Yu Hua - La Cina in 10 parole PDF

Title Yu Hua - La Cina in 10 parole
Author Daniela Palumbo
Course Storia e istituzioni della Cina contemporanea
Institution Università degli Studi di Napoli L'Orientale
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Summary

Riassunto del libro di Yu Hua per l’esame di storia e istituzioni della cina contemporanea con la prof. Paderni...


Description

Yu Hua — La Cina in dieci parole! Introduzione:! Si parte dal presente per risalire alle cause della rivoluzione culturale in Cina. 10 parole chiave con cui servare la Cina contemporanea; si parte dalla realtà quotidiana. ! Popolo: ! Si parla degli avvenimenti della primavera del 1989 a piazza Tian’anmen, di come essi siano uno spartiacque per la ridefinizione del “popolo”, che ha subito una riorganizzazione in senso capitale per dare spazio a contenuti nuovi con l’avvento del boom economico degli anni ‘90, dimenticando quelli vecchi. Gli avvenimenti di piazza Tian’anmen sono stati dimenticati poi dall’immaginario collettivo cinese, grazie anche ai media, che mentre parlavano degli arresti degli studenti, un giorno hanno smesso semplicemente di parlarne. L’autore afferma che fino al giugno 1989 non aveva compreso il significato di “popolo”, che quando esso è unito, la sua voce ed il suo calore arrivano molto lontano. ! Leader:! L’intero capitolo è dedicato a Mao Zedong, e di come egli sia il più grande leader mai esistito in Cina, che ha saputo sfruttare bene la situazione per infervorare la Rivoluzione Culturale. Si trattava di un culto della persona, per cui l’autore afferma che la parola “leader” era di Mao Zedong, ed un tabù per gli altri cinesi. Lui era l’unico a salutare il popolo con gesti ampi, e nelle classi di tutte le scuole c’era una sua foto insieme a quelle di Marx, Engels, Lenin e Stalin. Alla sua morte tutta la Cina pianse, come racconta l’autore in un ricordo cin cui egli si trovava nell’aula magna della sua scuola, scossa dai pianti di tutti gli studenti ed insegnanti. L’autore afferma che per quanto Mao sia morto, la sua influenza cresce ancora nel mondo. ! Lettura:! Lo scrittore racconta delle sue prime esperienze di lettura, fatte in un’epoca senza libri, perché durante la rivoluzione culturale in Cina, molti libri di scrittori stranieri, sovietici e anche cinesi furono considerate delle erbe velenose, e bruciati. Quando andava alle elementari si appassionò alla lettura dei libricini che aveva la biblioteca, e finì a leggere anche il libretto rosso di Mao, che ogni famiglia aveva in casa a quel tempo. Con la fine della rivoluzione culturale, le grandi opere ricominciarono a circolare, spesso in maniera malridotta, passate di mani in mani, in questo periodo l’autore andava alle medie. L’autore racconta che una delle sue esperienze di lettura sono stati anche i dazibao, simili a dei manifesti che raccontavano storie in strada. Dopo la rivoluzione culturale in Cina si cominciarono a produrre sempre più libri, e quando le librerie aprirono inizialmente c’erano solo 50 buoni per comprare due libri. Per l’autore la letteratura è quella forza misteriosa in base alla quale il lettore può ritrovare i propri sentimenti nelle parole di uno scrittore di un’altra epoca, etnia, lingua, paese. ! Scrivere: ! Lo scrittore racconta di come ha iniziato a scrivere durante un’intervista con Pankaj Mishra. Il suo primo incontro con la scrittura risale alle elementari, quando scrisse il suo primo dazibao (che ricorrevano ad un linguaggio stereotipato, scimmiottavano gli articoli di giornale, usavano slogar e formule rivoluzionarie, servivano all’affermazione di sé) con l’intera famiglia. 5 anni dopo, alle medie iniziò a produrre dazibao interamente suoi, fino alle superiori, quando si cimentò in un testo teatrale, una commedia. Era la sua prima opera letteraria. Poiché in quel periodo in Cina i lavori non si sceglievano, ma erano assegnati dallo Stato, l’autore fece per cinque anni il dentista, ma poi decise che voleva entrare al centro culturale, il che divenne la sua massima aspirazione. Per entrare bisognava dimostrare di possedere le qualifiche: comporre musica, dipingere, scrivere. Lui scelse la scrittura. Non conosceva molti caratteri, e mentre cercava di scrivere, a 22 anni, continuava a lavorare come dentista per mantenersi. Bisognava essere uno scrittore pubblicato per entrare, così l’autore mandò i suoi racconti a tutte le riviste. Nel novembre 1983 egli fu contattato da una redazione di Pechino “Letteratura di Pechino”, che avrebbe pubblicato i 3 racconti brevi da lui mandati, fu anche convocato lì. Dopo fu trasferito al centro culturale! L’autore crede che la scrittura sia salutare per il benessere fisico e mentale, inoltre è un completamento dell’esistenza, in quanto offre all’uomo due strade: una nella realtà e una nella fantasia. I suoi primi scritti sono immersi nel sangue e nella violenza, questo a causa del suo percorso di crescita: ha passato l’infanzia e l’adolescenza durante la rivoluzione culturale, ha

assistito a innumerevoli manifestazioni e scontri, senza contare che i genitori anche facevano i medici, e spesso avevano i vestiti imbrattati di sangue. Quello che ha determinato un cambio nel suo stile è stato l’affiorare di un ricordo: durante la rivoluzione culturale, la popolazione assisteva pubblicamente alle esecuzioni. Se il criminale era legato mani, piedi e collo, e dietro di lui c’erano due soldati armati, allora era condannato a morte. L’autore ha assistito ad innumerevoli sentenze capitali da giovane, ed una gli è rimasta impressa: quella in cui il criminale aveva le mani legate viola, perché erano in necrosi. Egli ha anche assistito a fucilazioni da vicino, ed un giorno ai è risvegliato da un sogno in cui si era visto come quel criminale, e gli avevano anche sparato. Quando si svegliò decise che non avrebbe più scritto storie di sangue e violenza. ! Lu Xun: ! L’autore parla dello scrittore cinese Lu Xun mentre era ad Oslo. Racconta che Lu Xun ai tempi della rivoluzione culturale era un termine importante, carico di significati politici e culturali. Era stato, infatti, trasformato in una parola. Sempre durante la rivoluzione culturale, nei sussidiari scolastici si citavano solo due autori: Lu Xun e Mao Zedong. Poiché Mao adorava, Lu Xun, anche perché aveva “le ossa dure”, si dice che egli fosse tre volte grande: ! 1. Grande letterato! 2. Grande pensatore ! 3. Grande rivoluzionario. ! Spesso si usava la frase “il signor Lu Xun ha detto che...” e così veniva chiuso l’argomento, tanto che era rispettato Lu Xun.. era inoltre l’unico ad essere chiamato “signore” e non “compagno”. L’autore stesso parla di aver usato quella stessa formula per vincere una discussione con un compagno di scuola alle elementari. Inoltre l’autore ha musicato un opera di Lu Xun, Diario di un pazzo. Quando Lu Xun fu smesso di essere usato come parola, e tornato ad essere usato come scrittore, molti lo screditarono. Secondo l’autore Lu Xun era la cartina di tornasole dei mutamenti storici e degli sconvolgimenti sociali della Cina, passando da scrittore a parola, e poi nuovamente a scrittore. L’autore odiava Lu Xun, e afferma che sia stato l’unico scrittore che egli abbia mai odiato, in quanto da bambino lo avevano costretto a studiarlo, ma secondo lui le sue opere sono adatte ad un lettore maturo e sensibile, non ai bambini. Nel 1996 quando l’autore ha 36 anni ha di nuovo l’occasione di leggere Lu Xun, e questa volta se ne innamora. Ad Oslo l’autore afferma al pubblico che trasformare uno scrittore in una parola vuol dire oltraggiarlo. ! Disparità: ! L’autore parla del divario esistente in Cina, che non ò solo di origine economica. Egli afferma che dopo gli stravolgimenti sociali di un’epoca di oppressione, deve per forza seguire un’epoca di depravazione. Tutto ciò è stato causato dalla repentina crescita economica, che ha cambiato tutto velocemente. Ai tempi della gioventù dell’autore, egli viva con un sistema di razionamento dei beni, per cui tutti ricevevano una determinata razione di cibo. Inoltre servivano anche i buoni per comprare cereali, e stoffa, dato che non c’erano fabbriche di abbigliamento, né negozi di vestiti. La generazione dell’autore non ha conosciuto la sazietà, ed era molto diffuso il fenomeno della “speculazione”: i contadini mettevano da parte i buoni per l’olio e li rivendevano sul mercato nero in cambio di denaro per spese sanitarie o matrimonio. L’autore stesso fece parte della “lotta contro la speculazione” come volontario, si mimetizzava nel mercato cittadino, individuava lo speculatore gli requisiva i buoni, e poi lo portava all’ufficio della lotta contro la speculazione, con la convinzione di agire secondo giustizia. Gli speculatori erano quasi sempre vecchietti. Nella Cina di oggi, gli speculatori di ieri sono diventati gli ambulanti, che senza documenti o permesso si spostano di continuo, in modo da non essere sottoposti a tassazione. Si è istituito un organo su misura per questo: l’Ufficio per l’applicazione della legge e la supervisione urbana, che effettua ronde e retate a tappeto, con gli stessi metodi brutali delle ronde contro gli speculatori degli anni addietro. Negli ultimi anni le tensioni con gli ambulanti si sono accentuate al punto da diventare anche scontri armati, molto importante quello di Cui Yingjie, un ambulante che accoltellò a morte un agente della ronda, creando scalpore in tutto il paese. Dopo questo episodio, in molti hanno cominciato a pensare che il sequestro coatto ed indiscriminato di merci sia un modo di provare gli ambulanti del diritto alla vita. Inoltre da allora gli agenti della ronda hanno potenziato il loro equipaggiamento di difesa e seguito corsi di addestramento della polizia. L’autore pensa che la frase emblematica del presente sia stata pronunciata da Deng Xiaoping: “Non importa se un gatto è nero o bianco, finché acchiappa i topi”, ossia giusto e sbagliato spesso convivono e si influenzano tra loro. Questa frase ha sconvolto il rigido sistema di valori e la separazione tra

giusto e sbagliato che c’era sotto Mao Zedong. Inoltre, ha anche posto fine alla contesa tra socialismo e capitalismo in relazione allo sviluppo economico: oggi non si è in grado di distinguere cosa sia socialista e cosa sia capitalista. L’autore ritorna alla Cina del periodo maoista, in cui in città non esistevano reali disparità, ma sono vuote “disparità ideologiche”, con lo slogan “prendi esempio da chi è avanzato, individua la disparità”. Nella Cina di oggi invece, le disparità sono reali divari e sociali, es. quella tra ricchi e poveri. L’autore afferma che enormi divari sociali portano ad incidenti di massa e ad atti individuali esasperati. Pensa inoltre che la parola “disparità” esprime bene l’espansione dei problemi sociali, nonché delle contraddizioni sociali. Anche se Mao non era riuscito a risolvere il divario città-campagna, nell’era maoista in cui regnava il socialismo, le disparità sociali si erano ridotte costantemente. Con l’ascesa di Deng Xiaoping, trent’anni dopo le sue riforme, il divario città-campagna è avanzato, rendendo la Cina un paese con una popolazione numerosissima ed uno sviluppo economico fortemente sbilanciato, basti pensare ai 10 anni di scarto temporale esistente tra regioni ricche e povere del paese. La Cina negli anni si è trasformata da paese di assemblaggio di beni di lusso, a paese consumatore di beni di lusso, fino a diventare, nel 2015, il primo paese consumatore al mondo. Allo stesso tempo dilagano la povertà e la fame. La Cina nel 2007 è diventata la terza potenza economica mondiale, tuttavia è al centesimo posto per reddito annuo pro capite. Ciò dimostra che la società ha perso ogni equilibrio. Secondo l’autore, le disparità storiche fanno in modo da che un cinese viva in 40 anni gli avvenimenti avvenuti in Europa in 400 anni, mentre le disparità nella realtà fanno in modo che due cinesi contemporanei vivano in un due epoche diverse: l’uno nella modera città, l’altro nella medievale campagna. Oltre alla disparità economica, c’è anche una grande disparità di coscienza sociale da parte dei ricchi, verso i più poveri. ! Rivoluzione: ! L’autore afferma che dietro al miracolo economico cinese c’è la spinta della rivoluzione culturale del 1966-76. Anche se, effettivamente, è la rivoluzione che dal 1949 si traduce in due movimenti politici, rispettivamente il Grande balzo in avanti e la Rivoluzione culturale. Il grande balzo in avanti del 1958 era caratterizzato da menzogne ed esagerazioni, sul raccolto e su come andavano veramente le cose. Ognuno accresceva di più la produzione, anche quando così non era. Nel 1958 la Cina passa alle comuni popolari nelle campagne, con un servizio di me San al loro interno, lo slogan era “Mangiare a volontà e lavorare in quantità”, le provviste nelle mense non erano razionate, e se ne fece un grande sperpero. In quel periodo, la grande carestia si abbatté sulla Cina, e nacque il Movimento contro i falsi rapporti e l’appropriazione privata, le cui vittime erano i contadini, espropriati di tutto il cibo e maltrattati. Secondo l’autore però, in Cina c’è stato anche un altro balzo in avanti, nel 1999 e che riguardava il settore dell’istruzione, ma con le stesse caratteristiche di quello del 1958. Infatti, mentre si decantavano gloriosi dati di crescita del sistema d’istruzione cinese, dietro di essi si nascondeva sempre la crisi: le università avevano contratto debiti per estendere le ammissioni, e non avevano le risorse per saldare il loro debito. Senza contare che molti di quelli che andavano all’università, una volta laureati erano spesso disoccupati. Così, nel 2009 il numero di iscritti alle università subì un primo arresto. L’intero capitolo tratta delle varie rivoluzioni che avvennero all’interno della rivoluzione, come, ad esempio, la rivoluzione di Gennaio, che accadde durante la rivoluzione culturale. La Rivoluzione di gennaio vide come protagonista la ricerca del timbro, che era un simbolo di potere, come lo è ancora oggi. Chiunque possedesse un timbro aveva l’autorità di emanare ordini, qualsiasi crimine diventava legale. Casi di furto, e lotta tra fazioni che cercavano di appropriarsi di questi timbri erano all’ordine del giorno. Dopo la Rivoluzione culturale, nonostante i cambiamenti subiti dalla Cina, il ruolo del timbro è sempre quello di simbolo del potere politico ed economico, ed i casi di furti sono popolari anche al giorno d’oggi. ! Con il rapido sviluppo dell’economia, gli atti di violenza riguardano anche l’amministrazione pubblica, e l’autore fa l’esempio del processo di urbanizzazione, e delle demolizioni forzate, ed afferma che il miracolo economico cinese è reso possibile grazie al potere assoluto esercitato dalle autorità locali. Con le demolizioni forzate, si sono accentuate le contraddizioni sociali. Mentre descrive questi primi passi di storia, l’autore pensa alle parole di Mao Zedong sulla rivoluzione: “La rivoluzione è un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un’altra”. L’autore ritorna a parlare della Rivoluzione culturale, e di come, durante quel periodo, le guardie rosse di Mao fecero il giro della Cina, non servivano soldi per il treno né per l’albero, né per mangiare. Le guardie rosse usarono il pretesto della rivoluzione per compiere un giro turistico della Cina. Tuttavia, dopo il caos iniziale del 1966, Mao dovette fare i conti con una realtà difficile, per cui dal 1966 le università e le scuole superiori non ebbero iscritti per tre anni, per cui i diplomati di scuole medie e superiori aspettavano o di proseguire gli studi o di lavorare. Quando

l’ordine sociale tornò a stabilirsi, questi studenti he erano le guardie rosse, che avevano disseminato violenza, si ritrovarono senza niente da fare, e rappresentavano un fattore di instabilità sociale. Mao risolse decidendo di mandare i giovani nelle campagne a farsi rieducare dai contadini poveri e medio-poveri. Le guardie rosse si ritrovarono a vivere una realtà molto difficile fatta di fame e fatica, e molti morirono. Dopo questo passaggio l’autore riflette su cos’è la rivoluzione, e afferma che essa rende la vita coì imprevedibile che il destino può cambiare nel giro di una sola notte, e anche i legami tra le persone s’interrompono. A questo proposito parla anche di suo fratello maggiore, che secondo lui era un rivoluzionario per natura, e quando compiva qualche bravata irrispettosa a scuola si giustificava dicendo di stare compiendo la rivoluzione. Per cui l’autore, che quando andava alle elementari era costretto a scrivere autocritiche, si convinse che alle medie qualsiasi bravata era un atto rivoluzionario. ! Morti di fame: ! Questo capitolo parla dello strato sociale più povero della società cinese, le “radici d’erba”, o in inglese grass-roots. Un primo esempio è dato dalla storia del “capoccia di sangue” che si è arricchito. Costui era un rivenditore di sangue, che acquistava il sangue dei contadini, e nel suo mondo era depositario di un’autorità incontestabile. L’autore lo chiama “il re dei morti di fame”. Il suo impero cominciò a scricchiolare quando le riserve di sangue negli ospedali cominciarono a scarseggiare, e allora chi lo vedeva doveva trattare con chi lo acquistava. Tuttavia riuscì a consolidare il suo impero e ad arricchirsi. È la tipica parabola del poveraccio che ce l’ha fatta. Questa storia racconta lo spirito delle radici d’erba cinesi, che non si fermano davanti a niente e penetrano dovunque. Essi infatti osano pensare e osano fare, anche a costo di commettere crimini e violare la legge. Tuttavia, la storia cinese è piena di storie di chi ce l’ha fatta, ed in men che non si dica è precipitato di nuovo, arrestato per i crimini commessi. L’autore torna poi ai tempi della rivoluzione culturale, con un particolare aneddoto riguardante Wang Hongwen, un operaio che all’inizio della rivoluzione culturale aveva formato una fazione ribelle nota come il Quartier generale della ribellione rivoluzionaria operaia di Shanghai, che grazie a questa fazione era riuscito a diventare il vicepresidente del Comitato centrale del Partito comunista cinese, il terzo uomo del paese, ed era anche il successore predestinato di Mao. La sua fortuna fu breve, perché alla fine della rivoluzione con la morte di Mao, egli venne arrestato come membro della banda dei Quattro, insieme a Jiang Qing, Zhang Chunqiao, e Yao Wenyuan, e condannati all’ergastolo. Questa vicenda mostra com’è labile il confine tra l’essere rivoluzionari e controrivoluzionari. La rivoluzione culturale ha spinto gli strati sociali più disagiati a correre grossi rischi per conquistare un’occasione di ascesa, tuttavia dopo la rivoluzione questi individui sono fini in prigione. ! Secondo l’autore la rivoluzione culturale di Mao e l’era delle aperture di Deng hanno offerto alle radici d’erba cinesi due occasioni: la prima è stata una ridistribuzione del potere politico, mentre la seconda di quello economico.! Taroccato: ! L’autore parla del fenomeno della contraffazione dilagante in Cina, a partire da una termine cinese, shanzhai, che vuol dire “taroccato”. Originariamente questa parola indicava un villaggio montano con delle fortificazioni di difesa, ma poi è stata usata per indicare zone povere, come le case dei banditi, quindi ha sempre contenuto in sé elementi che sfuggivano al controllo statale. Ultimamente, la parola taroccato in cinese, dall’uscita dei cellulari taroccati, ha fatto in modo che la falsificazione e la contraffazione entrassero nella definizione di “imitazione”. L’autore afferma che nella Cina odierna tutti possono essere taroccati, ad eccezione dei Capi di Stato e leader del partito vigenti o in pensione ma in vita. Un personaggio molto presente nelle pubblicità taroccate cinesi è Mao Zedong, che è stato imitato senza sosta (nei vari paesi, una volta anche da una donna). L’autore passa poi a parlare dei telegiornali, e del fatto che esiste anche di essi una versione taroccata. Egli afferma che il fenomeno della falsificazione è una sfida che la cultura delle radici d’erba contro la cultura elitaria, il popolo contro il governo. Dal 1989, dopo i fatti di Tian’anmen, le riforme politiche si sono stagnate, mentre lo sviluppo economico è aumentato, per cui, dal punto di vista dell’autore, in una società dove il sistema politico non è trasparente, e l’economia è in continuo sviluppo, i problemi sociali sono inevitabili. La contraffazione è la conseguenza necessaria dello sviluppo unidirezionale della società cinese, perché il peggiorare dei problemi sociali ha portato ad una confusione dei valori e della visione del mondo. Il fenomeno della contraffazione è presente perfino in politica. La società cinese di oggi. Grottesca, in quanto bellezza ed oscenità, progresso ed arretratezza, rigore e depravazione coesistono. La contraffazione mette in luce sia l’avanzamento della società che la sua arretratezza, è

un’infiam...


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