LA Buona Scuola di Italo Fiorin PDF

Title LA Buona Scuola di Italo Fiorin
Author Federica Fedee
Course Didattica della lingua italiana
Institution Università degli Studi dell'Aquila
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Description

LA BUONA SCUOLA di Italo Fiorin INTRODUZIONE Le principali missioni fondative della scuola sono le stesse del passato: -consegna: ha a che fare con il passato, riguarda il patrimonio culturale consegnato alle giovani generazioni per garantire una continuità culturale -innovazione: ha a che fare con il futuro, consiste nell’introdurre i giovani nella vita adulta fornendo loro conoscenze, abilità, competenze ritenute indispensabili all’interno di un contesto sociale ed economico. -accompagnamento: ha a che fare con il presente, si riferisce al percorso di formazione personale che uno studente compie mentre frequenta la scuola e al suo processo di costruzione della personalità. Se i compiti nn sono nuovi, nuovo è il contesto entro il quale si colloca l’azione della scuola. Una buona scuola dovrà essere capace di interpretare le sue tradizionali e basilari missioni misurandosi con le nuove sfide che l’attuale contesto fa emergere. È a questo livello che si pone la questione dei criteri in base ai quali possiamo valutare la bontà della scuola. Oggi sono disponibili 2 grandi modelli capaci di rispondere alle sfide del cambiamento: quello funzionalista e quello antropocentrico. La prima intende la scuola al servizio del progresso economico e dunque, è il mercato a dettare gli indirizzi che il curricolo scolastico deve adottare (le competenze da sviluppare riguardano i saperi funzionali alla domanda del mercato). La seconda costruisce il curricolo a partire dalle esigenze profonde di sviluppo della persona e le competenze da sviluppare riguardano le dimensioni costitutive della persona; si rifiuta quindi di lasciarsi definire in termini di utilità poiché i saperi funzionali sono impo ma lo sono anche quelli sociali, etici … C’è una forte pressione verso l’orientamento funzionalista poiché viviamo in una società nei quali si riconosce una enorme importanza alla razionalità (intesa come efficacia/efficienza delle azioni) e alla produttività: indicatori di qualità. La metafora di questi valori, alla quale la scuola è invitata a guardare, è l’impresa. Ma si può applicare alla scuola lo stesso concetto di produttività proprio dell’impresa? È condivisibile una valutazione basata esclusivamente sui risultati? Esiste un'altra metafora capace di integrare efficienza, efficacia, produttività con altre in prospettiva pedagogica: significatività, cooperazione, cittadinanza. È la metafora della scuola intesa come comunità. Nelle comunità creiamo le nostre vite sociali insieme con gli altri; nelle organizzazioni le relazioni sono costruite dagli altri e si collocano in un sistema di gerarchie. È proprio al’interno della comunità che la persona è accolta, riconosciuta, sostenuta nel suo processo di crescita a diventare responsabile e autonoma; è dentro la scuola che troviamo questo pieno significato. La “buona scuola” è una scuola che sa offrire agli studenti una prospettiva nn solo in termini di preparazione alle professioni, ma di sviluppo della propria personale identità e che si misura con le nuove sfide in una ricerca continua di miglioramento pedagogico.

CAPITOLO PRIMO: (vedi art 3 della Cost DIRITTO ALLO STUDIO) IL PROCESSO DI RIFORMA DELLA SCUOLA In ambito internazionale si vanno delineando nuovi orientamenti in tema di formazione. Ci si riferisce alle linee emergenti dai documenti dell’UNESCO e da quelli dell’UE. Riguardo l’UNESCO, ricordiamo impo contributi: Rapporto Faure (1972), Rapporto Delors (1996), Rapporto Mayor (1999). Il primo individua i 4 pilastri dell’educazione che fondano i compiti della scuola: -imparare a conoscere, riguardo l’apprendimento delle modalità per apprendere sempre cose nuove -imparare a fare, indica lo sviluppo della competenza necessaria per affrontare situazioni nuove e lavorare con gli altri -imparare a vivere insieme, imparare a realizzare progetti comuni al fine di un interdipendenza positiva -imparare ad essere, la scuola viene intesa come ambiente significativo per la vita, nn luogo di mera preparazione al futuro sbocco professionale. Nn è propriamente un rapporto, ma piuttosto un dossier nel quale il paradigma è dato dall’educazione per tutti e per tutta la vita. Il rapporto Delors enuncia tre temi con i quali la scuola deve misurarsi: la globalizzazione(richiama la dimensione culturale in cui siamo immersi, problematica ma anche ricca di opportunità), la socialità(indica una scelta di cooperazione solidale e del vivere armonicamente insieme, a cui si oppone la spinta verso l’individualismo), lo sviluppo dei talenti (riguarda la nuova condizione umana di rivedere le proprie convinzioni, esprimere nuove idee,sviluppare nuove possibilità, ripensare ai propri stili di vita). Per Delors occorre sviluppare i talenti dell’uomo per cambiare il mondo, per Mayor la questione è come deve essere cambiato il mondo per essere all’altezza di uno sviluppo a misura di talenti. In ambito europeo, a partire dagli anni 90, si sn andati delineando orientamenti sempre più convergenti in materia di istruzione e formazione, presenti nel libro Verde del 1993 e nel libro Bianco sempre dello stesso anno: c’è la consapevolezza della sfida che la globalizzazione pone ai problemi scolastici. Si sottolineano due grandi problemi: -il primo riguarda il futuro, cioè il tipo di insegnamento da impartire ai giovani perché possano entrare nella vita adulta padroneggiando le competenze richieste. Il rapporto con il futuro è reso difficile dalla velocità e complessità dei cambiamenti in atto. -il secondo riguarda il passato, si riferisce al rapporto che va intrattenuto con il passato, con la tradizione culturale di appartenenza, con le proprie radici. Il rapporto con il passato è problematico, che cosa va conservato della cultura? Dal dibattito UE emerge che nn è sufficiente insegnare (cioè preoccuparsi essenzialmente dei contenuti da trasmettere) deve essere quindi abbandonato un approccio didattico trasmissivo e contenutistico, ma si rende necessario insegnare strategie per poter far fronte ai problemi sempre

nuovi che continuamente si pongono e dunque sviluppare competenze e mettere gli studenti in grado di “saper fare”→ruolo strategico della formazione che abbracci l’intero arco della vita. Per molti aspetti, i rapporti UE e UNESCO, fanno emergere due visioni della scuola tra loro molti distanti. Nei documenti europei prevale una concezione funzionalista, secondo la quale è la sfera economica che definisce il compito della scuola. C’è la logica economicistica degli interventi e dell’apprendimento come impresa individuale. Al contrario, i rapporti dell’UNESCO esprimono una visione antropocentrica: forte concezione del valore della persona (costruzione della personalità) nella dimensione personale e sociale. C’è la logica pedagogica nell’esperienza scolastica. Il DPR del 99 art.3: Ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di tutte le sue componenti, il piano dell’offerta formativa. Il piano è il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia. Il POF ha come sua componente essenziale il curricolo, è il cuore didattico nel quale i docenti manifestano i loro orientamenti metodologici, esplicitano gli obiettivi, delineano i percorsi didattici, le iniziative di verifica e valutazione. Il fatto che ogni scuola diventi soggetto autonomo di progettualità curricolare introduce un fattore di forte diversificazione. Come garantire l’unitarietà del sistema nazionale di istruzione? La soluzione che la legge adotta consiste nel riservare una serie di compiti molto importanti: il centro ministeriale attraverso le indicazioni o indirizzi, fornisce la “mission” che orienta le scuole di un certo ciclo scolastico (indica gli obiettivi generali del processo formativo, nei principi della costituzione), definisce una serie di vincoli (dagli obiettivi specifici alle condizioni organizzative) e assegna le risorse umane e finanziare; la comunità scolastica assume la mission e, eventualmente, la integra sottolineando ulteriori valori ritenuti caratterizzanti. La struttura essenziale del POF può essere cosi rappresentata: -mission (identificazione dei valori guida) -curricolo didattico (comprendente tanto il piano degli interventi didattici quanto quello delle scelte organizzative: orari, laboratori..) -organizzazione(riguarda gli aspetti macro-organizzativi: tempo scolastico, progetti comuni…) -sistema di monitoraggio, verifica e valutazione (il POF deve essere inteso come un continuo processo di costruzione, di interpretazione di esigenze, di sviluppo, di aggiornamento continuo). Tutti i soggetti della comunità educativa concorrono alla definizione del POF, sia pure con competenze e modalità diverse. Deve saper cogliere e interpretare nn soltanto i bisogni presenti nella realtà locale, ma deve inserirsi criticamente nei problemi e nelle dinamiche di cambiamento presenti nella società. Deve essere un documento costruito attraverso l’ascolto degli studenti e attraverso un dialogo autentico, perché solo così è possibile una costruzione progettuale in chiave pedagogica.

CAPITOLO SECONDO: IL CURRICOLO NELLA SCUOLA DELL’AUTONOMIA ↓ decentramento dei poteri centrali e conseguente attribuzione di responsabilità alle comunità scolastiche (passo compiuto a metà degli anni 90). Il significato etimologico di curricolo ci propone l’idea di percorso, includendo la meta, ma anche l’insieme delle operazioni che servono per raggiungerla. Secondo Stenhouse lo scopo del curricolo è di rendere comunicabili i principi essenziali di una proposta educativa,in modo da renderla disponibile ad analisi critica e di ridefinizione continua(caratteristica sociale del curricolo). Per Scurati il curricolo poggia su 4 cardini fondamentali: -la realtà -la razionalità:efficacia nel raggiungere gli obiettivi attraverso la predisposizione di risorse e l’impiego delle modalità operative -la socialità: il curricolo è un prodotto sociale, vale a dire che è frutto di una rete di relazioni che lega la scuola ad altri soggetti istituzionali -la trasparenza: è la condizione di una continua possibilità di ridefinizione e di miglioramento. Le principali componenti del curricolo sono: 1)LE TEORIE: il curricolo esprime una visione pedagogica supportata da un impianto fondato scientificamente. Le teorie del curricolo si sviluppano tra la fine degli anni 50 e gli inizi degli anni 60 e si snodano lungo tre principali sentieri: quello del miglioramento degli insegnamenti disciplinari(rinnovamento dei programmi e dei metodi di insegnamento); quello della razionalizzazione dell’azione didattica(maggior razionalità nel modo di programmare, di organizzare, di valutare gli apprendimenti ma soprattutto importanza ad una definizione chiara e dettagliata degli obiettivi); quello della partecipazione sociale (si riferisce al rapporto della scuola con il territorio di appartenenza. È fondamentale avvicinare il curricolo ai bisogni concreti presenti nella comunità scolastica. TEORIE (diversi punti di vista), da cui discendono →i percorsi da realizzare, CURRICOLO nella pratica didattica. 2)I MODELLI DIDATTICI: ogni visione teorica, per poter influire sull’azione educativa, ha bisogno di disporre di modelli didattici coerenti con i valori proposti. Di quale curricolo abbiamo bisogno?la scelta del modelli risponde ad una preliminare opzione: decidere a che cosa serve la scuola oggi, come deve essere interpretato il suo compito →ecco perché l’elemento valoriale è quello fondativo. All’interno dei diversi modelli curricolari si possono collocare le diverse visioni: a)Razionale-funzionalista, orientata a raggiungere gli obiettivi in termini di efficienza ed efficacia(razionalità dei processi). Tyler e Bloom b)Sociale-partecipativa, sensibile al valore della partecipazione, della cittadinanza attiva. Dewey, Freire, Don Milani, UNESCO.

c)scientifico-tecnologica, grande responsabilità dell’istruzione nella promozione delle conoscenze scientifiche per abilitare i giovani a fronteggiare le sfide del cambiamento. OCDE-PISA d) psico-socio-culturale, attenta alle modalità di apprendimento e sensibile all’interazione tra persona, gruppo,cultura di appartenenza. Vygotskij, Bruner, Gardner. La sfida attuale è quella di procedere secondo un principio di integrazione delle varie teorie curricolari. 3)I PERCORSI: i modelli didattici orientano la progettazione dei percorsi di apprendimento, garantendone la coerenza con le finalità che fondano il curricolo. La realizzazione dei percorsi didattici costituiscono il momento della verifica delle idee guida. Siamo sul terreno delle esperienze che si realizzano in classe, quando il sapere diventa pratica, ma la stessa pratica diventa fonte di nuovo sapere.

Con la legge sull’autonomia del 1997 i programmi nazionali cessano la loro funzione e viene riconosciuta l’autonomia progettuale (oltre che didattica, organizzativa e di ricerca) delle scuole. Il Regolamento allegato al DPR n.275/99 oltre ad introdurre il POF ed il curricolo e specificare le competenze delle scuole autonome, chiarisce le prerogative del centro: spetta al centro fornire degli ordinamenti e delle regole istituzionali. Tali richieste vengono proposte dal nuovo strumento denominato “indirizzi” o “indicazioni”. Il compito della scuola è quello di elaborare il proprio curricolo didattico integrando nelle proprie scelte le richieste che il centro esprime attraverso le proprie indicazioni. Le indicazioni nn sono i programmi nazionali, nn si presentano come documento fortemente strutturato e destinato a durare in un ampio arco di tempo. Al contrario, tale documento è sottoposto a revisioni molto più ravvicinate rispetto al passato soprattutto alla luce degli inevitabili cambiamenti. Caratteristiche distintive delle indicazioni: a)Essenzialità: è impo che siano essenziali e rispettose dello spazio di autonomia progettuale della scuola b)Unitarietà e continuità: i diversi ordini di scuola hanno una propria specificità hanno una loro specificità, ma nn sn spezzoni separati e indipendenti. È impo favorire un impianto formativo molto più unitario, una progettazione di percorsi didattici all’insegna della continuità. c)Centralità delle persona: la persona è intesa nella sua singolarità ma anche nella sua dimensione sociale. A fondamento del curricolo individuiamo tre grandi riferimenti pedagogici: la centralità della persona (attenzione allo sviluppo delle sue dimensioni), l’idea di cittadinanza (vista nn solo come elemento di convivenza civile, ma come impegno per la costruzione di un mondo migliore), l’idea di comunità educante (vista come il contesto educativo che meglio consente di accogliere la persona, di valorizzarla appieno…) d)Competenza: finalizzazione della didattica alla promozione delle competenze. La competenza nn è mai del tutto raggiunta, ma l’apprendimento consente di pervenire a livelli sempre più elevati. Sotto questo profilo, lo sviluppo della competenza viene a coincidere con lo sviluppo delle dimensioni della persona che nn può mai esaurirsi ma deve continuare lungo tutto l’arco della vita.

d)Idea di insegnamento-apprendimento: le indicazioni nn privilegiano specifici metodi di insegnamento o modelli didattici particolari. Il loro carattere prescrittivo riguarda i criteri che il buon insegnamento è tenuto a rispettare. Mentre piena è la libertà metodologica, vincolante è valorizzare l’esperienza degli alunni, prestare attenzione alle diversità, favorire la consapevolezza delle proprie modalità di apprendere … f)Ricerca: le indicazioni vanno concepite come strumento di dialogo con la realtà della scuola e per questo anche soggette ad essere riformulate con una certa flessibilità in relazione ai cambiamenti: il curricolo sollecita una ricerca continua di miglioramento.

CAPITOLO TERZO: LA SCUOLA DELL’APPRENDIMENTO L’espressione “scuola dell’apprendimento” viene impiegata per mettere in risalto la centralità dell’alunno nella relazione didattica e l’importanza del ricorso a modalità di insegnamento che ne promuovano il protagonismo. L’ALUNNO PROTAGONISTA Oggi parliamo di alunno attivo che intende l’attività nn come azione motoria, ma mentale, per cui si considera attivo l’alunno cognitivamente attivo. Essere cognitivamente attivi è possibile quando si possiede un pensiero strategico, cioè un pensiero esperto, proprio di chi sa misurarsi con situazioni complesse, esplorare alternative e mettere alla prova diverse ipotesi. Diventa fondamentale insegnare a pensare, piuttosto che insegnare nozioni. Mentre Piaget ha messo in luce l’importanza dell’ambiente fisico, che consente una continua interazione sensoriale attraverso la quale il bambino inizia a costruire le sue prime conoscenze, Vygotskij ha dimostrato l’importanza dell’ambiente sociale, condizione indispensabile per quella che è chiamata la co-costruzione dei significati. Rispetto alla prima posizione, la visione sociocostruttivista di V. è quella più largamente diffusa ed in grado di fornire suggerimenti molto impo in campo educativo: il bambino sviluppa le competenze (del pensiero, del linguaggio…) in un ambiente culturalmente segnato, altamente simbolico e nell’interazione continua con gli altri. Da queste convinzioni derivano le strategie co-costruttive, fondate sull’apprendimento di tipo collaborativo. Queste strategie comportano una revisione profonda della didattica e contribuiscono a decentralizzare il ruolo dell’insegnante, il quale comporta un maggior impegno nell’ascoltare gli studenti, investendoli di nuove responsabilità. La didattica direttiva cede il posto ad una didattica indiretta.

DAL CURRICOLO ALL’AULA: la progettazione delle azioni didattiche si muove in coerenza con i principi del POF, ma si misura anche con la concreta realtà della classe. Si pone il problema della traduzione delle linee guida generali nella concretezza della situazione operativa, cioè delineare in termini concreti gli obiettivi, i contenuti, le modalità metodologiche ed organizzative ritenute più efficaci. Si tratta di passare dalla programmazione curricolare alla progettazione di singole unità di lavoro. Questo passaggio può essere compiuto seguendo due modalità: l’agire deduttivo e l’agire euristico. L’agire deduttivo è molto lineare e sistematico. Consiste in una analisi logica dei contenuti da trasmettere e nell’impostare le unità di insegnamento in modo da affrontare in progressione i singoli argomenti. L’agire euristico si muove in dialogo con la situazione della classe pur senza perdere di vista gli obiettivi dell’azione didattica; nn è solo l’insegnante a dare e l’alunno a ricevere, ma c’è una continua interazione, un ascolto reciproco, una condivisione … una didattica come comunicazione e nn come trasmissione. Quando la relazione è solo trasmissione, il trasmettere è uno spedire ignorando chi lo riceverà. Al contrario, il comunicare presuppone di tenere ben presente l’altro come parte essenziale della relazione. L’impo è che l’alunno apprenda modificando la propria struttura cognitiva sia che tale modificazione venga provocata attraverso il ricorso ad un metodo euristico, sia che venga provocata con uno espositivo, ovvero sia che parli di apprendimento per scoperta sia che si parli di apprendimento per ricezione. Nell’apprendimento per scoperta l’allievo arriva alle nuove info indipendentemente dal docente, in quello per ricezione le info sono fornite direttamente dal docente. INSEGNARE IL MENO POSSIBILE, FAR SCOPRIRE IL PIU’ POSSIBILE: il compito dell’insegnante consiste nella facilitazione dei processi di personale conquista dei significati da parte degli alunni, piuttosto che memorizzare e ripetere info. Nn è di facile attuazione ma è possibile individuare dei criteri che possono guidare l’azione del docente. Il principale criterio è: insegnare il meno possibile, far scoprire il più possibile. Tale principio richiede di abbandonare due opposte posizioni, quella trasmissiva(quella più diffusa e poggia sulla centralità del programma i cui contenuti vanno strasmessi con sistematicità) e quella sostitutiva(l’insegnante è talmente preoccupato di facilitare i compiti di apprendimento, al punto di giungere a sostituirsi allo sforzo dell’alunno. Agendo in questo modo si finisce per privare l’alunno della prezi...


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