16. Un secolo di guerre (1559-1648) PDF

Title 16. Un secolo di guerre (1559-1648)
Course Storia
Institution Liceo (Italia)
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Da un secolo di guerre nasce la nuova Europa. La sorte dell’Italia (XVI e XVII secolo)...


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16. DA UN SECOLO DI GUERRE (1559-1648) NASCE LA NUOVA EUROPA. LA SORTE DELL’ITALIA Filippo II arbitro delle sorti d’Europa Nel 1556 Filippo II ha ereditato dal padre Carlo V, con la corona di Spagna, i possessi d’Italia e d’America e i Paesi Bassi. Quindi ha una grande forza politica, che pone al servizio della Controriforma contro l’eresia interna ed esterna ai propri domìni. Chiuso del triste palazzo dell’Escorial che s’è fatto costruire a 50 km da Madrid, nuova capitale del regno dopo Valladolid e Toledo, lontano da ogni contatto diretto coi sudditi, attua un rigoroso centralismo, e attraverso vari Consigli, tra cui il Consiglio d’Italia, tiene in mano le fila di una complessa amministrazione. Nel nome dell’unità religiosa e politica della Spagna perseguita le minoranze ebraiche (Marranos) e musulmane (Moriscos), per indurle a lasciare il paese o a convertirsi. Questa dura politica colpisce i ceti più produttivi del paese, dediti ad agricoltura, industrie, commerci, proprio quando comincia la “rivoluzione dei prezzi” dovuta all’afflusso d’argento dalle miniere d’America. A ciò si aggiunge la tendenza di molti Spagnoli, specie castigliani, a lasciare le attività agricole e artigianali per entrare nella burocrazia statale o arruolarsi nell’esercito sperando di far fortuna. Così la Spagna va divenendo una nazione di soldati, funzionari (spesso rapaci e corrotti), preti e monaci. Non bastando produttivamente a se stessa, si rende schiava delle oligarchie finanziarie e mercantili straniere, che le assicurano dall’estero le forniture di prodotti agricoli e artigianali, e così nell’ora della sua massima potenza economico-politicomilitare prepara il suo declino. Le guerre di religione in Francia (1562-98) La morte improvvisa di Enrico II di Valois-Angoulême nel 59, anno del Trattato di CateauCambrésis, lascia la Francia nelle deboli braccia dei suoi figlioletti (Francesco II, nato nel 44, regna dal 59 al 60; Carlo IX dal 60 al 74; Enrico III dal 74 al 89). Per tutto il tempo in cui essi si avvicendano sul trono, il paese è retto dalla vedova di Enrico II, Caterina de’ Medici, sfavorita nel compito dall’essere donna e straniera. Il regno precipita per 36 anni nelle lotte civili, con ben 8 guerre interne di religione. Pur se gran parte dei ceti cittadini resta fedele al Cattolicesimo, il Calvinismo si è diffuso, specie tra nobili e contadini. I calvinisti francesi si chiamano ugonotti (huguenots, forse dal tedesco Eidgnossen, “confederati”), e oltre ai diritti religiosi e alla possibilità di discutere l’autorità politica (monarcomachia calvinista), rivendicano le “libertà feudali” contro l’assolutismo monarchico. La nobiltà francese si divide in due parti opposte: dall’una i Guisa, paladini del Cattolicesimo, dall’altra i Borbone, del Calvinismo. Caterina dei Medici mira solo a conservare il trono ai figli e si destreggia tra le due. Senza entrare nei dettagli della lunga contesa civile, ne citiamo alcuni fatti: nel gennaio 1562 l’Editto di Saint Germain concede parziale libertà di culto agli Ugonotti; nel marzo 62 si ha il massacro cattolico di Vassy a loro danno; l’episodio più tragico delle lotte è il massacro della notte di San Bartolomeo (23-24 agosto 72), in cui 3000 ugonotti, convenuti a Parigi per il matrimonio del loro capo Enrico di Borbone con Margherita di Valois, sorella del re in carica Carlo IX, pochi giorni dopo le nozze sono uccisi per ordine dei Guisa, con l’assenso del re e della regina-madre Caterina. La guerra civile diventa confronto internazionale, perché il papa Pio V e Filippo II di Spagna scendono in campo a sostegno dei Guisa e della Lega cattolica, mentre Elisabetta d’Inghilterra e i principi calvinisti del Palatinato Renano sostengono gli ugonotti. Si ha così la “guerra dei tre Enrichi”: Enrico di Guisa, capo della Lega cattolica, viene ucciso per ordine del re Enrico III, ma poi questi è ucciso da un domenicano vendicatore; quindi, mancando eredi diretti, nell’89 il trono passa a Enrico di Borbone, capo degli ugonotti. La cattolica Parigi chiude le porte in faccia al nuovo re, ma poi lo accetta quando, nel 93, egli decide di abiurare e di abbracciare la

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fede cattolica (“Parigi val bene una messa”). Non per ciò Enrico IV dimentica i suoi ex correligionari, anzi con l’Editto di Nantes (98) accorda loro libertà di culto, tranne in certe città tra cui Parigi, e parità di diritti civili con tutti gli altri Francesi. A titolo di garanzia gli ugonotti ottengono per 8 anni il possesso di oltre 100 fortezze o places de sûreté (“piazze di sicurezza”). L’editto sancisce la coesistenza in uno stesso Stato di più confessioni religiose, ossia il principio della tolleranza, anche per ragioni economiche. In Inghilterra la regina Elisabetta ha già cessato di perseguitare per motivi puramente religiosi, e tollera i sudditi cattolici purché non minaccino l’unità del regno; lo Stato tende a disinteressarsi della fede religiosa dei sudditi e bada a difendere l’ordine e a favorire lo sviluppo. Infatti la fine della guerra civile e la pacificazione religiosa aprono nella storia di Francia un breve periodo “felice”. Rifiorisce l’attività commerciale e industriale. La monarchia si consolida. Nel 76 Jean Bodin teorizza in Sei libri sulla repubblica i princìpi dello Stato di diritto, e dichiara la monarchia il più perfetto dei regimi politici. La rivolta dei Paesi Bassi spagnoli. Nasce la Repubblica delle Sette Province Unite Per Filippo II, sceso in campo sperando di ridurre la Francia sotto il proprio controllo, il lieto epilogo delle lotte di religione ad opera di Enrico IV è uno scacco; ma più grave è la rivolta che scoppia nel dominio spagnolo dei Paesi Bassi. Le regioni settentrionali sono abitate da calvinisti e cattolici di stirpe fiamminga, quelle meridionali da cattolici fiamminghi e valloni. L’imperatore Carlo V ha rispettato le autonomie di questi territori; ma Filippo vi introduce i tribunali d’Inquisizione e non consente libertà religiosa, sopprime ogni autogoverno locale e impone tassazioni esose. La rivolta antispagnola divampa nelle province del Nord (65), ma guadagna anche il Sud cattolico. Filippo affida la “pacificazione” del paese a un nobile spagnolo spietato e intollerante, il Duca d’Alba. Ma i suoi saccheggi, devastazioni e processi non spengono la rivolta, che nel Nord ha i maggiori esponenti tra i ceti nobiliari, dove spicca il principe Guglielmo d’Orange, detto il Taciturno. Al movimento d’opposizione nobiliare aderiscono anche i ceti borghesi e popolari, formando una larga alleanza di forze sociali. Il capo dei ribelli Guglielmo, non potendo tenere testa al Duca d’Alba in battaglia campale, inizia un’audace guerra di corsa e di pirateria contro i mercantili spagnoli, sostenuto dai “pezzenti del mare” ( gueux de mer), come sono detti per spregio i popolani olandesi. Nel 76 il Sud vallone e cattolico e il Nord calvinista e fiammingo si uniscono contro la Spagna: è l’Unione di Gand, presieduta da Guglielmo. Al posto del Duca d’Alba viene allora inviato Alessandro Farnese. Questi riesce a staccare dall’Unione di Gand le province meridionali cattoliche (diciamo l’attuale Belgio), che formano l’ Unione di Arras e riottenendo i privilegi di cui godevano in passato tornano sotto Filippo. Ciò non piega la resistenza delle province del Nord, che continuano a battersi legandosi nel 79 nell’Unione di Utrecht e proclamano nel 81 la Repubblica delle province Unite; nel 85 Elisabetta d’Inghilterra manda un esercito in loro aiuto. La lotta prosegue sino al 1609, quando si stipula una tregua di 12 anni; poi riprende fino al 48, quando il Trattato di Münster (Westfalia) sancisce definitivamente l’indipendenza dell’Olanda, mentre le province del Sud restano spagnole. Gli olandesi hanno dimostrato che più confessioni religiose e gruppi sociali diversi possono aggregarsi attorno a un progetto fondato sull’idea di tolleranza e sul rispetto delle autonomie locali. Dopo la vittoria, le Province Unite conoscono difficoltà e scontri interni, ma i vari gruppi religiosi e sociali sanno sempre trovare un’intesa. Da ciò la felice Olanda del Seicento, che con l’umanista Iustus Lipsius, il giurista Grozio, il filosofo Spinoza e il pittore Rembrandt dà un grande apporto alla civiltà europea. Durante la lotta antispagnola gli Olandesi si lanciano anche a conquistare i mercati asiatici, soprattutto a danno dei Portoghesi: anche perché il Portogallo, estinta la dinastia degli Aviz e

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sedate da Filippo II le lotte per la successione, dal 1580 appartiene alla Spagna (fino al 1640, quando tornerà indipendente sotto i Braganza). Non vogliono conquistare imperi territoriali, ma creare una serie di punti d’appoggio. La formazione di questi scali o empori lungo le coste asiatiche non è assunta dallo Stato ma affidata a compagnie commerciali, che allestiscono a proprie spese flotte mercantili e da guerra. Nel 1602 i mercanti olandesi, imitando quelli inglesi, creano la potente Compagnia delle Indie Occidentali, e a inizio Seicento l’Olanda è la prima potenza commerciale del mondo. Inghilterra: l’età elisabettiana; l’espansione inglese sui mari Dopo Edoardo VI (re dal 1547 al 53) e lunghi anni di persecuzioni anticattoliche, nel 1553 sale al trono Maria Tudor, cattolica fervente, figlia di Caterina d’Aragona (zia di Carlo V) e di Enrico VIII. Il suo breve regno (53-58) è ricordato come l’era della “reazione papista”, per cui in Inghilterra tornano processi e roghi. La rivincita del Cattolicesimo sembra completa nel 54, quando la ragion di stato unisce in matrimonio Maria, detta “la Cattolica” ma dagli avversari “la Sanguinaria”, con Filippo di Spagna, erede di Carlo V. Ma nel 58 la morte di Maria e la successione di Elisabetta al trono segnano il rovesciamento della politica filocattolica e filospagnola. Filippo II e il papa accettano la successione, benché Elisabetta sia figlia illegittima, per non rischiare che salga al trono inglese Maria Stuart, pronipote cattolica di Enrico VIII, regina di Scozia dalla nascita (42) e parente della dinastia francese come moglie del delfino di Francia Francesco (che sarà re dal 59 al 60) con possibile conseguente unione Scozia-Francia-Inghilterra. Nel 59 con un nuovo Atto di Supremazia Elisabetta I conferma l’autorità regia sulla Chiesa, sancisce definitivamente il “compromesso anglicano”; inoltre ripristina il Libro della preghiera comune (anglicano) con la sua liturgia, stabilito da Edoardo VI e abolito da Maria Tudor. Cattolici e protestanti rimangono delusi ma non si ribellano. I protestanti inglesi più radicali, ispirandosi al modello calvinista, rifiutano una Chiesa soggetta allo Stato e obbediente alle gerarchie episcopali. I puritani (nome che tali gruppi si danno verso il 60) pongono al centro della vita collettiva l’elettività delle cariche e auspicano una vita religiosa rigorosamente interiore. Nel 63 Elisabetta pubblica i “39 articoli” della confessione di fede della chiesa anglicana, e promulga lo Statuto degli artigiani, che regola le condizioni normative e salariali dei lavoratori. Intanto nel 60 è nato in Scozia un dualismo di potere tra Chiesa presbiteriana e regina cattolica. Nel 68 la rivolta calvinista obbliga Maria a riparare in Inghilterra dalla cugina Elisabetta. Nel 69 si ha invece una rivolta cattolica nel Nord inglese. Elisabetta teme i “papisti” per il suo trono, quindi tiene prigioniera Maria e opera una repressione anticattolica, per cui nel 70 il papa la scomunica come eretica ordinando agli inglesi di non obbedirle. In campo internazionale Elisabetta sostiene in ogni occasione la Riforma; si schiera contro Filippo II e in favore degli ugonotti francesi e dei ribelli olandesi. Contro Filippo la muovono ragioni religiose e dinastiche (egli è vedovo di Maria Tudor e per le potenze cattoliche legittimo erede del trono inglese) e ragioni economiche. Da decenni, pur senza aperta dichiarazione di ostilità, tra Inghilterra e Spagna si svolge su tutti i mari una contesa segnata da assalti e arrembaggi dei corsari inglesi, quali Francis Drake e Walter Ralegh, ai mercantili spagnoli. Dal 70 la guerra di corsa è apertamente appoggiata dalla regina e diventa un serio pericolo per la Spagna. Filippo II reagisce appoggiando l’opposizione cattolica nell’isola e animando congiure contro Elisabetta. Vittima di tali macchinazioni è Maria Stuart, che diviene il centro di complessi intrighi e dopo lunga prigionia è accusata di cospirazione e messa a morte nel 87. La sua uccisione è una sfida all’Europa cattolica. Anche per questo, oltre che per il fatto che Elisabetta sostiene da tempo i ribelli olandesi e nel 85 ha inviato un esercito ad aiutarli, Filippo

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passa all’attacco, tentando con una grande flotta di 130 navi di invadere l’isola, per rovesciare lei, restaurare il cattolicesimo e battere anche i calvinisti olandesi e gli ugonotti francesi. Nel luglio 88 l’invencible armada entra nella Manica, dopo aver subito danni da tempeste. Nel Canale gli Inglesi prevalgono, avendo cannoni di maggior gittata e navi più piccole e maneggevoli in quei bassi fondali. L’armata fa il periplo dell’Inghilterra verso est; quando poi torna a sud è danneggiata da altre tempeste, per cui si salvano solo 64 navi, malconce, su 130. Il pericolo corso spinge Elisabetta e gl’Inglesi a incrementare l’attività marinara, per difesa e per espansione commerciale. Fin dal 1497 l’italiano Giovanni Caboto ha ripetuto per la corona inglese il viaggio di Colombo, giungendo con rotta settentrionale alle coste del Nord-America. Poi Walter Ralegh ha fondato in America nel 1584 la prima colonia inglese, che ha chiamato Virginia in onore di Elisabetta “regina vergine”. I mercanti inglesi scoprono mercati nuovi e lontani, grandi prospettive di colonizzazione e quindi di prosperità individuale e nazionale. Nell’89 Filippo si fa coinvolgere più di prima nella guerra civile francese; nel 93 fa entrare in Francia truppe a sostegno dei cattolici. Ma nel luglio 93 Enrico IV ottiene il favore di tutti i francesi e in seguito gli spagnoli vengono scacciati. Nel 98 vi è la pace tra Filippo ed Enrico IV (pace di Vervins), e nello stesso anno Filippo muore; nel 1604 vi è quella tra Filippo III e l’Inghilterra, dove Elisabetta è morta nel 03. Dal 09 vige tra Spagna e Olanda una tregua di 12 anni. La politica mediterranea di Filippo II. La “discussa” vittoria sui Turchi a Lepanto (1571) Padroni di un vasto dominio che va dall’Asia all’Europa all’Africa, i Turchi ottomani premono sull’Europa centrale (in Ungheria contro la frontiera asburgica) e nel Mediterraneo orientale, dove dal 70 combattono contro i Veneziani asserragliati nelle fortezze di Cipro. Filippo II non vuole intraprendere Crociate, ma deve contenere, come suo padre Carlo V, la minaccia degli Stati barbareschi d’Africa, continuo pericolo per le coste del Mediterraneo occidentale. Tuttavia la crescente pressione turca induce papa Pio V (1566-72) a promuovere presso Filippo e il Senato veneziano una lega contro il comune nemico. Così si aduna una grande flotta, che il 7 ottobre 71 nelle acque greche di Lepanto sbaraglia la flotta turca. Ciò non ferma l’avanzata ottomana nel Mediterraneo. Nel 73 le ultime fortezze di Cipro cadono in mano turca, e nel 74 diviene turca Tunisi, già sede di uno Stato barbaresco. Le lotte di religione in Europa nord-orientale In Polonia si diffondono Luteranesimo e Calvinismo; ma poi i Gesuiti la riconquistano al Cattolicesimo. La nobiltà polacca, rifiutando di sottostare a un effettivo controllo da parte della corona, avvia la monarchia all’impotenza e il paese alla rovina. Anche in Svezia e Danimarca, passate al Luteranesimo, c’è una ripresa cattolica, che però non recupera il terreno perduto. Solo la Russia ortodossa resta immune dalla tempesta religiosa della Riforma. Qui Ivan IV, detto il Terribile (1533-84) raccoglie l’eredità bizantina facendosi per primo incoronare imperatore col titolo romano di czar (Caesar). Invertendo il corso della storia, Ivan respinge i Mongoli verso est, conquista il regno di Astrakan (56) e così espande la Moscovia fino al Caspio. Pochi decenni dopo, i Russi iniziano la conquista della Siberia. Ivan argina il prepotere dei nobili (i boiari) affidando i compiti amministrativi e giudiziari a funzionari eletti dal basso, e comincia a formare un esercito permanente. La Russia è governata per oltre mille anni da due dinastie: i Ruric, tra cui Ivan IV, originari della Svezia, e i Romanov, al potere dal 1613 al 1917. La guerra dei Trent’anni (1618-48): fine dell’egemonia asburgica in Germania e sconfitta della Controriforma Dopo la pace di Augusta (1555), la Germania ha qualche decennio di relativa tranquillità, mentre Francia e Paesi Bassi precipitano nelle guerre di religione. La politica imperiale di tolleranza e pacificazione svolta da Ferdinando I e Massimiliano II, che succedono a Carlo V, cessa quando nel Palatinato renano, contiguo ai Paesi Bassi spagnoli,

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prende piede il Calvinismo, inviso a cattolici e luterani. Esso si afferma nel Palatinato con l’aiuto del principe Elettore Federico V. Allora nascono in Germania due leghe opposte: l’Unione evangelica, calvinista, capeggiata dall’Elettore palatino, e la Lega cattolica, sostenuta dal duca di Baviera e dagli Asburgo d’Austria. Il conflitto comincia dalla ribellione dei Boemi. Quando l’imperatore Mattia revoca ai protestanti boemi il diritto, già concesso con “lettera di maestà” dall’imperatore Rodolfo II, di professare liberamente la propria religione e costruire le proprie chiese, i Praghesi insorgono e gettano dalla finestra del palazzo-fortezza cittadino due luogotenenti imperiali (“defenestrazione di Praga”, maggio 1618), avviando la rivolta del paese. La guerra muta da lotta di religione in conflitto internazionale, coinvolgendo Danesi, Svedesi e poi Francesi a fianco dei protestanti, e la Spagna a fianco della Lega cattolica e imperiale. La guerra è dominata anche dall’intento degli Asburgo d’Austria di creare nel cuore d’Europa uno Stato cattolico unitario, che ponga fine al particolarismo tedesco: progetto che, comportando l’egemonia asburgica sull’Europa centrale, allarma gli Stati del Nord (Danimarca e Svezia) e più ancora la Francia. Campione di questo programma è fino all’anno della sua morte (37) Ferdinando II d’Asburgo, che deve combattere nella prima fase della guerra ( periodo boemo-palatino, 18-23) contro i Calvinisti dell’Unione evangelica e contro i propri sudditi boemi, e in seguito ( periodo danese, 25-29; periodo svedese, 30-35; periodo francese, 35-48) contro i prìncipi luterani tedeschi e gli Stati stranieri intervenuti nel conflitto. Suo vero antagonista è Luigi XIII di Francia, o meglio l’onnipotente suo ministro, il cardinale di Richelieu, che dal 25 suscita nemici agli Asburgo scatenando contro di loro Cristiano IV di Danimarca (1577-1648) e Gustavo Adolfo di Svezia (1594-1632), e poi trascina in guerra la Francia avviandola alla vittoria finale. Il conflitto è una delle peggiori calamità che l’Europa abbia conosciuto in tanti secoli di storia, pur se la moderna storiografia tedesca nega che la guerra abbia lasciato la Germania in condizioni di totale rovina. La pace è firmata nel gennaio 48, al termine dei congressi diplomatici tenuti tra il 44 e il 47 nelle città westfaliche di Münster e Osnabrück. La pace di Westfalia sancisce il fallimento del disegno asburgico. Vera trionfatrice della guerra è la Francia, anche per l’acquisto di alcune terre (Metz, Toul e Verdun; parte dell’Alsazia) ma soprattutto perché i deliberati di Westfalia riducono la Germania all’impotenza politica e militare. L’Impero resta in vita nominalmente, ma diviene un mosaico di oltre 300 regni, principati, ducati, margraviati, elettorati, città, ognuno con diritti sovrani. La pace procura alla Svezia alcune terre tedesche e la supremazia sul Baltico, mentre la Repubblica delle Sette Province Unite vede riconosciuta ufficialmente, assieme alla Confederazione svizzera, la propria indipendenza. La pace di Westfalia chiude il periodo delle guerre di religione in Germania, riconoscendo l’esistenza di 3 confessioni religiose, cattolica, luterana, calvinista, e il diritto almeno teorico dei sudditi di professare una religione diversa da quella dei loro prìncipi. Vana è l’opposizione di papa Innocenzo X, che proclama nullo il trattato: gli stessi Stati cattolici non assecondano la sua protesta; il cammino della toll...


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