Lo sviluppo morale, bacchini PDF

Title Lo sviluppo morale, bacchini
Author Nicole Pasquali
Course Servizi Educativi per la Prima Infanzia
Institution Università degli Studi di Parma
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lo sv. morale...


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Bacchini D., Lo sviluppo morale, Carocci, Roma 2011 1) L’APPROCCIO COGNITIVO-EVOLUTIVO L’approccio cognitivo evoluzionistico si sviluppa attorno a due principi fondamentali: Interdipendenza tra sviluppo cognitivo e morale. Evoluzione per stadi del ragionamento morale. La chiave per comprendere la moralità umana risiede nell’analisi dei processi cognitivi che implicano il giudizio morale. Secondo Piaget, una struttura cognitiva opera al fine di ricondurre sensazioni e stimoli interni ed esterni al principio di organizzazione proprio di un determinato periodo evolutivo. Quando la struttura di insieme non è più in grado di rendere conto di tutte le disorganizzazioni presenti nel sistema, la struttura entra in crisi ed è sostituita da un’altra (similmente accade per il ragionamento morale). Piaget analizza lo sviluppo morale nei bambini a partire dall’osservazione dei loro atteggiamenti nei confronti delle regole del gioco e ne individua due ambiti di analisi: Pratica della regola (come i bambini applicano la regola). Coscienza della regola (come i bambini rappresentano la regola). Per quanto riguarda la pratica della regola sono individuati 4 livelli: 1. Fino a 3 anni Il bambino si limita ad applicare schemi di condotta ritualizzati attraverso assimilazione ed accomodamento (ad es. lanciando le biglie per aria o mettendole in bocca). 2. Fino a 5/6 anni il bambino applica passivamente le regole apprese dall’esterno (fase dell’egocentrismo cognitivo). 3. A 7/8 anni, acquisito il pensiero operatorio, nasce il desiderio di confronto con l’altro e un intento cooperativo nel gioco al fine di creare regole condivise. 4. A 11/12 anni presentano uno specifico interesse per le regole e per la loro codifica. E’ possibile ricostruire un percorso evolutivo anche per la coscienza delle regole: 1. Le regole sono per il bambino una manifestazione naturale delle cose. 2. Il bambino tende ad imitare le norme apprese da altri e le considera immutabili in osservanza del principio di realismo. 3. La regola smette di avere origine eteronoma e diviene un accordo tra gli attori in campo. Piaget utilizza il metodo clinico semisperimentale per ricavare informazioni dai soggetti: il metodo prevede di utilizzare stimoli su cui il soggetto è invitato a presentare le proprie riflessioni, ad es. come nelle storie del furto, della bugia o della sbadataggine. Ad es. nel caso della sbadataggine sono presentate due storie: nella prima l’incidente è involontario e le conseguenze sono gravi, nella seconda l’incidente è lieve ed involontario ma avviene mentre si disubbidisce alla madre. Nei successivi colloqui emergeva che i bambini più piccoli, in virtù del realismo morale, consideravano più grave l’incidente con le conseguenze più gravi. Tra i 10 e i 7 anni coesisteva la risposta precedente con un’altra che vedeva l’intenzione come ago della bilancia su cui decidere o meno la maggiore colpevolezza. I bambini più grandi prendevano in considerazione unicamente il giudizio.

Nella fase del realismo morale i bambini sono ancorati ad una concezione realistica dell’esistente per cui la bugia è giudicata una colpa grave perchè comporta un allontanamento dalla realtà. Secondo Piaget, inoltre, la nozione di giustizia cambia più volte nel tempo: A 4/5 anni il criterio di giustizia si identifica con il desiderio del bambino. A 5/6 anni compare una rudimentale concezione di giustizia distributiva. Successivamente con il maturare il concetto di giustizia distributiva viene man mano consolidandosi. Kholberg, basandosi sugli studi di Piaget, elaborò una teoria sistematica dello sviluppo morale secondo cui, a parte alcune differenze dovute a società e contesto storico, lo sviluppo delle strutture mentali che sottendono il ragionamento morale è comune a tutti gli esseri umani. Il punto di partenza canonico per illustrare la sua teoria è il dilemma di Heinz. Analizzando le risposte fornite è possibile individuare 3 livelli di ragionamento morale diviso ognuno in due stadi: 1. LIVELLO PRE CONVENZIONALE Le norme sono vissute come esterne a se; non vi è una percezione del nesso tra regole di comportamento e funzionamento sociale. Non vi è coscienza che gli altri possano avere un punto di visto diverso dal proprio, ciò comporta che il soggetto aderisce acriticamente alla morale imposta dall’autorità. 1.1 orientamento premio punizione: la concezione di morale è eteronoma e le regole non vanno infrante per non subire una punizione. 1.2 orientamento individualistico: si comincia a comprendere che i bisogni degli altri sono diversi dai propri. Non si arreca danno perchè non si è subito danno e viceversa (in realtà i principi del 1.1 sono estesi a più persone al di fuori di se). 2. LIVELLO CONVENZIONALE A questo livello la comunicazione, gli obblighi e le regole sono sperimentate come componenti salienti del sè ma si sperimenta ancora un certo conformismo sociale, poiché l’adesione alle regole avviene ancora in modo acritico. 2.1 orientamento del bravo ragazzo: si fa strada la consapevolezza che aspettative, sentimenti e accordi condivisi abbiano la preminenza sugli interessi personali (coincide con l’adolescenza), in questa fase è giusto vivere in base alle attese della propria comunità. 2.2 sistema sociale e conoscenze: l’assunzione delle regole avviene sulla base dell’identificazione con l’intero sistema sociale. 3. LIVELLO POST CONVENZIONALE 3.1 contratto sociale e diritti umani: è giusto ciò che consente di mantenere integri i principi costitutivi su cui si fonda il contratto sociale, ma i valori che sostengono l’importanza della vita e della libertà devono essere sempre sostenuti a prescindere. 3.2 principi etici universali: ciò che non diverge dal punto di vista morale e le leggi vanno rispettate solo se consone con la propria morale.

Rest propone un modello a 4 componenti preferendo l’idea di schema personale a quello di stadio: 1. Sensibilità morale: la consapevolezza che le proprie azioni producono conseguenze sugli altri. 2. Giudizio morale: identificare quale corso di azioni è necessario in base ad un certo ideale morale. 3. Processo di decisione morale: processo di valutazione di costi e benefici, di alternativa alla condotta morale. 4. Azione morale: volontà e abilità esecutiva del soggetto nel realizzare quanto emerso dal processo di decisione. 2) LA TEORIA DEGLI AMBITI L’assunto fondamentale della teoria degli ambiti è che i bambini distinguano precocemente fra i diversi domini del mondo sociale e che quindi differenti strutture cognitive sovrintendono il giudizio in ambito sociale. Altro elemento peculiare della teoria è che alla sua base c’è una concezione dominio-specifica della cognizione che prevede meccanismi specifici e separati di sviluppo per i vari ambiti dei domini. Questo fattore è alla base della critica che gli autori muovono verso Kohlberg, in quanto sarebbe impossibile sondare le componenti del dominio morale indagando l’atteggiamento del bambino verso le regole. Secondo la teoria, gli individui regolano il proprio comportamento sociale sulla base di 4 distinti ambiti: 1. AMBITO MORALE I principi riferiti all’ambito morale sono universali e non dipendono né dal consenso generale né da un’autorità esterna, ma piuttosto dall’interiorizzazione delle conseguenze negative delle azioni ai danni degli altri che il bambino incontra nel suo sviluppo. Le prescrizioni morali hanno le seguenti caratteristiche: • obbligatorietà • generalizzabilità • impersonalità 2. AMBITO CONVENZIONALE Le convenzioni sono degli standard concordanti riguardanti il comportamento sociale in cui essi si sono sviluppati. La loro funzione è di regolare le interazioni tra persone appartenenti allo stesso sistema sociale, fornendo allo stesso tempo una serie di aspettative riguardo al comportamento appropriato. Diversamente dalle regole morali, sono: • stabilite da autorità • non universali • non generalizzabili 3. AMBITO PERSONALE Si tratta di comportamenti e regole le cui conseguenze ricadono unicamente sul soggetto che le mette in atto.

4. AMBITO PRUDENZIALE

L’inclusione di questo ambito è necessario per rendere conto delle capacità del bambino di distinguere tra le situazioni dannose per se stessi e quelle dannose per gli altri. Non sempre, però, è semplice assegnare una regola ad un dominio in quanto spesso questi vengono a sovrapporsi. Questi ambiti misti dimostrano che, sebbene i bambini siano in grado di capire e applicare concetti morali in alcune situazioni, essi potrebbero subordinare la moralità ad altre preoccupazioni di tipo sociale. A questo proposito vi è una radicale divergenza con l’interpretazione Kohlberghiana: ad es. nella storia di Holly (divieto di salire sull’albero + gattino in pericolo) i bambini scelgono di obbedire al comando genitoriale e vengono posti nella fase preconvenziole (ancorati quindi al rispetto dell’autorità), secondo la teoria degli ambiti, invece, l’obbedienza ai genitori sta solo a dimostrare che in ambiti complessi i bambini attribuiscono una salienza diversa a diversi domini, non una incapacità di giudizio morale. Secondo Nucci, il giudizio morale si origina nei primi anni di vita quando il bambino diventa consapevole delle conseguenze negative di una determinata azione. La capacità di distinguere tra moralità e convenzioni si sviluppa progressivamente: A 2 anni e mezzo i bambini sono in grado di generalizzare a contesti diversi il valore di una prescrizione morale (ad es. è sempre sbagliato fare del male, ma non necessariamente gettare un giocattolo a terra a casa propria). A 3 anni e mezzo i bambini riescono a prendere in considerazione altre dimensioni quali la gravità di un’azione e la contingenza della regola. A 8-10 anni la concezione della moralità esce dall’ottica ristretta della considerazione del danno per concentrarsi maggiormente su concetti di reciprocità e giustizia. L’idea di un trattamento paritario tra individui è ancora però embrionale e i bambini tendono ad applicare i principi di equità e giustizia prevalentemente verso le persone più vicine o da cui si aspettano qualcosa. A 10-12 anni il concetto di equità diventa più complesso in quanto il bambino comprende che, al fine di porre tutti su un piano paritario, è necessario trattare le persone in maniera diversificata. A 12-14 anni la riflessione in ambito morale è caratterizzata dal tentativo di integrare il concetto di equità con gli elementi prescrittivi e universali della morale. Cambia, invece, in negativo, l’atteggiamento nei confronti dell’autorità. Vi è una piena consapevolezza del carattere arbitrario e convenzionale delle convenzioni di cui si riconosce il ruolo funzionale ai fini del mantenimento dell’ordine sociale. Proprio per questo, però, le regole sono contestate in quanto ritenute funzionali alle aspettative della società adulta verso i più giovani. 3) EMPATIA E PROSOCIALITA’ Le componenti principali del processo empatico sono tre: Affettiva: condivisione emozionale. Cognitiva: comprensione degli stati interni all’altro. Fisiologica: funzioni legate al SNA.

Secondo Hoffman, l’empatia e l’attivazione di processi psicologici fanno sì che una persona abbia sentimenti che sono più congruenti con la situazione di un’altra persona piuttosto che con la propria. Per quanto condividere empaticamente uno stato d’animo abbia una base innata, le modalità attraverso cui questo accade sono complesse. Hoffman distingue tra: Modalità primitive dell’attivazione empatica: risposte automatiche. La prima che è possibile osservare è la mimesi (mimicry), che avviene dapprima attraverso l’imitazione involontaria di un’espressione e la conseguente associazione di uno stato d’animo (ad es. espressioni durante un film). L’empatia primitiva può essere anche appresa attraverso il condizionamento classico, ad es. una madre che regge il bambino se entra in uno stato di ansia potrebbe irrigidirsi trasmettendo l’associazione ansia-rigidità al bambino. Modalità mature dell’attivazione empatica: sono modalità meno immediate e richiedono un’intermediazione di tipo cognitivo consistente nella capacità di differenziare il proprio punto di vista da quello dell’altro. La prima modalità matura è l’associazione mediata → si riesce a condividere uno stato emotivo anche solo leggendo ad es. una lettera e quindi quando l’altro è a grande distanza, superando il limite visivo. L’altra modalità è il role taking, ovvero si assume il ruolo o la prospettiva di un’altra persona e si immagina di essere al suo posto. In termini evolutivi si può distinguere tra stati immaturi (0, 1, 2) e maturi (3, 4) dell’esperienza empatica. Il passaggio agli stadi maturi, e quindi alla chiara distinzione se-altro, comporta il passaggi all’empatia egocentrica a quella simpatetica. Stadio 0: pianto reattivo del neonato → contagio emotivo (ad es. pianto), fusione completa tra se e l’altro. Stadio 1: distress empatico egocentrico → introno ai sei mesi il pianto automatico comincia a venir meno e il bambino reagisce alla vista del coetaneo sofferente assumendo un’espressione triste. Stadio 2: distress empatico quasi egocentrico → intorno ai due anni la percezione di sè come separato da colui che soffre è chiara, ma le limitazioni cognitive di questa età non permettono di agire sui bisogni dell’altro, quindi il bambino cerca di risolvere il distress tentando di risolvere il proprio sconforto. Stadio 3: distress empatico in risposta alla situazione di un altro → l’acquisizione di una teoria della mente (3 anni circa) permette di stabilire chiaramente i confini del se da quelli dell’altro. Sul piano evolutivo, i bambini diventano in grado di comprendere cause, conseguenze e correlati delle emozioni dell’altro. Verso i 6-7 anni i bambini cominciano a comprendere che tra i sentimenti propri e altrui esiste una connessione. Infine, verso i 12-13 anni si diviene consapevoli che lo stato d’animo di una persona non è sempre legato alla situazione contingente che sta accadendo. Stadio 4; distress empatico per la condizione esistenziale dell’altro → è lo stadio più maturo e implica la capacità di astrarre il pensiero, inoltre l’identificazione empatica avviene in rapporto alle condizioni generali della vita di un’altra persona, ad es. si può provare compassione per chi chiede l’elemosina anche se questi non la sta chiedendo al momento.

Al fine di ottenere questa capacità saranno necessari dei correttori cognitivi. I correttori cognitivi servono a permettere all’empatia di potersi trasformare in azioni moralmente corrette. Hoffman suddivide queste funzioni in: Overarousal empatico → una forte attivazione empatica può, alle volte, portare paradossalmente ad un distress empatico così intenso da spingere l’osservatore ad allontanarsi dalla situazione (deriva egoistica). Bias empatici → ad es. la maggiore disponibilità a condividere l’esperienza affettiva con persone con le quali si condivide un legame genetico piuttosto che un estraneo. La cognizione svolge un ruolo decisivo nel trasformare o meno l’empatia in simpatia per qualcuno e nel motivare all’azione prosociale. Ciò avviene tramite diversi meccanismi come l’attribuzione causale: se si osserva, ad esempio, che la vittima sia in qualche modo responsabile della sua situazione, il distress empatico sarà inferiore e viceversa. Quando le circostanze sono ambigue, invece, può sorgere la tendenza a biasimare la vittima. Secondo Hoffman inoltre l’empatia da sola potrebbe non essere sufficiente a intraprendere un’azione morale senza l’intervento di principi morali o filosofici la cui principale funzione è quella di porre rimedio ai bias empatici. I principi morali svolgono la funzione di stabilizzare gli effetti empatici legandosi, appunto, all’empatia andando a costituire un vero e proprio script morale: dapprima si attiva il di stress empatico, successivamente entrano in azione i principi morali individuali che vengono a loro volta caricati empaticamente. La funzione dei principi morali è quindi quella di aiutare il soggetto empatizzante ad inquadrare le caratteristiche contingenti della situazione della vittima. I principi morali potranno quindi sia innalzare il distress dell’osservatore quando quella della vittima è debole, ma il principio infranto è rilevante, sia di mitigarlo quando il distress e altro per entrambi ma il principio morale e marginale. Orientamento prosociale Il comportamento prosociale è una condotta volta ad arrecare un beneficio ad un’altra persona indipendentemente dalle motivazioni sottese, che possono essere perfino di tipo egoistico. Eisenberg ha approfondito il ruolo delle emozioni centrate sull’empatia sullo sviluppo dei valori, delle motivazioni e dei comportamenti prosociali (corrente della psicologia positiva). Secondo l’autrice, è necessario differenziare ancora di più l’empatia dalle risposte emozionali vicaria rispetto quanto ha fatto Hoffman. La simpatia è una risposta affettiva che frequentemente ha origine dall’empatia ma che può derivare direttamente dalla perspective taking: essa consiste in un sentimento di pena o preoccupazione per l’altro che vive una situazione di disagio o bisogno ed è concettualmente diversa dall’empatia che è solo la condivisione dello stato emozionale dell’altro. Anche il personal distress deriva dall’esposizione allo stato di sofferenza di un’altra persona: differisce dalla simpatia in quanto si tratta di uno stato mentale focalizzato sul sè (analogo all’overarousal). Nel personal distress si assiste ad un fallimento del processo di trasformazione dell’empatia principi e comportamenti di tipo morale prosociale.

Uno dei principali fattori alla base di questo fallimento è una ridotta capacita di regolazione emotiva la cui origine può risiedere in fattori temperamentali o in inadeguati modelli di socializzazione educativa messa in atto dai genitori. La capacità dei genitori di esprimere un’emozionalità positiva e creare un clima emotivo caloroso e supportivo in famiglia risulta essere correlata allo sviluppo di tendenze prosociali nei bambini. Questi bambini prosociali hanno bassi livelli di impulsività e sono in grado di modulare efficacemente i propri stati emotivi. Einsenberg reintroduce il concetto di ragionamento morale, ma, a differenza di Kohlberg, non ritiene avere un andamento universale. Questi stadi di ragionamento prosociale sono cinque: 1. Edonistico pragmatico → primi anni di scuola primaria, soddisfacimento dei propri bisogno. 2. Verso i bisogni dell’altro → ciclo scuola primaria. 3. Orientamento stereotipico finalizzato all’approvazione → scuola primaria e secondaria; stereotipo di buono e cattivo, ricerca approvazione. 4. Orientamento empatico → ultimi anni di primaria e secondaria, enfasi nell’adottare prospettive altrui. 5. Orientamento dei valori internalizzati → focus sui valori e le norme internalizzati. 4) APPROCCIO BIOLOGICO ED EVOLUZIONISTICO Si possono individuare tre principali filoni di ricerca circa il rapporto tra sviluppo morale e biologia Paradigma evoluzionista Dimensione cognitiva della moralità Correlati neuroanatomici Base evoluionistica Secondo questo approccio, la moralità avrebbe una base “naturale” riscontrabile sia nel fatto che varie specie animali condividono con gli esseri umani una tendenza alla cura e alla prosocialità, sia nello sviluppo precoce di questi atteggiamenti e comportamenti nei bambini (concern for others). Dal punto di vista evolutivo, il vantaggio della protezione dei membri appartenenti alla propria specie ha lo scopo di consentire la trasmissione dei propri geni da una generazione all’altra. In particolare ciò avviene secondo il principio della kin selection, secondo cui gli appartenenti ad un gruppo familiare all’interno di una popolazione applicano comportamento altruistici al fine di migliorare l’adattamento genetico del loro sottogruppo. I comportamenti altruistici si verificano anche pero al di là della parentela in base al principio della reciprocità: l’aspettativa di un beneficio in un momento successivo sostiene il comportamento altruistico nel qui ed ora (esempio del predatore). Dal punto di vista dell’architettura cerebrale, un momento evolutivo di straordinaria importanza coincide con la comparsa delle connessioni tra sistema limbico (affettività) e la corteccia prefrontale (anticipazione, pianificazione). La connessione fra queste due zone ha fatto si che le capacità empatiche non si esprimessero più solo verso i consanguinei ma si e...


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