E medicare la pazzia che la tua mente può inebriare. Questo cambio non è strano! Per guarire, per lottare contro il male, l'uomo cambia. Ma le genti

cambian solo per cercare vecchie novità. Trovare fuori ciò che dentro manca. Per un poco avere pace! Come donna che trascura ciò che ha per ciò che vuole ed avere il desiderio non le cose. Delle donne! Dei ragazzi, degli anziani! Quanto potrei dire! Quanto! E degli uomini, che sempre, contro tutti i sentimenti, contro senso, per il nuovo hanno in spregio esser costanti. Ecco: uno che l'amore lega in lacci, mentre crede di disciogliersi! Ed un altro lascia indietro la passione e ritrova avanti uguale una doppia pena! E un altro vuole la vendetta e ottiene turbamento! E un altro ancora cerca invano di potere liberarsi, mentre è schiavo! E Tristano vuol lasciare un amore, sradicarlo dal suo cuore e un'altra donna prende in sposa, per bandire una donna invano: donna che egli ama! Senza quella non potrebbe la seconda nominare. Egli ama Isotta: e così, ora, ancora, Isotta chiede in sposa. E per costanza è incostante! Non potrebbe corteggiare la seconda se potesse aver la prima. Questo penso, questo dico: non è amore, non è ira! Per amore vero mai una donna avrebbe preso per un'altra. Un'altra amica contro il cuore della bella bionda Isotta. Né per ira ha cambiato il bel Tristano: per amore, per ricordo dell'amore ha preso in sposa l'altra Isotta. Certo è amore... Vero amore? No, non credo. In amore vero mai una donna vale l'altra! Così triste, così in pena, solo liberarsi, solo non avere più dolore vuol Tristano: vuole invano! Come accade a chi d'amore il languore prova troppo lungamente e angoscia e pena fa soffrire! Per sfuggire al dolore acuto, un altro più sottile, più tagliente troveranno. E controvoglia

fanno quello che non sanno! Da un affanno ad un affanno. Nuovo affanno! Quanti ho visto disperati trascinarsi! E non hanno ciò che hanno! Non l'avranno mai. E le cose sospirate, non potranno mai raggiungere. E non serve consumarsi nell'ardore dell'attesa. Il gran tormento li fa tormentare ancora! Raddoppiare con un'altra pena la già grave pena: affondare lentamente mentre credono di uscire da una sorte che la morte assomiglia. Amore ed ira vanno insieme: la vendetta serve l'odio, serve il cuore! Ma non è ira, né amore: è rivolta! Amore ed ira stanno insieme, insieme fusi. Fare ciò che non si vuole fare! Contro il bene andare per il bene! Domandare ciò ch'è inutile! Volere ciò che non si può! Tristano fa così. Con un'Isotta vuol dimenticare un'altra che si chiama Isotta: ed ora la carezza con la mano, le concede le sue labbra, è gentile con il padre e la madre, che le nozze lietamente accorderanno. Si decide il giorno. Il duca fa invitare i suoi più cari conoscenti: anche Tristano fa raccogliere gli amici. Tutto è pronto per le nozze. Viene il tempo. Il cappellano canta in una messa lenta e lunga, come vuole Roma. Poi la festa. C'è un banchetto. C'è la giostra di quintana. E la lotta e gare e gare! Giavellotti, pesi gravi, scherma, pugni, tutti i giochi: come sempre si conviene nelle feste ai cavalieri ed ai laici. Cosi il giorno nella gioia lento scorre. È la notte. Un letto attende i due sposi, accompagnati fino in camera. Qualcuno fa spogliare attentamente i due giovani: ed aiuta a deporre i bei vestiti. E la tunica Tristano toglie, stretta al collo, ai polsi; scivolando cade a terra il ricordo dell'amore:

è l'anello d'oro puro che al momento dell'addio nel giardino gli ha donato la sua Isotta. Impallidisce nel vederlo il bel Tristano. E lo assalgono i pensieri più diversi: è in grande, acuto smarrimento. Ora detesta il suo piano che è nemico del suo pieno desiderio. E pensando già si pente della scelta, amaramente: al suo cuore è così ostile ciò che ha fatto! E sul suo cuore si ripiega, mentre mette nuovamente al dito l'oro. E lo incalzano i pensieri più opprimenti: gli ritorna alla mente la parola data nel giardino, il giorno del distacco doloroso. Un sospiro dal profondo del suo cuore sconsolato getta e dice: «Com'è stato? Dio, Dio mio come ho potuto? Io non voglio queste nozze! È mia moglie ora! Non posso più lasciarla! Ed io non voglio al suo fianco addormentarmi! Che follia! Il mio folle cuore troppo ardente mi ha tradito! Io la mano ho domandato di una donna, trascurando ciò che avevo dato in pegno: la mia fede! La mia amica, è svanita, la mia Isotta! Devo stringermi ad un corpo che non amo. Io l'ho sposata veramente! In chiesa! Oggi! Io, davanti a tutti, in fede l'ho accettata! Ed ora come posso rifiutarla? Come? Una vita da demente perché sono stato prima un demente. Io sono un pazzo! Sono in colpa, un criminale se abbandono questa donna! Se mi accosto a lei non posso che spezzare il giuramento! Troppo serio verso Isotta è il mio cuore perché mi abbia questa donna: e a questa donna devo troppo per restare nella fede a chi è lontana. Oh! Se cerco il mio piacere il mio onore non rispetto! È peccato, è un atto vile. E non posso abbandonare la mia sposa! Ma non posso abbracciarla, soddisfare il mio corpo col suo corpo! Son legato alla regina:

son legato a questa donna! È così: non so lasciare e non so dimenticare! Se obbedisco alla natura, dunque, mento a Isotta, al cuore! E se presto fede al cuore alla fede data manco! A nessuna fede voglio fare offesa. No, non posso, né mentire, né tradire. Non ingannerò nessuna! E così già reco il male ad ognuna: perché sono così avanti con colei che in silenzio dorme accanto che ho tradito Isotta. E tanto io l'ho amata, io l'amo ancora che, in silenzio, inganno ora questa donna, ignara e calma. Io per primo, è chiaro, sono più ingannato, più turbato! Triste caso di sfortuna per due donne: e duole ognuna come io mi dolgo solo per la stessa Isotta, Isotta che ritorna per due volte! E sorprese per due volte son di me che mento sempre. Ho mentito alla regina; ho mentito alla mia sposa. Se non mento io non posso non mentire, esser fedele. Se ho tradito chi più amo io non posso ora tradire chi mi ama: no, non devo mai lasciarla! Eppure invano cerco di scordare Isotta! Cosa fare? Cosa fare? Male, sento solo male! Il male di lasciare, di restare, di dormire, di sentire un piacere, questo amaro vendicarmi! Sì, volevo vendicarmi, contro Isotta e per primo son ferito. Su di me ricade il colpo che le avevo inferto ed ora io non so che fare! L'ira di una donna amata, l'odio, io scatenerò se prendo il piacere da una donna che mi ama. E se non l'amo, se non voglio averla, allora avrò l'ira, ancora l'ira, l'ira e l'odio. Ed anche gli altri mi odieranno e invocheranno su di me la punizione della collera divina. È vergogna. È una gran colpa. Che accadrà per giorni e giorni, tutti i giorni dopo questo giorno, dopo questa notte?

Se mi unisco a lei, per giorni giorni e giorni, dopo giorni, devo stringermi a quel corpo, e costringere il mio cuore che non vuole, che rifiuta? Mai. Saprà! Saprò mostrarle che io voglio una compagna ben diversa! E se non crede, se non riesce a immaginare, sarà ingenua, sarà sciocca! Mi amerà ben poco, certo, se vedrà che sono ostile al suo corpo, alla natura! Dall'unione viene amore, dal distacco, da una fredda continenza viene il gelo. Sarò triste, sarà duro. Mi dirà che sono un uomo senza forza, senza affetto. E così come l'avevo con il fascino attirata, l'ira sorda ed il rancore la faranno disprezzare la franchezza, il mio valore. Cavaliere che abbandona come un vile questa prova. Molto lei mi amava e molto resterà delusa: amore senza amarsi, senza unire con il corpo amante e amica, non resiste. Voglio fare ciò che ho detto, perché voglio che non mi ami più, che cambi in rancore quest'amore. Io l'ho fatta innamorare troppo e troppo la mia amica ho dimenticato. Troppo. Lei che mi desiderava più di ogni altra cosa! Ed ecco: è volato il tempo ed ora ho cercato un'altra donna, contro amore, contro fede! Con che forza, con che cuore? Come? Come ho fatto? Come? Ed aumento ancora il male con il male di ogni giorno: Ogni giorno simulando, disprezzando, diffidando e dimenticando, amando solo in apparenza, in viso. Più mi unisco e più diviso sono dalla bella Isotta. E cercando con Isotta il piacere, contro amore vado, amore che appassisce. Finché vive, finché vivo non permetterò che un vile desiderio di piacere mi riduca nello stato del codardo, di chi manca la parola al suo signore. Ho mancato tanto, fino

a questo momento! E fino alla fine dei miei giorni porterò rimorso! Voglio dare in cambio del mio torto ad Isotta un bene certo. E il castigo per me è solo della colpa il risultato. Sì! Così ora, dentro il letto, fuori dalle braccia, voglio non aver piacere. Pena, sofferenza, penitenza, non avrò più grande, mai. Come sia. Con tenerezza o col cuore teso, casto resto. E soffro. Soffro sempre. Se la voglio o se non voglio rivederla e devo invece accostarmi a lei, sfiorarla. Così sconto il mio peccato verso Isotta, a cui ho mentito. Se conoscerà la pena, perdonando, forse, triste mi ricorderà!» Tristano cupo si posa nel letto. E lo abbraccia adesso Isotta; alle labbra, al caro viso molti baci dà, sospira con languore, geme, chiede ciò che lo sposo non vuole! Cosa vuole? È scosso, è inquieto. Vuole prendere e lasciare! La natura lo sospinge verso Isotta! E la ragione verso Isotta, ancora Isotta, la regina! E il sentimento verso la regina gela la sua gioia e la sua sposa allontana. E nella lotta tra natura e devozione, vince la passione! Perde per la donna il desiderio. Ciò che la natura vuole non lo vuole eguale un grande sentimento dell'amore! È violento il desiderio: stretto in una morsa, sente la ferita dolorosa della carne, e nella mente una forza dura preme, implacabile. È una bella donna che gli dorme accanto: e la vuole e si vorrebbe senza freno abbandonare. E abbandona invece, brusco, il suo istinto, il suo tormento! È straziato. È senza forze. È confuso. La sua donna non sa come soddisfare o scacciare: si domanda con che astuzia, con che trucco può schivare il suo piacere. E le dice: «Amica cara,

non abbiate male in cuore: io vi devo confidare un segreto. Ed io vi prego di celarlo, che nessuno mai lo sappia! Siete sola a conoscerlo. Qui, a destra sul costato porto aperta una piaga, che nel tempo dolorosa mi ha straziato. Ho sofferto questa notte, ho patito: tutto il corpo ne risente ed una fitta dentro il fegato mi prende così forte che non oso più spostarmi. Ed io non posso a voi stringermi, non posso aumentare la fatica che mi spossa. E già tre volte son svanite le mie forze! Son svenuto e solo molto tempo dopo son tornati sul mio viso i miei colori. Perdonate se non oso...


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