Acquisizioni e fusioni Aziendali PDF

Title Acquisizioni e fusioni Aziendali
Author Federica Esposito
Course Acquisizioni e fusioni d’azienda
Institution Università degli Studi di Roma Tor Vergata
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ACQUISIZIONI E FUSIONI D’AZIENDA23-02-ASSETTI INFORMATIVI: I CONTESTI DI RIFERIMENTO (EUROPEO E INTERNO)Funzione informativa aziendale : l’azienda deve elaborare informazioni con una duplice finalità: interna (supporto di decisioni) e quantitativa (bisogna capire di QUANTO variano). Questa funzione ...


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ACQUISIZIONI E FUSIONI D’AZIENDA 23-02-2021 ASSETTI INFORMATIVI: I CONTESTI DI RIFERIMENTO (EUROPEO E INTERNO) Funzione informativa aziendale: l’azienda deve elaborare informazioni con una duplice finalità: interna (supporto di decisioni) e quantitativa (bisogna capire di QUANTO variano). Questa funzione oggi si svolge anche sull’esterno perché anche gli stakeholder hanno bisogno di ricevere informazioni  lo stato di salute dell’azienda deve essere leggibile all’esterno, sia per l’impatto ambientale, economico, che perché il suo impatto può essere rilevante sul territorio (es. ILVA). Queste circostanze rendono indispensabile che l’azienda mandi un flusso informativo adeguato all’esterno e assicuri che certi comportamenti siano in linea con quelle che possono essere le direttive di carattere economico sia a livello nazionale che a livello europeo. Bisogna riflettere su un’altra circostanza: la fusione non è sempre una strategia aggressiva ma spesso è difensiva, perché senza questi processi di aggregazione le sorti delle aziende sarebbero negative  le aziende si accorpano per garantire un equilibrio duraturo nel tempo, quindi è indispensabile prendere decisioni. Queste decisioni devono avere la caratteristica della TEMPESTIVITA’: si devono avere delle informazioni adeguate sulla base delle quali deve essere possibile prendere decisioni. La stabilità dell’azienda finisce quindi per essere un bene da tutelare a beneficio di tutti (stakeholder, finanziatori, ecc). Sotto il profilo operativo si è diffuso un atteggiamento capovolto rispetto al passato. In passato la chiusura di un’azienda (per fallimento, insolvenza, non volontaria) era giudicata come un fatto deplorevole e quindi perseguibile per danno arrecato a dipendenti, lavoratori e creditori. Negli ultimi 20-25 anni il fenomeno (iniziato negli anni ’90) il risultato si è capovolto e si assiste al tentativo di salvare le imprese piuttosto che intervenire penalizzandole. Sotto questo profilo ci sono stati una serie di contributi economici soprattutto col fallimento dei “Lehman Brothers” e la letteratura era spaccata in due, tra chi propendeva per il fallimento e chi voleva salvare la società. La motivazione che ha portato alla decisione non è particolarmente condivisibile perché non coerente con la disciplina aziendale, per cui alla fine prevalse la tesi di chi voleva il fallimento per “dare una lezione” cioè non nascondere il fallimento alla società. Questo atteggiamento di nascondere i fallimenti ha scosso anche l’Italia con il caso Parmalat; a livello internazionale il fallimento che ha scosso la società è stato quello della Enron. Dopo questo evento si è creato anche un detto “too big to fail”. Tutto ciò ha infervorato il processo iniziato negli anni ‘90: nel ‘95 ci fu la riforma del diritto fallimentare americano cui seguì quello inglese; 10 anni dopo seguì l’Italia  il tentativo era salvare le imprese che stavano fallendo. Tutto il discorso trova elementi su cui appoggiare perché si è stabilito, ribaltando l’atteggiamento persecutorio, di dare all’imprenditore una seconda chance (potrebbe essere stato travolto dalle circostanze quindi merita una seconda possibilità). Si è quindi codificato il principio per cui la crisi deve emergere quanto prima possibile nel convincimento che il tempestivo intervento possa agevolare il buon esito del processo. Questo è il contesto in cui si muove l’Europa per salvaguardare le imprese del territorio. Si distingue quindi tra stato di crisi e insolvenza e complica la situazione il fatto che questi due termini appartengono a discipline diverse (stato di crisi = situazione di disequilibrio  disciplina aziendale; insolvenza  concetto di carattere giuridico sviluppato a seguito della legge del ’42). Come si è comportata l’Europa? Ha tenuto conto di quello che è uno dei capisaldi del processo di recupero dell’azienda, che vuole che il successo di un intervento di questo tipo si realizza con più probabilità se si interviene cambiando il management. Quindi si è concessa a livello europeo una condizione premiale: se l’azienda avvisa per tempo della possibile crisi, può mantenere il management e la dirigenza (che spesso in casi familiari coincidono creando problemi). Questo discorso ha senso perché ha la finalità ben precisa di far emergere la crisi il prima possibile così da prendere le decisioni più opportune.

Queste misure premiali, in Italia sono concesse comunque “a prescindere”, anche se la situazione di crisi emerge quando è ormai irreversibile. Questo allontana la normativa europea da quella italiana. C’è una difformità tra Francia, Italia, Germania ecc che non giova in generale all’economia. Dobbiamo quindi fare delle considerazioni di carattere generale che riguardano sia l’economia generale, che l’economia aziendale che il diritto. Il fatto che l’Italia intervenga all’ultimo su aziende ormai spacciate crea una serie di problemi e di situazioni che spesso creano più danni che altro.  Impostazione Europea: Nelle procedure di recupero delle aziende in crisi la procedura deve essere uguale in tutti i Paesi dell’UE; le procedure d’insolvenza/liquidazione invece possono essere diverse. Ratio della disposizione è che se l’impresa deve chiudere, il Paese può procedere come meglio crede, ma se un’azienda è recuperabile può avere conseguenze anche sugli altri Paesi quindi la normativa deve essere coerente e condivisa. L’altro elemento fondamentale è quello della stabilità. L’euro è una C con 2 segmenti all’interno. Queste due linee rappresentano la stabilità monetaria nel corso del tempo, perché attraverso la stabilità si vuole raggiungere l’efficienza produttiva che a sua volta porta al benessere economico. L’instabilità monetaria (inflazione) produce una serie di effetti distorsivi sulla misurazione dei fenomeni economici e distorce l’informazione. Es. passaggio dalla lira all’euro: una casa di 5.000.000 negli anni ’60 valeva 50.000.000 negli anni ’80 e dava l’illusione di un plusvalore, ma in realtà c’è stato un minusvalore perché 5 lire negli anni ’60 valgono quanto 50 lire negli anni ’80 a causa dell’effetto inflattivo. Un’instabilità monetaria porta le imprese a indebitarsi sempre di più, e le conseguenze presentano livelli di rischiosità molto più alti. Questo crea instabilità a livello economico: se le imprese sono instabili ad esempio, il loro fallimento preclude di emettere pensioni in futuro. In un contesto che cambia continuamente quindi c’è uno stimolo alla speculazione e non alla produttività. La produttività è quindi l’essenza della UE ed è alla base della globalizzazione  implica la specializzazione delle produzioni tipiche di ogni paese. I beni possono essere prodotti a prezzi competitivi a vantaggio del consumatore, grazie alla globalizzazione. L’aumento della produttività vuol dire quindi prezzi più bassi per i consumatori (salari reali), conseguimento di utili e crescita dimensionale per le imprese (competizione a livello globale), aumento dell’occupazione. Anche per questo in Italia si spinge molto su settori come moda, macchine, ecc (su cui siamo leader) per avere a prezzi vantaggiosi altri beni che non abbiamo o su cui non siamo specializzati  si produce per la rotazione delle merci. Una produzione europea può essere portata a livello globale ed avere vantaggi per tutti. Le imprese che non rispettano le condizioni di produttività ecc, peggiorano i costi dell’intero paese e di tutte le imprese del paese. Le imprese che vanno male non pagano imposte e tasse perché non hanno i redditi sufficienti, non hanno utili  impatto negativo sull’intera economia. Es. in Italia il 6% dei crediti non produce nulla  non produce interesse  aumentano i tassi di interesse  maggiori costi per la collettività delle imprese italiane  costi per la clientela. L’economia cresce se aumenta la dimensione dell’impresa, non se si incentivano i consumi. Es. grazie ad una fusione posso intercettare un mercato maggiore. Gli incentivi sui consumi hanno semplicemente un impatto momentaneo. Negli anni ’80 venne elaborata la teoria della crescita 0 (non bisogna stressare l’economia per la crescita) e fu coniato il detto “piccolo è bello” come conseguenza delle perdite di grandi imprese (anni ’70). La crescita dell’economia a 0 non è sostenibile perché non si genera maggiore ricchezza da distribuire ai salariati. Esempio di Joan Robinson: si chiede quale può essere l’effetto se parte con dei salariati/minatori che guadagnano 3 sterline a settimana e gli dà un bonus di una settimana di 6 sterline. L’effetto che si produce è che incidendo sul comportamento del minatore  dopo una giornata stressante berrà una pinta in più di birra per rilassarsi, ma il barista non potrà dargli una pinta in più perché ha sempre la stessa quantità di birra  aumenterà i prezzi della birra  inflazione. Quindi un aumento del salario senza maggiore produttività genera inflazione (aumento dei prezzi).

Il diritto rimane impermeabile al funzionamento delle org.ni economiche e si limita a cogliere le cause di questo fenomeno solo per le ripercussioni sul soggetto imprenditore: sul debitore. Quindi si arricchirebbero di contributi maggiori anche gli studi di economia aziendale, che consentirebbe di avere maggiori strumenti di salvataggio delle imprese quando si interviene tempestivamente. In Italia si è già intervenuto, perché le normative sono già vigenti nel 2019 e sono state rafforzate nel 2020. 24-02-2021 Abbiamo visto che nelle imprese in crisi, cambiare il management spesso porta al recupero dell’impresa. Tuttavia l’unico intervento considerato a livello europeo è l’intervento tempestivo, mentre non si considera il cambiamento dei vertici aziendali e si va anzi nella direzione opposta di mantenerlo così com’è. In realtà ci sono altri tipi di interventi molto vasti ma comunque tutto è incentrato sulla tempestiva lettura della crisi (prima che si arrivi allo stato di insolvenza). In Italia l’organizzazione contabile in vigore fino a qualche anno fa si limitava all’obbligo normativo di alcuni libri contabili obbligatori: il libro giornale e il libro degli inventari, più tutte le altre scritture contabili richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa. C’è un altro presupposto all’interno della norma, implicito in varie disposizioni del c.c., ed è la previsione normativa secondo cui gli amministratori devono conoscere in qualunque momento le condizioni economico-finanziarie dell’impresa  non è sempre possibile perché si avvalgono di analisi che non vengono fatte in ogni momento della vita dell’impresa. In questo contesto preme notare il recente intervento normativo:  Intervento normativo d.lgs. n.14 del 2019 “Codice della Crisi e dell’Insolvenza dell’impresa”:  introduzione di una complessa normativa che innova e modifica leggi già vigenti. Il decreto prevedeva una doppia entrata in vigore: per una parte entro 18 mesi (15 agosto 2020), per l’altra parte entro 30 giorni (16 marzo 2019). Nel periodo tra l’entrata in vigore di una parte e l’altra è sopraggiunta la pandemia da covid-19 per cui l’entrata in vigore è stata posticipata al 1 settembre 2021. Nonostante questo rinvio, la normativa non è ancora perfettamente in linea con quella europea, quindi ci si aspettano ulteriori interventi di allineamento. Le modifiche della normativa sono tali da interessare e modificare anche le norme del c.c. Le modifiche riguarderanno: - Assetti organizzativi dell’impresa - Responsabilità degli amministratori - Nomina degli organi di controllo delle srl - Cause di scioglimento spa - Disciplina dell’insolvenza delle società cooperative. ASSETTI ORGANIZZATIVI DELL’IMPRESA Con il d.lgs. si è modificato l’art. 375 che aveva 2 commi: - Comma 1  modifica la rubrica dell’art. 2086 del c.c., modifica i termini da “gerarchia” a “gestione” - Comme 2  implica una serie di comportamenti da tenere con conseguenze rilevanti se non vengono osservati tali comportamenti Quindi si è reso necessario un ulteriore intervento legislativo che chiarisce che la gestione dell’impresa e l’istituzione degli assetti organizzativi spetta esclusivamente agli amministratori. - Art. 2086 nuova versione: gestione dell’impresa  comma 1: l’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori. Comma 2: l’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto org.vo, amm.vo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale. Finalità: controllo dell’attività aziendale, individuazione tempestiva della crisi. Quindi bisogna mettere a punto degli strumenti, cioè assetti organizzativi con cui si riesca ad individuare tempestivamente la crisi aziendale. L’imprenditore ha l’obbligo di attivare le regole di governo dell’impresa per la tempestiva rilevazione della crisi di impresa. Deve cioè predisporre una serie di strumenti di allerta che siano in grado di individuare la

crisi  tempestiva individuazione della crisi; permanere della continuità aziendale; assunzione di obbligazioni proporzionali alle proprie capacità patrimoniali. Tutto ciò ha delle implicazioni per gli organi sociali, nel senso che è loro la RESPONSABILITA’ civile e penale, che scatta solo se questi non hanno avuto comportamenti conformi alle norme. PRESIDI ORGANIZZATIVI CdA e revisore verificano gli indicatori di allerta e segnalano indizi della crisi; entro 30 gg dalla segnalazione, L’organo amm.vo riferisce le soluzioni individuate e le iniziative intraprese. Se entro 60 gg non si adottano misure, il revisore segnala l’allerta all’Ocri (organismo di risoluzione della crisi d’impresa) pena la responsabilità solidale  c’è una responsabilità per ognuno. Se ad esempio l’agenzia delle entrate non fa la segnalazione bisogna capire perché il funzionario addetto non l’ha fatta ed individuare la responsabilità. La segnalazione (che è un obbligo di legge) può essere fatta da: imprenditore (organo amm.vo), revisore o creditori qualificati (Agenzia delle Entrate, INPS, Agente per la riscossione) in presenza di scaduti oltre la soglia di rilevanza quantitativa. Una volta che l’Ocri riceve la segnalazione, entro 15 gg può archiviare il fascicolo se l’imprenditore ha risolto i suoi problemi. Nel caso di non archiviazione l’Ocri fissa un termine non superiore a 3 mesi e prorogabile fino a 6 mesi per la ricerca di una soluzione concordata  l’Ocri si comporta come mediatore tra debitore, creditore e clienti per trovare una soluzione ideale. La trattazione continua nel corso del tempo e in questo tempo l’Ocri deve essere costantemente aggiornato sull’andamento della trattazione. Se l’imprenditore non compare/la situazione non si risolve, si deve passare attraverso fasi previste dalla normativa: accordi di ristrutturazione (forma che sarà completamente rivista), concordato preventivo (verrò modificato un po’) o liquidazione giudiziale (modifica il fallimento cambiando l’espressione letterale). Se l’Ocri ravvisa lo stato di insolvenza, deve darne comunicazione al p.m., cioè se l’imprenditore richiede l’intervento in ritardo quando ormai è troppo tardi, deve comunicarlo al p.m., il quale avvia l’azione penale (motivi: debiti/situazioni scomode verso i clienti; la letteratura sottolinea che si assiste ad una mutazione nei comportamenti dell’imprenditore quando la crisi sopraggiunge e quindi l’intervento tempestivo serve ad evitare che si sconfini in reati penali). I TEMPI Dall’emersione dell’indicatore di allerta il debitore ha 3 mesi di tempo per attivare misure idonee. Entro questo lasso di tempo è difficile trovare accordi con i fornitori per cui scatterà la segnalazione all’Ocri  si hanno 7 mesi per redigere il piano e avviare negoziazioni con i creditori + altri 3 mesi per chiudere l’accordo. Se non si raggiunge l’accordo, il debitore ha 5 mesi per depositare l’accordo di ristrutturazione per la sua omologazione o un piano e una proposta di concordato preventivo. ASSETTO ORGANIZZATIVO Al fine di rispettare l’art. 2086 (rilevazione tempestiva della crisi), occorre predisporre un adeguato assetto organizzativo con i seguenti punti: A. Organo deputato alla redazione del piano e al controllo di gestione B. Regole di redazione, principi  situazione attuale e obiettivi; coerenza e fattibilità degli obiettivi; ragionevolezza delle assunzioni di fondo; comprensibilità del piano C. Formazione e approvazione del piano da parte dell’organo amm.vo D. Regole di report (es. ogni 3 mesi si controlla che l’andamento delle vendite sia conforme al piano), informazione agli organi aziendali (cda e revisore). 11-03-2021 Una delle applicazioni del concetto di capitale, è che finisce per essere un parametro di valutazione per l’azienda, concetto diverso invece dal valore di trasferimento dell’azienda (che dipende da altre variabili soggettive dell’acquirente, all’interno delle quali si crea il prezzo di trasferimento).

Il livello di informazione che un soggetto ha rispetto all’altro: in particolare il livello di informazione che il venditore ha del capitale economico dell’acquirente  cercherà di approssimarsi quanto più possibile al valore massimo in fase di negoziazione/trattativa. Questo ragionamento è applicabile in tutti i casi di trasferimenti: cessioni, fusioni, ecc. cioè sono riconducibili a questi due tipi di capitali economici. Se il capitale dell’acquirente è < capitale del venditore  negoziazione impossibile. Secondo l’acquirente l’azienda vale troppo e secondo il venditore il prezzo è troppo basso (esprime le relazioni tra trasferimento d’azienda e valore economico del capitale VEC  domanda d’esame). Passiamo alla VALUTAZIONE DELL’AZIENDA (propedeutico allo studio delle operazioni straordinarie). Le operazioni straordinarie sono accomunate dal fatto che l’azienda cambia la base societaria per mezzo di un passaggio di mano e questo trasferimento implica l’attribuzione di un valore, derivato dal valore economico. Prima di determinare il prezzo della trattativa è indispensabile la formazione/esplicitazione del valore, cioè l’azienda deve avere la sua individuazione del valore economico. In tutte le operazioni straordinarie infatti c’è una fase strutturale e di studio per arrivare ad individuare i valori oggettivi per valutare l’azienda. Da qui parte la trattativa per arrivare ai valori effettivi che saranno posti in essere per effettuare l’operazione. I motivi dell’operazione saranno affrontati di volta in volta. METODI PER LA VALUTAZIONE DELL’AZIENDA: solitamente si propone una possibile classificazione di natura concettuale ed estensiva perché i metodi riscontrati nella pratica sono molto numerosi e difficili da classificare analiticamente (es. in alcuni casi cambiano i tassi o la determinazione di alcuni componenti), così da aderire meglio al caso concreto. Due metodi di classificazione (NON ELENCO MA SOLO CLASSIFICAZIONE), con cui o guardi il lato patrimoniale o guardi più il lato economico: - Patrimoniale (singolare e non plurale): è uno solo  semplice - Basati sui flussi attesi: di tipo reddituale  concetto di base: reddito; misti  concetto di base: sia patrimonio che reddito, ma restano comunque di tipo economico; finanziari  concetto base: flussi di cassa finanziari - Altri, che possono derivare dall’osservazione empirica. Es. tutti quelli che si basano sull’individuazione di un indice di riferimento moltiplicato per un certo numero. Occorre tenerli in considerazione perché sono molti diffusi in pratica, sia nelle aziende più grandi che nelle aziende non grandissime.

METODO PATRIMONIALE Che relazione c’è tra tutto ciò che abbiamo detto fin qui (VEC, funzione del reddito, ecc) con il metodo patrimoniale semplice? Questo metodo non avrebbe ragione di essere inserito in un discorso di determinazione del valore dell’azienda (?). Concettualmente questo metodo consiste in una valutazione analitica del capitale, attribuendo ad ogni elemento dell’attivo e del passivo un valore, calcolando per differenza il valore patrimoniale  è praticamente la negazione del concetto ispiratore del VEC. Ha senso perché è un metodo definito “non razionale”, cioè non è coerente con le finalità ispir...


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