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Title appunti completi di studi sull\'attore
Author Chiara Carraro
Course Storia del Cinema Italiano
Institution Università degli Studi di Padova
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Appunti dettagliati con integrazione del libro di studi sull attore- prof. Lotti a.a 2020/21...


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STUDI SUL L’ATTORE a.a 2020/ 2021 P ro f . D e n i s Lo t t i

R i c h a r d D ye r e i ti p i s oc ia l i d i Ho l l y w o od Nel suo libro Stars pubblicato nel 1979, riprende il concetto di “tipo sociale” della sociologia applicandolo ai personaggi stereotipati di Hollywood: •

Il bravuomo → (John Wayne)



Il duro → (Clint Eastwood)



La pin up → (Marilyn Monroe)



Il ribelle ribelle→ → (Marlon Brando, James Dean)



La donna indipe indipendente ndente → (Bette Davis, Katharine Hepburn)



La snob snob→ → (Grace Kelly)



L’antieroe L’antieroe→ → (Dustin Hoffman, Hollywood anni 70)

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Il divismo sia maschile che femminile affonda → le sue radici nei tipi sociali. I primi divi maschili nel cinema degli anni ’10 e poco prima sono→ i comici (es Cretinetti). Nel periodo del divismo cinematografico femminile (1913-1918) → i ruoli maschili sono secondari, di spalla, che rappresentano il “tipo elegante” (es Mario Bonnard in Ma l’amor mio non muore)

Protodivismo

All’origine di modelli e tipologie dei ruoli drammatici maschili nel cinema Dal teatro al cinema: Ermete Nove Novelli lli ed Ermete Zaccon Zacconii •







Assieme ad Eleonora Duse, Ermete Novelli e Zacconi sono tra i massimi esponenti del teatro italiano a cavallo tra Ottocento e Novecento (definiti i “ mattatori”, che con le loro esibizioni attirano grande attenzione del pubblico). Entrambi si rispecchiano nel cinematografo, che presenta molte divergenze e poche affinità col mezzo da cui provengono → Nei film di Novelli si trovano in fase germinale alcuni tratti divistici, mentre in quelli di Zacconi sono più evidenti, anche se non si ritroveranno mai in loro i tratti salienti (come la serialità dichiarata del tipo sociale, lo stereotipo, l’alter ego, come Maciste di Pagano). In entrambe le filmografie è però presente una forma di continuità tematica, una riproposizione dei temi legati alla loro esperienza teatrale, in cui entrambi rivestono il ruolo di padre nobile (ad esempio Zacconi in Padre, remake di La morte civile, riduzione cinematografica di piece teatrale interpretata da Novelli, o Re Lear sempre interpretato da Novelli). Eleonora Duse interpreterà Rosalia in Cenere (1916), adattamento dal romanzo di Grazie Deledda. Film dai tratti simbolisti e decadentisti per l’interpretazione della Duse, che riporta la sua recitazione corporea muta, ineffabile, indicibile, senza usare la pantomima, dei “moti dell’anima” nel cinema → La critica però non la ritiene adatta al cinema e lei non lo farà più.

Il Grande Attore sul grande schermo •

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Il divismo cinematografico italiano trova la sua manifestazione più matura e importante con i film delle dive, a partire dagli anni 1912-1913, divenuti un vero e proprio fenomeno sociale, con storie scritte adattate su misura agli interpreti. Le dive più importanti saranno → Lyda Bor Borelli, elli, Francesca Be Bertini, rtini, Pina Me Menichelli. nichelli. Con Novelli e Zacconi, con il loro proto divismo→ i maggiori iniziatori di un rapporto

privilegiato tra l’attore e il pubblico cinematografico, danno vita ad un avvicinamento al pubblico e ad un aumento di questo (soprattutto Zacconi, che accelera il confronto tra esperienza teatrale e cinema) che spalanca le porte al divismo (che già ha origine nel teatro dei grandi attori e nel melodramma). • Il debutto dei mattatori crea la base per la generazione di attori che darà vita alla modalità attorica cinematografica. • Novelli e Zacconi affrontano il contemporaneo limite dell’assenza del sonoro nel cinema, quindi una recitazione senza uso della voce, essenziale nell’interpretazione teatrale. • Colgono però le altre potenzialità che offre il cinema: l’ambientazione in esterni, il punto di vista della mdp che valorizza i dettagli dei gesti, il montaggio. Ubiquità e riproducibilità •

Entrambi gli interpreti emanano il carisma della loro presenza scenica ed attoriale (Novelli fu definito l’attore tipico italiano che ha saputo nobilitare e modernizzare la tradizione).

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I critici dell’epoca trovano corrispondenza tra la loro essenza interpretativa teatrale e quella tradotta per il grande schermo. Gli spettatori ottocenteschi comparavano le performances teatrali dei grandi interpreti quando erano impegnati a dar vita allo stesso personaggio, come fosse un duello combattuto a distanza. Novelli e Zacconi godono di un vasto pubblico che li idolatra, all’inizio limitato dalla capienza dei teatri, poi espanso dopo il loro debutto cinematografico. Novelli in particolare intravede tre potenzialità nel mezzo cinematografico: -

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Ubiquità → Ad ogni ora, giorno e luogo le esibizioni di un attore possono essere fruite dal pubblico, quindi la sua arte si diffonde in luoghi più lontani, verso gli spettatori esclusi dagli spettacoli tradizionali. La performance→ diventa potenzialmente eterna, con la possibilità delle repliche (anche se le pellicole si rovinavano col tempo ed erano molto infiammabili) → È un medium testamento con il valore aggiunto di lasciare la visione dell’azione, il movimento.

performance. mance. - Poter rivedere la propria perfor L’avvento del lungometraggio, dal 1910 in poi, non farà che dar maggior senso alla tendenza del protagonismo davanti alla mdp. La Film d’Arte Italiana e Er Ermete mete Novelli -

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È la prima casa di produzione che nel nostro paese pianifica la necessità del testimonial di fama per far conoscere le proprie pellicole, specializzata nella riduzione cinematografica di opere teatrali e letterarie, con scenografie e costumi realizzati secondo la tradizione teatrale. Per la riduzione lavorano sulla sceneggiatura più che sul montaggio → L’idea vincente rivoluzionaria consiste nell’ambientare i drammi più celebri fuori dai teatri di posa, in luoghi aperti, in esterni. Emanazione della francese Pathè, propone a Novelli due pellicole a soggetto shakespeariano e una riduzione della piece teatrale La morte civile di Giacometti. Novelli, nel 1899, aveva già partecipato ad alcuni “film dal vero”, ripreso nella sua quotidianità. Re Lear: 1910, arrivato a noi in copia colorata a mano. Novelli interpreta il re, spesso al centro dell’inquadratura, in un’interpretazione dinamica che lo distacca dalle altre comparse, anche dalla giovane Francesca Bertini che interpreta la figlia Cordelia, esiliata dopo aver rifiutato un matrimonio. Il punto di forza della sua prova recitativa è affidata all’espressività delle mani e degli occhi, in persistente movimento, mentre il volto è semioscurato dalla folta barba bianca. La sua presenza è magnificata dall’inquadratura, giganteggia rispetto alle altre figure, da prova della sua bravura nell’interpretazione della follia, dei colpi apoplettici che lo fanno cadere al suolo, fiaccato dalla sofferenza emotivofisica (in particolare nel finale dopo l’esecuzione della figlia Cordelia). Non è definibile “teatro filmato” perché gli attori non sono sempre a favore di camera, c’è un cambio delle location. rinascimentale cimentale e Le composizioni delle inquadrature→ richiamano i dipinti dell’arte rinas barocca italiana (nella sequenza finale vi è uno squarcio prospettico).

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Viene rappresentata la morte in scena (tipica dei diva-film) che culmina nella disperazione e nel dolore del Do di petto muto. La morte civile (1910) → un uomo viene sfidato a duello da un suocero che non accetta il matrimonio con la sorella. Il suocero viene ucciso e l’uomo condannato all’ergastolo. Dopo anni riesce a scappare ma scopre che la moglie e la figlia sono state accolte da un dottore che si prende cura di loro senza approfittarne. Capisce che la sua vita è finita e si suicida (si sacrifica per la famiglia che sta vivendo una vita dignitosa con un futuro). Messa in scena dei colpi apoplettici. Vi è la figura di un abate che ricorda Cristo (aiuta il povero padre fuggitivo ergastolano nel suo riscatto sociale e morale). Il film riprende → gli alti modelli letterari e teatrali (e la figura del padre nobile) riportandoli con obbiettivi didattico-didascalici e non spettacolari (come in Padre di Zacconi). Muore con un colpo apoplettico (morte in scena), dopo la scena finale in cui si ricongiunge alla figlia e alla moglie guardando verso il cielo (Dio lo chiama a sé). Il film non viene ben accolto e Novelli, grande attore di teatro qual’era, non viene ben visto nel suo cimentarsi nel cinema, ancora considerato una forma di intrattenimento bassa per le masse analfabete. Ermete Zacconi



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Nel 1912 l’Itala Film (poche produzioni ma curate e costose, verrà poi assorbita) scrittura Ermete Zacconi per l’interpretazione di Padre , che segna il debutto cinematografico del mattatore. Il film riscuote un immediato successo e segna un esordio ben diverso per maturità tecnica e messinscena rispetto all’approdo di Novelli, di due anni precedente. Padre → considerato un uno o dei primi “bloc “blockbuster kbuster kbuster” non solo per i grandi costi di produzione per costumi, scenografia ed effetti speciali ma anche per il grande successo di pubblico che genera numerosi articoli di giornale e anche gadget. La trama è lineare, il pubblico analfabeta è attratto dalla spettacolarizzazione più che dal valore artistico (cinema come industria). La scena più spettacolare è l’incendio (curata a livello tecnico da Segundo de Chomon, cineasta catalano che lavorò anche per la Pathè) finale in cui il protagonista salva il rivale (lo tiene per mano mentre sta per cadere, ricorda il giudizio universale) e la figlia. Scale che crollano, fiamma resa dal punto di vista prospettico (la scena d’incendio diventa popolare nei film di quell’epoca. La sinossi → simile a quella di → La morte civile ma con un lieto fine: un industriale, Vivanti, viene accusato ingiustamente di frode e incendio doloso da un’altro industriale rivale, Marni. Vivanti dopo 13 anni riesce ad evadere dal carcere (scena stereotipata del varco nel muro senza mattoni). In una taverna incontra l’uomo che appiccò l’incendio per conto di Marni. Quando questo sviene ubriaco, Vivanti ruba il biglietto che prova il mandato. Si reca a casa del Marni con cui ha uno scontro ma scopre che sua figlia è innamorata di Roberto, figlio di Marni. Decide di lasciar perdere la sua vendetta. In seguito la villa di Marni verrà incendiata e Vivanti riuscirà a salvare la figlia, Roberto e il Marni, che confesserà le sue colpe sul letto di morte, lasciando una dichiarazione scritta. Nella scena finale la figlia abbraccia il padre. Sono presenti molte lunghe didascalie. Nel film sono presenti due figure tipiche stereotipate molto popolari all’epoca: la figlia, la figura femminile indifesa che ha bisogno di essere salvata e protetta (legato alla



concezione di donna patriarcale come “qualcosa” che bisogna tutelare) e il padre anziano nobile, spesso non padre biologico, che però diventa padre e salvatore della donna. La figura del padre sciagurato che riacquista la dignità del ruolo genitoriale e la ragione è il punto di forza del soggetto. È un rapporto padre-figlia idealizzato. Sequenza iniziale → presentazione meta teatrale di Zacconi nelle vesti di un vecchio malconcio vagabondo, che attraversa in diagonale dal fondo del campo visivo verso mdp. Si avvicina all’obbiettivo, con un’espressione turbata da vita ad un camera-look, poi si raddrizza riconoscendo il pubblico che lo osserva. Giovanni Grasso

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Di origini catanesi, semianalfabeta, faceva parte di una famiglia di marionettisti che utilizzavano i pupari catanesi (in grandezza 1:1, mossi da leve da un marionettista e un altro dava la voce). Al contrario di Novelli e Zocconi viene da un ambiente più modesto e popolare. Deciderà di recitare diventando lui stesso un “pupo”, con una recitazione simile al metodo Stanislavski e alla recitazione del teatro naturalista, dove l’attore diventa in tutto e per tutto il personaggio, mosso dalle leve dell’anima. La sua recitazione è diverse da quella dei mattatori, non anticipa quella cinematografica, è così dirompente e innovativa che non trova spazio nelle compagnie teatrali italiane, quindi va all’estero. C’e una visione anche colonialista ( italiano primitivo ) Ci sono un sacco di sterotipi una volta erano punti su cui partire. Ha dato vita ad una scuola che ha ispirato a suo malgrado attraverso stanislavski un mkdo di recitare incarnando il personaggio, trasformando i suo corpo nel corpo del personaggio-> -> diventa il person personaggio. aggio. Giovanni Grasso → è molto richiesto in giro per il mondo, in Argentina troverà il regista Mario Gallo ( pugliese e fondatore della cinematografia Argentina, l’importanza dell’essere italiano viene trasmesso anche nel mondo argentino, molto spesso c’erano un sacco di italiani, lui stesso recitava in dialetto siciliano. In Russia inizierà a recitare in un altro dialetto.

Nel 1910 è in Argentin Argentina a, dove recita nel ruolo di protagonista in una riduzione cinematografica de→ La morte civile→ Il film è tratto dai dramma della morte civile di

Giacometti e il ruolo di Corrado è recitato appunto da Giovanni Grasso ➔ Trama : Corrado e Rosalia sono innamorati e desiderano sposarsi ,ma la famiglia di lei non è d’accordo, cosi decidono di scappare scappano e avranno una figlia anni dopo ( ada.) ma Alonzo ,fratello di Rosalia vorrebbe lei tornasse con la forza. Corrado per impedirglielo ,ingaggia una lotta con l’uomo e lo uccide. Andrà in prigione e la moglie e la figlia andranno in ricovero presso il medico Arrigo Palmieri. Anni dopo Corrado evade dal carcere e con l’aiuto di un contadino e della sua famiglia risce a sfuggire alle guardie e a raggiungere la casa di Arrigo La copia è mutilata, nel dramma teatrale Corrado accetta di lasciare la moglie e la figlia alla loro nuova vita e si avvelena.

➔ Nel finale ( che manca ) ma veniamo a conoscenza grazie agli studiosi prende un veleno per suicidarsi e diviene celebre la scena in cui si graffia la lingua in modo animalesco, diventando una figura mostruosa, furiosa. ➔ Grasso non ha visto il film di Novelli quindi lo interpreta a modo suo , e nessuno sa dell’altro. ➔ Esso aggredisce la mdp. ➔ La fuga: Qui il padre nobile rispetto a Novelli ha un eccezione molto piu vicino al ruolo teatrale,( uccidendosi si va contro alla sua vita ma lo fa per la sua famiglia liberando madre e figlia.) qui Giovanni Grasso ci mette sul suo => come un animale comincia a grattarsi la lingua, tentandosi di togliere il veleno. ➔ La morte in scena→ c’è un collegamento tra quel divismo femminile( ciò che lo spettatore aspetta, morte “ romantica”, l’eroina si deve togliere dal mondo , da origine al melodramma. ➔ In questo film c’è un aspetto di modernità incredibile , gioco dove mdp è immobile e lui ha questo suo essere rapsonico ci da un illusione che anche la mdp è in movimento. ➔ Incontra davvero qualcuno ( c’e uno specchio tra metafora e realtà possiamo dire cosi). ➔ I costumi cercano di riprodurre i vestiti sardi, viene assistito e comandato in qualche modo alla vita. ➔ Bastone -> simbolo del viandante. ➔ I personaggi si avvicinano molto alla mdp. = la performace molto diversa dall’interpretazione di Novelli. ➔ Lui ( Grasso) è sempre in movimento e in alcune scene i personaggi si avvicinano alla macchina da presa (cosa rara all’epoca). Raffaele Viviani ( 1888-1950) •

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Attore teatrale napoletano che debutta nel cinema, portando la cultura della sceneggiata napoletana, creandosi una fetta di mercato indipendente ed un vasto pubblico internazionale attirato dall’esotica cultura napoletana, che non ha corrispondenti negli altri mercati (stereotipata ed autosufficiente, che influenza tutta l’Italia meridionale ed è quella più percepita come “italiana” all’estero). (sperduto nel buio ambientato a Napoli e racconta un melodramma dei bassi napoletani,negli anni 70 si mettevano in scena cose realmente successe.) Viviani → esponente del teatro natur naturalista alista ibri ibridato dato con la cu cultura ltura dei ba bassifondi ssifondi napoletani. → Questi film napoletani giocano con il mercato perché fatti della camorra attirano il pubblico, fanno curiosità anche a chi effettivamente Napoli non la conosce.( ma fanno anche il Scugnizzo ( 1904) di Capurro. Un Amore Selvaggio (1912): è stata ritrovata una copia in Olanda, ora restaurata (ha brevi didascalie olandesi) => il nome ‘selvaggio’ si allude ad una società non socializzata, c’e una chiave compiastica rispetto il film.

L’incipit iniziale mostra dei medaglioni che presentano i protagonisti: •

una figura femmini femminile le le( nella realtà sorella di Viviani) tormentata (angelo appesantito dalla materia dello scialle, traviata, capelli liberi e sciolti, in costante movimento rappresenta



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un aspetto animalesco appunto ma allo stesso tempo sensuale, una sensualità che ci porta al desiderio di fabialismo quasi primitivo), Raffaelo, il fratello (Viviani (Viviani) mostra la sua gamma di espressioni lo fa per farsi conoscere dalle persone che non l’hanno mai visto è famosissimo ma pochi lo vedono dal vivo a teatro, grazie a questo film tutti lo possono vedere. A differenza di sua sorella lui e piu stravagante, piu spensierato, tipico ‘ scugnizzo’ ( rappresentazione più famosa di viviani ,vincerà molti premi) Racconta dell’amore tormentato di una donna di classe sottoproletaria per un borghese, Alessandro (interpretato da Amleto Novelli). La donna viene rifiutata ed umiliata (anche il fratello), poi scopre che Alessandro è innamorato di un’altra donna. Progetta di vendicarsi e nella sua cucina è mostrata mentre avvelena un vino (figura stregonesca). Il vino viene però bevuto da una donna e non dall’uomo amato. La ragazza decide così di fuggire (stereotipo del fagotto preparato). Raffaelo, nell’ultima scena rimasta (la parte finale della pellicola è andata persa) aggredisce con una falce Alessandro mentre è a cavallo (turbamento della ribellione del popolo, lotta tra classi sociali, ma non ancora sottoposto a censura, ufficiale solo dal 1913). Qui si esce → dal concetto di Padre nobile ma en entriamo triamo negli aspetti del familiarismo. La recitazione in questo film è molto meno teatrale e ingessata di quella dei film di Novelli, più dinamica, con un uso della gesticolazione esasperata all’italiana. Viviani usa l’accenno del far vedere i denti, tipico del ragazzaccio sbruffone. Maniche a meta braccio = Chi vuole far a botte. Gli spazi sono molto angusti anche negli interni, i volti cupi, i personaggi interagiscono in modo molto ravvicinato mettendo in evidenza l’intesa, la sofferenza, la malinconia. La recitazione non è sempre a favore di camera, si accentua la prospettiva della visione dal “buco della serratura”, la quarta parete. Possiamo dire che questo film richiama un po' l’arte dei macchiaioli.( sguardo cittadino e osservano questa vita tra i campi ( verga) cambio di costumi. Viene usato il filtro blu per la notte e quello giallo per il giorno (il bn non aiuterebbe nel capire le fasi e successioni temporali).

Cenere Eleonora Duse e Cene re -

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Soggetto del film tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice sarda Grazia Deledda. Il film è diretto da Febo Mari con la collaborazione di Eleonora Duse. È la storia di una donna povera che ha un figlio illegittimo e decide di affidarlo alla famiglia del padre naturale per permettergli un futuro dignitoso → Quando il figlio diverrà adulto si metterà sulle tracce di sua madre. Eleonora Duse interpreta la madre, Febo Mari il figlio da adulto. È mostrata una Sardegna arcaica, povera e contadina, che si connette al filone di film destinati soprattutto ad un pubblic...


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