3.3 La Scuola di Chicago PDF

Title 3.3 La Scuola di Chicago
Author Chiara Rosati
Course Sociologia dei processi culturali
Institution Sapienza - Università di Roma
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Summary

argomento della prima parte del corso di Sociologia dei Processi Culturali del professor Parziale, corso di Comunicazione pubblica e d'Impresa, Università la Sapienza...


Description

3.3 La Scuola di Chicago La Scuola di Chicago è la prima scuola sociologica americana che nasce a Chicago alla fine dell’Ottocento. Inizialmente, tra i primi fondatori della Scuola di Chicago non troviamo dei veri e propri sociologi ma degli psicologi sociali, quindi psicologi che decidono di studiare la psicologia dal punto di vista delle relazioni sociali. Tra questi psicologi troviamo Herbert Blumer e Herbert Mead. La Scuola di Chicago nasce proprio alla fine dell’Ottocento in quanto è in questo periodo che gli Stati Uniti si preparano a diventare una delle principali potenze mondiali dal punto di vista politico ma, soprattutto, dal punto di vista economico. Infatti, è in questo periodo che in America si sviluppa, ad una velocità sorprendente, il fenomeno dell’industrializzazione e, di conseguenza, si diffonde il capitalismo che porterà alla nascita delle grandi città metropolitane. In particolare, le zone in cui questo cambiamento è più sentito sono quelle del nord-est che comprendono la città di Chicago che, dal 1837 al 1890 si ritrova a passare dall’essere un paesino di 5000 abitanti ad essere una metropoli da 1 milione di abitanti. Questo fenomeno ha portato ad un tale sconvolgimento nella vita della città che ha portato, appunto, gli studiosi americani a domandarsi sulle sue le cause e sui suoi effet e, quindi, a fondare la Scuola sociologica di Chicago che sarà rappresentata da sociologi come: Robert Park, Ernest Burgess e William Thomas.

Le caratteristiche della Scuola di Chicago Volendo individuare le principali caratteristiche dell’approccio sociologico della Scuola di Chicago possiamo dire che: 

adottano l’approccio del modello interazionalista secondo cui la cultura nasce dalla cooperazione tra individui che entrano in relazione;



decidono di procedere con i loro studio applicando il metodo antropologico che non si limita ad osservare i dati statistici ma che si addentra nella società per entrare in contatto con la cultura e con gli stili di vita. Tuttavia, i sociologi di questa scuola, a differenza degli antropologi, non utilizzano il metodo antropologico per studiare le società primitive ma lo applicano alla società complesse e, più nello specifico, alla società delle metropoli.

Il pensiero della Scuola di Chicago in linea generale Il concetto di cultura Gli studiosi della Scuola di Chicago, analizzando la vita nelle metropoli, arrivano ad affermare che la città è diversa dalla campagna non solo perché c’è un’infrastruttura materiale diversa (industrie, più locali, più negozi…) ma perché sono caratterizzate da veri e propri stili di vita differenti. È a partire da questo tipo di confronto che gli studiosi americani arrivano ad elaborare un concetto di cultura che si stacca dal paradigma sociale e psicologico che dominava la scena del tempo: il comportamentismo. In particolare, a differenza del comportamentismo, che afferma che le scienze si devono limitare ad osservare i comportamenti oggetvi delle persone senza entrare nella loro mente, gli studiosi della Scuola di Chicago affermano che la logica stimolo-risposta, alla base del comportamentismo, secondo cui tutti gli uomini di fronte ad un determinato stimolo danno tutti la stessa risposta, non è efficace e non rispecchia la realtà. Infatti, la Scuola di Chicago afferma che ogni uomo, di fronte ad uno stimolo, può dare una risposta differente in base alla cultura che lo caratterizza, quindi, che il rapporto dell’uomo con il mondo non è immediato (logica stimolo-risposta) ma è mediato simbolicamente dalla cultura. Inoltre, analizzando la cultura, questi studiosi arrivano alla conclusione che la cultura è un processo, non è fissa, non rimane la stessa in base al territorio in cui si trova ma è un processo che nasce dall’interazione tra le persone che cambia, indipendentemente dal luogo in cui si sviluppa.

In più, si arriva anche a definire il fatto che, la cultura, dipendendo dalle persone e dalla loro interazione, non è necessariamente una sola per ogni società ma, anzi, la cultura di una società si può dividere in tante subculture. In particolare, applicando questo ragionamento al caso delle grandi città, gli esponenti della Scuola arrivano ad affermare che, all’interno della società della città esistono tante subculture che cambiano in base alla zona, quindi, al quartiere, in base alla classe sociale che abita il quartiere e, anche, in base alle diverse etnie. Inoltre, la scuola di Chicago si ripropone di studiare le subculture secondo i due diversi significati del prefisso “sub”: 

sia nel senso di culture inferiori, in quanto sono delle subculture rispetto alla cultura dominante, alla cultura più diffusa che appartiene alla classe sociale più influente nella società, quindi un’analisi che, in questo caso, si sofferma principalmente sui rapporti di potere tra le diverse classi e, quindi, tra le diverse subculture;



sia nel senso di culture semplicemente differenti, senza prendere in considerazione il loro essere inferiori, quindi, si tratta, in questo caso, di un’analisi che si limita a studiare la differenziazione culturale.

Sintetizzando, possiamo affermare che la Scuola di Chicago intende analizzare le subculture sia dal punto di vista della differenziazione culturale, sia dal punto di vista dei rapporti di potere.

Il teorema di Thomas del 1928 Infine, a proposito dell’importanza della cultura possiamo citare il teorema elaborato da Thomas nel 1928 secondo il quale la cultura è fondamentale in quanto ha delle conseguenze pratiche. In altre parole, Thomas afferma che l’importanza della cultura sta nel fatto che gli uomini agiscono sempre in base ad essa e in base alla visione del mondo che essa propone, indipendentemente che le credenze culturali a partire dalle quali l’uomo agisce siano vere o false.

L’importanza dei processi migratori La Scuola di Chicago, inoltre, dà molta importanza anche ai processi migratori che, infatti, erano molto frequenti in quel periodo a causa dell’industrializzazione. In più, i flussi migratori hanno portato a profondi cambiamenti a livello sociale e, di conseguenza, anche a livello culturale. In particolare, i migranti sono arrivati in America in diverse fasi: 

prima di tutto sono arrivate persone di origine tedesca che non hanno destabilizzato molto la cultura in quanto anche loro, come gli americani appartengono ai WASP (White AngloSaxon Protestant);



poi sono arrivate le persone non protestanti, quindi di religione cattolica come gli irlandesi, gli italiani e gli spagnoli.

Quindi, cambiando la conformazione umana, si verificano molti cambiamenti anche nei quartieri che portano alla nascita di subculture ancora più differenziate rispetto a quelle precedenti in quanto vedono un mischiarsi di culture ancora più diverse.

Il contadino polacco in Europa e in America: la centralità delle associazioni culturali A proposito dei processi migratori, possiamo citare l’opera che William Thomas scrive insieme a Florian Znaniecki intitolata Il contadino polacco in Europa e in America in cui i due analizzano la vita dei migranti polacchi a Chicago utilizzando il metodo antropologico. In particolare, in quest’opera Thomas arriva a comprendere che il disorientamento degli immigrati polacchi non esiste soltanto a causa di questioni culturali ma anche per un problema legato all’identità personale che è prodotta ed influenzata dalla cultura in cui vive l’individuo. A proposito di ciò, Thomas sottolinea l’importanza delle associazioni culturali, ovvero, di quelle comunità etniche che si stabiliscono nelle città in quanto fungono da ponte tra tradizioni culturali differenti e le fanno comunicare acquistando, così, per l’immigrato un duplice senso:



da una parte gli permettono di non sentirsi solo in una cultura che è diversa dalla sua;



dall’altra lo mettono comunque in condizione di entrare in contatto con questa nuova cultura e di integrarsi.

La teoria dell’uomo marginale di Park Sulla stessa linea di Thomas troviamo Park che, studiando le difficoltà dei migranti, elabora la teoria dell’uomo marginale secondo cui il migrante è un uomo marginale in quanto è posto ai margini della società ed è costretto a vivere in condizioni svantaggiate dal punto di vista economico, politico e culturale. Inoltre Park afferma che la marginalità vissuta dal migrante è duplice in quanto: 

da un lato vive una perdita di status, infatti, andando in un nuovo paese, nessuno lo riconosce per il ruolo sociale che possedeva nel suo paese (es. non è più riconosciuto come un bravo falegname);



dall’altro vive un disorientamento dovuto al fatto che la sua cultura non è più utile ad interpretare la realtà in quanto la realtà che si ritrova a vivere è declinata secondo le regole di un’altra cultura che egli non conosce e non sa interpretare.

In altre parole, il migrante si ritrova a non avere più né il riconoscimento degli altri né riesce riconoscere sé stesso perché non sa più come orientarsi in questa nuova realtà. Quindi comprendiamo che la cultura non è importante soltanto in quanto definisce il modo in cui l’uomo interpreta gli altri ma anche il modo in cui l’uomo interpreta sé stesso (come afferma anche Thomas).

La mente come prodotto sociale secondo Mead: l’io e il me A questo proposito, troviamo Mead che afferma che la mente è un prodotto sociale, anche la mente dell’individuo deriva dalla cultura e, in particolare, dall’interazione con gli altri. In particolare, Mead afferma che la mente è composta da due componenti:  

il me che corrisponde ai ruoli che la società attribuisce all’individuo e l’io che corrisponde alla capacità dell’uomo di selezionare, di decidere se accettare o meno i ruoli, le caratteristiche che la società gli propone....


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