Sviluppo E Sottosviluppo PDF

Title Sviluppo E Sottosviluppo
Course Storia dell'ebraismo
Institution Università degli Studi di Torino
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SVILUPPO E SOTTOSVILUPPO Per sviluppo economico si intende l'aumento della quantità di beni e servizi mediamente a disposizione di ciascun soggetto, e ciò si realizza quando l'aumento del prodotto nazionale è superiore all'aumento della popolazione. Per valutare la crescita di un sistema economico → prodotto pro capite → misura la quantità di beni e servizi mediamente a disposizione della collettività. Deve essere calcolato a prezzi costanti, in modo da depurarlo dall'influenza della perdita del potere di acquisto della moneta. II Prodotto interno lordo (PIL) → il più importante indicatore di sviluppo. Limiti → è una misura valida della capacità produttiva di un Paese ma non è in grado di misurare il grado di benessere di una popolazione. BIsogna quindi affiancarlo ad altri indicatori ❏ Grado di distribuzione della ricchezza ❏ Il livello di protezione sociale dei cittadini ❏ Tasso di occupazione ecc. Altri economisti suggeriscono l'uso di un indicatore più complesso ❏ indice di sviluppo umano (ISU) → misura il benessere di una collettività considerando gli aspetti umani dello sviluppo oltre a quelli economici. Tiene conto dei seguenti fattori: 1 speranza di vita alla nascita; 2 tasso di alfabetizzazione degli adulti; 3 PIL pro-capite reale, che tiene conto del suo effettivo potere di acquisto. Dimensione internazionale dello sviluppo Lo sviluppo viene trasmesso da un Paese all'altro attraverso i rapporti commerciali e finanziari, dato che viviamo in un'economia globale in condizioni di interdipendenza. → Lo sviluppo ha quindi effetti cumulativi, che riguardano cioè l'insieme di tutte le economie del mondo. I MODELLI DI SVILUPPO Per interpretare lo sviluppo economico sono stati proposti diversi modelli ➢ la "legge degli stadi di svíluppo" di Rostow, ➢ lo "sviluppo con abbondante offerta di lavoro" di Lewis ➢ lo "sviluppo trainato dalle esportazioni", elaborato da Kindleberger. La legge degli stadi di svíluppo Walter W. Rostow → studia sviluppo economico da un punto di vista storico, ponendo in luce i fattori non economici che caratterizzano i diversi

stadi di sviluppo. Secondo Rostow, tutti i Paesi industrializzati hanno attraversato gli stessi stadi e per essi passeranno anche i Paesi arretrati. Le fasi fondamentali attraverso cui si realizza lo sviluppo economico sono: ●

Stadio della società tradizionale: il sistema è contrassegnato da stazionarietà, sia nel campo economico, sia in quello sociale. L'attività economica prevalente è l'agricoltura, basata su tecniche poco produttive; il prodotto è basso e consumato quasi interamente



Stadio dei pre-requisiti per il decollo → fase distinta da radicali cambiamenti: emergenza di una élite da cui nascono i primi imprenditori, che mobilitano il risparmio e assumono il rischio d'impresa. Si sviluppa la tecnologia, anche l'agricoltura adotta tecniche più mo- derne e cominciano a realizzarsi le prime infrastrutture



Stadio del decollo (take-off) → la crescita è regolare e mette in moto processi cumulativi in tutti i settori produttivi, per merito soprattutto di alcuni settori industriali, dove operano imprese ad alta produttività (imprese trainanti). Gli investimenti raggiungono un livello elevato e c’è continuità nel processo di sviluppo



Stadio della maturità → caratterizzato dalla diffusione della tecnologia moderna a tutti i settori produttivi. Gli addetti al settore agricolo diminuiscono, mentre aumentano gli addetti all'industria, determinando fenomeni di urbanizzazione;



Stadio dei consumi di massa → la produzione è principalmente finalizzata al soddisfacimento di bisogni tipici delle società industriali avanzate (automobili, elettrodomestici ecc.). Molte risorse vengono dedicate a forme di assistenza e alla sicurezza sociale, e in generale alla realizzazione dello stato sociale (welfare state);



Stadio della società post-industriale → prevale il terziario avanzato, ossia il settore che produce servizi innovativi (informatica, telecomunica- zioni, servizi alla persona ecc.).

Sviluppo con abbondante offerta di lavoro" di Lewis → Questo modello spiega il processo di sviluppo nei Paesi arretrati, con prevalenza di manodopera sotto occupata nel settore agricolo. Si può esporre come segue: L’economia è divisa in due settori → uno stazionario, costituito dall'agricoltura → uno moderno, costituito dall'industria. Il processo di sviluppo ha inizio con un'espansione della domanda di prodotti industriali che provoca uno spostamento di manodopera dall'agricoltura all'industria.

Nell'intero sistema i salari tendono al livello di sussistenza. I bassi salari nel settore industriale determinano un notevole aumento dei profitti, che verranno reinvestiti nel medesimo settore.

La programmazione per lo sviluppo Nelle moderne economie il processo di sviluppo può dar luogo a effetti indesiderabili. Il processo di sviluppo spontaneo porta anche a uno squilibrio tra il soddisfacimento dei consumi privati e quello dei consumi pubblici. → Se lo sviluppo spontaneo comporta effetti di questo genere è necessario che l'iniziativa pubblica intervenga allo scopo di modificare l'ambiente economico → sarà compito degli organi pubblici rimuovere le cause che ostacolano lo sviluppo economico delle aree arretrate; mentre spetta all'iniziativa statale intervenire per favorire lo sviluppo dei consumi sociali (sanità, istruzione, assistenza e sicurezza sociale ecc.). Programmazione economica → strumento con il quale lo Stato organizza razionalmente i suoi interventi in economia, allo scopo di migliorare l'evoluzione spontanea. La programmazione esplicita: 1) gli obiettivi che la comunità intende raggiungere; 2) le politiche da attuare per raggiungere gli obiettivi; 3) gli strumenti necessari alla realizzazione di tali politiche. Gli strumenti della programmazione sono: a) la politica monetaria e creditizia; b) la politica della spesa pubblica; c) la politica fiscale. In Italia, gli obiettivi di sviluppo del reddito e dell'occupazione sono fissati nel Documento di economia e finanza (DEF), presentato ogni anno al Parlamento dal ministro dell'Economia e delle finanze. Come uscire dal sottosviluppo? Paesi sottosviluppati → non sono in grado di dare avvio a un autonomo processo di sviluppo. La spirale del sottosviluppo in cui sono immersi questi paesi è stata analizzata da Gunnar Myrdal e Ragnar Nurkse → Il basso livello del reddito non consente la formazione del risparmio, che finanzia gli investimenti produttivi. Ne consegue una bassa produttività, che non consente un significativo aumento del reddito. Sulla strategia da adottare per dare avvio al processo di sviluppo vi sono state molte discussioni teoriche. Bisogna ricordare due teorie contrapposte, che hanno per lungo tempo diviso gli studiosi. La prima, nota col nome di teoria dello sviluppo equilibrato, è stata proposta da Ragnar Nurkse → gli investimenti industriali, effettuati per dare avvio al processo di sviluppo, non

devono essere concentrati in un solo settore, ma si devono realizzare in numerosi settori diversi, in modo da aumentare sensibilmente il potere di acquisto e l'occupazione. La seconda teoria, opposta alla precedente, è nota col nome di teoria dello sviluppo squilibrato. Secondo il suo principale esponente, Albert 0. Hirschman → lo sviluppo equilibrato comporta spese tanto ingenti da non poter essere sostenute da un Paese sottosviluppato; inoltre, anche nel caso in cui sia possibile realizzare un massiccio investimento in una regione, si avrebbero aree autosufficienti, incapaci di trasmettere l'impulso di sviluppo al resto del Paese. È quindi opportuno concentrare gli investimenti in alcuni settori-chiave, che a loro volta potranno determinare l'avvio del processo di crescita in tutto il Paese. Negli ultimi anni è aumentata l'importanza attribuita agli obiettivi sociali, e si dà molto rilievo al concetto di sviluppo economico bilanciato, che comprende le politiche sanitarie, l'istruzione e il soddisfacimento dei bisogni giudicati minimi. La novità più recente consiste nell'attenzione ai temi dell'ambiente. Da alcuni anni si attribuisce grande importanza alle cause internazionali del sottosviluppo→ si ritiene cioè che la divisione internazionale del lavoro abbia spinto i Paesi poveri a specializzarsi nella produzione di materie prime alimentari (rame, zinco, cotone, caffè, cacao ecc.), mentre i Paesi più sviluppati hanno sempre più migliorato la loro capacità di produrre manufatti industriali. Ciò ha gravemente compromesso la possibilità di sviluppo dei Paesi poveri, sempre più dipendenti dai Paesi ricchi. → il sottosviluppo è il risultato dello stesso processo di sviluppo: l'interdipendenza fra le diverse aree ha scatenato un insieme di forze e di processi che ha portato a uno sviluppo diseguale. Le cause internazionali del sottosviluppo Bisogna considerare il problema dello sviluppo anche a livello mondiale. → Il sottosviluppo è il risultato di un complesso molto differenziato di fattori, e si presenta come una situazione caratterizzata da un livello di reddito pro capite così basso da rendere problematica la soddisfazione dei bisogni più elementari della popolazione. Il sottosviluppo economico presenta caratteri ricorrenti: ●

Basso livello del prodotto pro capite Questa grandezza viene di solito usata come indice del grado di sviluppo di un sistema economico; presenta però delle insufficienze e quindi serve più per dare un'idea approssimativa delle distanze economiche esistenti fra i diversi Paesi che non come misura corretta delle differenze reali. I dati disponibilí mostrano che il reddito pro capite dei Paesi sviluppati è molto più alto del reddito pro capite dei Paesi sottosviluppati.



Ineguale distribuzione del reddito all'interno dei Paesi → Nei Paesi a basso livello di reddito pro capite, la ricchezza è concentrata in poche mani, mentre larghe masse della popolazione vivono nella povertà più assoluta.



Prevalenza dell'attività agricola → Nei Paesi poveri oltre il 60% della popolazione è occupato nel settore agricolo e nelle attività connesse all'agricoltura. Ciò comporta almeno due conseguenze particolarmente gravi: in primo luogo, la loro economia dipende quasi esclusivamente dall'andamento dei raccolti, e quindi è soggetta al rischio delle condizioni meteorologiche e delle fluttuazioni dei prezzi; in secondo luogo, la bassa produttività che caratterizza l'agricoltura di queste aree non permette di investire per il processo di sviluppo. Paesi sviluppati → diminuzione settore agricolo Paesi sottosviluppati→ attività agricola stazionaria Nel settore primario sono spesso occupati lavoratori quasi del tutto improduttivi: quindi il prodotto agricolo non diminuirebbe, anche nel caso in cui ta lavoratori fossero distolti da questa attività. Tale fenomeno è noto col nome disoccupazione nascosta: ciò perché la produttività di questi lavoratori è praticamente nulla, e quindi possono essere considerati disoccupati.



Bassa produttività del lavoro → costituisce la causa del basso reddito capite, che caratterizza le economie sottosviluppate. A sua volta, l'insufficiente produttività del lavoro è conseguenza della scarsità di investimenti, dovuta al inadeguata formazione di capitale. La scarsa produttività del lavoro non consente l'accumulazione di capitale, che è possibile solo quando la produzione è eccedente rispetto al consumo necessario alla sopravvivenza.



Scarsa propensione al risparmio → Nei Paesi sottosviluppati la formazione di risparmio è molto bassa: la maggior parte del reddito viene consumata per la sussistenza della popolazione; una quota di reddito viene poi destinata ai consumi delle classi ricche, che imitano i consumi tipici dei Paesi sviluppati. Si realizza cioè, a livello internazionale, un effetto di imitazione (fenomeno studiato soprattutto da Ragnar Nurkse), che spinge i Paesi più poveri a imitare i consumi dei Paesi più ricchi. Nei Paesi sottosviluppati, quindi, è sempre più difficile contenere i consumi e aumentare i risparmi. Il problema forse più grave che le economie sottosviluppate devono affrontare è quello della mancanza di una classe imprenditoriale, che abbia la capacità di dar vita a iniziative industriali.

LO SVILUPPO NEI PAESI RICCHI E NEI PAESI POVERI Negli ultimi decenni le condizioni di vita dei Paesi poveri sono, in generale, migliorate: la vita media è aumentata, la mortalità infantile è diminuita, molte malattie infettive sono quasi scomparse, anche il reddito pro capite è aumentato. Ma la realtà è molto diversa nei vari continenti: mentre in America Latina e soprattutto nell'Estremo Oriente diversi Paesi emergenti si avviano o hanno già superato la fase del decollo industriale, in Africa si concentrano i Paesi più poveri del mondoi. Le statistiche del prodotto pro capite, essendo basate su un valore medio, nascondono le enormi sperequazioni esistenti all'interno dei diversi Paesi.

I Paesi di nuova industrializzazione NIC (Newly Industrializing Countries) → gruppo di Paesi dell'Asia sud orientale e dell'area del Pacifico che hanno registrato negli ultimi anni una rapida crescita dell'occupazione e del reddito. Il basso costo del lavoro, dovuto all'abbondanza di manodopera, ha consentito un rapido aumento delle esportazioni e un considerevole sviluppo del reddito. Per la loro aggressività commerciale questi Paesi sono anche chiamati "le tigri d'Oriente". → Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa → designati come BRICS → destinati in futuro a dominare la scena mondiale, sia per la numerosità della loro popolazione, sia per la grande disponibilità di risorse naturali. Esportazioni di beni primari I Paesi più poveri esportano prevalentemente beni primari (prodotti agricoli e minerari). L'esportazione di tali prodotti presenta elementi di debolezza: - la domanda e l'offerta di beni primari hanno una bassa elasticità rispetto al prezzo, quindi anche se il prezzo diminuisce, la loro domanda aumenta di poco - la domanda da parte dei Paesi sviluppati presenta notevole rigidità rispetto al reddito, cioè non aumenta anche se il reddito dei Paesi importatori aumenta di molto - l'offerta può subire diminuzioni improvvise per cause naturali - le esportazioni sono sovente concentrate in pochi prodotti.

Deterioramento delle ragioni di scambio → I prezzi dei beni primari, esportati prevalentemente dai Paesi poveri, hanno subìto un declino progressivo, mentre i prezzi dei prodotti industriali, esportati prevalentemente dai Paesi ricchi, sono gradualmente aumentati. Quindi, i Paesi industrializzati, con una certa quantità delle loro esportazioni, sono stati in grado di acquistare una quantità sempre maggiore di beni primari. Popolazione e sviluppo → i Paesi poveri presentano tassi di aumento della popolazione molto più elevati di quelli dei Paesi ricchi. Esiste una relazione inversa fra tasso di sviluppo del reddito pro capite e incremento demografico: più il Paese povero, più la sua popolazione aumenta, e presenta quindi un'età media più bassa, con larga prevalenza della popolazione giovanile. Flussi migratori → La difficile situazione economica e demografica dei Paesi poveri ha generato massicce correnti migratorie verso i Paesi ricchi. Questi ultimi, a causa della propensione della propria forza lavoro ad accettare soltanto lavori qualificati, hanno bisogno, per far funzionare le loro economie, di immigrati disposti a fare i lavori più umili. GLI AIUTI AI PAESI POVERI Il debito estero dei Paesi in via di sviluppo censiti dalla Banca Mondiale è aumentato considerevolmente.

→ Per i sistemi economici poveri il servizio del debito (costituito dagli interessi sul capitale preso a prestito e dalle quote di ammortamento) diventa spesso un peso insopportabile. D'altra parte, l'elevato fabbisogno di importazioni, dovuto alla scarsa disponibilità interna, rende necessaria l'acquisizione all'estero di una grande quantità di beni. La possibilità per i Paesi indebitati di sostenere nel prossimo futuro il servizio del debito è strettamente legata a: stabilità dei cambi fra le monete utilizzate nel commercio internazionale contenimento dei tassi di interesse stabilità della crescita economica sia nei Paesi poveri, sia nei Paesi industrializzati.

Il programma 0NU di aiuti ai Paesi poveri L'Assemblea Generale dell'ONU aveva approvato nel 1970 un programma di aiuti permanenti ai Paesi più poveri, mediante versamenti annuali a fondo perduto a carico dei Paesi industrializzati. Negli ultimi anni gli aiuti da parte dei Paesi ricchi hanno subìto una battuta d'arresto. Ma non vi sono strade alternative da percorrere per giungere a un più soddisfacente equilibrio mondiale: solo la cooperazione fra i popoli può avviare a soluzione il problema dell'ingiustizia sociale a livello internazionale.

LA GLOBALIZZAZIONE → fenomeno di crescita progressiva delle relazioni e degli scambi a livello mondiale, il cui effetto finale sarà una decisa convergenza economica e culturale tra tutti i Paesi del mondo. Nell'economia globalizzata ogni attività economica può essere esercitata con le stesse modalità in qualsiasi parte del mondo: la produzione tende a realizzarsi dove i costi sono più bassi e i beni e servizi prodotti sono venduti a prezzi più alti. Le moderne tecnologie della comunicazione e dei trasporti hanno consentito una forte integrazione degli scambi commerciali internazionali e una crescente interdipendenza fra tutti i Paesi del mondo: la conseguenza di questo processo è che ciò che avviene in un Paese si ripercuote su tutti gli altri Paesi La speculazione finanziaria è in grado di spostare in pochi minuti enormi quantità di denaro, talvolta di molto superiori ai bilanci di uno Stato di media grandezza. → problema per i lavoratori dei Paesi occidentali, soprattutto quelli non qualificati: un bene prodotto, per esempio, in Italia deve competere con lo stesso tipo di prodotto fabbricato in Paesi dove non vige la nostra normativa, e quindi il costo del lavoro è molto più basso, non osservando gli standard minimi di sicurezza o usando materie prime di qualità inferiore. I posti di lavoro si trasferiscono dove i costi sono più convenienti, con perdita di lavoro nel nostro Paese.

Con la globalizzazione la forza dei mercati tende a prevalere sulle istituzioni politiche nazionali. → Se i governi perdono le leve di controllo dell'economia, può essere compromessa la vita democratica di un Paese. Dato che i flussi da governare hanno dimensioni che superano le capacità d'intervento dei singoli governi, aumenta l'instabilità dei mercati e si riduce la sovranità dei singoli Stati. Nei Paesi più globalizzati sono aumentati i divari nella distribuzione del reddito fra i lavoratori con compiti direttivi e i lavoratori con compiti esecutivi. L'economia di mercato tende a livellare verso il basso i salari dei lavoratori con compiti esecutivi Gli strati più deboli della popolazione sono molto penalizzati, e aumenta enormemente la forbice fra i ricchi e i poveri

La globalizzazione e i Paesi sottosviluppati → il mondo è diventato un grande mercato, dominato da poche grandi imprese multinazionali che operano in mercati oligopolistici, con la possibilità di praticare politiche aggressive per realizzare i profitti più elevati possibili. Cause globalizzazione: - la liberalizzazione del commercio internazionale ('abbattimento dei dazi doganali e delle altre restrizioni (tariffarie e non tariffarie); - la maggior facilità di trasferimento delle merci da un continente all'altro, grazie alle moderne tecnologie che hanno notevolmente ridotto i costi dei trasporti; - il progresso tecnologico soprattutto in campo informatico, che ha trasformato il mondo in un "villaggio globale", dove le comunicazioni sono rapide e poco costose; - la distribuzione del reddito più ineguale nei Paesi sviluppati → i lavoratori non qualificati subiscono la concorrenza dei lavoratori stranieri a basso costo a causa della delocalizzazione di molte imprese, mentre i professionisti più qualificati beneficiano di un mercato globale che spesso supervaluta enormemente i loro talenti ( calciatori) → La globalizzazione può essere una ...


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