Jhumpa In altre parole PDF

Title Jhumpa In altre parole
Author Giulia Quattrocchi
Course Letterature comparate
Institution Università per Stranieri di Siena
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Jhumpa Lahiri (1967, Londra)

Quello usato è un soprannome, infatti vi è una tradizione indiana secondo cui i bambini vengono ribattezzati con i soprannomi affettivi. è una scrittrice statunitense di origini indiane. Lahiri è nata a Londra nel 1967, figlia di immigrati indiani del Bengala Occidentale (india). La sua famiglia si è trasferita negli USA quando aveva due anni; è cresciuta a Kingston (Rhode Island), dove suo padre lavorava come bibliotecario all’Università di Rhode Island. Sua madre ha sempre desiderato che i figli conoscessero le loro origini bengalesi, per cui la famiglia ha fatto frequenti visite ai parenti a Calcutta. " Si è poi laureata in Letteratura inglese, ha conseguito numerosi titoli accademici presso la Boston University: un Master in Letterature Comparate, un Master in Scrittura Creativa. Ha insegnato Scrittura Creativa alla Boston University " Debutta con una raccolta di racconti, Interpreter of Maladies nel 1999, che vince il Premio Pulitzer del 2000. I temi dei racconti sono le vite degli indiani e degli immigrati indiani, le difficoltà all’interno della famiglia, e lo scontro tra gli immigrati di prima e seconda generazione negli USA. La raccolta dei racconti ha ricevuto ottime critiche negli USA, mentre in India ha diviso la critica tra entusiasti e detrattori." Nel 2001 ha sposato un giornalista dell’America Latina ex caporedattore di TIME America Latina. Ha vissuto a Roma dal 2012 al 2015, con suo marito e i loro due figli. Attualmente vive negli Stati Uniti, a Princeton, dove insegna scrittura creativa alla Princeton University. " Lahiri è stata membro del President’s Commettee on the Arts and Humanities, nominata espressamente dall’allora Presidente degli Stati Uniti: Barack Obama " Nel 2003 ha pubblicato The Namesake (L’omonimo), il suo primo romanzo, che ha poi successivamente avuto anche un riadattamento cinematografico. La storia si svolge nell’arco di 30 anni di vita della famiglia Ganguli. I genitori emigrano giovanissimi da Calcutta verso gli USA, dove i loro figli, Gogol e Sonia, crescono vivendo uno scontro culturale e generazionale costante con i propri genitori. " La seconda raccolta di racconti, Unaccustomed Earth (Una nuova terra), è uscita nel 2008. Grazie alla quale si è aggiudicata molteplici premi, fra quello di libro più venduto secondo il The New York Times; e molteplici altri. Il nome di questa opera indica un luogo che non è solo nuovo ma letteralmente “non abitabile”, infatti lei crede (prendendo spunto da uno dei suoi scrittori preferiti, Hawthorne) che la stessa natura umana si rifiuta di fiorire se piantata e ripiantata nello stesso posto che ormai è diventato saturo a causa di troppe generazioni che vi si sono impiantate. " Il primo libro di questa trilogia è “Once in a Lifetime”, che ha richiesto 8 anni per essere scritto perchè è stato uno scavare per trovare la storia. Alla fine di questa stesura si sentiva ancora interessata alla storia dei protagonisti e la trovava incompleta dunque scrisse il secondo volume “Year’s End”, che racconta la medesima storia ma dal punto di vista dell’altro protagonista. A quel punto si rese conto che i due libri precedenti erano un dialogo e che quindi mancava una conclusione quindi decide di scrivere il terzo libro “Going ashore”. " Le storie di Jhumpa Lahiri si svolgono a Boston, Seattle, New York, Calcutta, Roma. Inseguono il destino di chi, arrivato negli Stati Uniti dall’India, si prepara a iniziare una nuova vita. O di chi dagli Stati Uniti torna in India per una breve vacanza e percorre il paese come un turista. O di chi va in vacanza all’estero per sentirsi straniero. Sono persone che riflettono su quel che erano e su quel che diventeranno. " L’autrice è stata inserita dalla rivista Forbes (2011) tra le 10 scrittrici più influenti al mondo per “l’abilità di influenzarci attraverso parole e idee”." Alla carriera di scrittrice in lingua inglese e di parlante in bengalese (la lingua parlata nella sua famiglia d’origine), Lahiri ha voluto affiancare l’esperienza della lettura e della scrittura in italiano. Lingua studiata vivendo direttamente a Roma per 3 anni e quindi ha deciso di esporsi totalmente ad un’altra cultura e quindi di provare a vivere da straniera come avviene per i suoi personaggi. " Ha collaborato con la rivista Internazionale, con racconti e riflessioni scritti direttamente in lingua italiana sulle diverse esperienze linguistiche, sul suo personale rapporto con la lingua italiana, sul senso di appartenenza e estraniamento dati dal parlare e scrivere una lingua straniera. Ha poi raccolto questi suoi contributi sull’apprendimento della lingua italiana nel volume In altre parole. Nel 2014 ha fatto parte della giuria alla 71a Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. " l’Università per Stranieri di Siena le ha attribuito il 21 aprile 2015 la laurea honoris causa in Lingua e cultura italiana. "

Nel 2018 Jhumpa Lahiri pubblica Dove mi trovo (Guanda), scritto dall’autrice in lingua italiana. Il testo è composto da 46 brevi capitoli, un mosaico di scenari che scandiscono la vita di una donna solitaria. Romanzo in cui usa una lingua sobria, nitida, e tuttavia capace di scarti improvvisi. Il titolo evoca la doppia condizione di questa protagonista che vive da un lato un senso di spaesamento ma dall’altro uno stupore continuo associato al dolore del mutamento. " Con questo romanzo, Lahiri si allontana dalle storie di migrazione scritte finora, tra le quali rientra anche il suo primo testo italiano: In altre parole, il diario del nostro colpo di fulmine verso la nostra lingua." I genitori di Jhumpa Lahiri vengono da Calcutta, la capitale dello Stato del Bengala. Nella famiglia d’origine di Jhumpa Lahiri si parlava il bengalese, che lei non sa però scrivere ma ha molto contato nella sua formazione plurilingue." Il bengalese o bengali è uno dei più importanti idiomi indiani, facente parte del grande ramo delle lingue indoeuropee. Sesta lingua al mondo per numero di parlanti. E’ la lingua di una delle letterature maggiormente sviluppate dell’intera regione sud-asiatica, con oltre quattro secoli di storia, che annovera tra i suoi autori anche Rabindranath Tagore (1861-1941), vincitore del Nobel per la letteratura nel 1913. " Il bengalese gode di una tradizione letteraria molto ricca e molto antica: il primo testo scritto in questa lingua risale al VIII secolo. Durante il medioevo, la letteratura in bengalese si occupò principalmente di religione o di traduzioni di opere in altre lingue, e fu solo nel XIX secolo che iniziò a maturare una personalità più indipendente. " Questa lingua prevede, infatti, 12 segni per le vocali e ben 52 per le consonanti, ai quali vanno aggiunti una serie di diacritici che possono essere scritti sotto, davanti, dopo o intorno agli altri simboli. Questo sistema di scrittura, detto sillabario bengalese, è molto simile a quello della lingua hindi." L’India è una immensa nazione plurilingue. Sono state censite almeno 30 diverse lingue e circa 2.000 dialetti. Le due maggiori famiglie linguistiche in India sono le lingue indoeuropee, parlate dal 72% degli indiani; e le lingue dravidiche, parlate dal 25% della popolazione. Nel paese sono inoltre parlate lingue austroasiatiche, tibeto-birmane e lingue isolate o di altre famiglie linguistiche minori. La Costituzione dell'India ha definito hindi e inglese come le due lingue ufficiali per il governo nazionale. La Costituzione dell’India classifica, inoltre, un insieme di 22 lingue registrate, che possono essere ufficialmente adottate dai diversi stati per necessità amministrative, come uno strumento di comunicazione tra il governo nazionale e quello degli stati e per gli esami pubblici condotti per le selezioni degli impiegati del governo centrale. " Secondo i piani, l'inglese avrebbe dovuto cessare di essere lingua ufficiale Tuttavia, dopo proteste di alcuni stati in cui è bassa la penetrazione dello hindi, "il sistema di lingua gemellare" è ancora accettato. A causa del rapido processo di industrializzazione e dell'influenza multinazionale sull'economia indiana, l'inglese continua ad essere un mezzo di comunicazione popolare ed influente nel governo e nel commercio quotidiano. " Lei afferma che ciò che l’ha tanto interessata di Roma è la grande presenza di immigrati del Bangladesh, perchè conoscendo la lingua può facilmente dialogare con loro per provare a capire come vivono, qual’è la loro posizione in Italia. In modo più generale trova molto interessante vedere come la crisi ha avuto effetti sulla società odierna, come gli abitanti manifestano le loro preoccupazioni, delusioni e vedere come siano scoraggiati. Al contrario del popolo statunitense che per quanto faccia i conti anch’esso con la crisi sembra manifestare più speranza perchè molto legati al paese e fiduciosi del poter superare le difficoltà. " Lei nota delle forti similitudini fra Roma e Calcutta, come se entrambe avessero in comune un’energia e un modo di vivere. In entrambe le città gli abitanti sono passionali e orgogliosi della propria città, che effettivamente sono dei luoghi intensi, travolgenti ma anche da una magia indecifrabile. Crede che le città siano come delle cugine. L’affascina come abbiamo in comune il fatto che in esse convivano da un lato i forti rumori urbani ma allo stesso tempo la profonda tranquillità. In entrambe si percepisce un intenso dialogo fra passato e presente." Lei è attratta da Roma già da piccola perché amava molto la mitologia greca e romana, infatti aveva anche un poster in camera di Roma antica. Molti anni dopo inizia a studiare l’italiano e quindi decide di andare a stare a Roma sia per concretizzare ed ampliare le sue conoscenze linguistiche sia per ampliare il suo sguardo verso il mondo. " Lei sente come se non avesse origini, anche perché i genitori non si avvicinarono mai alla cultura americana ma d’altra parte anche quando andavano a Calcutta lo sentivano come un ritorno, mentre per lei è solo un altro viaggio. Lei si sente come in un eterno limbo fra l’essere cittadina e l’essere turista. Questo fa si che lei possa godere i pro e i contro di questa condizione. Se da una parte apprezza lo sguardo ampio che può dare vivere diverse realtà, dall’altro si sente in un

perenne purgatorio a causa della mancanza di appartenenza, la mancanza di radici solide. L’unica cosa che l’aiuta è scrivere perchè parlarne non l’aiuta.Questa condizione fa si che lei preferisca inventare nuove storie che raccontare la sua, così da scappare da una realtà che non sente propria. Lei da una forte importanza all’immaginazione infatti teme che i lettori la stiano perdendo, e si infastidisce quando i lettori cercano di impiantare le sue storie nella realtà perché il suo scopo è proprio quello di scappare da essa. " Diventare scrittrice Afferma che non voleva accettare la sua propensione del diventare scrittrice perchè lo considera un desiderio egoista e arrogante, in quanto pensava che ciò che voleva scrivere non fosse importante. Dunque cominciò a scrivere in segreto. Prese coraggio e consapevolezza grazie al Master, anche se la famiglia avrebbe preferito qualcosa di più concreto, e attraverso il dialogo con gli altri partecipanti del corso. " Ovviamente alla base c’è sempre una forte dedizione e tenacia personale. " In questo momento sta continuando a leggere in italiano per non perderne l’uso pur vivendo in America. Leggere in un’altra lingua è diventata una sfida e allo stesso tempo un rifugio, per scappare dalla realtà. Era stanca dell’uso solo dell’inglese e quindi la sua mente era un terreno fertile per imparare l’italiano e la letteratura. Lei ammette che tutt’oggi la sua comprensione della lingua è molto limitata, elementare ed imperfetta ma questo la sprona ad andare avanti in questa scoperta che lei definisce “come scrivere con l’altra mano”."

In Altre Parole

É un diario autobiografico misto alla finzione, come nel caso del capitolo “lo scambio” e “la penombra” in cui comunque i personaggio incarnano Jhumpa; per questo viene definito ibrido, tipologia scelta dalla scrittrice che anch’esso rappresenta la difficoltà riscontrate dalla scrittrice nell’apprendimento dell’italiano. " Viene usato un linguaggio semplice dalle frasi brevi, proprio perchè L ha difficoltà ad esprimersi altrimenti, decide volontariamente di lasciare alcuni errori come testimonianza della sua goffaggine nell’uso dell’italiano. Si pone esplicitamente molte domande per cercare un’autochiarificazione, infatti lo scrivere le permette di fare chiarezza nei suoi pensieri. " In questa opera riflette il suo sentimento di deterritorializzazione, manca di un luogo che senta proprio e di una lingua." Il bengalese è la lingua dell’infanzia, degli affetti, dell’espressione orale circoscritta allo spazio dimestico." L’inglese è la lingua che padroneggia, che l’ha resa famosa, la lingua della sua vita, con cui scrive e pensa." Ma entrambe sono viste da J come lingue imposte mentre l’italiano nasce da una scelta ponderata, cosciente e per questo la sentirà più sua. " Inoltre essendo la lingua più amata è studiata con dedizione e passione, è vista come un’oggetto prezioso. É la lingua emozionale e dei sentimenti. Non nasconde la sua consapevolezza di non gestire completamente questa lingua perchè fa trasparire le sue fragilità da artista e l’avvicina al lettore. Questo libro racconta di un forte amore verso l’italiano verso cui però non si sente adeguata. " Lo paragona ad un amate distaccato, perchè lei ha bisogno di lui ma lui non di lei; si sente attratta e intimidita allo stesso tempo. " Usa spesso la tecnica della metafora perchè la vede come un modo per portare qualcosa di idilliaco nella quotidianità, quindi lo usa come esempio per trasmettere e far percepire meglio le sue emozioni." La traversata_ compara l’apprendimento dell’italiano ad un lago che pur essendo piccolo lei percepisce come enorme, oltre le sue capacità; si sente piccola ed impotente davanti a così tanto da imparare , alla complessità e alla bellezza. Lei rimane nel bordo come per lo studio dell’italiano i primi tempi, quando era dipendente dal dizionario ma rimane comunque ad una conoscenza marginale e di superficie; definisce ciò come un buon esercizio ma sicuramente non emozionante e coinvolgente. Non se la sente di staccarsi da questo oggetto perchè lo vede come un salvagente che non la fa trovare da sola ed impreparata dove l’acqua è profonda. Nella metafora del lago sulla sponda opposta c’è il marito con il figlio che insieme all’arrivo nell’altra sponda rappresentano il riuscire a padroneggiare la lingua. Mentre si avvia all’altra sponda si rende conto che al centro il lago è profondo e non si vede il fondo, proprio ad identificare come all’inizio per quando ti sembri difficile s’imparano cose semplice che ti danno la prospettiva di poter riuscire

piano piano ad imparare mentre quando si arriva agli step successivi ci si rende conto che in realtà una lingua è infinita (non ha fondo). Per arrivare al padroneggiarla però ci si deve staccare dal bordo di partenza e questo ricorda che nell’apprendimento di una lingua si devono accettare alcune perdite, si deve accettare che si perdono parti di sè." Quando parla del fermarsi vicino alla riva e stare all’inpiedi se si stanca, si riferisce a come a volte debba soffermarsi all’inizio su alcuni aspetti ed andare rilento o anche doversi appoggiare all’uso del dizionario. Alla fine decide di partecipare al corso di scrittura per non soffermarsi più alla riva ma andare verso le parti anche più profonde. Dopo di chè la sponda opposta diventa anche conosciuta, cioè inizia a prendere padronanza della lingua e quindi non ha più paura di fare la traversata e ne gioisce. " Nel frattempo la lingua conosciuta è sempre presente come ancora di salvezza nei caso estremi ma non d’altronde per poter imparare si deve un po’ affogare, cioè la paura dell’affogare e non avere vie di fuga ti da spinta per provare e per sforzarti e quindi alla fine per imparare. Per imparare si deve rischiare." Il dizionario_ é il primo libro che compra prima di andare in Italia per la prima volta nel 1994. Era una studentessa con poco denaro e decide di spenderlo non per una guida ma per il dizionario. Questo oggetto l’aiuterà al punto da diventare sia una mappa che una bussola senza la quale si sentiva persa. Lo identifica come un genitore autorevole perchè da un lato gli da delle regole e dall’altro rassicurandola con esso instaura un rapporto di intimità e di necessità. Lo ritiene un testo sacro. " Successivamente quando uscirà non sempre lo porterà con sè perchè si rende conto che non sempre lo usava in giro e questo le è da monito che le fa comprendere le svolte che sta vivendo nell’apprendimento e quindi inizia a non sentirsi più sua schiava ma allo stesso tempo sente la perdita, come si sente nella crescita quando perdi alcune parti di te per passare a fasi nuove. " Lo identifica come un’oggetto necessario per aprirsi a nuove lingue e quindi a nuove realtà." A quel punto il dizionario diventa più un fratello che un padre perchè perde di autorevolezza, diventa un supporto che non la fa sentire sola e che le da coraggio quando le serve ma non è più una guida di cui non può fare più a meno come lo è un genitore, ormai riesce a muovere i propri passi da sola. " Si può notare come quel libro è paragonato ad un membro della famiglia per l’importanza che riveste per lei." Iil colpo di fulmine_ Capitolo in cui lei parla del momento in cui. È scattato questo colpo di fulmine con la lingua italiana. Nel 94 studia l’architettura del rinascimento e dunque decide di andare a Firenze con la sorella. Quando arriva in Italia si rende conto che oltre a godere della bellezza della città è affascinata dal brusio di sottofondo, dal rumore delle conversazioni infatti paragone quel brusio ad un pubblico che aspetta inquieto l’inizio di uno spettacolo. Percepisce ed inizia ad amare come dietro le parole che la gente scambia si celino dei sentimenti in realtà abbastanza visibili. Non ha una conoscenza tale da saper dialogare ma sente come se già dentro di lei ci sia un legame con questa lingua, non la sente come una lingua straniera e nemica ma familiare e quindi accogliente, come la lingua emozionale. Questa lingua è come una persona che. Ha appena conosciuto con cui sa già che avrà una relazione profonda e senza la quale si sentirebbe insoddisfatta e incompleta. Questo le fa capire che nella sua mente c’è terreno fertile per impararla, come se ci fosse uno spazio fatto apposta per lei. " Paragona il suo rapporto con la lingua come quello che intercorreva fra Dante e Beatrice, quindi un amore inappagato e quindi segnato dalla distanza e dal silenzio. " La cosa che più colpisce è che lei non ha bisogno di impararlo per questioni pratiche (non vive in Italia, non ha amici li) ma è proprio una necessita per sentirsi in pace con se stessa e perchè quando è lontana ne sente forte la mancanza." Pensa che sarà un rapporto passionale ma squilibrato perchè lei ha bisogno di lei ma non è un bisogno corrisposto, infatti lei essendo una scrittrice di II generazione pensa che la letteratura italiana non ha bisogno del suo contributo. " Alla fine del capitolo chiede alla lingua se le da il permesso di farla propria, le chiede un contatto in forma di rispetto e con profonda umiltà (pur essendo già un premio pulizer). " L’esilio_ é un esilio linguistico in cui lei si sente perennemente immersa perchè vive in un paese (USA) in cui non si parla la sua lingua madre (bengalese), che oltretutto lei stessa non sente vicina anche perchè non la conosce così bene al punto che una volta morti i suoi genitori la lingua

morirà con loro per quanto riguarda J. Dunque anche la sua stessa lingua madre è sentita come straniera." Questa forma di alienazione e vuoto riesce a colmarla solo con l’italiano, si sente legata come una figlia ad esso anche se è consapevole che non riuscirà mai a padroneggiarlo del tutto. " Anche verso esso sente questo esilio perchè vive in uno stato di separazione, non vivendo in Italia ma se sente la nostalgia." Ritrova questi sentimenti in Dante che aspetta 9 anni per parlare con Beatrice ed in sua madre che pur di sentirsi vicina alla sua lingua madre scrivere lei stessa, non essendoci libri in lingua a sua disposizione. Decide di compare un libro per apprendere l’italiano ma lo studio autodidattico non le permette di sentire i suoni e di praticarlo con qualcuno, lo paragon...


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