VITA NOVA - Opera minore di Dante Alighieri,scritta nella forma mista di prosa e versi, PDF

Title VITA NOVA - Opera minore di Dante Alighieri,scritta nella forma mista di prosa e versi,
Author Silvia Remondini
Course Istituzioni di letteratura italiana
Institution Università degli Studi di Bergamo
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Opera minore di Dante Alighieri,scritta nella forma mista di prosa e versi, in cui celebra il suo amore per Beatrice...


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VITA NOVA Opera minore di Dante Alighieri, probabilmente scritta tra il 1292 e il 1294. E’ un PROSIMETRO, cioè un’opera scritta nella forma mista di prosa e versi.

INCIPIT Nell’INCIPIT Dante dichiara di voler inserire all’interno del suo LIBELLO una rubrica, chiamata Incipit Vita Nova. L’espressione Vita Nova potrebbe avere due interpretazioni differenti: -Vita rinnovata grazie all’intervento di Beatrice -Vita poetica giovanile

PROEMIO Nel proemio il poeta sviluppa il concetto di MEMORIA. Inaugura la Vita Nova con l’immagine di due libri: uno con sede nella memoria, immateriale; l’altro concreto e trascritto, che è, appunto, il libello. Si rifà alla simbologia medievale del libro (immagine del mondo armonicamente strutturato da Dio e sacralità dei testi su cui si fonda il Sapere). Il libro della memoria rappresenta l’esigenza di dotare di senso l’esperienza personale in una prospettiva intellettuale. Dante mantiene questo Topos della cultura medievale fino alla conclusione, in cui vi è la visione di Dio nell’universo. SPAZIO ONIRICO= Allo spazio onirico, invece, Dante affida più significati: il passaggio a un Amore temperato dal consiglio di Ragione, la premonizione del passaggio da amore lieto a evento doloroso, la profezia della morte di Beatrice.

IL NUMERO NOVE Fin dall’avvio della narratio spunta il numero nove, numero amico di Beatrice. Questo numero ha molti significati: -È il simbolo della Trinità (poiché è il quadrato di tre) —> Beatrice= miracolo -Nove sono le sfere celesti e i cori angelici loro preposti Nel corso della narrazione il numero nove comparirà moltissime volte.

IL NOME DI BEATRICE Il nome Beatrice rappresenta la radice della cosa che designa: colei che infonde beatitudine.

PRIMA APPARIZIONE DI BEATRICE La possibile data dell’evento potrebbe essere la primavera del 1274 (PRIMAVERA= stagione dell’Amore e della Creazione). Al primo incontro con Beatrice Dante ha 9 anni e lei 8 anni e 4 mesi di vita. Beatrice indossa una cinta (che indicata una condizione di donna non sposata) e un vestito color sanguigno (legato al lutto= un rosso virato al nero). La scena dell’incontro è caratterizzata da un forte crescendo emotivo, riflesso nelle frasi latine che gli spiriti che si incontrano si scambiano. Intervengono infatti tre spiriti: SPIRITO VITALE: ha sede nel cuore. Dice “Ecco il Dio (= Amore) più forte di me, che al suo arrivo diverrà mio padrone!” SPIRITO ANIMALE: ha sede nel cervello. Dice” E’ finalmente apparsa la vostra beatitudine!” SPIRITO NATURALE: ha sede nel fegato e nello stomaco. Dice “Ah , misero me, che d’ora in poi sarò spesso impedito!” A partire da questo primo incontro Amore comanderà l’anima di Dante. Beatrice viene chiamata Angiola (=forma femminile di “angelo”). Dante riprende la citazione omerica “Ella non pareva figlia di uomo mortale, ma di Dio”.

SECONDA APPARIZIONE DI BEATRICE Avviene nove anni dopo. Dante ha 18 anni. Beatrice è vestita di bianco e si trova in mezzo a due donne più anziane d’età. Beatrice questa volta lo saluta e a Dante pare di vedere, a seguito di questo saluto, tutte le beatitudini. Il primo saluto di Beatrice verso Dante avviene alle 15 (cioè all’ora nona, poiché le ore del giorno si contavano a partire dalle 6). E’ anche l’ora della morte di Cristo. Dopo il saluto, Dante si allontana e va nella sua stanza per una rielaborazione interiore dell’esperienza. In questo frangente ha la PRIMA VISIONE: in una nuvola di color fuoco, c’è un signore che gli dice “Io sono il tuo Signore” (=riferimento al primo comandamento). Il signore in questione è Amore, che nelle braccia tiene una persona che dorme nuda, avvolta in un drappo insanguinato, in cui Dante riconosce Beatrice. Amore in una mano tiene qualcosa che arde e dice a Dante “Guarda il tuo cuore”. Dopodichè a Dante pare che la persona dormiente si svegli e che il signore le faccia mangiare quella cosa che arde (=il cuore) —>motivo del cuore mangiato= rielaborazione laica dell’Eucarestia. La donna poi inizia a piangere e se ne va verso il cielo. L’ora della visione è tra le 21 e le 22.

CAPITOLO 1 Pensando a ciò che gli è apparso Dante decide di comunicarlo ai famosi trovatori del tempo. Scrive allora un sonetto, in cui intende salutare i fedeli (sudditi) dell’Amore, per far loro giudicare la visione. Il sonetto che scrive si intitola “A ciascun’alma persa”. E’ diviso in due parti, in cui Dante inaugura nella letteratura volgare d’Italia l’auto-commento. Divide infatti ogni capitolo in due parti: la prima composta dal componimento poetico, la seconda in cui ne spiega la divisione e il significato.

CAPITOLO 2 A questo sonetto risposero in molti, tra cui “Il primo dei suoi amici” (Guido Cavalcanti). Prima risposta: di Terino di Castelfiorentino: per lui Amore gli sta suggerendo di rivelarsi all’amata. Seconda risposta: di Dante da Maiano: legge la visione come un delirio dovuto ad eccessi di bollore. Terza risposta: di Cavalcanti: riconosce a Dante la piena esperienza di Amore. Lo spirito naturale di Dante comincia allora ad essere impedito, talmente è preso dalla gentilissima. Diviene fragile e debole, al punto che molti gli domandano che cosa ha. Un giorno in una chiesa incontra Beatrice. Tra di loro, in linea retta, siede una bella donna, che guarda spesso Dante, poiché le sembrava che il poeta guardasse lei. Le persone intorno a loro se ne accorgono e Dante ne è sollevato: il suo segreto in questo modo è al sicuro. Tutti pensano che Dante sia attratto dall’altra donna, così lui sfrutta l’occasione e le scrive “certe cosette per rima” in forma di PìSTOLA (=componimento a carattere di invettiva adibito a rassegna di dame con diverse finalità). Ad esso allude il sonetto “Guido, i’ vorrei che tu e Lapo e io”. Nella pìstola Beatrice occupa il numero 9. Le donne in totale sono 60 (scelta ispirata alle 60 regine del Cantico dei Cantici). La donna utilizzata da Dante per proteggere Beatrice, però, deve allontanarsi dalla città. Per far credere di esserne addolorato compone un sonetto “O voi che per…” Chiede a chi percorre la via dell’Amore di fermarsi a guardare se esiste un dolore grande quanto il suo. Era in uno stato di beatitudine ma ora vive consumandosi di pianto, anche se all’esterno manifesta allegria. Dante specifica che il sonetto è diviso in due parti: nella prima richiama i fedeli di Amore, nella seconda dice ciò che ha perso. Si tratta di un SONETTO RINTERZATO (CON INSERIMENTO DI UN SETTENARIO DOPO OGNI VERSO DISPARI DELLE QUARTINE E DOPO IL PARI DELLE TERZINE). In questo capitolo compare la figura della prima DONNA-SCHERMO: è un richiamo alla tradizione provenzale, legato ai modi di Guittone D’Arezzo.

CAPITOLO 3 Un’amica di Beatrice muore, e questa è l’occasione di Dante per comporre altri due sonetti, di cordoglio, secondo modalità che saranno ripetute per la morte del padre di Beatrice. Nel primo sollecita i fedeli d’Amore a piangere, ne canta la ragione e parla dell’Onore che fece Amore a questa donna. Nel secondo chiama la morte con “certi suoi nomi propri” (villana, di Pietà Nemica) e le spiega la ragione per cui ce l’ha con lei. (“Hai distrutto la leggiadria d’amore di una giovane lieta”). Dice che non intende rivelare di quale donna si tratti, ma dire solo le sue qualità. Sono componimenti di cordoglio, in cui inserisce un IMPROPERIUM contro la morte.

CAPITOLO 4 Qualche giorno dopo la morte di questa donna Dante deve partire (la destinazione del viaggio non è molto lontana dal luogo in cui si trova la donna-schermo). E’ in compagnia di altre persone, ma dal suo aspetto si capisce che il viaggio gli è sgradito, perché lo allontana da Beatrice. Durante questo viaggio avviene la PRIMA YMAGINATIONE: Amore appare a Dante con l’aspetto di un forestiero, vestito di abiti dimessi. Guarda a terra e a Dante pare gli consigli di cercare un’altra donna-schermo. Il giorno dopo il poeta compone il sonetto “Cavalcando”. Amore viene degradato da Signore a peregrino, con conseguente uso del volgare contro il latino della prima apparizione. E’ un sonetto ispirato al genere cortese.

CAPITOLO 5 Dopo essere tornato dal suo viaggio (=una sorta di Via Crucis dell’amante), Dante rivolge le sue attenzioni ad un’altra donna, infamata però da eccessive dicerie: questo fa sì che Beatrice gli tolga il saluto. Dante spiega perché il suo saluto gli provocava tanta beatitudine: non aveva più nemici quando lei lo salutava e veniva avvolto da una fiamma di carità che gli faceva perdonare chiunque l’avesse offeso. E se qualcuno gli avesse domandato il perché, Dante avrebbe risposto solo “Amore”. Quando tale beatitudine gli viene negata si mette nella sua camera a piangere, dicendo “Amore, aiuta il tuo fedele”, per poi addormentarsi. Nel sonno gli appare un giovane vestito di bianco (Amore), che gli dice che è tempo di abbandonare le finzioni. Gli dice che lui è il centro del cerchio, Dante invece no (non possiede l’equidistanza dal centro, risulta eccentrico). Gli spiega poi perché Beatrice non lo saluta più. Amore vuole che Dante componga qualcosa spiegando il potere che Amore ha su di lui per mezzo di Beatrice, per cercare di chiarire l’equivoco. Poi scompare.

La visione è avvenuta alle ore 9 del giorno. Dante compone allora una ballata in rima siciliana. Ballata, voglio che insieme ad Amore tu vada al cospetto di Madonna a spiegarle la mia giustificazione. Colei che deve darti udienza è arrabbiata con me: l’assenza di Amore ti causerebbe cattiva accoglienza. Quando sarai al suo cospetto pronuncia queste parole: “Madonna, chi mi invia a voi desidera essere scusato. Con me c’è Amore che, a causa della vostra bellezza, lo trasfigura a suo piacimento. Per questo gli fece guardare un’altra. Madonna, il suo cuore è sempre stato di fedeltà solida” Se non ti crede dille di interrogare Amore. Se le dispiacesse perdonarmi, dille di ordinarmi di morire, e io le darò prova della mia obbedienza. Ballata, vai nel momento propizio ad ottenere il perdono. Dante commenta che gli si potrebbe contestare il fatto che scrive in terza persona, ma lui utilizza la ballata per dire le sue parole. Amore qui parla in latino. Ciò decreta la fine delle finzioni cortesi.

CAPITOLO 6 Dante espone qui quattro suoi pensieri sul valore di Amore, che traducono la crisi poetica in atto. Ogni pensiero rimanda ad una concezione diversa di Amore. Amore cortese= buono Amore che si connette a Guittone D’Arezzo= amore non buono Amore di Guinizzelli= dolce Amore amaro di Cavalcanti= doloroso Nel sonetto espone questi pensieri. Se vuole trovare un accordo deve affidarsi alla sua nemica Pietà.

CAPITOLO 7 Dopo la battaglia di pensieri (=metafora bellica, ripresa di Guinizzelli e Cavalcanti), Dante viene condotto da un amico presso un gruppo di gentil donne da servire (=amore cortese) durante un banchetto di nozze (richiamo alle Nozze di Cana o all’Ultima Cena). Dante sente un tremore iniziare dalla parte sinistra del corpo (dove ha sede il cuore con il suo spirito vitale) che si propaga al resto. Molte di queste donne si accorgono del fatto che il suo stato è dovuto alla presenza di Beatrice e lo deridono (EPISODIO DEL GABBO= provenzale, momento di derisione, di crisi). L’amico lo prende in disparte e gli domanda cosa ha. Dante risponde che tiene i

piedi in quella parte della vita da cui non si può più tornare. Ritorna in camera e, piangendo, pensa che se Beatrice conoscesse la sua condizione ne avrebbe pietà. E scrive un sonetto dedicato a questo pensiero: “Con l’altre”, in cui dice che Amore uccide tutti i suoi spiriti, e chi non è fedele ad Amore a tali livelli non lo può capire.

CAPITOLO 8 Dopo l’episodio del gabbo Dante pensa “Dato che alla presenza di Beatrice mi trasfiguro tanto da attirarmi scherno, perché continuo a cercarla?” Ma a questo pensiero se ne contrappone un altro “Supponendo di poter avere la capacità di risponderle, le direi che il desiderio di vederla supera tutte le passate passioni” Poi scrive “Ciò che”, in cui esprime quest’ultimo pensiero, sottolineando che gli altri dovrebbero avere pietà per lui.

CAPITOLO 9 Altri pensieri di Dante: 1. “Mi dolgo molte volte nell’immaginare come Amore mi riduce 2. Amore tante volte mi assale così forte che a me non rimane che un pensiero che parla di Beatrice 3. Quando Amore mi prende così, io mi muovo per vedere questa donna, quasi come se la sua vista mi difendesse da questa battaglia 4. Questa vista non solo non mi difende, ma distrugge la poca vita che mi resta. 5. Scrive poi “Spesse fiate”, in cui espone questi pensieri. E’ un crescendo di sofferenza, la visione di Beatrice sfocia in una situazione senza via di scampo.

CAPITOLO 10 Dopo aver composto il sonetto, Dante decide di darsi a “materia nuova”. Passando di fianco a certe donne viene chiamato da una di loro. Beatrice non è tra queste donne, ma ce ne sono molte: alcune ridono, altre lo guardano aspettando che parli. La donna che lo chiama gli chiede come è finito il suo amore. Dante risponde che il saluto della sua donna era la sua beatitudine, ma lei glielo ha negato. La donna allora gli chiede dove ha sede e in cosa consiste questa beatitudine. Lui risponde “Nelle parole che lodano la mia donna” La donna allora gli dice che, se così fosse, lui avrebbe adoperato le rime composte per riottenere il saluto della donna amata, anziché per informarla del suo stato. Matura allora nel poeta la volontà di parlare a donne gentili, che siano “donne gentili”, non semplicemente “femmine”. Scrive allora “Donne ch’avete”. La prima parte dello scritto spiega come Beatrice si comprende in cielo, la seconda come si

comprende in terra. Il poeta si rivolge alle donne per sfogare la sua mente. Dante parla di lei alla loro presenza, perché l’argomento non merita altro pubblico. Un angelo si rivolge a Dio, dicendo che sulla terra si vede un miracolo che riflette fin lassù. Il cielo la chiede al suo Signore e i Santi invocano la grazia di averla. Dio risponde loro di tollerare che l’oggetto della loro speranza resti sulla terra. Dante dice che qualsiasi donna voglia dimostrare di essere nobile si deve unire a lei. Quando Beatrice passa ha il potere di dare salvezza eterna a chi incontra, e gli fa dimenticare qualsiasi ingiuria subìta. Amore conclude che Dio voglia fare di questa creatura un miracolo. Beatrice possiede una carnagione perlacea e dai suoi occhi escono spiriti d’amore che colpiscono gli occhi di chi la guarda. Amore è dipinto nel suo sguardo. Poi Dante si rivolge alla canzone dicendole di non fermarsi da gente nemica della cortesia.

CAPITOLO 11 Un amico chiede a Dante la natura dell’Amore. Dante scrive “Amore e ‘l cor gentile” (sonetto). Dice che Amore e cuore gentile sono un’unica cosa, l’uno non può esistere senza l’altro. Amore è il Signore e il cuore la dimora. Una donna di valore risveglia lo spirito di Amore e lo stesso effetto provoca in una donna un uomo di valore.

CAPITOLO 12 Dante scrive un sonetto per dire come si sveglia il suo amore per Beatrice. “Negli occhi porta la mia”. Beatrice porta Amore negli occhi. Ciò che lei guarda diventa nobile, fa tremare il cuore. Alla sua presenza Ira e Superbia fuggono. Nel cuore di chi la sente parlare nasce dolcezza (Beatrice ha effetti miracolosi).

CAPITOLO 13 Muore il padre di Beatrice. (Folco Portinari, “genitore di tanta meraviglia”). Secondo la tradizione donne e uomini si radunano separatamente per piangere il defunto Dante sente alcune donne parlare del pianto e del dolore di Beatrice. Decide allora di scrivere due sonetti, scegliendo come argomento un immaginario scambio di battute tra lui e loro. Dante: “ Voi donne, avete visto Amore bagnare di pianto Beatrice?” Fermatevi con me e non nascondetemi ciò che le succede.” Donne: “Sei tu colui che l’ha sempre celebrata in rima? Perché piangi come se l’avessi vista? Lascia perdere noi che l’abbiamo vista e sentita mentre piangeva”

CAPITOLO 14 Qualche giorno dopo la morte del padre di Beatrice, Dante si ammala. Al nono giorno pensa a Beatrice. Comincia così un’Ymaginatione: vede donne che gli dicono “Morirai” e “Sei morto”. Le donne piangono e un amico gli comunica che Beatrice è morta. Dante immagina di guardare verso il cielo e di sentire gli angeli cantare. Vede Beatrice morta, con le donne che le coprono la testa con un velo bianco. A questo punto Dante invoca la morte. Vede una donna in fondo al suo letto che comincia a piangere. Altre donne, nella sua camera, gli si avvicinano dicendogli di non sconfortarsi. Chiamando Beatrice, Dante si sveglia e si accorge di essere vittima di un’immaginazione. Comincia allora a raccontare alle donne ciò che gli è apparso. Lo racconta in “Donna pietosa di novella etate”. L’atmosfera è sacrale, vi è l’ascesa dell’anima di Beatrice in forma di nebuletta bianchissima, angeli, l’ “Osanna”: tutto ciò fa avvenire la trasfigurazione da Beatrice terrena a Beatrice celeste.

CAPITOLO 15 Terza ymaginatione: fantasticheria legata ad Amore. Dante vede arrivare Giovanna, donna del primo amico, denominata anche “Primavera”, seguita da Beatrice. Il nome di Giovanna deriva da Giovanni il Battista, mentre il soprannome Primavera può essere inteso come Prima-verrà, cioè Giovanna che precede Beatrice. Dopo l’immaginazione Dante scrive il sonetto “Io mi sentì svegliar dentro allo core”. Racconta di Amore che si mostra a lui, seguito da Giovanna e Beatrice. Amore gliela presenta: “Quella è Primavera, e l’altra si chiama Amore, tanto mi somiglia”. E’ presente un’analogia: Primavera —>Beatrice Giovanni —>Cristo

CAPITOLO 16 In qualcuno sarebbero potute nascere delle riserve nei confronti del sonetto precedente, perché Dante parla di Amore come se fosse dotato di un corpo (personificazione). Quindi il poeta spiega che Amore non è sostanza in sé, ma modalità di sostanza. Dice di Amore che lo vede arrivare, che ride e che parla. Dice poi che prima non c’erano poeti di lingua volgare, solo latina. I poeti volgari sono comparsi dopo. Spiega l’inadeguatezza dei versi latini per i non dotti. Il volgare invece si adatta alle poesie d’amore perché è umile. Condanna poi chi usa il volgare per altri argomenti. Parla della personificazione, facendo riferimento a chi la usò prima di lui: Virgilio, Lucano, Orazio, Ovidio.

Dante giustifica la propria esperienza poetica con il confronto con la precedente tradizione classica.

CAPITOLO 17 Vengono qui descritti gli effetti del passaggio di Beatrice: comunica ai presenti gioia e onestà. Le persone che le sono intorno non riescono a rispondere al suo saluto, la considerano un angelo. Scrive “Tanto gentile e tanto onesta pare”. Poi scrive un sonetto per le altre donne. “Chi vede la mia donna in mezzo alle altre, vede ogni tipo di gratitudine: le sue accompagnatrici devono ringraziare Dio di tanta grazia. Loro non sono invidiose, perché rivestite di nobiltà. Ogni creatura vicino a lei riceve onore” Utilizza lo stile della loda: racconta gli effetti del suo passaggio su tutti gli altri. C’è una trasposizione di onore per mezzo di Beatrice sugli altri.

CAPITOLO 18 Canzone che narra gli effetti miracolosi di Beatrice su Dante. “Amore mi ha tenuto in suo potere, svuotandomi di forze, facendo venir meno la vista” Ciò che gli succede è una dolcezza, tale da sembrare incredibile.

CAPITOLO 19 Morte di Beatrice. Il capitolo comincia con la citazione delle Lamentationes di Geremia sulla caduta di Gerusalemme. (Topos ricorrente nella cultura medievale). Non viene utilizzato il termine “morte”. Dante dice che non è suo intento parlarne nel libello per tre ragioni: 1. L’evento doloroso è stato escluso dal “libro della memoria” 2. Anche se ne fosse incluso la sua lingua non sarebbe sufficiente a parlare come si converrebbe di ciò 3. Casomai riuscisse, dovrebbe inevitabilmente elogiare se stesso per essere riuscito a dire ciò che non è possibile esprimere. Secondo il calendario arabo Beatrice muore la prima ora del nono giorno del mese. Secondo il calendario siriano, nel nono mese dell’anno. Infine, secondo il calendario cristiano, la prima ora del tramonto dell’8 giugno del 1290, momento in cui i nove cieli si trovano in completa armonia. Dante spiega poi il significato del numero 9, che ricorre spesso nell’opera: √9= 3 (Trinità) ...


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