Appunti 20a lezione - La lotta per le investiture: Gregorio VII ed Enrico IV PDF

Title Appunti 20a lezione - La lotta per le investiture: Gregorio VII ed Enrico IV
Author Aura A.
Course Storia medievale i
Institution Sapienza - Università di Roma
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Trascrizioni delle lezioni della Prof.ssa Plebani anno accademico 20/21 pieno medioevo...


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giovedì 12 novembre 2020 La lotta per le investiture: Gregorio VII ed Enrico IV

Analizziamo qui gli esiti del Dictatus papae. Innanzitutto è necessario soffermarsi sulla data, il manuale di Cardini e Montesano indica 1078, in realtà tale data non è accettata dalla letteratura storica contemporanea, perché sebbene il Dictatus Papae non sia datato con chiarezza, è però inserito da un punto di vista di registro all’interno delle lettere di Gregorio VII, quindi è il registro di lettere di Gregorio VII, in una data compresa tra il marzo e l’aprile del 1075. Quindi la letteratura storica contemporanea pensa che la data di stesura sia collocabile nella primavera del 1075; sicuramente non può essere 1078 come appunto è scritto sul manuale sopracitato, per gli eventi poi che fanno seguito a questo Dictatus papae che nel 1078 già sostanzialmente si sono risolti, in modo provvisorio, ma comunque risolti nella controversia tra Enrico IV e Gregorio VII. Non si deve tenere conto dunque della data indicata sul manuale. Tornando al Dictatus papae, esso provoca una reazione ovviamente molto violenta da parte di Enrico IV. Enrico IV per il momento non è sceso in Italia, è maggiorenne dal 1066, però è ancora in Germania senza aver mai posto piede in Italia. Questo Dictatus papae mette in crisi effettivamente tutto il lavoro che era stato fatto dagli imperatori in collaborazione con il clero tedesco, e mette in crisi anche quella costruzione di controllo del potere pontificio che il padre di Enrico IV era riuscito ad attuare. Quindi Enrico con i suoi alleati si ribella nei confronti del Dictatus papae, addirittura organizza un complotto, perché sembra sicuro che sia stato lui il mandante; organizza dunque un complotto ai danni di Gregorio VII nel tentativo di ucciderlo mentre stava celebrando la messa di Natale del 1075. Sappiamo bene che i tentativi di assassinio di un pontefice tutto sommato non sono una pratica sconosciuta nel Medioevo, era ricorso al tentativo di assassinio già Leone III Isaurico nel secolo precedente, nel X secolo Marozzia, figura femminile che aveva fatto uccidere un pontefice. Quindi non era sicuramente una cosa nuova. Quello che però è un po’ nuovo è che Enrico IV si serva del prefetto di Roma, cioè di colui che era il più alto esponente dell’amministrazione municipale romana, come braccio armato per l’assassinio di Gregorio VII. Questo personaggio si chiama Cencio, è uno dei personaggi più in vista sicuramente della Roma del tardo XI secolo, viene comprato da Enrico IV affinché uccida Gregorio VII. Effettivamente Gregorio viene assalito durante la messa di Natale del 1075, viene preso in custodia da Cencio, però viene liberato dal popolo romano. In questa fase dunque Gregorio VII godeva di un vastissimo consenso a livello di popolo romano, a livello di fedeli, sdegnati dall’azione di Cencio, che lo liberano appunto dalla prigionia; Cencio lo aveva ospitato presso le sue proprietà urbane, il popolo romano riesce a liberarlo dalla prigionia e il Liber Pontificalis ci racconta che due giorni dopo essere stato assalito viene liberato e immediatamente torna a celebrare la messa di Natale laddove l’aveva interrotta. Con un sangue freddo invidiabile quindi Gregorio VII ritorna sulla scena pubblica. Un suggerimento di lettura proposto è un libro intitolato Roma medievale, e abbraccia gli eventi dal 900 al 1150, quindi un secolo e mezzo di storia romana. È una prospettiva molto concentrata, è dedicata essenzialmente a Roma e intesa come amministrazione pontificia e come amministrazione municipale. È scritto da Chris Rickham, uno degli storici inglesi più importanti da un punto di vista dell’alto Medioevo e del Medioevo centrale, ed è un testo non di facile lettura sicuramente, però che riassume tutto quello che si sa fino a oggi della storia 1

di Roma di questo periodo. Si pensava di non sapere tantissimo della storia della città di Roma di questi anni, intesa anche come vita cittadina, in realtà qualcosa effettivamente si sapeva. Quindi se ad esempio si vuole sapere qualcosa in più su questa figura del prefetto Cencio, dare un’occhiata a questo testo può essere utile. Tornando alle vicende, Gregorio VII ovviamente capisce che dietro il tentato assassinio c’è Enrico IV, per cui nel gennaio 1076 lo scomunica. Questa scomunica è la prima volta che viene comminata da un pontefice al re di Germania. Enrico IV non è imperatore, ed è una scomunica che ha un riflesso molto importante sulla società del tempo, non tanto come sanzione spirituale; la scomunica significava essere completamente allontanato dalla societas christiana. Quindi lo scomunicato, come dice anche il Dictatus papae, non deve essere accolto da nessuno, deve essere emarginato da tutti, non solo non può entrare nei luoghi sacri, ma non può neanche essere ospitato da famiglie che siano nella comunione con la Chiesa. È quindi un elemento che viene allontanato dal contesto civile sostanzialmente. A livello della carica che esercitava Enrico IV, questo è ben più importante, perché la scomunica non solo lo pone al di fuori del circuito cristiano, ma chiaramente di fatto annulla tutti i vincoli di obbedienza che sono stati stabiliti tra lo scomunicato e, nel caso di Enrico IV, i suoi sudditi. Quindi tutti i suoi vassalli sono liberati dal vincolo di obbedienza, tutti i sudditi della corona sono liberati dal vincolo di obbedienza, paradossalmente chiunque, anche l’ultimo dei sudditi del sovrano, in questa circostanza poteva ucciderlo, perché in un caso come la scomunica, cioè l’allontanamento dalla società cristiana, quell’elemento scomunicato non fa più parte della comunità cristiana. È dunque un gesto estremamente forte questo che viene compiuto da Gregorio VII, giustificato dal sospetto che fosse stato Enrico IV a volerne la morte, ma che causa un danno enorme da un punto di vista di assetto sociale in Germania così come in Italia. Enrico IV non tiene in grande considerazione la scomunica da un punto di vista spirituale, non gli interessa quel tipo di sanzione, ma gli interessa proprio questa conseguenza sopracitata. Conseguenza che bisogna dire è molto ben gestita a livello tedesco, perché viene dimostrata la solidità della società così come era stata impiantata in Germania, in quanto i signori tedeschi non approfittano subito delle difficoltà di Enrico IV ingiungendogli di lasciare il trono e quindi di ritirarsi al di fuori di qualsiasi contesto sociale, ma cercano di aspettare per vedere se il sovrano riesca a tornare nella comunione con la Chiesa tramite contatti diplomatici con il pontefice Gregorio VII. In realtà Enrico IV ha la stessa personalità di Gregorio VII, quindi è estremamente rigido, molto consapevole dell’importanza dell’autorità del sovrano, e quindi non ha, in questa prima fase, nessuna intenzione di sottomettersi a Gregorio VII, perché si trattava di chiedere perdono, di riconoscere i propri sbagli e di venire assolto dalla scomunica. Enrico IV sostanzialmente va avanti un anno in questa situazione di limbo, chiaramente sostenuto da coloro che gli erano vicini, che gli rimangono alleati, ma causando comunque dei dubbi nel resto dell’aristocrazia tedesca che vedeva in questa difficoltà di Enrico la possibilità di un cambio dinastico. Dunque ovviamente nel giro di qualche mese cominciano ad esserci delle voci di dissenso, che vengono soprattutto dal ducato di Svevia. Quello che si fa portavoce del disagio nei confronti di una società che ha al suo vertice un sovrano scomunicato è il duca di Svevia Rodolfo. Questa voce che va controcorrente in Germania di fatto sollecita i dubbi di molti altri, per cui a Enrico IV viene dato un ultimatum: o se fosse riuscito a farsi perdonare entro il febbraio del 1077 non sarebbe cambiato assolutamente niente, se non fosse riuscito ad essere assolto dalla scomunica entro il febbraio 1077, a quel punto sarebbe stato dichiarato deposto. Quindi 2

viene fissata una data all’interno del mese di febbraio nella quale si sarebbero riuniti gli aristocratici tedeschi, sia laici sia ecclesiastici, per giudicare Enrico IV indegno del trono nel caso in cui non fosse stato assolto. Enrico chiaramente fa passare molto tempo prima di arrivare alla decisione di scendere in Italia, e stabilisce di scendere in Italia soltanto a gennaio del 1077, quindi a ridosso di fatto della scadenza dell’ultimatum, e solo perché aveva saputo che lo stesso Gregorio VII sarebbe partito da Roma alla volta della Germania, per partecipare in prima persona a quell’assemblea generale che avrebbe dovuto dichiarare deposto il sovrano. Capendo dunque che la presenza del papa in Germania sarebbe stata esiziale per lui se non fosse stato assolto, Enrico IV è costretto a prendere una decisione definitiva, e stabilisce appunto di scendere in Italia e di intercettare il papa prima che passasse le Alpi. È costretto quindi ad organizzare in tutta fretta un viaggio in Italia, non armato, chiaramente non scende con un esercito, perché sarebbe stato un pessimo segnale da un punto di vista diplomatico, scende con un seguito di dignitari, ma non con un esercito, e si dirige dove il pontefice stava trascorrendo un inverno pare anche piuttosto rigido, e cioè il castello di Canossa, dove la Matilde marchesa di Toscana, amica e alleata di Gregorio VII lo stava ospitando. In questa circostanza, presso il castello canossiano di Matilde era presente anche l’abate di Cluny; Cluny era quel monastero istituito da Guglielmo d’Aquitania nel 910, che era stato dichiarato direttamente dipendente dal papa. Quindi un’istituzione monastica che prescindeva completamente dalle obbedienze ai signori territoriali e doveva obbedienza soltanto al papa. È passato ben oltre un secolo e mezzo da quella fondazione, la congregazione cluniacense si è espansa in tutta Europa ed è diventata un’istituzione sì monastica, ma anche con un peso politico estremamente forte, perché questa diretta dipendenza dal papa ovviamente faceva dell’abate di Cluny, cioè il capo della congregazione, uno degli interlocutori più autorevoli dei pontefici. In questa circostanza l’abate di Cluny è presente nel castello della contessa Matilde di Canossa accanto a Gregorio VII, ed è anche Ugo di Cluny che insieme a Gregorio e a Matilde vedono arrivare appunto il contingente tedesco con Enrico IV. In abiti penitenti, quindi abbigliato secondo un modo consono a chi stava chiedendo perdono, che chiede appunto di entrare e domandare perdono al pontefice all’interno del castello di Canossa. Sembra che Gregorio VII non lo volesse accogliere; quindi Gregorio VII non era assolutamente intenzionato ad accogliere il sovrano, anche perché a distanza di poco tempo ci sarebbe stata l’assemblea generale che lo avrebbe dichiarato deposto. Gregorio VII in Germania probabilmente, ma queste sono illazioni, perché non lo sappiamo con certezza, aveva pensato di influire sull’elezione del successore di Enrico IV, quindi di essere un po’ colui che determinava la successione a Enrico probabilmente con un cambio dinastico. Non era dunque Gregorio VII propenso a concedere il perdono a Enrico IV, ma viene sollecitato in questo senso con forza sia da Matilde di Canossa sia da Ugo di Cluny, semplicemente perché questa lotta tra i due personaggi più importanti della società europea in quel momento non faceva bene a nessuno; quindi era una situazione di grave difficoltà sotto tanti profili, che poteva essere composta, vista la disponibilità di Enrico IV di umiliarsi davanti a Gregorio VII. Tre giorni pare che sia rimasto fuori dal castello di Canossa, la leggenda lo vuole inginocchiato sulla neve, cosa che sembra un po’ eccessiva; ma quello che è sicuro è che il gruppo di tedeschi al seguito di Enrico IV è accampato per tre giorni fuori del castello di Canossa. Finalmente Gregorio VII si lascia convincere dalla marchesa e da Ugo di Cluny, accetta l’incontro con Enrico IV, che avviene secondo quello che era prevedibile, cioè Enrico IV si prostra ai piedi di Gregorio VII, gli chiede perdono, promette di tornare sui suoi passi, e di tornare quindi in comunione con il pontefice romano e ottiene l’assoluzione dalla scomunica. 3

A questo proposito vi è un testo intitolato Canossa: il disincanto del mondo, è scritto da un autore tedesco, Stefan Weinfurter, ed è un testo dedicato in modo molto specifico ai rapporti tra Enrico IV e Gregorio VII. Vedendo in questa umiliazione di Canossa un capovolgimento sicuramente dei rapporti tra sovrano di Germania e papa, che rappresenta una vera e propria rivoluzione per quei tempi. Non si era mai visto che un sovrano di Germania si prostrasse ai piedi dei pontefici, anzi erano stati i sovrani ad essere coloro che avevano superiorità rispetto ai pontefici e che dominavano anche la successione pontificia. Quindi questo evento di Canossa è sicuramente una data importante nel diverso equilibrio dei rapporti di forza che si vengono a instaurare tra le due autorità. Oltre a questo testo ve n’è anche un altro, scritto da Nicolangelo D’Acunto, ed è intitolato La lotta per le investiture. Una rivoluzione medievale (998-1122), perché questo autore vede nella lotta tra Gregorio VII e Enrico IV una rivoluzione da un punto di vista dei rapporti tra le due autorità universalistiche, cioè è proprio questo tipo di vicenda che cambia completamente nel mondo medievale le relazioni tra il papato e l’impero a favore del papato, e quindi con un capovolgimento di quel concetto di sacralità dell’istituzione imperiale che fino a Enrico IV i sovrani si erano attribuiti e che tornerà poi soltanto nel XII secolo formulata in modo diverso grazie a Federico Barbarossa e ai giuristi della scuola bolognese. Quindi in questo senso, Nicolangelo D’Acunto vede nella lotta per le investiture il cambio di passo nei rapporti tra papato e impero con una vittoria abbastanza significativa da parte del papato, questo è il suo punto di vista. Tornando ai protagonisti, bisogna dire che Enrico IV, assolto dalla scomunica, torna immediatamente in Germania, non occorre più quindi la celebrazione di quell’assemblea che era stata convocata, ma occorre, dalla prospettiva di Enrico IV, punire la ribellione del duca di Svevia. Rodolfo di Svevia aveva sobillato anche buona parte dell’aristocrazia tedesca contro il sovrano, quindi va punito. Le conseguenze dell’assoluzione Enrico IV è reintegrato nella sua posizione, quindi è nuovamente sovrano a tutti gli effetti, perdonato dal papa, assolto dalla scomunica, quindi può intervenire sulla successione ducale in quanto il duca di Svevia era ovviamente suo vassallo, in questo caso considerato indegno e sostituito da un personaggio della nobiltà minore tedesca, che si era mantenuto leale e costantemente al fianco di Enrico IV durante tutta questa vicenda, che è Federico di Hohenstaufen. Questo primo Federico di Hohenstaufen è colui a cui Enrico IV concede il ducato di Svevia, ed è un antenato di Federico Barbarossa e di Federico II. Quindi l’accesso della famiglia di Hohenstaufen, famiglia in questa fase marginale nella storia della Germania, al ducato dI Svevia avviene proprio grazie all’intervento di Enrico IV che lo ricompensa per l’alleanza che gli aveva sempre dimostrato. Enrico riesce a pacificare la Germania, però, diversamente da quello che aveva promesso a Gregorio VII, continua tranquillamente nella sua politica nei confronti della Chiesa tedesca, alzando anche il tiro e alzando i toni dello scontro, perché Enrico IV comincia non soltanto a scegliere il personale ecclesiastico proponendolo per la consacrazione, ma comincia a consacrarlo egli stesso. Si passa dunque a un diverso livello di esercizio del controllo sul personale ecclesiastico, che passa anche attraverso il diritto che il sovrano si autoassegna di consacrare i vescovi personalmente. Questo in virtù di un concetto sacrale dell’autorità imperiale che, secondo Enrico IV, veniva direttamente da dio, e quindi era titolata al pari del papa a dare la consacrazione a una carica religiosa. Nella visione dunque 4

di Enrico IV l’imperatore è rex et sacerdos, quindi può tranquillamente concedere la consacrazione perché è re e sacerdote; è investito dunque direttamente da dio, ed è questa proprio l’età in cui il sovrano tedesco associa a sé stesso il titolo di vicario di Cristo, perché è colui che fa le veci di quel figlio di dio che si è fatto uomo e che è venuto sulla terra; come Cristo ha redento l’umanità, così l’imperatore, per volontà divina, è l’autorità che presiede all’organizzazione sociale del mondo. Parentesi Enrico IV anche se non è ancora imperatore agisce esattamente in questo modo. Gregorio VII aveva intenzione di lasciare Enrico IV scomunicato e deporlo, invece è convinto a perdonarlo. Dopo questo atteggiamento di Enrico IV in Germania torna a scomunicarlo, torna quindi a comminargli la sanzione spirituale deciso a non togliergliela più, però non ottiene assolutamente niente. Lo sbaglio di Gregorio VII è stato quello di mostrarsi clemente e perdonare Enrico IV; lo sbaglio di Enrico IV è stato quello di proseguire nella sua politica senza minimamente ascoltare le parole del pontefice. Si capisce chiaramente, dato il tono molto forte del Dictatus papae, l’atteggiamento di Enrico IV, però da parte di entrambi c’è uno scontro frontale di personalità che ritengono se stesse a un livello talmente alto che non c’è posto per entrambe sulla scena del mondo nel modo in cui entrambi volevano starci; quindi c’è uno scontro di personalità fortissime, ognuna delle quali pensava di poter gestire la società cristiana in modo indipendente dall’altra. Quindi tutti e due tendevano a sottomettere l’altro alla propria volontà, e non poteva esserci chiaramente nessun tipo di dialogo con un atteggiamento di questo genere da un punto di vista politico. Di fatto dunque Enrico IV si pone nuovamente in una posizione conflittuale nei riguardi di Gregorio VII, il quale nel Dictatus papae è vero che stabilisce che il papa è l’unico titolato a portare le insegne imperiali ed è l’unico che possa deporre gli imperatori, però bisogna dire che Enrico IV imperatore non era. Quindi logicamente c’è una contraddizione tra il suo status e quello che era scritto nel Dictatus papae, un cavillo che viene colto ovviamente dalla pubblicistica politica del tempo, che si accanisce in questo scontro proteggendo le parti dell’uno o dell’altro. Quello che genera questa situazione conflittuale a livello proprio di storiografia è la fioritura di un enorme quantità di libelli politici, che sono scritti dai sostenitori dell’una o dell’altra parte. Ed è una pubblicistica politica estremamente aspra. Non sono trattati che si basino su considerazioni teologiche o su speculazioni politiche, sono trattati che mirano a screditare del tutto l’avversario, con qualsiasi mezzo, inventando anche situazioni magari mai esistite, insulti mai pronunciati. Ma sono anche da un punto di vista del linguaggio tutti questi libelli che vengono scritti e che vengono diffusi in questo periodo, un linguaggio veramente forte a livello proprio del linguaggio triviale, della parolaccia. Sono anche buffi e divertenti, perché tutti scritti in latino, quindi si trovano veramente un sacco di male parole, insulti che sono scritti e declinati in latino, e sono veramente eccezionali da un punto di vista anche linguistico, ma sono molto interessanti perché fanno capire come questo scontro non sia visto come uno scontro tra due autorità talmente lontane che nessun riflesso hanno sulla società, ma con uno scontro che andava a incidere proprio sull’assetto del mondo, perché l’idea ancora nell’XI secolo è che il mondo è retto dal papa e dall’imperatore. Sono le due autorità universalistiche perché esercitano un potere che non dipende soltanto dal territorio o dalle popolazioni che sono sottoposte alla loro obbedienza, ma sono espresse proprio in virtù di questo volere divino su tutto l’orbe cristiano. Teoricamente colui che aveva la corona imperiale era superiore anche ai monarchi delle nazioni europee, quindi, in linea del tutto teorica, poi non accadeva nella pratica, quello che affermava l’imperatore e le leggi che 5

promulgava l’imperatore avevano valore su tutta l’Europa, anche in Francia o in Inghilterra. Poi questo ovviamente non accade nella pratica, ma se si pensa alla Constitutio de feudis, essa è emanata da Corrado II il Salico per sanare una situazione a Milano, ma viene rispettata in tutta l’Europa vassallatica. In ogni...


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