Alieni a stelle e strisce PDF

Title Alieni a stelle e strisce
Author Elisa Costantini
Course CULTURA ANGLO
Institution Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
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Summary

Riassunto libro obbligatorio per l'esame scritto...


Description

Alieni a stelle e strisce Introduzione: se fossi un marziano Il “Martian thinking”, termine usato da Eric Berne, il creatore dell’Analisi Transazionale, per definire lo sguardo puro e libero da condizionamenti e pregiudizi (1972).

PARTE I 1. PIANETA ROSSO, GUERRIERO CELESTE 1.1 Antiche cosmologie “Prima che un pianeta, Marte è un mito antico che persiste fino ai giorni nostri”. Così inizia Il pianeta rosso di Francis Rocard (2009) Rivoluzione copernicana, iniziata nel 1543 con la dichiarazione che la Terra gira intorno al Sole. I "canali" di Marte furono studiati dall’americano Percival Lowell solo nei primi anni del Novecento. Nel Nord America, i nativi conoscevano Marte e avevano varie leggende sul Pianeta. Per i Pawnee, ad esempio, esso era un dio, chiamato “red morning star warrior”, che si sposò con “the female evening star” (il nostro pianeta Venere) per dare alla luce la stirpe degli umani. Gli Hopi credevano invece che i loro antenati provenissero dal Pianeta Rosso, e che avessero costruito nel deserto americano canali come quelli del loro pianeta – canali che si ritrovano anche in molti motivi decorativi del vasellame indigeno. nel continente americano, dove fenomeni come quello del Grand Canyon, dovuti ad antichi cataclismi e alla caduta di meteoriti, hanno fatto sorgere leggende secondo le quali i nativi americani sarebbero i discendenti di creature sopravvissute a tali bombardamenti cosmici, che si sarebbero salvate rifugiandosi in caverne sotterranee. Jonathan Swift descrisse le due lune di Marte nel 1726 (nei Gulliver’s Travels), ovvero centocinquant’anni prima che Deimos e Phobos, come vedremo, venissero scoperti da Asaph Hall dal Washington Naval Observatory (1877). 1.3 Dall'osservazione all'esplorazione Le scoperte principali relative a Marte avvengono, in età moderna, grazie all’invenzione del telescopio (1608) e all’affermazione dell’eliocentrismo da parte del polacco Mikołaj Kopernik o Nicolaus Copernicus (noto in Italia come Niccolò Copernico) nel 1543, una teoria perfezionata poi da Keplero attraverso lo studio del movimento dei pianeti. Nel 1609-1610 l’italiano Galileo Galilei, osservando Marte, si accorge che esso non è perfettamente rotondo, e in una lettera all’abate Padre D. Benedetto Castelli sostiene di aver individuato le fasi di Marte in conformità al modello copernicano. Nel 1636, grazie a un modello più elaborato di telescopio, egli scopre il moto di rotazione del pianeta. Padre Angelo Secchi è il primo studioso ad accennare ai “canali” di Marte (poi ripresi da Schiaparelli e Lowell nel 1877). Channels o canals o canyons che fossero – su Marte ci sono davvero, e verranno infatti confermati in un articolo dal titolo “Photographing the Canals of Mars” uscito il 10 luglio 1905 sul New York Herald e firmato da Percival Lowell e George R. Downing. La controversia sui canali è ben radicata nei contesti scientifici, ecologici e sociopolitici del tardo Ottocento e inizio Novecento. Asaph Hall scopre, nel 1877, i due satelliti di Marte cui dà il nome dei due figli di Ares, Phobos (la paura, il terrore) e Deimos (la fuga, il panico). Lowell inserisce Marte nella sua più ampia teoria dell’evoluzione planetaria. Il pianeta avrebbe subito una siccità globale e i canali sarebbero serviti a convogliare l’acqua dai ghiacci polari; tuttavia, l’inclinazione è al contrario. Lowell pubblica tre libri: Mars (1895), Mars and Its Canals (1906) e Mars as the Abode of Life (1908), che contribuiranno a diffondere “la credenza che il pianeta Marte fosse abitato da forme di vita intelligente”. Lowell è convinto che vi sia acqua su Marte. L’atmosfera mostra inoltre segni di attività, come nuvole e tempeste, tanto che ci si chiederà a lungo se siano sollevamenti di polvere o nuvole d’alta quota. La convinzione di Lowell che la Terra stesse iniziando il suo inevitabile declino “to a Mars-like desiccation” sottolinea l’analogia tra i due pianeti all’interno della più ampia teoria dell’evoluzione planetaria, in cui l’astronomo vede riflessa “on to Earth his vision of a dying Mars”. In Mars as the Abode of Life, il degrado ambientale della Terra e l’inquinamento del cielo vedono però anche l’uomo come corresponsabile.

Lowell idealizza la civiltà marziana, soprattutto verso la fine della sua vita. L’immagine dei marziani come razza antica e saggia, non contaminata dalle guerre e dai conflitti che affliggono l’umanità, è portata avanti dal sociologo Lester Ward, secondo il quale gli abitanti di Marte non sono responsabili del suo declino. Lowell, al di là dei suoi errori, rimane comunque “the principal figure in the so-called ‘Mars-mania’ at the turn of the twentieth century”, ed emerge in ogni libro su Marte come un protagonista fondamentale nella storia dell’osservazione del pianeta e nella storia culturale degli Stati Uniti. Negli Stati Uniti la cosiddetta astronomical art prende le mosse dai paesaggisti della Hudson River School, un movimento artistico influenzato dal romanticismo sviluppatosi verso la metà del XIX secolo, che ritraeva paesaggi naturali nelle fasi della scoperta, dell’esplorazione e dell’insediamento; questa scuola “played a key role in turning America from territory to landscape, from a thing of exploitation to a thing of contemplation. Their landscapes celebrated the expansiveness of the American scene with a clarity of vision that offered detail and drama”. Gli astronomical artists – fra cui Chesley Bonestell che dipinse Saturno negli anni ’40, Bill Hartmann che ha dipinto Marte dagli anni ’70 agli anni ’90, e i pittori e illustratori più recenti come Pat Rawlings e Dave Gibbons – si sono concentrati su quello che presumevano potesse essere l’aspetto del paesaggio, a partire dal colore rossastro, e continuando con l’evocazione di un senso di immensità e di straniamento. Un paesaggio, insomma, in cui il wonder non ha ancora ceduto il passo alla exploitation. Gli astronauti sono dipinti con tute blu perché “our eyes on Mars will be starved of blue” e se possiamo aggiungerlo, il rosso e il blu sono i colori della bandiera americana. 1.4 L'esplorazione negli ultimi cinquant'anni Fra i più grossi meteoriti caduti fu trovato nella regione delle Allen Hills, in Antartide, e ricevette il nome ALH84001. Il presidente Bill Clinton riconobbe pubblicamente che quel pezzo di roccia ci parlava, attraverso distanze di milioni di miglia e tempi di milioni di anni, della possibilità di vita. Il presidente degli USA, Barak Obama, ha già stanziato alcuni miliardi: si tratta di “una caccia alle risorse che ha per territorio l’universo”. 2. IL MARZIANO MANIFESTO 2.1 Il Manifest Destiny L’espressione “Destino Manifesto” risale al 1845, quando il giornalista John O’Sullivan la usò per la prima volta nel numero di luglio-agosto della Democratic Review per descrivere la convinzione che gli americani fossero “destinati” (dal volere divino) a espandere i territori della giovane repubblica federale verso ovest. Risaliva ai primi insediamenti coloniali nel New England e a quell’errand (missione, compito) che nel progetto puritano aveva presto rimpiazzato la semplice necessità di sfuggire alle persecuzioni europee. Il momento storico in cui O’Sullivan dà un nome al Destino Manifesto è caratterizzato dal desiderio di assecondare il nuovo e robusto tipo di nazionalismo che si sta diffondendo, e che affonda le sue radici nella III Letter of an American Farmer di J. Hector St. John de Crèvecoeur: quella che sancisce, mediante il concetto della transplantation, la nascita della nuova “razza” costituita dagli europei trapiantati appunto nel fertile suolo dell’Alma Mater d’America. Il nuovo uomo americano (o nuovo Adamo) viene considerato “superiore” proprio grazie a questa ibridazione col territorio; lo stesso territorio sul quale sorgeva la virtuale city upon the hill progettata dai puritani per essere un modello per il mondo intero contro la wilderness. Se la città sulla collina aveva rappresentato, per le generazioni precedenti un punto di riferimento, successivamente a questo punto si aggiunge una linea: quella della Frontiera, che in America non sarà un segno di demarcazione fisso bensì il suo esatto contrario – un confine fluido, mobile, dinamico, in continuo spostamento verso il Pacifico. Una linea fatta di uomini e donne, carovane, cavalli, armi, commerci, conflitti, massacri, al di qua della quale prendeva forma la “civiltà” occidentale e al di là della quale la wilderness arretrava irrevocabilmente. Lo storico della Frontiera, Jackson Turner, ha ben spiegato (1893) il processo di avanzamento, durato decenni e compiutosi solo a fine Ottocento davanti all’Oceano; e dopo di lui diversi studiosi hanno riflettuto sul suo significato e sulle sue conseguenze.

La Frontiera è dunque un fenomeno centrale per capire una delle caratteristiche più controverse della cultura americana: la coesistenza, per certi versi paradossale, di un forte senso di democrazia (radicato sui valori fondanti di libertà, uguaglianza, diritti civili, ecc.) da un lato; e, dall’altro, l’altrettanto forte spinta espansionistica, tale che spesso si è parlato, e non del tutto a sproposito, di Impero e di imperialismo. la Frontiera, che pure distrusse e cancellò vegetazione, animali e uomini, ridisegnando il territorio a partire da un genocidio, è stata considerata un grande movimento democratico: si basava infatti sul valore dei singoli individui, tutti percepiti come uguali incrementò ulteriormente la mentalità per cui every man is equal), purché si trovassero, per così dire, dal lato giusto della linea. Il certificato di nascita del termine risale invece a un articolo pubblicato nel 1845, in cui O’Sullivan sostiene l’annessione del Texas da parte degli Stati Uniti, contro il Messico che lo riteneva invece proprio territorio, durante la campagna presidenziale che vedeva scontrarsi Henry Clay e James Polk. Il Destino Manifesto tuttavia non si esaurì né con la minaccia della secessione, né con l’arrivo sulle coste del Pacifico. Al contrario, continuò e continua a informare l’immaginario degli americani e a guidare il loro progetto politico nei confronti del resto del mondo. L’espressione “Destino Manifesto” è stata riattualizzata in varie occasioni, dagli anni della Guerra Fredda contro l’“Impero del Male” comunista fino alle posizioni intransigenti dei due Bush (padre e figlio), e sicuramente lo sarà ancora in futuro. 2.2 Scudo Spaziale, Guerre Stellari e New Frontiers Gli alieni (e in particolare i marziani) rappresentano un’arena significativa di incontro/ scontro ideologico nella cultura americana. Essi riflettono in modo evidente i desideri, le pulsioni, le paure e le idiosincrasie dei terrestri, e nello specifico degli americani. Dato che la Frontiera è stata a lungo percepita come uno spazio “destinato” a espandersi senza limiti, ne consegue che prima o poi il terreno di confronto con l’alieno dovrà pur presentarsi. Abbiamo dunque parlato di Frontiera e della sua fluidità; c’è però nella storia statunitense anche un movimento contrario, che porta a erigere steccati e a chiudere per così dire le porte in difesa del territorio. Il caso tristemente noto del confine tra USA e Messico: mi riferisco naturalmente alla barriera di separazione detta “muro di Tijuana”, la cui costruzione fu avviata nel 1994 per impedire agli immigranti illegali, in particolar modo messicani e centroamericani, di oltrepassare il confine sulle basi di un triplice progetto e al muro, lungo quasi 1000 km, fatto costruire in seguito al Secure Fence Act del 2006, approvato dal secondo governo di George W. Bush Junior, a cui si aggiungono le varie leggi restrittive nei confronti degli emigranti. Con “Scudo Spaziale” – traduzione italiana di Strategic Defense Initiative (SDI), si intende il programma di difesa strategica proposto il 23 marzo del 1983 dall’allora presidente Ronald Reagan per proteggere gli Stati Uniti da attacchi di missili balistici intercontinentali con testate nucleari. In realtà esisteva già una sorta di accordo tra USA e URSS: per evitare la reciproca distruzione in caso di conflitto atomico, le due potenze avevano, infatti, adottato da tempo una strategia denominata Mutual Assured Destruction (MAD), ma evidentemente Reagan non la riteneva più sufficiente a garantire la pax atomica. J. F. Kennedy, il quale, nel suo celebre discorso del 15 luglio 1960 in cui accetta la candidatura per il partito democratico (poi divenuto noto come il New Frontier Speech), si richiama esplicitamente all’idea della Frontiera. Due soli anni dopo, col discorso “Address at Rice University on the Nation’s Space Effort” (meglio noto come il “We choose to go to the Moon” Speech), Kennedy comincia a convincere i cittadini americani della necessità di finanziare la NASA per organizzare la prima spedizione di astronauti sul nostro satellite. 20 luglio 1969. Da quella data, ben dodici uomini cammineranno sulla Luna. Quando il presidente George W. Bush Junior, nel 2004, dichiara la sua intenzione di mandare uomini su Marte “in the twenty-first century”, la NASA presenta un progetto del costo di 450 miliardi di dollari: un piano che viene criticato da Robert (Bob) Zubrin, il quale propone invece un progetto molto più economico (fra i 20 e i 50 miliardi) chiamato Mars Direct e ispirato alla “triumphal experience of the American frontier”. 2.3 I programmi NASA, ovvero: Has Curiosity killed the cat? Nonostante la comunicazione, da parte dal presidente Dwight D. Eisenhower (il quale fonderà la NASA, National Aeronautics and Space Administration, nel 1958), dell’imminente invio del primo satellite artificiale americano, sono i sovietici, nell’ottobre del 1957, a mandare in orbita lo Sputnik.

Un mese più tardi, Sputnik II entra in orbita con una cagnolina a bordo, di nome Laika; e solo il primo gennaio 1958 il razzo Jupiter C manda in orbita il primo satellite americano, Explorer I. Gli Stati Uniti reagiscono con tenacia allo svantaggio iniziale e proseguono la corsa per la conquista della Luna creando una serie di laboratori scientifici e di programmi spaziali. Sono tuttavia ancora i sovietici a portare a segno nuovi successi: nel gennaio 1959 la sonda Lunik I passa molto vicina alla superficie lunare (6500 km); nel settembre dello stesso anno Lunik II lascia sulla Luna, a est del Mare Serenitatis, una targa commemorativa con falce e martello e il ritratto di Vladimir Lenin; il mese successivo, infine, Lunik III compie il primo giro intorno alla Luna, inviando sulla Terra le prime fotografie del satellite, compresa la faccia che normalmente non vediamo dalla Terra. Sarà il nuovo presidente J. F. Kennedy a ridare nuova fiducia agli americani. Dopo vari lanci di satelliti contenenti scimmie, nasce il progetto Apollo, che porterà l’uomo sulla Luna, associato al programma Gemini. Intanto la Russia manda la prima donna nello spazio (Valentina Vladimirovna Tereshkova, nel 1963) e Alexey Leonov effettua la prima passeggiata nello spazio (18 marzo 1965), inaugurando quella che sarà poi chiamata dagli americani EVA (Extra Vehicular Activity). lL prima passeggiata spaziale made in USA (Edward White, 3 giugno 1965) e con il primo incontro (rendez vous) tra Gemini 6 e Gemini 7, il 15 dicembre dello stesso anno. La Luna viene raggiunta il 20 luglio del 1969 dall’Apollo 11. L’equipaggio è composto di tre uomini, uno dei quali resterà dentro la navicella (Michael Collins). Neil Armstrong prima e Edwin Buzz Aldrin poco dopo camminano sul suolo lunare e piantano la bandiera americana sul Mare Tranquillitatis: l’evento è trasmesso in diretta in tutto il mondo. I russi fanno un primo tentativo verso Marte nel 1960, con le sonde Marsnik 1 e 2 (conosciute anche come Mars 1960A e Mars 1960B), che però fallisce. Fallirà anche il secondo tentativo, nel 1962, con Mars 1. Nove anni dopo partono le due sonde gemelle Mars 2 e Mars 3 (1971), e nel 1973 è la volta di Mars 4, 5, 6 e 7. Gli americani lanciano le sonde Mariner 3 e Mariner 4 nel 1964. Mentre ci si prepara al lancio, la NASA organizza una conferenza a cui partecipano diversi scienziati e quasi tutti concordano sulla possibilità che ci sia vita. Mariner 4 sorvola Marte e trasmette ventidue immagini storiche = “un mondo arido e disseminato di crateri, del tutto simile alla desolata superficie lunare”. Nel 1969 Mariner 6 e Mariner 725 raccolgono 201 immagini, ma solo del 20% della superficie. Il polo sud, per esempio, appare quasi del tutto ricoperto da ghiaccio secco. Nel 1971 la telecamera di Mariner 9 mostra per la prima volta una tempesta di polvere globale sul pianeta. Tale fenomeno, conosciuto ormai da quasi un secolo, è dovuto al fatto che Marte è situato su un’orbita particolarmente ellittica, a cui consegue un’elevata variabilità dell’irraggiamento solare a seconda delle stagioni. La NASA cura anche una pubblicazione, Mars as Viewed by Mariner 9, un capitolo della quale si intitola “Similarities: Mars, Earth, and Moon”: S. E. Dwornik vi dichiara che è impossibile guardare le immagini di Marte senza scoprire “features reminiscent of those on our native planet”. Nel 1975 gli americani lanciano Viking 1 e Viking 2 al fine di effettuare rilevamenti fotografici e di valutare la possibilità di vita sul pianeta. Viene anche prelevato del materiale per essere analizzato, ma gli esperimenti effettuati non danno risultati tali che ci si possa pronunciare sull’esistenza di attività biologica sul pianeta. Nello stesso anno in cui vengono lanciati i Viking statunitensi (1975) avviene anche la storica passeggiata spaziale con rendez vous fra una navicella americana (Apollo) e una sovietica (Soyuz), con stretta di mano fra i due equipaggi. Nel 1986 un ex amministratore della NASA presenta un piano spaziale che prevede, tra le altre cose, un insediamento su Marte entro il 2035. Nel 1996 la NASA lancia il Mars Global Surveyor, che condurrà osservazioni per la durata di un anno marziano. Nello stesso anno la Russia lancia il Mars 96, che viene perduto; e di nuovo la NASA lancia il Mars Pathfinder, che impiega solo sette mesi per arrivare su Marte e per tutto il 1997 raccoglie dati sulla superficie con l’aiuto del Sojourner, ottenendo risultati “scientificamente importanti e, a volte, spettacolari”. La sonda Mars Pathfinder inaugura l’era dell’esplorazione on line, mirata a dimostrare la possibilità di atterrare e spostarsi su Marte a costi limitati; contiene un piccolo veicolo a sei ruote (rover) chiamato Sojourner, che ha la funzione di “esplorare” il pianeta per qualche metro intorno alla sonda. Senza dubbio l’avvento del World Wide Web rafforza il rinnovato interesse per Marte: il numero di connessioni supera gli otto milioni in tre mesi.

Nel 1998 viene creata da Zubrin la Mars Society28, un’associazione non-profit con sede a Lakewood (Colorado) che promuove la conoscenza, l’esplorazione e la possibile colonizzazione di Marte. Curiosity ha confermato che 3,6 miliardi di anni fa Marte non era arido come appare oggi, ma sulla sua superficie esistevano corsi d’acqua e un lago con gli elementi necessari per l’esistenza di microrganismi. 2.4 Mars-scapes Parlare di paesaggio marziano (o Mars-scape) significa, dunque, unire alle conoscenze scientifiche una buona dose d’immaginazione, e anche tenere in considerazione tutto quello che abbiamo imparato sulla nozione di “paesaggio” negli ultimi decenni grazie non solo alla geografia ma a tre altre importanti discipline: la psicologia, l’ecologia e i soundscape studies. La prima di esse ci insegna, mediante la teoria delle affordances (Gibson 1977), che ogni luogo, evento, oggetto possiede qualità fisiche tali che permettono ai viventi di dedurne intuitivamente le possibilità d’uso o d’interazione. L’ecologia invece, grazie alla più recente formulazione della teoria dell ’eco-field, ci ha mostrato come sia possibile integrare il concetto di individuo con la nozione di habitat o di nicchia ecologica: secondo tale teoria, può definirsi eco-field ogni configurazione spaziale portatrice di significato e/ o utilità per le funzioni vitali di un organismo. Tutti gli eco-fields di un individuo costituiscono il suo “paesaggio cognitivo” o Umwelt. Infine, i soundscape studies hanno per così dire fornito una colonna sonora alla nostra visione del paesaggio, ricordandoci che quest’ultimo è fatto anche di elementi acustici, di onde, di vibrazioni. Marte è definito “pianeta tellurico”: pianeta perché è un corpo celeste che ruota seguendo un’orbita attorno ...


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