Analisi dello Statuto dei Lavoratori PDF

Title Analisi dello Statuto dei Lavoratori
Course DIRITTO DEL LAVORO
Institution Università degli Studi dell'Aquila
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Titolo I, artt. 1-9, legge 300/1970...


Description

STATUTO DEI LAVORATORI (L. N. 300/1970) Le norme dello Statuto dei Lavoratori sono dirette a salvaguardare la personalità fisica e l’integrità morale dei lavoratori e, di conseguenza, pongono una serie di DIVIETI a carico del datore di lavoro ed una serie di LIMITI all’esercizio del suo potere direttivo e di controllo. Il TITOLO I dello Statuto disciplina diritti e doveri volti a garantire la libertà e la dignità del lavoratore.

L’art. 1 St. Lav. è una norma fondamentale di carattere generale: riconosce il diritto dei lavoratori di MANIFESTARE LIBERAMENTE IL PROPRIO PENSIERO nei luoghi di lavoro, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, nel rispetto dei principi della Costituzione e dello Statuto dei Lavoratori. Il lavoratore, quindi, non può manifestare le proprie opinioni con modalità e forme lesive della coscienza e della sensibilità altrui o con pregiudizio al normale andamento dell’attività aziendale.

L’art. 2 St. Lav. riguarda le GUARDIE GIURATE. Il datore di lavoro può utilizzare le guardie giurate soltanto per scopi di TUTELA DEL PATRIMONIO AZIENDALE, per cui queste non possono contestare ai lavoratori azioni o fatti diversi da quelli che riguardano il patrimonio aziendale. Le guardie giurate non possono accedere nei locali dove si svolge l’attività lavorativa, durante il suo svolgimento, per effettuare dei controlli su di essa. L’utilizzo delle guardie giurate per motivi diversi dalla tutela del patrimonio aziendale comporta una sanzione penale per il datore di lavoro e le guardi giurate sono sospese dal servizio. Nei casi più gravi il prefetto può revocare la loro licenza.

L’art. 3 St. Lav. riguarda il PERSONALE DI VIGILANZA. Il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare preventivamente ai lavoratori i NOMINATIVI e le specifiche MANSIONI del personale di vigilanza di cui intende avvalersi sul luogo di lavoro. Il personale di vigilanza esercita, quindi, una SORVEGLIANZA PALESE. La giurisprudenza prevalente si è espressa su due questioni: in primo luogo il controllo può essere non palese quando si tratta di controllo gerarchico; in secondo luogo, si può avere un controllo occulto quando c’è la possibilità di rilevare un comportamento punibile penalmente, con lo scopo di prevenire che venga commesso un reato. In questo caso il compito è affidato o ad un lavoratore specifico oppure a terzi soggetti. L’art. 4 St. Lav. disciplina il potere di SORVEGLIANZA A DISTANZA dei lavoratori tramite l’utilizzo da parte del datore di lavoro di impianti audiovisivi e

di altri strumenti di controllo. A seguito del d.lgs. 151/2015, attuativo del Jobs Act, è legittimo installare impianti audiovisivi o altri strumenti di controllo da cui derivi anche il controllo a distanza dei lavoratori per ESIGENZE ORGANIZZATIVE E PRODUTTIVE , per la SICUREZZA DEL LAVORO e per la TUTELA DEL PATRIMONIO AZIENDALE. In questi casi il controllo sull’attività dei lavoratori è consentito in quanto è una conseguenza indiretta e non intenzionale del controllo attuato per altre finalità. L’installazione di tali strumenti di controllo è consentita previo ACCORDO SINDACALE con le rappresentanze sindacali aziendali. In mancanza di tale accordo gli strumenti di controllo possono essere installati solo previa AUTORIZZAZIONE della sede territoriale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Non è necessario l’accordo, invece, per installare gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e per quelli di registrazione degli accessi e delle presenze. Il legislatore ha previsto che le informazioni di cui viene a conoscenza il datore di lavoro attraverso l’utilizzo degli strumenti di controllo sono utilizzabili A TUTTI I FINI CONNESSI AL RAPPORTO DI LAVORO. Il datore di lavoro può quindi servirsi dei dati raccolti sia per verificare il corretto adempimento del lavoratore, sia per verificare particolari condotte dei lavoratori rilevanti sotto il profilo disciplinare. I lavoratori, però, devono essere ADEGUATAMENTE INFORMATI circa le modalità d’uso degli strumenti di controllo; è inoltre necessario che l’utilizzo dei dati acquisiti avvenga nel RISPETTO DELLA DISCILPLINA PER IL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI (d.lgs. 196/2003) a garanzia della PRIVACY dei lavoratori. in generale, è vietata l’installazione di impianti audiovisivi o di altri strumenti di controllo che hanno come SCOPO UNICO ED ESCLUSIVO quello di controllare a distanza l’attività lavorativa. Il divieto riguarda, quindi, i CONTROLLI INTENZIONALI diretti a controllare il lavoratore nello svolgimento delle sue mansioni.

L’art.5 St. Lav. riguarda gli ACCERTAMENTI SANITARI. È fatto divieto al datore di lavoro di effettuare accertamenti sull’idoneità e sull’infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente, direttamente o mediante il proprio medico di fiducia. Il controllo sull’idoneità fisica e sullo stato di salute del lavoratore può avvenire solo attraverso i SERVIZI PUBBLICI COMPETENTI, ovvero i medici del Servizio Sanitario. Inoltre, le visite di controllo domiciliari devono avvenire entro determinate fasce orarie (cd. Fasce orarie di reperibilità).

L’art. 6 St. Lav. riguarda le VISITE PERSONALI DI CONTROLLO (perquisizioni). Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate, tranne nei casi in cui siano INDISPENSABILI ai fini della TUTELA DEL PATRIMONIO AZIENDALE, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti. È, però, sorto un problema circa la costituzionalità dell’articolo in questione: si riteneva, infatti, che questa norma fosse in contrasto con l’art. 13 Cost. che disciplina la libertà personale. In merito è, dunque, intervenuta la Corte Costituzionale che attraverso una sentenza ha stabilito che l’art. 6 St. Lav. non è incostituzionale. La Corte ha posto due condizioni circa la legittimità delle visite personali di controllo: innanzitutto devono essere indispensabili e in secondo luogo, il lavoratore PUÒ LEGITTIMAMENTE SOTTRARSI (quando l’opposizione è legittima). L’INDISPENSABILITA’ delle visite personali di controllo è legata a due fattori: da un lato la qualità degli strumenti di lavoro, delle materie prime o dei prodotti; dall’altro lato la facile sottrazione degli oggetti di lavoro da parte dei lavoratori. di conseguenza, questi due elementi possono consentire le perquisizioni. Condizione necessaria per le perquisizioni personali è il CONTROLLO SINDACALE, o in mancanza l’amministrazione amministrativa. Questa condizione è però necessaria ma non sufficiente: la legge, infatti, introduce limiti procedurali e sostanziali circa l’esercizio delle perquisizioni personali. Di conseguenza, le perquisizioni possono essere eseguite purché sussistano TRE CONDIZIONI: devono essere effettuate ALL’USCITA DAI LUOGHI DI LAVORO , secondo SISTEMI DI SELEZIONE AUTOMATICA ED IMPARZIALE, rispetto a GRUPPI DI LAVORATORI. La giurisprudenza precisa che le visite personali di controllo devono essere effettuate salvaguardando la DIGNITA’ e la RISERVATEZZA del lavoratore. In caso contrario la perquisizione è ILLEGITTIMA per cui il lavoratore può sottrarsi e il datore di lavoro non può esercitare il suo potere. La violazione dell’art. 6 St. Lav. è punito con sanzioni penali.

L’art. 7 St. Lav. disciplina le SANZIONI DISCILPLINARI cui incorrono i lavoratori che non rispettano gli obblighi contrattuali e, in generale, gli OBBLIGHI DI DILIGENZA, OBBEDIENZA e FEDELTÀ sanciti dagli artt. 21042105 c.c. Il datore di lavoro può irrorare sanzioni nei confronti dei lavoratori in esercizio del proprio POTERE DISCILPLINARE. L’art. 7 St. Lav. stabilisce il PROCEDIMENTO attraverso il quale il datore di lavoro esercita il proprio potere e sanziona il lavoratore. Il comma 1 stabilisce che le infrazioni, le sanzioni e le procedure di contestazione devono essere affisse in LUOGHI ACCESSIBILI A TUTTI e all’interno di un apposito CODICE DISCILPLINARE. Il datore di lavoro ha l’ONERE DELLA PUBBLICITÀ del codice disciplinare; di conseguenza, senza un codice disciplinare il datore di lavoro non potrebbe esercitare il proprio potere. La pubblicità ha carattere collettivo, in quanto è rivolta a tutti i lavoratori. Il lavoratore ha invece l’ONERE DI DILIGENZA al codice disciplinare. Il comma 2 stabilisce che il datore di lavoro deve CONTESTARE PER ISCRITTO L’ADDEBITO AL LAVORATORE e il lavoratore ha DIRTTIO A DIFENDERSI. La contestazione deve essere IMMEDIATA (per garantire la possibilità al lavoratore di difendersi adeguatamente e perché, trascorso molto tempo tra l’intimazione della sanzione e la contestazione del fatto si evidenzia una mancanza di interesse da parte del datore di lavoro), SPECIFICA (deve essere sufficientemente dettagliata per cui deve contenere i fatti materiali e concreti compiuti dal lavoratore) e IMMUTABILE (i fatti posti a fondamento del provvedimento disciplinare devono coincidere con quelli contestati). Il comma 3 stabilisce che il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale di cui fa parte o al quale attribuisce tale compito. Il comma 4 dispone le diverse SANZIONI DISCIPLINARI, che vanno dalla meno grave alla più grave: il RICHIAMO VERBALE, l’AMMONIZIONE SCRITTA, la MULTA (per un massimo di 4 ore della retribuzione base) e la SOSPENSIONE (dal lavoro e dalla retribuzione per un massimo di 10 giorni). La sanzione NON può consistere in un MUTAMENTO DEFINITIVO DEL RAPPORTO DI LAVORO, ad esempio come retrocessione di categoria o di qualifica. La più grave tra tutte le sanzioni è rappresentata dal LIKCENZIAMENTO DISCIPLINARE, ma rappresenta la soluzione estrema. Il comma 5 stabilisce il DIRITTO DI DIFESA del lavoratore. Dopo la contestazione dell’infrazione, il datore di lavoro deve aspettare ALMENO 5 GIORNI per la concreta adozione e applicazione della sanzione; il termine di 5 giorni è il tempo minimo previsto dalla legge affinché il lavoratore possa esercitare il proprio diritto di difesa chiedendo al datore di lavoro di essere ascoltato o presentando difese scritte grazie all’assistenza del rappresentante sindacale. Il comma 6 dispone che il lavoratore PUÒ CONTESTARE LA SANZIONE DISCIPLINARE, o FACENDO RICORSO ALL’AUTORITA’ GIUDIZIARIA o AVVALENDOSI DI UNA PROCEDURA ARBITRALE. In questo secondo caso, su richiesta del lavoratore e nel termine di 20 giorni si costituisce un COLLEGIO DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO composto da un rappresentante di ciascuna parte e da un terzo soggetto scelto di comune

accordo. La richiesta di tale procedura comporta la SOSPENSIONE DELLA SANZIONE non ancora eseguita fino alla pronuncia da parte del collegio. Se il datore di lavoro non provvede a nominare il proprio rappresentante entro 10 giorni dall’avvenuta richiesta da parte dell’ufficio del lavoro, la sanzione disciplinare non ha effetto. L’impugnazione da parte del lavoratore può avvenire per due motivi: da un lato per un’IRREGOLARITA’ DI CARATTERE PROCEDURALE per cui la sanzione è stata adottata non rispettando il procedimento disciplinare; dall’altro lato per una SPROPORZIONALITA’ DELLA SANZIONE non rispettando il principio posto dall’art. 2106 c.c. che prevede che la sanzione debba essere proporzionata all’infrazione.

L’art. 8 St. Lav. riguarda il DIVIETO DI INDAGINE SULLE OPINIONI. È fatto divieto al datore di lavoro di effettuare indagini sulle OPINIONI POLITICHE, RELIGIOSE o SINDACALI del lavoratore, nonché su FATTI NON RILEVANTI ai fini della valutazione della sua attitudine professionale. Il divieto è valido sia ai fini dell’assunzione del lavoratore che durante tutto il rapporto lavorativo. La RATIO della norma è quella di preservare le opinioni del lavoratore che sono estranee alla causa contrattuale. Tale norma è di CARATTERE ESEMPLIFICATIVO, ma non vincolante, come chiarito dalla giurisprudenza: ciò si evince dalla seconda parte dell’art. 8 secondo cui il datore di lavoro non può effettuare indagini su fatti non rilevanti per la valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore. A questa conclusione sono state, però, poste delle DEROGHE. I datori di lavoro si dividono in 3 categorie: gli IMPRENDITORI, i DATORI DI LAVORO NON IMPRENDITORI e i DATORI DI LAVORO IDEOLOGICAMENTE CARATTERIZZATI. Questi ultimi sono i datori di lavoro che hanno finalità politiche, sindacali e religiose; più semplicemente hanno FINALITA’ IDEOLOGICHE. In questo caso si fa riferimento alle IMPRESE DI TENDENZA, con finalità specifiche. La giurisprudenza, infatti, distingue tra mansioni di tendenza, con finalità ideologiche, e mansioni non di tendenza, che non perseguono obiettivi ideologici. Il divieto di indagine, quindi, non può riguardare le mansioni di tendenza, ma soltanto le MANSIONI NEUTRE, ovvero quelle mansioni che non riguardano finalità politiche, sindacali o religiose, che vengono espletate da qualsiasi datore di lavoro. Inoltre, l’ATTITUDINE PROFESSIONALE cui fa riferimento la seconda parte del testo dell’articolo, è la PRONTEZZA AD ADEMPIERE ovvero la possibilità del datore di lavoro di verificare se un determinato requisito richiesto è necessario per l’espletamento delle mansioni del lavoratore. È quindi necessario verificare le mansioni di assunzione: se un requisito è necessario per l’espletamento delle mansioni, può essere legittimamente richiesto, altrimenti è illegittimo....


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