Unione Europea - riassunto Tesauro PDF

Title Unione Europea - riassunto Tesauro
Course Istituzioni di diritto dell'Unione Europea
Institution Università degli Studi di Trento
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TUTTO ...


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[Digitare il titolo del documento]ª ed.) PARTE PRIMA IL SISTEMA GIURIDICO DELL’UNIONE EUROPEA CAPITOLO 1 LA STRUTTURA ISTITUZIONALE 1. LE ISTITUZIONI DELL’UNIONE Il Trattato di Lisbona ha ridisegnato il quadro istituzionale dell’UE, con l’obiettivo di «promuoverne i valori, perseguirne gli obiettivi, servire i suoi interessi, quelli dei suoi cittadini e quelli degli Stati membri, garantirne la coerenza, l’efficacia e la continuità delle sue politiche e delle sue azioni» (art. 13, n. 1, TUE). Nel nuovo assetto sono qualificate istituzioni dell’Unione: 1. il Parlamento; 2. il Consiglio europeo; 3. il Consiglio; 4. la Commissione; 5. la Corte di giustizia dell’Unione; 6. la Corte dei conti; 7. la Banca centrale europea (art. 13, n. 1, TUE). In questa cornice sono state introdotte nuove figure, in particolare il Presidente del Consiglio europeo e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e per la politica di sicurezza. Accanto alle istituzioni operano anche altri organismi:  alcuni menzionati dai trattati (Comitato economico e sociale, Comitato delle regioni);  altri (in particolare le agenzie europee) creati con atti delle istituzioni sulla base della c.d. clausola di flessibilità (art. 352 TFUE). 2. IL PARLAMENTO EUROPEO Il Parlamento europeo è composto dai «rappresentanti dei cittadini dell’Unione». Esso esercita, «congiuntamente al Consiglio, la funzione legislativa e la funzione di bilancio», nonché «funzioni di controllo politico e consultive alle condizioni stabilite dai trattati»; ed «elegge il Presidente della Commissione» (art. 14 TUE). Esso riassume le spinte verso una democratizzazione dei processi decisionali e nello stesso tempo verso la realizzazione di un livello più marcato di integrazione, tendenzialmente sul modello di una struttura di tipo federale. Ne è la conferma la continua evoluzione che il Parlamento ha subìto nel corso degli anni, quanto alla composizione e al suo coinvolgimento nel processo decisionale: soprattutto in materia di bilancio e, più in generale, con l’Atto unico, il Trattato di Maastricht, il Trattato di Amsterdam e il Trattato di Nizza, nel processo di formazione degli atti, in breve nell’esercizio della funzione legislativa. Originariamente Assemblea comune, poi Assemblea parlamentare europea, in concomitanza con la creazione della CEE e dell’Euratom, finalmente Parlamento europeo in virtù di una sua decisione del 30 marzo 1962 e poi dell’Atto unico, l’istituzione fu per molti anni composta da membri dei Parlamenti nazionali, da questi designati, sì che la rappresentatività dei popoli riuniti nella Comunità era indiretta e imperfetta:  indiretta  in quanto i parlamentari non venivano eletti direttamente dai cittadini europei, bensì dai rappresentanti di questi ultimi eletti in seno ai rispettivi Parlamenti;  imperfetta  in quanto, almeno in alcuni casi, non rifletteva esattamente e proporzionalmente la presenza di tutte le componenti politiche in seno ai Parlamenti nazionali. Prefigurata dai trattati istitutivi, l’elezione diretta dei membri del Parlamento fu decisa da un Atto del Consiglio europeo del 20 settembre 1976 e successivamente realizzata con apposite leggi 1

[Digitare il titolo del documento]ª ed.) nazionali. Le prime elezioni si sono svolte nel 1979, in base a sistemi elettorali diversi. È peraltro previsto che, su progetto del Parlamento e decisione unanime del Consiglio, sia raccomandata agli Stati membri l’adozione, in base alle rispettive norme costituzionali, di una procedura uniforme di elezione, procedura che, a seguito di una precisazione apportata dal Trattato di Amsterdam, potrà essere fondata anche solo su principi comuni agli Stati membri (art. 223, n. 1, TFUE). Il numero dei membri, che nella legislatura 2009-2014 è di 736, nella legislatura 2014-2019 non potrà essere superiore a 751 (750 + il Presidente, art. 14, n. 2, TUE). Il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità, su iniziativa e con l’approvazione del PE, può modificare la composizione (art. 14, n. 2, 2° c., TUE). I parlamentari hanno un mandato di 5 anni e sono divisi in gruppi politici e NON in gruppi nazionali. Stando alla formulazione del Trattato, i membri del Parlamento dovrebbero rappresentare i cittadini dell’Unione collettivamente considerati. In questa prospettiva, tra le disposizioni sulla cittadinanza dell’UE figura anche quella sull’elettorato attivo e passivo per le elezioni del PE, il cui esercizio è collegato al Paese di residenza «alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato» (art. 22, n. 2, TFUE). Dunque i partiti politici sono definiti a livello europeo e «contribuiscono a formare una coscienza politica europea e ad esprimere la volontà dei cittadini dell’Unione» (art. 10, n. 4, TUE). La determinazione dello Statuto dei partiti politici e, in particolare, le norme sul loro funzionamento, sono stabilite dal Consiglio e dal medesimo Parlamento attraverso la procedura legislativa ordinaria (art. 224 TFUE). Nell’organizzazione dei lavori, i parlamentari si dividono in commissioni permanenti con competenza per materie, che riflettono la suddivisione tra le Direzioni Generali della Commissione. Il PE elegge, tra i suoi membri:  il Presidente  e l’ufficio di presidenza Il Capo III, del Protocollo n. 7, precisa le immunità e i privilegi riconosciuti ai membri del PE. In particolare:  i parlamentari europei NON possono essere ricercati, detenuti o perseguiti per le loro opinioni o per i voti espressi nell’esercizio della loro funzione. Inoltre, per la durata delle sessioni, ai parlamentari europei sono estese, sul territorio nazionale, le stesse immunità riconosciute ai membri del Parlamento del loro paese;  mentre, sul territorio degli altri Stati membri, i parlamentari europei sono esenti da provvedimenti di detenzione e da procedimenti giudiziari, anche relativamente agli atti compiuti al di fuori delle loro funzioni. Tali immunità incontrano 1 limite nell’ipotesi di flagrante delitto; in ogni caso, allo stesso PE è riconosciuta la possibilità di privare un parlamentare di queste immunità. Infine, i parlamentari europei hanno ampia libertà di movimento per raggiungere i luoghi delle riunioni. Ai sensi dell’art. 231 TFUE, salvo disposizioni contrarie dei trattati, il PE delibera a maggioranza dei suffragi espressi. Il quorum è raggiunto quando in aula sono presenti 1/3 dei membri; nonostante ciò, le delibere si ritengono valide a meno che non venga constatata la mancanza del numero legale. In alcuni casi è, invece, richiesta la maggioranza assoluta dei componenti del PE; ad es.:  per l’elezione del Presidente della Commissione (art. 17, n. 7, TFUE);  in materia di procedura semplificata di revisione dei trattati (art. 48, n. 7, 4° comma, TUE);  per l’ammissione di nuovi Stati (art. 49 TUE). È richiesta, poi, la maggioranza dei componenti e dei 2/3 dei voti espressi:  per l’approvazione della mozione di censura sull’operato della Commissione (art. 234 TFUE);  e per la constatazione del rischio evidente di violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori su cui si fonda l’Unione (art. 354, 4° c., TFUE). Infine, è prevista la maggioranza dei componenti e dei 3/5 dei suffragi espressi qualora il PE volesse confermare gli emendamenti al bilancio respinti dal Consiglio (art. 314, n. 7, lett. d, TFUE). 2

[Digitare il titolo del documento]ª ed.) La sede della struttura amministrativa del Parlamento è Lussemburgo, mentre le riunioni delle Commissioni si svolgono a Bruxelles e la sessione plenaria mensile si tiene a Strasburgo. Il Parlamento ha poteri di controllo, inoltre partecipa al processo di formazione delle norme e a quello di approvazione del bilancio. Relativamente al potere di controllo, va tenuto presente che tra il Parlamento e la Commissione non c’è mai stato un vero e proprio rapporto di fiducia, nel senso che i membri della Commissione erano designati dagli Stati membri senza una partecipazione sostanziale del Parlamento. Il Trattato di Lisbona, modificando la procedura di nomina della Commissione, ha introdotto in questa materia significative novità proprio nel senso di una più consistente partecipazione del Parlamento; infatti, quest’ultimo è: 1) in primo luogo chiamato ad «eleggere» il Presidente della Commissione (art. 14, n. 1, TUE) proposto dal Consiglio europeo; 2) e in secondo luogo deve esprimere un «voto di approvazione» del Presidente, dell’Alto rappresentante per gli affari esteri e degli altri commissari collettivamente considerati, che sono formalmente nominati solo in un momento successivo dal Consiglio europeo (art. 17, n. 7, TUE). Inoltre la Commissione è tenuta a presentare annualmente al Parlamento una relazione generale sull’attività svolta nell’anno precedente, nonché relazioni annuali sulla situazione dell’agricoltura, sulla situazione sociale e sulla politica di concorrenza. In tali occasioni, il Parlamento procede al loro esame (art. 233 TFUE). A ciò si aggiungono le interrogazioni del Parlamento o dei suoi membri alla Commissione, ai quali quest’ultima è tenuta a rispondere oralmente o per iscritto ( art. 230 TFUE). Lo stesso si deve dire per le interrogazioni al Consiglio. Nella prassi, poi, è importante la partecipazione dei membri o dei funzionari della Commissione o del Consiglio ai lavori delle commissioni parlamentari, che si risolve in un dialogo continuo tra le istituzioni e contribuisce a rendere effettiva l’attività di controllo del Parlamento. Significativa è la possibilità per il Parlamento di pronunciare una censura sull’operato della Commissione, da approvare con la maggioranza dei 2/3 dei voti espressi e la maggioranza dei membri. Se il Parlamento utilizza questo strumento, «i membri della Commissione si dimettono collettivamente dalle loro funzioni e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza si dimette dalle funzioni che esercita in seno alla Commissione» (art. 234 TFUE). In realtà, le occasioni in cui è stata presentata una mozione di censura sono state molto rare e non si è arrivati mai alla sua approvazione, sì che appare un’arma in pratica di valenza ridotta. Inoltre, il Parlamento partecipa alla funzione normativa. Più che dell’esercizio di autonomi poteri decisionali o legislativi in senso proprio, fatta eccezione per quel che riguarda l’organizzazione interna dell’istituzione, si tratta di una partecipazione sempre più intensa al processo di formazione degli atti dell’Unione (artt. 289 e 294 TFUE) e di conclusione di accordi internazionali (art. 218 TFUE). Anche sotto questo profilo si è avuta un’evoluzione rimarchevole nel corso degli anni, con un progressivo consolidamento della presenza del Parlamento nel processo decisionale, nonché una conseguente accentuazione del suo ruolo politico in senso lato. Tale partecipazione si manifesta con modalità e intensità diverse a seconda dei casi e del tipo di procedura prevista di volta in volta dal Trattato. E tra gli aspetti più significativi della situazione attuale, oltre al potere di fissare il proprio statuto e le condizioni per l’esercizio delle funzioni dei suoi membri, c’è che il Parlamento gode ormai di un vero e proprio potere generale di «pre-iniziativa» legislativa. Esso infatti, in virtù dell’art. 225 TFUE può chiedere alla Commissione di presentare proposte adeguate quando reputi necessaria l’adozione di un atto dell’UE; la Commissione, qualora decida di non dare seguito alla richiesta del PE, deve comunque motivare il suo rifiuto. Resta beninteso che in ogni caso la responsabilità della proposta è della Commissione e che pertanto l’iniziativa del Parlamento ha natura soprattutto politica. I trattati di riforma hanno progressivamente rafforzato il ruolo del Parlamento, introducendo novità di sicuro rilievo. In particolare, il Trattato di Nizza ha collocato il PE sullo stesso piano della 3

[Digitare il titolo del documento]ª ed.) Commissione e del Consiglio quanto alla possibilità di adire la Corte di Giustizia sollevando l’azione di annullamento ex art. 263 TFUE. Un’altra novità introdotta dal Trattato di Nizza riguarda la possibilità per il PE, e non + soltanto per il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri, di chiedere alla Corte di Giustizia un parere sulla compatibilità di un accordo internazionale con le disposizioni del Trattato (art. 218, n. 5, TFUE). Tale potere può avere un notevole impatto, ove si consideri che il parere negativo della Corte implica la necessità di ricorrere alla procedura di revisione dei trattati, di cui all’art. 48 TUE, per la stipula dell’accordo contestato. Il Trattato di Lisbona ha accresciuto ancor più il ruolo del PE, estendendo la procedura di codecisione (ex art. 251 CE), divenuta «procedura legislativa ordinaria» (art. 294 TFUE), coinvolgendolo, nella forma dell’approvazione o della consultazione, nella definizione degli accordi internazionali negoziati dalla Commissione e dal Consiglio ai sensi dell’art. 218 TFUE, attribuendo al PE nella procedura di bilancio una posizione equiparata al Consiglio, ampliandone il ruolo nella procedura di revisione dei trattati e accrescendone anche il ruolo di controllo delle funzioni esecutive della Commissione. Infine è significativo il raccordo con i Parlamenti nazionali, chiamati a svolgere un importante ruolo soprattutto nell’ambito della procedura di controllo dell’applicazione del principio di sussidiarietà. 3. IL CONSIGLIO EUROPEO Il Consiglio europeo, che non va confuso con il Consiglio (già Consiglio dei ministri), è nato parallelamente ma all’esterno della struttura istituzionale comunitaria, dalla prassi delle riunioni al vertice fra i capi di Stato o di governo degli Stati membri, che dal 1961 e fino ai primi anni ’70 si sono tenute senza una cadenza regolare, per discutere questioni attinenti alla vita e allo sviluppo delle Comunità. Tale prassi trovò una prima formalizzazione al vertice di Parigi del dicembre 1974, in cui i capi di Stato e di governo decisero per l’appunto di riunirsi come «Consiglio europeo», assieme ai loro ministri degli affari esteri e ai rappresentanti della Commissione (il presidente e uno dei vicepresidenti), con cadenza periodica (3 volte l’anno) e sotto la presidenza del capo di Stato o di governo che esercita la presidenza del Consiglio delle Comunità. L’Atto unico ha poi sancito formalmente l’esistenza del Consiglio europeo e la cadenza delle sue riunioni. Nel sistema antecedente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona il Consiglio europeo occupava una posizione peculiare, di rilievo, ma non era collocato all’interno del sistema istituzionale in senso proprio. Il Trattato di Lisbona ha inserito il Consiglio europeo a pieno titolo tra le istituzioni dell’Unione (art. 13 TUE e artt. 235 e 236 TFUE). Risulta confermato il suo ruolo di impulso e di definizione degli orientamenti e delle priorità politiche generali, necessari allo sviluppo dell’UE, rimanendo escluse le funzioni legislative. Le novità + significative introdotte dal Trattato di riforma riguardano la composizione. Ai sensi dell’art. 15 TUE, il Consiglio europeo è composto dai capi di Stato o di governo degli Stati membri e dal suo presidente e dal Presidente della Commissione. La partecipazione del Capo dello Stato o del Governo dipende dalle norme nazionali (ad es., per l’Italia è il Capo del governo, per la Francia il Presidente della Repubblica). L’Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri partecipa ai lavori, senza farne parte. Soltanto se l’ordine del giorno lo richiede, ciascun membro del Consiglio europeo può decidere di farsi assistere da un ministro e il Presidente della Commissione da un membro della Commissione. La presenza del Presidente della Commissione e/o di un membro della stessa è diretta a rendere l’esercizio del potere di iniziativa legislativa coerente con gli indirizzi indicati dal Consiglio europeo. Il presidente del PE può essere eventualmente invitato alle riunioni per essere ascoltato (art. 235, n. 2, TFUE). Peraltro, all’esigenza di raccordo con il Parlamento risponde la relazione del Presidente del Consiglio europeo al Parlamento dopo ciascuna riunione. Inoltre, la prassi è che il Presidente del Parlamento incontra il Consiglio all’inizio di ogni riunione. Il Consiglio europeo si riunisce 2 volte a semestre su convocazione del presidente che può tra l’altro convocare riunioni straordinarie qualora la situazione lo richieda. Per quanto riguarda la procedura di voto, il Consiglio europeo si pronuncia per consenso (meglio dire “consensus”), salvi i casi in 4

[Digitare il titolo del documento]ª ed.) cui i trattati dispongano diversamente (art. 15, n. 4, TUE); infatti il Consiglio europeo può deliberare a:  maggioranza qualificata (ad es. per stabilire l’elenco delle formazioni del Consiglio o per decidere le presidenze delle formazioni del Consiglio, art. 236 TFUE o per la nomina della Commissione, art. 17, n. 7, TUE);  o a maggioranza semplice (in merito alle questioni procedurali e per l’adozione del suo regolamento interno, art. 235 TFUE). N.B.: Non partecipano alla votazione i Presidenti del Consiglio europeo e della Commissione. Novità rilevante è la stabilità attribuita al Presidente, eletto dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata per un periodo di 2 anni e mezzo, rinnovabile 1 volta (art. 5 TUE) e preclusivo di ogni mandato nazionale. Il Presidente è investito innanzitutto del compito di presiedere e animare i lavori del Consiglio europeo. Egli ne deve assicurare la preparazione e la continuità dei lavori, in cooperazione con il presidente della Commissione e in base ai lavori del Consiglio «Affari generali». Egli deve anche adoperarsi per facilitare la coesione e il consenso in seno all’istituzione e infine presentare al PE una relazione dopo ciascuna delle riunioni del Consiglio europeo. Spetta al Presidente assicurare la rappresentanza esterna dell’Unione per le materie relative alla politica estera e di sicurezza comune, fatte salve e quindi coordinandosi con le attribuzioni affidate all’Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza. In definitiva, il Consiglio europeo ha assunto, in virtù della riforma, un ruolo importante:  nel processo decisionale dell’Unione;  nel processo di formazione delle istituzioni, in particolare, nella nomina della Commissione (art. 17, n. 8, TUE);  nella gestione delle procedure di revisione semplificate (art. 48, nn. 6 e 7, TUE);  e soprattutto grazie al suo Presidente contribuisce a «disegnare» il volto esterno dell’Unione. Per quanto riguarda le competenze, l’art. 14 TUE sancisce che il Consiglio europeo ha un ruolo d’impulso e di definizione degli orientamenti politici generali, necessari allo sviluppo dell’UE; e precisa che esso non esercita funzioni legislative. Più in particolare, il Consiglio ha una funzione di indirizzo politico nel settore della politica estera e sicurezza comune e nel settore della politica di sicurezza e di difesa comune, poiché è espressamente stabilito, all’art. 22 TUE, che esso definisce gli interessi e gli obiettivi strategici dell’azione esterna dell’Unione, nonché le questioni che hanno implicazioni in materia di sicurezza (art. 26 TUE). Una funzione di indirizzo politico è svolto dal Consiglio europeo attraverso la precisazione degli orientamenti strategici della programmazione legislativa e operativa nelle materie relative allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia (art. 68 TFUE). Altre volte, invece, il CE è chiamato ad un ruolo di politica attiva: ad es., quando decide sulle formazioni del Consiglio (già Consiglio dei ministri) o sulla composizione del PE. Mentre, si configura come organo gerarchicamente superiore rispetto al Consiglio, quando quest’ultimo deferisce ad esso alcune questioni. Ad es., in materia di sicurezza sociale, qualora uno Stato opponga resistenza all’adozione di un atto, il problema viene sottoposto al CE. Quando poi il CE delibera all’unanimità, senza la partecipazione del Presidente e del Presidente della Commissione, esso si configura come una riunione di organi degli Stati membri. Lo stesso CE opera viceversa come organo di presidenza collegiale quando nomina il proprio Presidente e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. In tale configurazione il CE «deliberando, a maggioranza qualificata, propone al PE un candidato alla carica di Presidente della Commissione» (art. 17, n. 7, TUE). Del pari, è ...


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