4. sviluppo cognitivo PDF

Title 4. sviluppo cognitivo
Author Marchese Miriana
Course Psicologia Dello Sviluppo E Dell'Educazione
Institution Università degli Studi di Enna Kore
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Riassunto manuale psicologia sviluppo...


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Teoria di Jerome Bruner. Bruner fu influenzato dalla teoria storico-culturale di Vygotskij nonché dalla scienza cognitiva, sostenendo l’importanza dello studio relativo all’effettivo svolgersi degli atti mentali. Bruner sosteneva che fondamentale per la comprensione dell’organizzazione del comportamento era l’analisi di scopi e intenzioni che lo governano nonché delle funzioni che assolve. Lo studioso si è di fatti occupato sia di abilità molto semplici, che di capacità avanzate. Per Bruner l’acquisizione di un pensiero maturo per i bambini attraversi 3 differenti forme di rappresentazione: 1) RAPPRESENTAZIONE ESECUTIVA fondata sull’azione. Caratterizza il primo anno di vita in cui la realtà viene codificata attraverso l’azione. Questo tipo di rappresentazione continua a funzionare anche dopo il primo anno di vita per tutte quelle attività che si imparano facendo e che non si rappresentano attraverso il linguaggio. 2) RAPPRESENTAZIONE ICONICA codifica la realtà attraverso le immagini. Le immagini possono essere tattili, visive, uditive, olfattive e consentono di evocare mentalmente una realtà assente ma non di descriverla verbalmente. Questo sistema viene frequentemente utilizzato fino ai 6-7 anni. 3) RAPPRESENTAZIONE SIMBOLICA codifica la realtà tramite il linguaggio ed altri sistemi simbolici. Ciò consente un sistema di codifica più potente e flessibile poiché il linguaggio risulta essere arbitrario e consente dunque di ragionare in termini astratti. È possibile indurre il bambino ad adottare una rappresentazione simbolica piuttosto che iconica? Bruner effettuò un esperimento in cui attuò prove di conservazione della quantità rispetto al quale il travaso del liquido avviene dietro ad uno schermo che lascia vedere solo l’orlo del bicchiere e non il livello raggiunto dal liquido, impedendo al bambino di formulare un giudizio che sia basato sull’apparenza percettiva. Le risposte date riguardavano una conservazione del liquido. Gli errori di giudizio commessi dai bambini tra i 4-7 anni dimostravano infatti che vi sono difficoltà ad abbandonare la rappresentazione iconica in favore di quella simbolica. Grazie alla rappresentazione simbolica il bambino/ adolescente riescono ad andare oltre l’informazione data, formulando aspettative, inferenze, ipotesi, concetti conoscenze che poi manipolano e trasformano la realtà o che comunque la inseriscono in sistemi più ampi. Rispetto allo sviluppo Bruner, riprendendo il punto di vista di Vygotskij, asserisce che la cultura forma la mente degli individui tramite i suoi simboli, artefatti e convinzioni. La cultura riesce a manifestare la sua influenza anche grazie alle relazioni sociali in virtù delle quali il bambino riesce precocemente a capire chi si prende cura di lui caratterizzando il ruolo dell’adulto come SCAFFOLDING ( sarebbe un’impalcatura temporanea che viene rimossa alla fine della costruzione dell’edificio) . Analizzando in quest’ottica le precoci interazioni madre-figlio in cui il bambino acquisisce elementi verbali e non, Bruner sostiene che l’impalcatura fornita dall’adulto deve cercare di colmare il dislivello tra le abilità richieste dal gioco e le ancora limitate capacità del bambino consentendogli di realizzare l’episodio e consentendogli di progredire verso livelli più avanzati di partecipazione. KAYE a tal proposito parla di APPRENDISTATO proprio per dare l’idea della condizione del bambino che nel momento in cui ha appena introdotto una nuova attività è come il novizio che diventa sempre più esperto e di conseguenza si riduce l’assistenza e la supervisione da parte dell’adulto, quindi il bambino introduce gradualmente i contenuti della propria cultura grazie ad attività congiunte con l’adulto. Inoltre il bambino apprende all’interno di un ambiente protetto in cui le tappe ed i compiti sono state opportunamente selezionate dagli adulti. Grazie alle NARRAZIONI i bambini riescono ad apprendere le credenze ed i valori della propria cultura, che consente di organizzare l’esperienza, di costruire e trasmettere significati. Per Bruner la narrazione rappresenta una particolare modalità cognitiva che consente di organizzare l’esperienza e rappresentare eventi trasformandoli in oggetti di analisi e riflessione. Inoltre è una forma di pensiero che attiene ad una realtà psichica che si fonda su una logica intrinseca alle azioni umane e alle 1

interazioni tra gli individui. Quindi tramite la i racconti e le narrazioni effettuate dai genitori questi ultimi consentono ai bambini di farli diventare membri a pieno titolo della propria cultura quando ne condivideranno credenze ed atteggiamenti. 5. LO SVILUPPO COGNITIVO SECONDO L’APPROCCIO DELL’ELABORAZIONE DELL’INFORMAZIONE. L’HIP è un approccio allo studio del pensiero e della memoria con i relativi metodi d’indagine. Nasce nel solco della rivoluzione legata all’intelligenza artificiale e si rifà alle simulazioni dell’intelligenza su computer adottando la metafora che vede la mente umana simile ad un computer. La prestazione di un compito cognitivo riguarda la capacità di eseguire un certo numero di operazioni spesso indipendenti tra loro. L’analisi del compito serve ad individuare le operazioni che il soggetto deve compiere per eseguire un certo numero di operazioni. Quando si costruiscono modelli molto precisi relativi alle prestazioni svolte, possono essere utilizzati come programmi grazie ai quali un computer riesce ad eseguire quella stessa prestazione. In questo processo sono però presenti delle limitazioni relative al numero di unità di informazioni a cui un individuo può prestare attenzione e che possono essere elaborate simultaneamente; operazioni quali quella di codifica, confronto, recupero dell’informazione per essere portate avanti richiedono tempo e generalmente vengono condotte in modo seriale. In questo approccio ci si concentra maggiormente sulla PRESTAZIONE piuttosto che sulla competenza, inoltre i cambiamenti nell’intelligenza vengono percepiti come quantitativi e lo sviluppo come continuo, si sostiene che la natura dei processi cognitivi non vari in funzione dell’età , inoltre dato che le capacità cognitive possono essere ritenute specifiche per dominio, si sostiene che vi siano molte intelligenze piuttosto che una sola. Tutto ciò rimanda a delle evidenti differenze tra la teoria HIP e la teoria di Piaget. Mentre Piaget si concentrava sulla competenza e quindi su ciò che il bambino era in grado di fare o meno, sottolineando cambiamenti qualitativi e le riorganizzazioni della struttura cognitiva in funzione dell’età, inoltre concentrandosi sull’individuazione degli stadi ci si concentra più sulla discontinuità che sulla continuità. Si considera la presenza di un’unica intelligenza piuttosto che di molteplici e Piaget si interroga su cosa si sviluppa piuttosto che su come. I processi di sviluppo che sono stati identificati dall’approccio HIP riguardano sia capacità di base di elaborare, sia strategie di elaborazione che diventano più complesse, sofisticate, potenti in funzione dell’età. [ compito della bilancia]. Ci si è molto interessati anche a come i bambini arrivino a conoscere ciò che effettivamente sanno . Metaconoscenza e metamemoria sono di fatti termini utilizzati per riferirsi alla consapevolezza dei processi del proprio pensiero e della propria memoria. Queste capacità dai studiosi dell’approccio HIP sono inserite nei processi esecutivi poiché implicano organizzazione e pianificazione a livello centrale. Il sistema esecutivo centrale ritiene essere un sistema in grado di controllare in modo efficace e flessibile i processi cognitivi del bambino. Di fatti si ritiene che i bambini abbiano all’inizio delle limitate capacità di controllo che aumenta con l’età fornendo la base di alcuni cambiamenti. 6. LO SVILUPPO DELLA TEORIA DELLA MENTE. Gli studiosi della teoria della mente furono interessati a comprendere come il bambino costruisse la propria conoscenza del mondo psicologico, come arriva a comprendere se stesso e gli altri, le motivazioni, i desideri, le intenzioni, le credenze che costituiscono la sua esperienza. Risulta essere una teoria che considera l’essere umano come avente un mondo psicologico ben diverso rispetto a quello degli oggetti che non desiderano, né provano emozioni. La teoria della mente prende in considerazione:  Emozioni fondamentali(amore-odio-paura), stati fisiologici (fame-seteeccitazione)  Percezioni e sensazioni. 2

Si sosteneva che: emozioni e stati fisiologici generassero desideri, mentre le esperienze percettive generano e alimentano credenze. Le azioni producono dunque dei risultati dai quali si attivano reazioni emotive coerenti. Il punto focale di tale teoria risulta essere rappresentato dai desideri e le credenze perché da queste si originano sia le azioni che le reazioni emotive coerenti ai risultati di tali azioni. Secondo Henry Wellman il desiderio è uno stato mentale più semplice rispetto alla credenza. A 2 anni i bambini hanno una psicologia del desiderio che consente di interpretare le azioni in funzione dei desideri e spiegare le reazioni emotive coerentemente al fatto che i desideri vengano soddisfatti o meno. A 3 anni invece i bambini maturano una più complessa psicologia delle credenze-desideri, che consente loro di comprendere che le azioni altrui sono mosse non solo in funzione dei desideri ma anche in funzione delle sue credenze che possono essere vere o false. Prima si considerano le credenze vere, quindi quelle che rispecchiano lo stato effettivo delle cose nelle realtà. Successivamente si comprende anche la falsa credenza, ovvero azioni determinate da credenze erronee. Classico esperimento con cui si verifica questa nuova capacità:

Al bambino viene presentata una situazione in cui vi sono 2 bambole, SALLY E ANNA, che insieme nascondono una biglia dentro ad un cesto. Sally si allontana e a sua insaputa Anna sposta la biglia in una scatola. Sally ritorna. Il bambino che partecipa all’esperimento deve dire, secondo lui, in quale posto Sally cercherà la biglia. A 3 anni la risposta sarà che Sally andrà a cercare la biglia nel posto in cui effettivamente si trova nascosta perché il bambino non è ancora in grado di rappresentare le credenze altrui quando queste sono differenti dalla realtà di fatto. Intorno ai 4 anni iniziano ad essere date delle risposte corrette in quanto il bambino indicherà che Sally andrà a cercare la biglia nel posto in cui lei stessa l’ha nascosta quindi nel cesto, e non il luogo in cui effettivamente la biglia si trova.

Lo sviluppo della teoria della mente non si arresta, ma prosegue arrivando a mete ancor più elevate ovvero la comprensione delle false credenze di

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second’ordine, che consentono di cogliere forme di comunicazione molto più ambigue e complesse quali ad esempio quelle caratterizzate da ironia. Si è cercato di comprendere se vi fossero dei precursori della teoria della mente, secondo Leslie uno dei precursori sarebbe il gioco simbolico. Queste due attività hanno in comune la rappresentazione di una realtà differente rispetto a quella percepita, giocare facendo finta consente di attribuire ad un oggetto delle proprietà differenti rispetto a quelle che realmente possiede, ma anche di figurare la presenza di un oggetto in realtà assente. Camaioni invece sostiene che un precursore possa essere individuato nella dichiarazione comunicativa dichiarativa cioè richiamare l’attenzione dell’adulto su un oggetto affinché si possa condividere con lui l’interesse per quell’oggetto. In questi casi il bambino indica un evento/oggetto all’adulto alternando lo sguardo tra l’oggetto e il volto dell’adulto affinché possa guardare nella stessa direzione e addirittura commentare o nominare, così facendo il bambino intende influenzare lo stato mentale dell’adulto per provare interesse verso qualcosa o condividere un’esperienza. Opinioni divergenti sono state manifestate in merito a come la teoria della mente si sviluppo e al ruolo delle componenti innate e apprese in questo sviluppo. Secondo alcuni il fenomeno è riconducibile a meccanismi innati relativi allo sviluppo cognitivo, modulari e specializzati riconducibili a specifiche aree del cervello che consentono ai bambini di comprendere gli stati mentali. È un’ipotesi che si fonda sulla concezione modularistica di Fodor, che sostiene che la mente umana sia costituita da sistemi cognitivi specializzati nell’elaborazione delle informazioni, denominati moduli. Quindi i moduli costituiscono delle unità dedite all’elaborazione di informazioni, ciascun modulo inoltre risulta essere adibito all’elaborazione di un certo numero di informazioni e rappresentazioni relative ad uno specifico dominio della conoscenza. Per Baron -Cohen vi sono 4 distinti moduli: 1. Deputato all’elaborazione della direzione dello sguardo. 2. Specializzato nel cogliere la intenzionalità e nel rappresentare gli stati volitivi. 3. Consente l’interazione triadica fondamentale per la condivisione con gli altri dell’attenzione relativa al medesimo oggetto. 4. Consente metarappresentazioni, cioè l’elaborazione di dati particolari sulla rappresentazione di un’altra persona. Adottando invece una prospettiva costruttivista che punta sul ruolo della costruzione sociale, si sostiene che per giungere alla comprensione della mente propria e altrui è necessario partire dall’attività del bambino e della sua esperienza nel mondo sociale, è dunque il risultato delle interconnesioni tra competenze ed esperienze. Contribuiscono allo sviluppo della teoria della mente le competenze linguistiche, le conversazioni di tipo mentale con il caregiver, familiari, con i fratelli, stati genitoriali autorevoli, il gioco di finzione… Sono stati condotti anche degli studi che riguardano la relazione che intercorre tra le funzioni esecutive e la teoria della mente, che non hanno però portato a determinare con certezza quale delle due dimensioni sia necessaria per lo sviluppo dell’altra. Si è approfondito anche il ruolo della teoria della mente in un corposo campo di studi relativo allo sviluppo atipico, che ha dato un particolare contributo per la comprensione della specificità del deficit autistico. Si è arrivati a comprendere 4

che lo spettro autistico risulta essere un deficit nelle capacità di comprendere la mente, cogliere aspetti psicologici, sociali e simbolici motivo per cui non si manifesta precocemente e durante il primo anno di vita lo sviluppo del bambino sembra procedere normalmente, si evince quando iniziano a comparire ritardi in varie aree del comportamento sociale. È stato inoltre evidenziato che nei bambini autistici che non presentano gravi ritardi intellettivi, tramite la comprensione della falsa credenza, che rispetto ai bambini con sindrome di down o con sviluppo atipico, raramente riescono a superare la prova in quanto hanno difficoltà a sviluppare un ragionamento che tenga conto della rappresentazione erronea di Sally. 7. LA VALUTAZIONE DELL’INTELLIGENZA. Le teorie che riguardano lo sviluppo cognitivo non tengono conto delle differenze nel potenziale intellettivo, interesse che viene invece esplicitato nelle ricerche che riguardano la misurazione dell’intelligenza che si concentrano , più che sul come e perché dello sviluppo cognitivo, sul quanto. I test d’intelligenza nascono sul finire dell’800 e gli inizi del 900, di pari passo allo sviluppo della scolarizzazione nelle società occidentali avanzate. Estentendosi a fasce sempre più ampie la scolarizzazione portava all’insorgere di problemi legati ad insuccesso e disadattamento; così emerge la necessità di creare uno strumento diagnostico che possa tenere conto delle differenze individuali nel funzionamento dell’intelligenza e individuare il ritardo mentale. Nel 1904 venne istituita dalla pubblica istruzione francese, una commissione presieduta da Binet che doveva occuparsi della costruzione di un test d’intelligenza da somministrare agli alunni delle scuole elementari per individuare coloro che avrebbero dovuto beneficiare di un programma di educazione speciale. Venne creata la scala di Binet del 1905, che distingueva intelligenza normale da ritardo del quale invece ne differenziava 3 diversi gradi. Questa scala si basava sulla valutazione dell’intelligenza vista come una capacità umana stabile, e dall’altro si occupava di compiti mentali. La scala di Binet-Simon, così come tutti gli altri test d’intelligenza consentono di misurare il Quoziente di Intelligenza dato dal rapporto tra l’età cronologica del bambino e la sua età mentale. I test di intelligenza hanno subito varie critiche relative al anzitutto alla concezione di intelligenza percepita come un potenziale finito con cui il bambino nasce e che rimane costante nel corso del suo sviluppo; questi test possono essere usati per discriminare o emarginare i bambini meno dotati o quelli che appartengono a culture minoritarie. Per cercare di superare i limiti posti dai test d’intelligenza sono state avanzate diverse proposte. Robert Stenberg propose una teoria triarchica nella quale esistono 3 diversi tipi di intelligenza: - Intelligenza componenziale, che corrisponde a ciò che si con i test. - Intelligenza esperienziale non prevedibile come quella componenziale. - Intelligenza contestuale o scaltrezza che consente un buon adattamento sociale ed implica la capacità di comprendere e sfruttare le situazioni a proprio vantaggio. Dato che i test d’intelligenza si basano essenzialmente sul linguaggio vi è una certa difficoltà nella misurazione della stessa nei confronti di bambini che presentano un’età al di sotto dei 3 anni che non padroneggiano ancora bene la 5

parola. Negli anni 30 furono portati avanti dei tentativi di costruzione di test che consentissero la valutazione dello sviluppo mentale dal primo mese di vita in poi aspettandosi che questi test potessero avere un livello predittivo rispetto al quoziente intellettivo che il bambino avrebbe presentato da adulto. Nonostante ciò la creazione di test di intelligenza infantile andò incontro a numerosi fallimenti che chiamavano in causa l’idea di intelligenza che ve n’era alla base,ovvero quello di considerarla come una capacità fissa e predeterminata. L’intelligenza di fatti non è qualcosa di unitario ma un insieme di capacità che cambiano qualitativamente nel corso dello sviluppo. Di fatti ad ogni fase evolutiva l’intelligenza consiste in un insieme di capacità che sono assolutamente caratterizzanti quella fase. Inoltre sembra emergere una necessità di maggiore considerazione rispetto all’influenza dell’ambiente e delle esperienze sullo sviluppo intellettivo. Da queste osservazioni, emerge un nuovo approccio detto ordinale che si propone come alternativo a quello psicometrico. Le scale ordinali percepiscono concepiscono lo sviluppo come trasformazione delle capacità verso livelli sempre più alti. Si basano sulla costruzione di una relazione gerarchica, rispetto alla quale ritengono che le acquisizioni del livello più alto sono determinate da quelle del livello precedente. Per le scale ordinali la causa del cambiamento è strettamente ricondotta all’interazione dinamica tra ambiente e organismo, che possono determinare ritmi di sviluppo diversi.

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