Arte bizantina treccani PDF

Title Arte bizantina treccani
Author Studi Balcanici59
Course Storia Dell'Arte Bizantina I
Institution Università Ca' Foscari Venezia
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Summary

saggio della treccani per l'esame di Piazza (storia dell'arte bizantina)...


Description

BIZANTINA, Arte di F. Panvini Rosati - Enciclopedia dell' Arte Medievale (1992)

L'impero bizantino nacque quando Costantino trasferì la sede del governo imperiale da Roma a Bisanzio, antica città greca sul Bosforo ribattezzata Costantinopoli e consacrata nuova capitale nel 330, ed ebbe termine nel 1453, quando la città venne conquistata dai Turchi. In fatto di storia dell'arte, peraltro, i limiti cronologici non sono sempre definibili con altrettanta precisione. Cronologia e situazione geografica Costantinopoli assunse una propria identità artistica non prima della fine del sec. 4°, entrando in competizione con le antiche metropoli del Mediterraneo orientale (Efeso, Antiochia, Alessandria), importanti centri di produzione artistica sin dall'epoca ellenistica. Anche il secondo limite cronologico è tutt'altro che netto: durante tutto l'ultimo secolo di esistenza dell'impero si produssero solo poche opere d'arte di una certa importanza entro i confini di un territorio che andava drasticamente riducendosi. D'altro canto, le tradizioni bizantine continuarono a essere mantenute in vita per secoli dopo il 1453 sotto la tutela della Chiesa ortodossa, sia nell'arte prodotta da regioni che avevano già fatto parte dell'impero sia nei paesi slavi che originariamente erano stati evangelizzati da Bisanzio.Anche le coordinate

geografiche entro cui si svolse la storia dell'arte b. eludono una precisa definizione. Cuore del dominio bizantino era il territorio che può andare genericamente sotto il nome di regione dell'Egeo (Grecia, Asia Minore occidentale e isole egee), area da cui la capitale poté trarre in un primo momento linfa vitale e che a sua volta diventò strettamente dipendente dagli sviluppi culturali di Costantinopoli. Prima dei fatali decenni del sec. 7°, quando l'impero, che aveva già cessato di esercitare il proprio controllo su gran parte dell'Occidente latino, perse i suoi domini orientali e meridionali a opera degli Arabi, l'intero mondo mediterraneo era ancora unitario, almeno dal punto di vista culturale. Per quanto riguarda in particolare l'arte, essa è da considerarsi bizantina fino a quando, soprattutto in Italia ma anche in Siria, Egitto e Africa settentrionale, rimane legata a impulsi provenienti da Costantinopoli. Nei secc. 9° e 10°, con la nuova espansione territoriale, in particolare nei Balcani e nell'Italia meridionale, e con la penetrazione del cristianesimo ortodosso nei paesi slavi (Bulgaria, Serbia, Russia), il territorio di fioritura dell'arte b. si allarga ancora una volta notevolmente intorno al nucleo centrale, costituito dalla regione dell'Egeo. Fino a che punto le popolazioni slave, da poco cristianizzate, siano riuscite a far emergere peculiarità culturali loro proprie è stato a lungo oggetto di dibattito, come lo sono state le reciproche influenze tra capitale e province dell'impero. Ma resta indubbio che le radici dell'arte dell'intera, vasta area in cui il cristianesimo ortodosso divenne religione ufficiale si trovavano a Bisanzio.Tuttavia, lo scenario entro cui si deve muovere lo storico dell'arte b. è più

vasto di quello appena delineato. Il prestigio goduto dall'impero bizantino e dalla sua arte nel mondo medievale è di fatto enorme. In Italia, in modo particolare, ma anche Oltralpe, ci furono periodi in cui prototipi 'greci' vennero sistematicamente presi a modello, talvolta con la mediazione di maestranze provenienti dall'Oriente o ingaggiate espressamente in area bizantina. Periodizzazione Rispetto alla storia dell'arte medievale dell'Occidente, in cui si susseguirono attraverso i secoli una serie di grandi rivolgimenti, le variazioni e l'evoluzione che ebbero luogo nello stesso momento nell'arte b. furono di gran lunga meno sensibili. Esisteva nell'Oriente greco un conservatorismo di base che agli occhi di un osservatore esterno sembra rasentare la mummificazione. Questo per ragioni complesse. Un importante fattore è la coscienza, da parte dei Bizantini, di essere Rhomáioi, veri, legittimi eredi e custodi dell'ordine universale creato dai Cesari. Come tali, essi si sentivano in dovere di salvaguardare quanto ritenevano importante per difendere la cultura dell'Antichità in un mondo radicalmente cambiato, ove sussistevano circondati da popolazioni nuove e straniere. Altro basilare fattore è il controllo esercitato dalle autorità ecclesiastiche sull'attività degli artisti, più sensibile dopo la definitiva vittoria dell'ortodossia sull'eresia iconoclasta nel 9° secolo. I teologi riuniti al secondo concilio di Nicea (787) dichiararono che "dipingere icone non attiene

all'invenzione del pittore, ma esprime un preciso fondamento e tradizione della Chiesa universale" (Mango, 1972, p. 172).Il conservatorismo, comunque, non riguardava solo le icone: si estendeva all'intera gamma delle attività artistiche, architettura compresa. Suo fondamento filosofico era un modo di concepire la forma sensibile profondamente radicato nella metafisica neoplatonica.Ciononostante, si assistette nel corso dei secoli a importanti sviluppi.Nella storia dell'arte b. si è soliti individuare tre grandi periodi: paleobizantino, mediobizantino e tardobizantino. Naturale confine tra i primi due è la controversia iconoclasta (726-843), mentre il periodo tardobizantino è segnato, all'avvio, dalla quarta crociata e dalla conseguente occupazione latina di Costantinopoli (1204-1261).Il momento culminante del primo periodo è costituito dalla prima parte del regno di Giustiniano (527-565), quando vennero innalzati alcuni dei più famosi monumenti dell'arte bizantina. Ma anche l'arco di tempo che copre i due secoli successivi, fino all'insorgere dell'iconoclastia, rappresenta una fase di grande importanza. Sebbene l'arte prodotta nel tardo sec. 6°, nel 7° e nel principio dell'8° non appaia unitaria, fu allora che si crearono le basi che avrebbero determinato il carattere dell'arte b. del pieno Medioevo.L'arte mediobizantina è comunemente divisa in due fasi, che traggono il loro nome dalle dinastie che si succedettero al vertice dell'impero: i Macedoni e i Comneni. Durante la c.d. rinascenza macedone furono prodotte opere a carattere enfaticamente antichizzante e fu nel sec. 11°, sotto gli ultimi Macedoni e i primi Comneni, che l'arte b.

raggiunse la sua piena maturità.L'arte del periodo tardobizantino, anch'essa spesso indicata con il nome della dinastia regnante, quella dei Paleologi, è caratterizzata da un'altra rinascenza, cronologicamente localizzata nel primo cinquantennio ca. dopo la riconquista di Costantinopoli del 1261.Per quel che riguarda i due intervalli di tempo che separano questi grandi periodi, il primo - l'iconoclastia - ebbe una diretta conseguenza sulle arti figurative, proscrivendo la rappresentazione di soggetti religiosi. Benché l'attività artistica non sia certo cessata di colpo, solo pochi monumenti di quest'epoca si sono conservati, così che appare difficile formarsi un quadro coerente di ciò che venne prodotto nel periodo e di ciò che esso può aver significato per le fasi successive dell'arte bizantina.Anche la conquista latina del 1204 fu causa di un radicale rivolgimento; almeno per Costantinopoli, essa determinò infatti una pressoché totale interruzione della produzione artistica. Tuttavia nelle aree rimaste in mano greca (gli imperi di Nicea e Trebisonda, il despotato dell'Epiro), nonché nei limitrofi regni slavi di Serbia e Bulgaria, le tradizioni bizantine furono non solo mantenute ma anche incrementate. Vista nel suo insieme, l'arte del sec. 13° in queste regioni costituisce non tanto un preludio alla rinascenza paleologa quanto di fatto la sua prima fase. Arte e società L'arte godeva a Bisanzio di una posizione sociale dominante, assai più di quanto non avvenisse in

Occidente. Ciò si deve, in parte, al fatto che a partire da Costantino e quindi senza soluzione di continuità attraverso i secoli gli imperatori, fedeli alla loro immagine di legittimi eredi e successori dell'antica Roma, fecero largo e consapevole uso dell'architettura e delle arti figurative per manifestare davanti al mondo il loro potere, prestigio e opulenza. Il fattore più importante resta peraltro il loro profondo coinvolgimento con il pensiero e la pratica religiosa: e di fatto lo stesso Costantino si considerò rappresentante di Cristo sulla terra. Venne così a crearsi una concezione ideologica dell'impero terreno secondo la quale questo è riflesso di quello celeste e viceversa. All'imperatore spettava l'altissimo compito della definizione e della tradizione della fede ortodossa nonché della sua difesa contro le eresie e l'arte era un importante mezzo per proclamare e rendere tangibili le verità cristiane su cui si basava l'ordinamento sociale.Il fenomeno che più chiaramente e drammaticamente di ogni altro dimostra la centralità dell'arte sacra nella società bizantina è la controversia iconoclasta, per più di un secolo tema politico del massimo rilievo. Nulla di simile si verificò mai in Occidente. La proscrizione delle immagini da parte del governo imperiale è solo l'espressione negativa del suo profondo coinvolgimento con le immagini stesse, largamente incrementato dagli imperatori del precedente secolo e mezzo, mentre negli strati popolari la fiducia nelle immagini di Cristo, della Vergine e dei santi quali garanti della presenza divina e mediatori della grazia celeste era parte integrante della vita quotidiana. La sconfitta dell'iconoclastia comportò nel

sec. 9° la conferma e la restaurazione dell'arte nel suo ruolo di testimone indispensabile ed espressione concreta della fede che governava l'universo.In fatto d'arte i più importanti mecenati erano gli imperatori. Nel periodo paleobizantino Costantino e, dopo di lui, Giustiniano si distinsero come fondatori di edifici monumentali esercitando inoltre la loro azione promotrice in modo sistematico e deciso in tutto l'impero. Ma anche allora chi beneficiò della committenza imperiale fu soprattutto la capitale sul Bosforo e il fenomeno appare anche più marcato nei periodi successivi, quando il territorio governato da Costantinopoli è ampiamente ridotto. Tra gli imperatori del periodo mediobizantino, sono da citare Basilio I, fondatore della dinastia macedone, Costantino IX, nel sec. 11°, Giovanni II Comneno, nel 12°, ricordati come costruttori e restauratori di chiese e monasteri, ma anche come donatori o destinatari di libri sontuosamente miniati o di altri preziosi oggetti. Si ricordi inoltre Costantino VII, nipote di Basilio I, egli stesso pittore e conoscitore di tecniche artistiche.Dal canto loro, i dignitari della corte imperiale (come per es. Costantino Lips nel sec. 10° e Teodoro Metochite nel 14°) emularono gli imperatori nel fondare chiese e decorarle riccamente, anche in centri distanti dalla capitale, come Salonicco e Cipro. Notevole importanza ebbe pure la committenza esercitata da membri femminili dell'aristocrazia, come Anicia Giuliana (inizio sec. 6°). In ogni caso il lusso e la superba qualità artistica delle opere da loro commissionate riflettono lo status e l'esigente personalità di tutti questi mecenati

altolocati.Relativamente poco spazio appare concesso, invece, dal sistema politico assolutistico e centralizzato di Bisanzio a due importanti categorie di committenti dell'Occidente medievale: signorie locali e alti prelati. Occorre tuttavia ricordare il nome di Fozio, patriarca di Costantinopoli nel periodo della restaurazione delle immagini dopo l'iconoclastia, a cui è stato attribuito un ruolo di primaria importanza nell'ispirazione e nella committenza di decorazioni pittoriche, così di chiese come di codici miniati.Una considerevole attività artistica si sviluppò attraverso i secoli anche a un livello inferiore a quello dell'élite della capitale; vescovi e aristocrazia locale contribuirono infatti a loro volta alla costruzione e alla decorazione di chiese. Soprattutto nel periodo mediobizantino divenne pratica comune la fondazione di chiese e monasteri privati da parte di laici, come pure la produzione di icone devozionali, evangeliari e salteri, miniati per conto di semplici preti, monaci o singoli fedeli. Nel mondo bizantino rimane comunque sempre presente, tanto tra i più alti ranghi sociali quanto a livello popolare, una forte richiesta di ogni genere di ornamento personale e dei più vari oggetti decorativi di uso domestico. Oggetti di questo tipo, realizzati in materiali pregiati, fungevano da prototipi per altri di minor valore; in molti casi pezzi di gioielleria bizantina rientrano nella tipologia degli amuleti.Alcune tecniche artistiche trovarono particolare favore nella società bizantina. Il medium figurativo per eccellenza fu senz'altro il mosaico, preminente nella decorazione di chiese e palazzi e già nel Medioevo ritenuto tipico del mondo greco. Presentando figure del

tutto smaterializzate su uno scintillante fondo dorato, esso costituiva di fatto la totale antitesi ai rilievi e alla statuaria in marmo, associati all'idolatria pagana. In forma miniaturizzata, lo si ritrova utilizzato, nei periodi medio e tardobizantino, anche per realizzare pregiate icone per ricchi committenti.In ogni caso, tanto per la decorazione parietale quanto per le icone, la pittura fu comunque la tecnica più comunemente utilizzata, mentre il libro miniato godette di una fortuna crescente nei secoli successivi all'iconoclastia, essendo l'opera del miniatore utilizzata per illustrare testi non solo sacri ma anche profani.Assai sviluppata fu anche l'attività di orafi e argentieri. Già nei primi secoli l'amministrazione imperiale esercitava il controllo sulla qualità dell'argento: si sono conservati molti vasi e utensili, sia liturgici sia di uso profano, con serie di marchi ufficiali. Nel periodo mediobizantino gli orafi costantinopolitani divennero abilissimi nell'applicare smalti cloisonnés a oggetti liturgici e a gioielli. Un'altra tecnica nella quale i Bizantini eccelsero fu l'intaglio dell'avorio: il prezioso materiale era talvolta sostituito da osso e, negli ultimi secoli, da steatite. Dall'Antichità venne ereditata l'arte di foggiare gemme da minerali semipreziosi; si crearono cammei o intagli recanti per lo più l'immagine di Cristo, della Vergine o di santi.Infine, tra le arti suntuarie che fiorirono a Costantinopoli si distingue la produzione di tessuti di seta, decorati e spesso anche figurati, un'industria strettamente controllata e in parte diretta dall'amministrazione imperiale. Negli ultimi secoli, per adornare vesti liturgiche e paramenti d'altare fu impiegato largamente il ricamo.In generale, gli artisti

bizantini erano considerati alla stregua di artigiani e restano per lo più anonimi. Il sistema corporativo, altamente sviluppato, comprendeva certamente orafi e argentieri, artigiani della seta e forse anche pittori e scultori. La produzione dei manoscritti era concentrata negliscriptoria, tra cui il più famoso è quello appartenente al monastero di S. Giovanni di Studio a Costantinopoli, restando peraltro non chiarito se i miniatori vi lavorassero con impiego permanente o meno.Un caso del tutto insolito è quello del c.d. Menologio di Basilio II (Roma, BAV, gr. 1613), codice imperiale di altissima qualità ornato da quattrocentotrenta miniature, ciascuna firmata da uno degli otto artisti che vi collaborarono. Tra questi spicca il nome di Pantaleone, ricordato anche come pittore di icone.Pochi artisti raggiunsero una fama tale da determinare il ricordo delle loro opere nella letteratura bizantina. È il caso di Antemio di Tralle e Isidoro di Mileto, gli architetti della Santa Sofia giustinianea, celebrati in scritti contemporanei come abilissimi ingegneri. Tra i pittori, Lazzaro, perseguitato dagli iconoclasti, ebbe nel sec. 9° una certa rinomanza, mentre l'opera di Eulalio, vissuto nel sec. 12°, fu encomiata da vari autori.Sono noti inoltre i nomi di alcuni frescanti del periodo tardobizantino che firmarono le loro opere, come Michele Astrapas ed Eutichio, che decorarono numerose chiese nella Macedonia iugoslava, o Manuele Eugenikos, costantinopolitano, che lavorò in Georgia. Fonti russe hanno tramandato invece il nome di Teofane 'il greco', pittore che raggiunse grande prestigio a Novgorod e a Mosca.

La fase classica dell'arte bizantina Gli ideali estetici bizantini trovarono la loro piena realizzazione negli edifici religiosi del periodo mediobizantino, con i loro interni decorati da un insieme perfettamente coerente di immagini musive o dipinte. Ed è analizzando in particolare queste opere che è possibile comprendere l'essenza della civiltà artistica bizantina.Tra i monumenti di questo tipo primeggiano tre chiese greche del sec. 11°, la cui decorazione musiva è giunta in gran parte intatta: Osios Lukas, la Nea Moni sull'isola di Chio e Dafni. Dalle forme di queste chiese il potere trascendente di Cristo viene reso presente e manifesto come da quella liturgia eucaristica di cui l'edificio costituisce la cornice. Costruite su pianta centrale cupolata, esse sono 'figura' dell'universo: un universo cristiano, con la divinità incarnatasi in Cristo che compare alla sommità della cupola. Il cielo è aperto, non realisticamente - come nel Quattrocento italiano, in opere come la Camera degli sposi di Andrea Mantegna a Mantova - ma neppure in modo puramente simbolico. Il Pantocratore è una presenza reale, che domina l'intero ambiente. Sotto di essa sta la sua 'corte', ospitata in spazi definiti e sistemata in ordine gerarchico. Formata da angeli, profeti, apostoli, martiri, santi, questa 'corte' possiede una dimensione non solo spaziale ma anche temporale: visualizza stadi successivi del preordinato piano salvifico del Signore. Passaggio cruciale della storia della salvezza è l'Incarnazione: e di fatto la Vergine Maria, strumento per mezzo del quale il Verbo fu fatto carne, compare nella conca absidale al di sopra

dell'altare, dove il mistero dell'Incarnazione è presente nel sacrificio eucaristico. Alternate alla serie di figure isolate, sotto il Pantocratore, sono le scene che riassumono la vita terrena di Cristo; note come 'ciclo delle Feste', esse rappresentano i principali eventi commemorati nel calendario liturgico. Ne consegue, in altre parole, che la vita del Salvatore non è qui illustrata come storia passata ma, al contrario, come storia che si rinnova perennemente nella liturgia.È appunto come una presenza vivente che questo sistema di figure e scene deve essere globalmente inteso. Il suo principale proposito non è quello di narrare il passato per istruire gli illetterati; già con la loro stessa presenza, o piuttosto con la loro facoltà di evocare la presenza delle persone e degli eventi da esse raffigurati, le immagini dichiarano il significato dell'edificio e dell'azione liturgica che vi si svolge. Nel sec. 8° il patriarca Germano scrisse nel suo Commentario liturgico: "La chiesa è il cielo terreno in cui risiede il Dio celeste [...], è prefigurata dai patriarchi, preannunciata dai profeti, fondata dagli apostoli, testimoniata dai martiri e ornata dai Padri della Chiesa" (Borgia, 1912). Questo è ciò che l'edificio arrivò a significare in se stesso, in quanto edificio, a prescindere dalla sua decorazione pittorica, la quale a sua volta, con i programmi decorativi sviluppati o più esattamente perfezionati nel periodo mediobizantino, rese tale significato esplicito e tangibile.Alla base di una simile concezione dell'architettura e dell'arte sta la convinzione che il mondo sensibile rispecchia quello intellegibile e che la forma percepita attraverso i sensi è pertanto capace di indirizzare l'uomo verso la sfera del

soprannaturale e quindi verso Dio. Una teoria anagogica, derivata dalla filosofia neoplatonica, che restò a lungo familiare al pensiero cristiano orientale, grazie alla grande influenza di quel mistico del sec. 5° che celò la sua identità attribuendo la propria opera a Dionigi l'Areopagita, discepolo ateniese di s. Paolo. "Gli esseri e gli ordinamenti che stanno al di sopra di noi - scrive lo pseudo-Dionigi - sono incorporei e la loro gerarchia appartiene alla sfera dell'intelletto e trascende il nostro mondo. D'altra parte, l'ordinamento umano che noi vediamo è pieno della molteplicità dei simboli visibili, attraverso i quali siamo ricondotti, risalendo la gerarchia secondo le nostre capacità [...], a Dio e alla virtù divina. Essi [...] ...


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