Tutto può succedere E Braccialetti Rossi PDF

Title Tutto può succedere E Braccialetti Rossi
Course Sociologia della cultura
Institution Università degli Studi di Catania
Pages 2
File Size 91.3 KB
File Type PDF
Total Downloads 12
Total Views 126

Summary

appunti...


Description

LE SERIE-FORMAT: TUTTO PUO’ SUCCEDERE E BRACCIALETTI ROSSI. Tradurre una serie estera in una cultura diversa da quella di provenienza è una scelta che solitamente viene ritenuta rischiosa da reti e produttori tv. I valori ed i modelli di relazione che coinvolgono i personaggi e su cui si basa la narrazione rispecchiano la struttura sociale e relazionale del contesto di provenienza, e non è semplice tradurli e renderli credibili in una cultura diversa; Non è un caso se gli adattamenti in Italia si contano sulle dita di una mano: ad esempio la longeva serie Un medico in famiglia è un adattamento del format spagnolo Médico de familia; la sit com Camera Café è basata sull’omonima serie francese; la soap opera Un posto al sole, il cui format produttivo deriva dall’australiana Neighbours. Recentemente, però, 2 di questi hanno ottenuto ottimi risultati di ascolto a dispetto sia del fatto di essere, appunto, adattamenti, sia di occuparsi di temi estremamente delicati: Si tratta di Tutto può succedere (Raiuno 2015-in produzione) e di Braccialetti Rossi (Raiuno 2014-in produzione). In questi due casi si tratta di fare i conti con un ulteriore pregiudizio ben radicato, secondo cui la fiction nazionale è sempre qualitativamente inferiore ai prodotti statunitensi. L’opinione sulla serialità italiana è generalmente negativa: banale, stereotipata, recitata male e scritta peggio, piena di commissari tutti d’un pezzo, santi, personaggi storici o storie d’amore da romanzo rosa. TUTTO PUO’ SUCCEDERE è l’adattamento della serie americana Parenthood, un family drama prodotto dalla NBC e trasmesso negli Stati Uniti dal 2010 al 2015. Tutto può succedere racconta dei Ferraro, versione romana dei californiani Braverman: due genitori, i loro quattro figli e i rispettivi consorti/compagni. È una famiglia patriarcale come ne abbiamo viste tante in Tv; ma questa non è tradizionale. C’è Sara (Maya Sansa), madre separata e disoccupata, con due figli adolescenti, che prova a ripartire da zero tornando a vivere a casa dei genitori dopo il fallimento del matrimonio e del lavoro. Questi ultimi, una coppia anziana e inquieta, nella prima stagione decidono di separarsi dopo decenni, per poi ricomporre i dissidi nella seconda stagione. Le loro fragilità vengono condivise con gli altri figli già adulti: Giulia, giovane avvocato di successo che fatica ad essere madre e delega il suo ruolo al marito disoccupato; Carlo, il più giovane, che deve affrontare la responsabilità di un figlio di cui non conosceva l’esistenza; Alessandro, il maggiore, manager quarantenne che si assume il ruolo di risolutore dei problemi di tutto il nucleo, composto anche da sei nipoti alle prese con i problemi dell’infanzia e dell’adolescenza. Un cast di livello ed una scrittura attenta sono valorizzate da una regia sensibile, supportata da una colonna sonora originale a cui collaborano artisti noti al grande pubblico, come i Negramaro e Raphael Gualazzi; Un mix di qualità, insomma, proprio come accade nelle migliori serie americane. La parola chiave di Tutto può succedere è “diversità”, declinata nelle vicende credibili di una famiglia non stereotipata alle prese con problemi attuali. La componente sentimentale, essenziale nel family drama, è intrecciata con temi sociali delicati come l’integrazione razziale, l’omosessualità, la crisi economica e del lavoro, la malattia. Soprattutto una delle storie ha fatto discutere: Alessandro scopre che suo figlio Max è affetto dalla sindrome di Asperger. In Tutto può succedere la storia di Max è raccontata dal punto di vista del

ragazzo e della sua famiglia, cercando di privilegiarne gli aspetti emotivi e sociali senza dare giudizi né soluzioni, ma rappresentando la quotidianità di un problema molto serio attraverso l’esperienza dei protagonisti, che non nascondono difficoltà, imbarazzi, momenti di disperazione verso i quali viene sollecitata l’empatia degli spettatori. Un discorso analogo si può fare per BRACCIALETTI ROSSI, adattamento, della catalana Polseres Vermelles trasmessa dl 2011 al 2013 in Spagna con grande successo, e basata sull’autobiografia di Alberto Espinosa. In questo caso gli autori hanno dovuto affrontare il tema centrale ed estremamente delicato della malattia anche mortale, declinandolo per un pubblico di adolescenti: un’impresa quasi titanica, dato che storicamente la fascia d’età degli adolescenti è molto difficile da coinvolgere da parte della televisione generalista, a maggior ragione se viene trasmessa dal canale più adulto della Rai, se è l’adattamento di un format e per di più parla di malattia. Leo e Valerio soffrono di una grave forma di tumore osseo e subiscono l’amputazione di una gamba; Cris è ricoverata per problemi di anoressia; Davide è cardiopatico; Toni ha avuto un incidente in auto; Rocco è in coma ma capisce ed è la voce narrante della storia. Tutti insieme formano il gruppo dei ‘’Braccialetti rossi’’, dato dal colore della polsiera di plastica fornita dall’ospedale. C’è dramma, ma non c’è traccia di autocompiacimento né del temibile effetto “melò”, anche grazie ad un ulteriore elemento di originalità: diversi brani della colonna sonora (curata da Niccolò Agliardi) sono cantati da artisti di primo piano come Laura Pausini, Tiziano Ferro, Vasco Rossi. L’alchimia fra questi ingredienti trasforma la prima stagione in un fenomeno di costume: sui social si genera un fandom che solitamente riguarda solo i teen drama americani; ai giovani è riservato un trattamento da rockstar. Purtoppo però, un grave rischio dei successi seriali è quello di non sapersi fermare in tempo; ed in questo caso la difficoltà è mantenere il delicatissimo equilibrio narrativo tra la serietà del tema della malattia e la leggerezza dell’adolescenza, senza concessioni alla lacrima facile, al melò, appunto. I primi sintomi di malessere si avvertono già nella seconda stagione, quando uno dei protagonisti muore dopo un delicato intervento chirurgico, ma paradossalmente non viene eliminato dalla serie, con un curioso escamotage narrativo viene mantenuto in vita. Nella terza stagione la narrazione viene spinta oltre il verosimile; il compagno defunto promette a Leo un futuro senza malattia, ma il prezzo da pagare è una vita senza gli amici, cosa che naturalmente non accetterà, scegliendo di restare in ospedale e con un incremento della malattia. Nonostante gli ascolti si siano mantenuti buoni, l’esperienza internazionale del format non è incoraggiante: in Spagna è stata sospesa dopo la seconda stagione e negli USA non ha concluso nemmeno la prima; i tabloid americani l’hanno descritta come una serie troppo drammatica. Uno dei punti centrali della Grande Serialità contemporanea è proprio questo: estendere a tutti i costi la durata di una serie non è sempre la scelta migliore, a dispetto del marketing e della redditività...


Similar Free PDFs