Letteratura Italiana - Appunti completi di tutte le lezioni PDF

Title Letteratura Italiana - Appunti completi di tutte le lezioni
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi di Trento
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Appunti completi di tutte le lezioni: testi poetici a fronte, parafrasi e spiegazioni...


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La poesia giovanile di Ugo Foscolo mercoledì 4 ottobre 2017

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L'Autoritratto - Ugo Foscolo http://www.oilproject.org/lezione/ugo-foscolo-sonetti-parafrasi-autoritratto-alfierimanzoni-3270.html#foot7 L'immagine che noi abbiamo del Foscolo è quella di un poeta anticonformista, romantico e struggente. La sua figura presenta sia un elemento neoclassico che anche un profilo politico. All'epoca era molto comune che certi poeti - compresi quelli che stanno intorno al Foscolo - scrivano il proprio autoritratto (L'Autoritratto); altri lo dipingono come ad esempio Alfieri che dipinge il suo autoritratto in un sonetto. Questi poeti si descrivevano volentieri perché andavano di moda le teoria fisignomiche: teorie pseudoscientifiche che mettevano in relazione l'aspetto fisico con quello interiore. I sonetti di solito partono dalla descrizione fisica del soggetto per dirci poi qual è il suo carattere e la sua interiorità. Quando Foscolo scrive il suo Autoritratto (p.91):

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Solcata ho fronte, occhi incavati intenti; Crin fulvo, emunte guance, ardito aspetto; Labbro tumido acceso, e tersi denti, Capo chino, bel collo, e largo petto;

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Giuste membra, vestir semplice eletto; Ratti i passi, i pensier, gli atti, gli accenti, Sobrio, umano, leal, prodigo, schietto; Avverso al mondo, avversi a me gli eventi.

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Talor di lingua, e spesso di man prode; Mesto i più giorni e solo, ognor pensoso, Pronto, iracondo, inquieto, tenace:

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Di vizi ricco e di virtù, do lode Alla ragion, ma corro ove al cor piace: Morte sol mi darà fama e riposo.

L'Auritratto comincia con la descrizione dei particolari fisici del poeta ("fronte solcata", "occhi incavati", "capelli fulvi", etc), ma già nei versi 6-7 scivola prima negli atteggiamenti fisici che lo contraddistinguono ("passi veloci", etc) e poi nelle sua caratteristiche caratteriali.

"Ritratti" - Isabella Teotochi Albrizzi https://it.wikisource.org/wiki/Scelte_opere_di_Ugo_Foscolo/Ritratto_di_Ugo_Foscolo Alfieri per Foscolo era un modello (ma con prolungamenti molto oltre), così come lo era per Leopardi. Anche un Manzoni molto giovane scrisse un sonetto autoritratto che non sappiamo se venga prima o dopo quello di Foscolo, ma entrambi sicuramente sono databili dopo Alfieri. Certamente c'è un'attenzione all'autorappresentazione che è una caratteristica della letteratura moderna in quanto implica una volontà di introspezione che non era sempre stata presente nella letteratura precedente. Tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento, quella dei ritratti era già presente come moda letteraria: Isabella Teotochi Albrizzi - una delle prime amanti del Foscolo e che tenne un salotto letterario abbastanza conosciuto all'epoca - scrisse e pubblicò nel 1806 un volumetto intitolato "Ritratti" dove descrive in prosa tanti familiari o uomini famosi che le erano vicini o che frequentavano il suo salotto: vengono annoverati ad esempio Foscolo, Alfieri, Melchiorre Cesarotti,

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Aurelio de Giorgi Bertola, etc. Questa moda del ritratto verbale qui assume un aspetto particolare perché esso spesso accompagna dei ritratti grafici che affiancano la descrizione della Albrizzi. Questa tecnica si chiama ekphrasis: il ritrarre e descrivere verbalmente un'opera d'arte visiva come ad esempio un quadro, una scultura o un'opera architettonica. In letteratura esistono famose poesie che sono ottimi esempi di ecfrasi, una su tutte l'Ode su un'urna greca di John Keats oppure già Gian Battista Marino che ritrae in versi opere famose nella storia dell'arte. Questa metodologia era stata applicata alla stessa Albrizzi: Marco Aurelio Soranzo scriverà nel 1791 un Ritratto di Isabella, mentre l'anno dopo (1792) verrà pubblicata, per volontà del conte Zacco, una silloge in onore della dama, L'originale e il ritratto, con testi di Bertola, Giovanni ed Ippolito Pindemonte, Cesarotti, etc. Ne "L'originale e il Ritratto" è presente il suo ritratto e le descrizioni che di lei vengono fatte da parte dei suoi amici che la descrivono. Nel 1806 il Foscolo aveva 28 anni e la stessa Isabella lo descrive nel suo libretto " Ritratti":

Chi è colui? richiedi al tuo vicino. Nol sa. Tu smanioso corri a me, e mel domandi. Or bene; del volto adunque, e dell'aspetto ne sai quanto basta: volto ed aspetto che ti eccitano a ricercarne, ed a conoscerne l'animo e l'ingegno. L'animo è caldo, forte, disprezzatore della fortuna, e della morte. L'ingegno è fervido, rapido, nutrito di sublimi, e forti idee; semi eccellenti in eccellente terreno coltivati e cresciuti. Grato alla fortuna avara, compiacesi di non esser ricco, amando meglio esserlo di quelle virtù, che esercitate dalla ricchezza quasi più virtudi non sono. Pietoso, generoso, riconoscente, pare un rozzo selvaggio ai filosofi de'nostri dì. Libertà, [p. 24 modifica]indipendenza, sono gl’idoli dell’anima sua. Si strapperebbe il cuore dal petto, se liberissimi a lui non paressero i moti tutti del suo cuore. Questa dolce illusione lo consola, e quasi rugiada rinfresca la troppo bollente anima sua. Alla pietà filiale, all’amistà fraterna, all’imperioso amore, concede talvolta un filo ond’essere ritenuto; ma filo lungo, debole, mal sicuro contro l’impetuoso torrente di più maschie passioni. Ama la solitudine profonda: ivi meglio dispiega tutta la forza di quel ferace ingegno che ne’ suoi scritti trasfonde. La sua vasta memoria è cera nel ricevere, marmo nel ritenere. Amico fervido ma sincero, come lo specchio, che non illude, nè inganna. Intollerante per riflessione più che per natura. Delle cose patrie adoratore, oltre il giusto disprezzatore delle straniere. Talora parlatore felicissimo, e facondo, e talora muto di voce e di persona. Pare che l’esistenza non gli sia cara, se non perchè ne può disporre a suo talento: errore altrettanto dolce al suo cuore, quanto amaro a quello degli amici suoi. Isabella finge di rivolgersi a un interlocutore che le domanda sull'identità dell'uomo raffigurato in un ritratto, ovviamente si tratta del Foscolo. Dal ritratto che i due interlocutori hanno davanti, già si vede il suo aspetto esteriore così ora lei si preoccuperà di descrivere la sua interiorità. La prima idea è quella di un carattere caldo, disprezzatore della fortuna e della morte, forte e passionale. L'ingegno - molto vivace - è quello di un uomo che pensa alto, a idee sublimi: un dono di natura che però è stato anche molto coltivato ed educato. Dall'ossimoro ("grato alla fortuna avara") nasce un complimento: Foscolo è grato di questa sua situazione esistenziale difficile (quella di un uomo senza radici che ha dovuto abbandonare la sua nativa Zante e poi cresciuto a Venezia sicuramente non da nobile), dato che preferisce essere ricco solo di virtù. In un certo senso è anche molto simile a "In Morte di Carlo Imbonati" di Alessandro Manzoni, scritto nel 1806: lo scritto si apre con lui che cita le parole da lui dette più volte alla madre che diceva che se ha scritto delle satire non è per "rimestare la fetida vendetta" - la sua sfortuna - ma è

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perché non aveva altro da fare, non aveva altro da scrivere in quanto non vedeva un altro raggio di virtù da descrivere. Adesso che Manzoni ha potuto vedere il raggio positivo della virtù di Imbonati, può cominciare davvero con la poesia. Dopo la discesa dei francesi, la situazione politica in Italia non rappresenta la loro idea politica dunque i letterati dell'epoca sono dei cultori della virtù che fa fatica ad emergere nella società in cui vivono. Secondo Isabella, quello di Foscolo è un carattere irruento, un uomo che non si censura, che ha sulle labbra quello che ha nel cuore e che lo esprime con veemenza quasi selvaggia ma allo stesso tempo riconoscente e pietoso. Con "pietoso" si intende il significato settecentesco del termine: la capacità cioè di avere compassione degli altri, tipica di Foscolo e del suo alter ego, Jacopo, con il quale condivide la qualità del com-patire, del patire insieme. Libertà e indipendenza sono sia qualità naturali del poeta che hanno anche un'altra valenza semantica: quella politica (Foscolo è un patriota) e poetica (nei "Sepolcri" dichiara che vorrebbe che la sua poesia fosse ricordata come "libera", non condizionata da altri). Attraverso una metafora ("si strapperebbe il cuore del petto"), Isabella rivela un atteggiamento di chi non si vuole mai fermare: piuttosto che rinunciare a dare libero sfogo ai sentimenti del suo cuore preferirebbe morire. Isabella si muove su un solco che è molto alfieriano che si manifesta attraverso l'uso dei superlativi ("liberissimi"), tipici della poetica di Alfieri. Cosa può frenare però questo impeto? Solamente la pietà filiare (che per Foscolo riguarda soprattutto l'amore per la madre), l'amicizia fraterna e l'amore: elementi confermati da quello che Foscolo afferma anche nelle sue poesie. Questi, per Isabella, potrebbero essere gli elementi che forse sarebbero un filo che, messo in mano a qualcun altro, potrebbero fermarlo. Ma è solo un filo che va contro degli atteggiamenti molto spesso estremi e irruenti e che quindi fa fatica a controllare. Un'altra caratteristica è quello del suo amore per la solitudine: ama la solitudine profonda che è la condizione che gli consente di essere più creativo. Possiede una grande memoria e una grande cultura classica che non impara a fatica. "Intollerante per riflessione più che per natura": non è solo testardaggine di carattere ma anche perché ne è convinto nel suo profondo. L'unica critica che Isabella muove al Foscolo è quella di ammettere come lui sia quasi prevenuto nel difendere la patria, a contrario di una opposizione quasi "per partito preso" della terra straniera. Un altro carattere alfieriano è la sua alternanza tra loquacità e silenziosità. Dà l'impressione che potrebbe arrivare quasi a togliersi la vita, rivendicando per sé anche un non-attaccamento alla vita, e questa idea di poter disporre della propria vita è un errore che a lui pare un pensiero dolce mentre per gli altri è un pensiero amaro.

L'Oda a Bonaparte Liberatore http://benedett.provincia.venezia.it/comenius/vestoria/ugo%20foscolo/odea.htm E' un ritratto veritiero che fotografa il Foscolo a 28 anni anche se ci sono poi anche altre testimonianze che ci spiegano meglio come si sia arrivati nel 1806 a costruirne un ritratto di questo tipo. Queste testimonianze sono state scritte nell'anno per lui fondamentale: quello del Trattato di Campoformio (17 ottobre 1797) in quanto circa da questo momento Foscolo comincia ad assumere un posto nel panorama letterario nazionale. Nel 1797, Foscolo ha 19 anni e ha già scritto parecchio - acquisendo anche una certa fama riuscendo a mettere in scena una tragedia prettamente improntata al modello alfieriano: "Il Tieste". Rappresentata al S. Angelo di Venezia aveva riscosso successo e fatto risuonare il suo nome (gennaio 1797). Nell'aprile si sposta da Venezia a Bologna (già liberata dai francesi) e lì si arruola come volontario nel corpo militare dei Cacciatori A Cavallo. Questo ci fa riflettere sulla sua figura sociale: intanto non è aristocratico (come Alfieri, nobile piemontese) e riesce a campare facendo il soldato. Fare il soldato si combina molto bene con le sue idee in quanto si combatteva per l'esercito repubblicano per la libertà d'Italia. Nel 1797 assume quindi la figura del poeta-soldato: nelle sue parole c'è il ricorso difatti a questo binomio: "la lira e la spada", e con entrambe lui ha intenzione di difendere la patria. A Bologna, dove fa parte della Repubblica Cispadana (poi Cisalpina), scrive un testo poco conosciuto: "L'Oda a Bonaparte Liberatore" ("oda" e non "ode" in quanto semplicemente suonava più altolocato e serioso) in quanto in quel momento Bonaparte era ritenuto colui che aveva portato la libertà in Italia dai governi dell'Ancien Régime che c'erano stati al comando fino ad allora.

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Foscolo - insieme a tanti altri letterati - vuole pensare che Bonaparte sia lo strumento della libertà venuto per liberarli. Dedica però quest'Oda alla città di Reggio-Emilia, in quanto si era liberata da sola dal dominio estense e anche è in quanto è la città dove è stato inventato il tricolore (in questi anni difatti nasce il Risorgimento grazie al Triennio Giacobino, non erroneamente con il Congresso di Vienna). I cittadini reggiani diventano quasi la conferma che i cittadini italiani possano davvero liberarsi sugli ideali della Rivoluzione Francese. BONAPARTE LIBERATORE ODA DEL LIBER'UOMO NICCOLÒ UGO FOSCOLO. ITALIA ANNO PRIMO DELL'ITALICA LIBERTÀ

ALLA CITTÀ DI REGGIO. A voi, che primi veri italiani, liberi cittadini vi siete mostrati, e con esempio magnanimo scuoteste l'Italia già sonnacchiosa, a voi dedico, che a voi spetta, quest'Oda ch'io su libera cetra osai sciogliere al nostro Liberatore. Giovane, qual mi son io, nato in Grecia, educato fra Dalmati, e balbettante da soli quattr'anni in Italia, nè dovea, nè poteva cantare ad uomini liberi ed Italiani. Ma l’alto genio di Libertà che m,infiamma, e che mi rende Uomo Libero, e Cittadino di patria non in sorte toccata ma eletta, mi dà i diritti dell'Italiano e mi presta repubblicana energia, ond'io alzato su me medesimo canto BONAPARTE LIBERATORE, e consacro i miei Canti alla città animatrice d'Italia. NICCOLÒ UGO FOSCOLO. È dunque un'Oda a Bonaparte ma dedicata agli Italiani - e in particolare ai Reggiani - che si sono liberati da soli. Foscolo è un uomo libero che dichiara chiaramente che per sua libera scelta ha deciso di comporre quest'ode. Non poteva rivolgersi agli Italiani perché gli Italiani all'epoca liberi non erano. Lui non è italiano di nascita, è italiano per scelta di elezione. Quest'ode - che ovviamente presenta un alto tasso di eloquenza oratoria, normale in quei tempi e contesti - si apre mettendo al centro un personaggio che non è Napoleone, il quale viene nominato subito dopo, ma la Libertà. Invocata come una dea costretta a stare lontana dalla terra italica in quanto oppressa da tiranni, andò costretta in esilio e si era dovette rifugiare in posti dove la Libertà invece regnava (Americhe, Olanda e le Repubbliche Europee, la Svizzera "Helvetia Felix"). Attraverso un procedimento retorico, non fa apparire subito la figura della Libertà, ma quando arriva (al vero 11) lo fa con la massima potenza.

Dove tu, diva, da l’antica e forte dominatrice libera del mondo felice a l’ombra di tue sacre penne, dove fuggivi, quando ferreo pondo di dittatoria tirannia le tenne umìl la testa fra servaggio e morte? Te seguìr le risorte ombre de’ Bruti, ai secoli mostrando alteramente il brando del padre tinto e del figliuol nel sangue; te, o Libertà, se per le gelid’onde

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del Danubio e del Reno gisti fra genti indomite guerriere; te se raccolse nel sanguineo seno Brittannia e t’ascondea mortifer angue; te se al furor di mercenarie spade de l’Oceàno da le ignote sponde t’invitàr meste, e del tuo nome altere le americane libere contrade; o le batave fonti, o tu furo ricetto coronati di gel gli elvezi monti; or che del vero illuminar l’aspetto non è delitto, or io te, diva, invoco: scendi, e la lingua e il petto mi snoda e infiamma di tuo santo foco.

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Napoleone appare nella stanza successiva e appare come l'eroe che attraversa la Alpi, degno dei suoi ritratti.

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La poesia giovanile di Ugo Foscolo (2) mercoledì 11 ottobre 2017

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Oda a Napoleone Liberatore (2) In una lettera diretta alla municipalità governativa di Reggio Emilia del maggio 1797, Foscolo scrive che quest'ode è il prodromo di una cantica lirica intitolata "La Libertà Italica". Ciò che davvero interessa a Foscolo è l'incitamento ai cittadini a insorgere per la libertà della patria. L'Oda è molto lunga (234 versi in totale) ma è importante avere presente come sia sempre in prima linea - pur all'interno della resa d'omaggio di Bonaparte - la Libertà Italiana e l'incitamento nei confronti dei cittadini ad essa. Già Petrarca nella "Canzone d'Italia" aveva già espresso questa topica (cioè dei luoghi comuni letterari che spesso si ripropongono) dove l'idea centrale è l'Italia che, da essere sede centrale del mondo grazie a Roma antica, ora si trova fiacchita e avvilita ("sonnacchiosa") nella prostrazione di essere non più domina ma schiava. Questa topica torna anche nei versi di Foscolo che anche lui rappresenta l'Italia come una donna "un tempo regina, or nuda e schiava".

Ma tu l’alpi da l’aërie cime, al rintronar di trombe e di timballi Ausonia guati e giù piombi col volo; anelanti ti sieguono i cavalli che Palla sferza, e sul latino suolo Marte furente orme di foco imprime: odo canto sublime di mille e mille che vittoria, o morte da l’italiche porte giuran brandendo la terribil asta; e guerrier veggo di fiorente alloro cinto le bionde chiome su cui purpuree tremolando vanno candide azzurre piume; egli al tuo nome suo brando snuda e abbatte, arde, devasta; senno de’ suoi corsier governa il morso, ardir li ’ncalza, e de’ marziali il coro Genj lo irraggia, e dietro lui si stanno in aer librate con perpetuo corso Sorte, Vittoria, e Fama. Or che fia dunque, o diva? Onde tal’ira? e qual fato te chiama a trar tant’armi da straniera riva su questa un dì reina, or nuda e schiava Italia, ahi! solo al vituperio viva, al vituperio che piangendo lava!

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Sempre rivolgendosi alla Libertà, che Foscolo descrive come una dea che, dall'alto delle Alpi e attorniata da rumori di guerra (in quanto si supponeva che l'Armata Francese abbia attraversato le Alpi), osserva Ausonia - l'Italia - e "giù piomba col volo": l'idea della velocità delle truppe francesi con cui effettivamente Napoleone di solito agisce è una caratteristica tipica della celebrazione di Napoleone. Napoleone difatti era molto abile in campo bellico e molto spesso attaccava di sorpresa i nemici. Foscolo in quest'Oda fa inserire anche altri déi: Palla (Minerva "Pallade") che spinge i cavalli per dire che l'esercito è furente mentre Marte imprime le sue orme di fuoco sulla pianura italiana:

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questa trasposizione mitologica è tipica dello stile classicistico. Foscolo vuole rendere tutto come se fosse un film, immaginandosi anche il sonoro, il tutto trasportato in termini neoclassici per elevarne il tono: ad esempio l'immagine dei cittadini che brandiscono "l'asta di guerra" è chiaramente un'immagine falsa (i fucili erano già presenti all'epoca) ma questa mitizzazione serve a Foscolo ad essere ovviamente più incisivo. Foscolo è l'osservatore che descrive questa scena epica come se si svolgesse davanti ai suoi occhi. Successivamente nota l'eroe ("guerrier veggo di fiorente alloro" tramite accusativo di relazione?). Sull'alloro sono presenti i colori della bandiera francese, dal quale poi nascerà il tricolore italiano. Sotto il nome della libertà, Napoleone - rappresentato come un eroe antico - "snuda, abbatte, arde e devasta". È attorniato da alcune personificazioni: il Senno, la Gloria, un coro di Geni Marziali (divinità che intonano canti di guerra), la Sorte, la Vittoria e la Fama (che trasudano un forte contenuto allegorico). Successivamente Foscolo si domanda da dove venga tutta questa ira di Napoleone? Cosa spinge la Diva straniera (la Libertà promulgata dai francesi) a portare tante armi su questa terra un tempo regina del mondo e ora nuda e schiava? Cosa porta Napoleone a venire qua in questa terra d'abominio, che vive nell'infamia e che non le resta altro che lavarla con le sua lacrime?

La Società di Pubblica Istruzione I verbali Foscolo successivamente torna a Venezia e trova quello che è il suo primo impiego nell'assetto politico che ha l'Italia dopo la venuta dei francesi: presso la municipalità di Venezia diventa redattore delle sedute della Società di Istruzione Pubblica veneziana. Era una delle varie istituzioni che si erano create nelle città liberate dai vecchi governi e che ora ronzavano nell'orbita fr...


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